Opera Omnia Luigi Einaudi

Bibliografia – Economia Politica

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/04/1904

Bibliografia – Economia Politica

«La Riforma Sociale», aprile 1904, pp. 341-343

 

 

 

Augusto Graziani: Istituzioni di Economia politica (Torino, Fratelli Bocca Editori, 1904. Un vol. di pagg. 718. Prezzo lire 12).

 

 

Camillo Supino: Principii di Economia politica (Napoli, Luigi Pierro, Editore, 1904. Un vol. legato di pagg. XI-501).

 

 

«La scienza è così vasta», scrive il Graziani nell’avvertenza premessa al suo trattato «i problemi che esamino così complessi che il dare anche da solo una succinta notizia dei fenomeni fondamentali, il designarne le correlazioni e le ragioni meno appariscenti sembra impresa difficile, nonostante i grandi aiuti i quali si possono attingere da alcune opere classiche e da numerosi scritti, per più rispetti assai apprezzabili…

 

 

Sono stato parco nella parte che potrebbesi dire descrittiva, mentre tentai di dare particolare rilievo al rispetto critico delle questioni, cimentando le teoriche al crogiuolo del ragionamento deduttivo e delle risultanze dei fatti. Avendo richiamato con speciale insistenza l’attenzione del lettore tanto sulle leggi scientifiche, quanto sul processo, il quale volge a scoprirle, oso sperare che il mio libro in qualche misura contribuisca a sospingere le nuove generazioni a ricerche feconde, degne di quelle insigni, che altamente onorano la scienza italiana contemporanea».

 

 

«Mi sono prefisso», scrive pure il Supino nella prefazione ai suoi Principii «di offrire agli studiosi ed agli studenti del nostro paese un’esposizione fedele dello stato attuale della scienza, senza vincoli di partiti, di clientele o di scuole. Ed appunto per ciò ho procurato di prendere il buono dove si trova, in qualunque libro fosse racchiuso, qualunque fosse la nazionalità degli autori consultati, a qualunque indirizzo essi appartenessero. Così se nel complesso delle dottrine mi sono attenuto agli economisti classici, specialmente inglesi, non ho trascurato di tener conto delle modificazioni e dei perfezionamenti, che quelle dottrine hanno avuto per mezzo di scrittori francesi, tedeschi ed italiani. Né credo di meritare la taccia di eclettico, se nel precisare certi concetti fondamentali ho seguito la scuola deduttiva austriaca, se nel fare certi raffronti o nell’accennare all’evoluzione di qualche fenomeno mi sono valso dei risultati ottenuti dalla scuola storica, se nel far la critica di certe istituzioni economiche ho accolto talune idee propugnate dai socialisti cattedratici e dai socialisti puri».

 

 

Abbiamo voluto riprodurre integralmente questi brani delle due prefazioni perché essi riassumono felicemente i propositi degli autori. Il Graziani ha voluto fare un libro che riproducesse non solo lo stato attuale della scienza, ma anche la genesi storica e dottrinale dei principii oggi universalmente accettati. Perciò il suo libro è riuscito tale da soddisfare le esigenze più ipercritiche di coloro che vogliono accompagnare alla conoscenza dei fenomeni odierni, altresì la conoscenza della letteratura che su di quell’argomento si è svolta. I libri generali di Economia politica si possono dividere da questo punto di vista in due categorie che per intenderci diremo di Pareto, Marshall, Pierson, Pantaleoni da una parte e di Cossa dall’altra. Nei primi gli A. espongono le loro dottrine, con richiami brevi e sommari agli autori che primi ne trattarono; tutt’al più dicono che il tal teorema è di Smith, o di Ricardo o di Mill, ma poi tirano dritto per la loro via senza preoccuparsi di discutere troppo a lungo o di riprodurre i concetti di tutti coloro che si occuparono di questo argomento. Al polo opposto si trova Cossa: un pozzo d’erudizione bibliografica, che conosceva tutti gli autori anche minimi e dimenticati che si erano occupati di qualsiasi argomento e che spesso si limitava a mettere in mostra le sue inverosimili ricchezze di studioso della storia letteraria dell’Economia politica.

 

 

Il Graziani occupa un posto di mezzo fra questi due estremi. Anche lui è un pozzo d’erudizione. Fa meraviglia a vedere quanti economisti egli abbia letto, studiato, commentato e di quanti scritti dispersi egli conservi la memoria. Ma egli è anche qualcosa di più di un erudito: è un critico di vigoria non comune. Cosicché il suo trattato si può definire per eccellenza così: il trattato nel quale, meglio che in qualunque trattato recente, il lettore può trovare per ogni singola teoria, generale o speciale, ricostrutta la genesi sua letteraria, commentate e criticate al lume di un giudizio fine e indipendente le dottrine delle scuole opposte e condotte poi al loro naturale compimento di una conchiusione che, se non sempre può essere accettata da tutti, è però sempre temperata, obbiettiva e larga. In sostanza, siccome è inutile fare dei trattati i quali siano semplicemente il contraltare di altri già esistenti, abbiamo creduto di fare il miglior elogio del libro del Graziani dicendo il perché a nostro avviso esso abbia diritto a prendere un posto singolare nel novero degli odierni trattati. Il lettore vi impara non solo le dottrine dell’A. ma vi è messo senza accorgersene al corrente dei progressi della scienza insino ai nostri giorni.

