Opera Omnia Luigi Einaudi

L’”omnibus” finanziario a Torino e l’opinione pubblica

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 08/01/1905

L’”omnibus” finanziario a Torino e l’opinione pubblica

«Corriere della sera», 8 gennaio 1905

 

 

 

(Per lettera al Corriere della Sera)

 

 

Torino, 8 gennaio.

 

 

Dopo le corrispondenze che il Corriere della Sera ha pubblicato sul grandioso programma di opere pubbliche presentato dalla Giunta di Torino, sono avvenute parecchie manifestazioni nella nostra città, le quali provano come finalmente vi sia stato un risveglio dell’opinione pubblica e come la cittadinanza, giustamente inquieta, desideri di vedere un po’ più chiaro in questi progetti che minacciano di scuotere la fin qui solidissima situazione finanziaria di Torino.

 

 

Innanzi tutto la discussione al Consiglio comunale già svoltasi per alcune sedute e non finita. Hanno parlato molti: dai socialisti agli assessori, dall’oppositore Depanis all’on. Daneo, favorevole alla giunta. I socialisti, more solito, si dichiararono favorevoli al prestito dei 30 milioni per la parte che riguardava le imprese municipalizzatrici (impianto idroelettrico ed acqua potabile) col pretesto che sono imprese riproduttive, ma in realtà senza studiare se presentino le garanzie di essere davvero riproduttive e contentandosi di essere soddisfatti al vedere i conservatori attuare ad ogni costo uno dei loro ideali di socializzazione. Il consigliere Caviglia espose inoltre un suo piano per far rendere all’imposta sulle aree fabbricabili circa 11 milioni di lire, dimenticando che se un’imposta simile venisse messa non più un aumento si verificherebbe ma una diminuizione nei valori edilizi e scordando che la legge vigente permette ai Comuni di colpire al più con l’1 per cento il valore delle aree fabbricabili (escluse le fabbriche, già colpite con l’imposta fabbricati), cosa la quale in Torino per i 2 milioni di m. q. fabbricabili esistenti all’incirca entro cinta riduce il gettito presumibile dell’imposta ad un massimo, problematico assai, di 200 mila lire.

 

 

Ma il discorso che produsse sul Consiglio e sull’opinione pubblica la più profonda impressione fu quello del Depanis. Il quale si mostrò assai scettico sulla possibilità di mantenere la spesa d’impianto entro i ristretti limiti voluti dalla Giunta, di vendere a buoni condizioni tutta la forza e l’acqua condotta a Torino, chiese perché non si sia pensato ad un riscatto dell’attuale impianto della Società dell’acqua potabile, come è consentito dalla concessione, dimostrò i pericoli di fare fidanza su una disponibilità di bilancio di 9 milioni in 10 anni, mentre le entrate scemano e le spese aumentano. Cose che è inutile ripetere qui, perché furono già esposte nelle lettere passate da voi pubblicate. Le risposte dei difensori della Giunta furono in verità assai deboli: l’on. Daneo fece dei voti lirici sull’avvenire industriale di Torino, l’assessore per le finanze Palestrino si contentò di ripetere le affermazioni della sua relazione, e l’assessore dei lavori pubblici prof. Cappa finì col dire che si doveva lavorare per i tardi nepoti e per accusare velatamente gli oppositori quasi di connivenza colle Società private, provocando una meritata e vivace protesta dell’ex-sindaco Casana e dell’ex-assessore Depanis, i quali a ragione scattarono contro il sistema invalso di considerare come interessate tutte le opposizioni alle novità municipalizzatrici, quasiché in Consiglio gli oppositori fossero tutti corrotti e non vi potessero essere degli interessi potenti a favore della municipalizzazione.

 

 

Come finirà la discussione è difficile pronosticare. L’opinione pubblica sembra ora favorevole a voler procedere con calma, senza avventurare il Comune in troppe imprese alla volta. Già la Stampa, in un articolo di critica dei progetti municipali, aveva avvertito la opportunità di andare innanzi, ma con garbo e senza compromettere le finanze della città per volere forse troppe cose in una volta e tutte subito. In una recente adunanza di una delle più importanti associazioni torinesi, il «Circolo Centrale», si fece voti perché si esaminasse ponderatamente l’omnibus finanziario della Giunta per escludere il pericolo che «l’accoglimento incondizionato di esso impegni talmente le risorse municipali da rendere per molti anni impossibile l’attuazione di altre opere più importanti e più urgenti, come il problema ferroviario».

 

 

Sul Momento furono pubblicati parecchi articoli di assennata critica dei progetti della Giunta; e in una lettera di uno «studioso di cose economiche» si dimostrò, ad esempio, come fossero inesatte le accuse di monopolio rivolte alle Società esercenti l’acqua potabile e la forza elettrica. Gli azionisti di quella Società che fece più grassi affari avrebbero fatto meglio a comprare rendita di Stato e altri azionisti non videro finora il becco di un quattrino. È lecito dunque chiedere quale sarà la fine delle rosee speranze dei municipalizzatori di fronte alla concorrenza formidabile delle Società esistenti e più ancora, per l’impianto idroelettrico, dinanzi alla concorrenza del carbon fossile, dal quale è possibile per grossi impianti a Torino avere la forza motrice a 110 lire per cavallo diurno e per anno, prezzo al disotto del costo medesimo immaginato per la forza elettrica municipale.

 

 

Tutte queste varie manifestazioni ed altre ancora dell’opinione pubblica, varranno a consigliare un po’ più di ponderazione alla Giunta?

 

 

Se si dovesse badare ai discorsi già citati degli assessori, parrebbe di no. Ma la responsabilità maggiore dell’indirizzo da darsi alla nostra città pesa non su di loro, ma sul sindaco. E il senatore Frola è uomo energico, che ha saputo acquistarsi troppo grandi benemerenze, sia come presidente del Museo industriale, sia come sindaco, per voler sciupare con una politica avventata, forse voluta da qualcuno dei suoi colleghi della Giunta, una posizione così alta. Egli ha dimostrato, con una bellissima relazione-statistica sul passato industriale di Torino, di saper valutare l’importanza di accurati studi prima di intraprendere l’attuazione di novità momentose. Perché non potrebbe egli riconoscere l’opportunità di procedere avanti a gradi, sciogliendo un problema alla volta, e andando innanzi solo quando la riuscita dell’iniziativa appaia ragionevolmente probabile?

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