Opera Omnia Luigi Einaudi

Bibliografia – Dott. Aroldo Norlenghi: “violazioni di legge. Studi sociali”. – Torino, G. Sacerdote, editore, 1900

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/09/1900

Bibliografia – Dott. Aroldo Norlenghi: “violazioni di legge. Studi sociali”. – Torino, G. Sacerdote, editore, 1900

«La Riforma Sociale», settembre 1900, pp. 610-611

 

 

 

In questi Studi sociali il dott. A. Norlenghi si è proposto di dimostrare come in ogni e più disparato ramo di pubblica legislazione vi sia uno sfregio continuo della legge, che la invade e corrode come lento e mortifero veleno, ed annienta ogni vantaggio che, pure da alcune sue parti buone e sane, potrebbero venirne al pubblico. L’A. ha voluto spigolare dei casi della vita quotidiana e dalle concomitanti secondarie il fatto indice, il sintomo di una situazione, per provare come lo Stato non si occupi degli interessi collettivi della nazione, che sono quelli della grande maggioranza.

 

 

Ecco i titoli dei venti capitoli in cui l’autore ha svolto il suo disegno: “Una pagina d’igiene – Il lavoro dei fanciulli – Cose bancarie – Cose giudiziarie – Lo Statuto e le violazioni dei suoi principii fondamentali – Vecchi ed inabili al lavoro – Carità presente e carità futura – Le cooperative – I probiviri – Varia – Cose agrarie – L’istruzione – Refezione scolastica – I sottufficiali in congedo e i loro diritti – Cose ferroviarie – Infortuni sul lavoro – Burocrazia – Condizioni generali – Elementi di tattica – Conclusione”.

 

 

Come il lettore agevolmente rileva, si tratta di una serie di osservazioni su molteplici aspetti della nostra vita sociale e di commenti sulle numerose violazioni di legge che accadono nel nostro paese, violazioni talvolta note largamente e talora invece pazientemente scovate dalla pazienza e dall’acume dell’A. attraverso i diarii quotidiani, che vivono di una vita troppo fugace perché possano fare un’impressione permanente.

 

 

Per l’opera utilissima compiuta, l’A. merita dunque largo ed incontrastato plauso.

 

 

Ma nel tempo stesso debbo fare alcune riserve sul contenuto, dirò così, spirituale del libro del Norlenghi.

 

 

Le violazioni di legge sono numerose ed evidenti. In ciò siamo tutti d’accordo. Ma è proprio un male grave che le leggi siano violate, o non è invece un male minore della applicazione medesima delle leggi? In molti, anzi moltissimi casi, chi scrive è di questo secondo parere. Sarebbe troppo lungo svolgerne le ragioni, le quali si possono riassumere in questo concetto: che lo Stato italiano con certe sue leggi ha promesso di fare troppe cose che egli, in primo luogo, è incompetente a compiere e per cui occorrerebbero, in secondo luogo, spese così forti da mandare in rovina i contribuenti, già ora abbastanza torturati. Data questa situazione, a me sembra un gran bene che lo Stato non si ostini a fare ciò che, del resto, farebbe male, e non si metta in capo di aumentare le imposte per il bel gusto di volere applicare delle leggi stravaganti.

 

 

Vorrei adunque sperare che i lavoratori, a cui il Norlenghi si rivolge, ascoltino solo in parte il suo consiglio di curare la severa esecuzione della legge presente, tanto più se essi sono davvero persuasi della “insufficienza congenita di qualsiasi legislazione nel regime attuale”.

 

 

Ma forse è una speranza vana, dal momento che alla osservanza delle leggi vigenti ed al loro progressivo miglioramento i lavoratori non attribuiscono soltanto, come parrebbe ragionevole, la virtù di mantenere la pace, la giustizia, la sicurezza e la preservazione dalle epidemie e dall’analfabetismo, ma attribuiscono o dovrebbero attribuire, secondo l’A. (pag. 171), la virtù ben più grande di modificare la società presente e di preparare il terreno ad altre più fortunate e complete evoluzioni.

 

 

Quali debbano essere queste “più fortunate e complete evoluzioni” è chiaro dal contrasto, istituito dall’A., tra la costituzione sociale presente “empirica, disordinata, pressoché amorfa ed ingiusta”, e quella “cosciente, organica, regolare ed armonica del futuro”. Confesso di non saper nulla di questa seconda specie di società, e sono molto scettico sulla efficacia dei premi ed onori largiti dal futuro dicastero dell’agricoltura a sostituire l’azione dell’attuale libera concorrenza. Dubito eziandio che le “grandi masse” e la “piazza”, trasformate in “popolo cosciente e civile”, siano capaci a discutere ed a risolvere il quesito della migliore organizzazione tecnica della produzione combinata colla più equa distribuzione dei prodotti.

 

 

Prima di pensare ad affrettare con le leggi queste radiose evoluzioni del futuro, bisognerebbe, parmi, dimostrare che la società attuale è davvero amorfa, anarchica ed empirica, come i suoi critici pretendono. Per conto mio ritengo che la organizzazione economica attuale, nel suo congegno intrinseco e nei suoi effetti normali, sia la organizzazione migliore e più spontaneamente perfetta che mai sia stata vista finora al mondo; e che le sue imperfezioni siano in parte la conseguenza del fatto che i progressi sociali non si possono compiere tutti d’un tratto, ed in parte derivano appunto dall’opera di quelle leggi che il Norlenghi vorrebbe moltiplicare e per giunta far osservare.

 

 

Il contrasto fra il concetto mio e quello del Norlenghi sulla società economica attuale non potrebbe essere più profondo. Ma, se non mi illudo, vi ha una differenza tra la mia e la sua posizione. Basta leggere dei buoni trattati moderni di economia politica e dei buoni libri descrittivi dei principali organi della vita economica attuale, per persuadersi quanto siano complicati, perfezionati e sapienti i meccanismi economici che la iniziativa individuale e la associazione delle forze nel presente secolo hanno sapute creare; e per conoscere quali siano le cause vere delle miserie e delle tristezze innegabili che sussistono tuttora fra noi; mentre invece le narrazioni di malanni sociali finora scritte dai critici dell’attuale società non bastano a far ritenere che essi siano davvero la risultante inevitabile dell’amorfismo e dell’empirismo che si suppone esistere nel mondo economico nostro, e sovratutto non bastano a farci concludere che le “grandi masse, coscienti e civili” debbano e possano con “leggi ognora migliorate” condurci fino ad una società davvero più cosciente ed organica dell’attuale.

 

 

Per concludere, auguro al Norlenghi di esaurire ben presto la prima edizione del suo libro bello e buono, ed esprimo il desiderio che in una seconda edizione egli abbia il coraggio di sopprimerne la conclusione socialisticamente sognatrice e voglia nel testo tener presente la distinzione fra le leggi ragionevoli, che è bene siano osservate, e le leggi inutili e costose, che è bene, o, meglio, male minore siano messe tacitamente a dormire.

 

 

Torna su