 

 

Anche il sapere dove stia di casa l’errore giova; specie nell’Economia politica, dove l’errore pullula ad ogni piè sospinto. Non è a dire che il Graziani si limiti esclusivamente all’ufficio critico: il suo è un trattato sistematico, e ben distribuito; e chi dice sistema dice ricostruzione da tutto un largo ordine di fenomeni.

 

 

Una conseguenza però produce l’apparato storico e letterario di cui si circonda l’A.: che il suo libro difficilmente potrà essere messo senz’altro in mano di uno dei nostri soliti studenti universitari che noi siamo abituati a conoscere in Italia.

 

 

Mi pare che sbalzati d’un tratto in mezzo a tutto quell’intreccio di dottrine diverse si smarrirebbero. Gli studenti hanno bisogno di un libro semplice e piano che racconti loro quali adesso si ritiene che siano i principii della scienza senza tante discussioni e tante critiche. Dopo, essi potranno trovarsi indotti a studiare i precedenti e le controversie e i dubbi e le soluzioni diverse. Dopo perciò essi potranno leggere con profitto il libro del Graziani. Prima parmi loro più adatto il manuale del Supino. Se invece di 500 pagine il Supino si fosse contentato di scriverne 300 sarebbe stato ancora meglio, sovratutto per gli studenti delle scuole secondarie. Ma anche così il suo trattato rappresenta un bell’aiuto per gli insegnanti.

 

 

La parte migliore ne è il libro secondo, della circolazione; e ciò per due ragioni: una personale all’autore e l’altra di natura didattica. Innanzi tutto l’autore è noto come uno specialista in studi di questo genere: sull’aggio, sui trasporti, tariffe, navigazione, ecc. I capitoli sul valore della moneta, sui varii mezzi di trasporto, sul credito e prezzi sono veramente buoni per la loro semplicità e chiarezza. In secondo luogo si tratta della materia che in fondo è la più sicura dell’Economia politica. Molti si accapigliano, anche tra gli studenti, a proposito del salariato, del capitalismo e della proprietà; ma tutti sono portati a riconoscere come fondamentali certi principii relativi al credito, alla moneta, al corso forzoso, al biglietto di banca, ai trasporti. Certo non mancano nemmeno qui gli stravaganti che vogliono sconvolgere tutto; ma sono pochi ed hanno scarso credito. Invece nell’argomento di cui si occupa il libro primo del Supino le controversie sono infinite e quotidiane e formano un grave ostacolo ad una trattazione che abbia indole propedeutica. Come si fa a non trattare dell’individualismo e del socialismo parlando, come fa l’A. nel libro I, dell’organizzazione economica? La tentazione è forte; e pochi vi sfuggono. A parer mio invece sarebbe necessario resistere alla tentazione e non parlarne affatto, quando si voglia discorrere o scrivere per dei giovani, come quelli delle scuole secondarie. Non già per nascondere una parte di ciò che merita di essere saputo; ma perché quelle menti giovanili non assorbono da tutte queste discussioni altro che la parte peggiore.

 

 

Forse a causa dell’ambiente avvelenato, o per altro motivo che qui è inutile indagare, i giovani abbracciano subito i partiti più estremi. I soli partiti organizzati nelle scuole sono il socialista ed il cattolico. Ora se gli studenti vogliono questi cibi indigesti, si accomodino; ma non mi pare conveniente per un primo insegnamento andare a rimestare tutte queste controversie, in gran parte così incerte, vaghe e inutili. Ci sono tante belle cose sicure e utili nell’Economia politica – e di queste se ne ricordano egregiamente moltissime nel libro del Supino – senza rievocare l’ombra di quel noioso socialismo che ci affligge ogni altro giorno nei foglietti popolari.

 

 

Al postutto l’antipatia per codeste discussioni può essere una mia idea sbagliata; e non mi toglie di riconoscere che anche il manuale del Supino è bene organizzato, compatto e chiaro. Forse anzi sotto il punto di vista della compattezza persuade di più di quello del Graziani, leggendo il quale – come del resto è naturale, dato il tipo tutto diverso del lavoro – il lettore comune può rimanere un po’ disorientato dall’abbondanza medesima delle dottrine che sono sbocciate fuori sul suolo stranamente e spesso inutilmente fecondo della scienza economica.

 

 

Forse in questa che non è una recensione ma una dichiarazione del loro carattere fondamentale, dei due libri del Graziani e del Supino ho parlato troppo, esclusivamente da un punto di vista didattico. Il che non vuol dire che i due libri non possono essere letti dalle persone colte. Tutt’altro. Faranno benissimo a leggerli per lo stesso motivo per cui sono utili agli studenti per istruirsi. Né sembra che di istruzione economica in Italia ce ne sia d’avanzo: tutt’altro.

 

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