Opera Omnia Luigi Einaudi

Biglietti grossi e denaro mancante

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 19/08/1923

Biglietti grossi e denaro mancante

«Corriere della Sera», 19 agosto 1923

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol.VII, Einaudi, Torino, 1963, pp. 345-347

 

 

 

La Germania attraversa oggi, con le altre specie di crisi, una particolare crisi che si potrebbe dire di «contanti». I compratori non hanno danari per fare gli acquisti di merci al minuto; gli industriali non possono, per mancanza di biglietti, fare le paghe agli operai; le banche non hanno il contante per rimborsare i depositi e debbono chiudere gli sportelli. Tutto ciò accade, mentre la quantità dei biglietti in circolazione è prodigiosa e cresce ogni giorno di cifre strabilianti. Dicono i giornali che i biglietti circolanti toccavano al 10 agosto i 200.000 miliardi e crescono da 10 a 15.000 miliardi al giorno. Come potersi lamentare di scarsità di danaro, in mezzo a questa inondazione di carta stampata?

 

 

La spiegazione si può forse trovare nelle poche cifre qui unite, le quali si riferiscono a date per le quali fu possibile trovare notizie precise sull’ammontare della circolazione tedesca:

 

 

30 maggio 1914

15 luglio 1922

14 luglio 1923

 

Biglietti circolanti in miliardi di marchi 

2,01

175,43

25.491,73

Prezzo in dollari di 100 marchi 

23,83

0,20

0,0014

Equivalente in milioni di dollari della circolazione sovra indicata 

478,92

350,86

356,88

 

 

Le cifre hanno questo significato: che al 30 maggio 1914, alla vigilia della guerra, la Banca imperiale tedesca aveva emesso 2 miliardi circa di marchi carta; e siccome 100 marchi equivalevano a 23,83 dollari oro americani, la massa circolante cartacea equivaleva a 479 milioni circa di dollari americani.

 

 

Un anno fa, al 15 luglio 1922, il numero dei marchi carta era prodigiosamente cresciuto: invece di 2 miliardi eravamo giunti a 175 miliardi. Un anno dopo, al 14 luglio 1923, altro salto mortale: 25.492 miliardi circa di marchi carta. (Tra parentesi, ora, dopo un mese appena, quella cifra sembra piccola, e cresce quasi di altrettanto ogni due giorni e presto crescerà ogni giorno. Ma poiché al 15 luglio 1922 i 100 marchi, i quali prima della guerra valevano 23,83 dollari, valevano solo 0,20 dollari; e al 15 luglio 1923 appena 0,0014 dollari, così facilmente si calcola che la massa dei biglietti equivaleva solo a 350 ed a 356 milioni di dollari rispettivamente.

 

 

È cresciuto il numero dei marchi; cresce ogni giorno, e ben presto giungeremo al punto di non avere nel linguaggio comune neppure disponibili le parole per esprimerne l’ammontare. Ma più cresce, più ne diminuisce il valsente. Con appena 2 miliardi di marchi carta i tedeschi dell’anteguerra potevano comprare tanta merce quanta se ne comprava con 479 milioni di dollari; al 14 luglio 1923, nonostante disponessero di 25.491 miliardi di quei marchi, ne potevano comprare solo quanta era acquistabile con 356 milioni di dollari.

 

 

In realtà la situazione era ancora peggiore. Nel 1914, oltre ai 2 miliardi di marchi carta, i tedeschi disponevano di alcuni altri miliardi di marchi oro effettivamente circolanti, e di marchi argento e marchi rame e nickelio. Non è facile fare cifre; ma è probabile circolassero, tra carta, oro, argento, rame e nickel, tanti marchi quanti equivalevano ad 1 miliardo di dollari americani.

 

 

Adesso, l’oro e gli altri metalli sono scomparsi dalla circolazione; sicché circola solo la carta. E per giunta, quella cattiva cartaccia vale 356 milioni di dollari attuali che sono diversi dai dollari dell’anteguerra. Esteriormente, i dollari americani sono sempre dollari oro, di immutato peso e titolo; ma anch’essi hanno subito la vicenda fatale di tutte le monete del mondo e sono deprezzati rispetto alle merci: valgono appena due terzi dei dollari antebellici. Dimodoché si può concludere che i tedeschi dispongono oggi, o meglio disponevano al 14 luglio 1923, di una circolazione equivalente a forse 240 milioni di dollari americani antebellici. Da un equivalente di 1.000 milioni sono discesi ad un equivalente di 240 milioni di dollari antebellici: un quarto della cifra primitiva!

 

 

È vero che la Germania è più piccola; che la sua ricchezza e la sua produzione sono diminuite; che ci sono disparità notevoli tra prezzi all’interno e prezzi all’estero. Tutto ciò ed altro ancora rende complicato il problema; ma rimane sostanzialmente il fatto singolare che i tedeschi hanno ragione di lamentarsi della mancanza di danaro: il contante, tradotto in moneta d’oro, è scemato. Perché in Germania non si avesse impressione di scarsità di contante, sarebbe necessario che i prezzi delle merci, che i salari, che i valori rimanessero ad un livello inferiore alla parità con i prezzi esteri. Se i prezzi interni fossero ad un quarto dei prezzi esteri, una circolazione ridotta ad un quarto basterebbe. Ma ciò non potrebbe durare. Era quanto accadeva nei primi tempi postbellici, quando gli stranieri potevano comprare in Germania ogni ben di Dio a vil prezzo. Ma la bazza non durò; ché i prezzi interni salirono sino al livello dei prezzi esteri.

 

 

Il male della scarsità del contante è destinato a crescere. Più carta si emette, più è rapido lo svilimento. Se è vero che al 10 agosto, i marchi emessi arrivavano a 200.000 miliardi; poiché occorrevano 8 milioni di marchi a comprare un dollaro, è chiaro che i 200.000 miliardi di marchi equivalevano appena a 25 milioni di dollari. Una cifra assolutamente ridicola di circolazione totale, se calcolata in oro; appena un quarantesimo, a calcolar largamente, della circolazione antebellica. Si può ben dire che il marco non esiste più; e che un grande paese, posto nel centro d’Europa, è senza moneta. Non ha la vecchia moneta, e non ha ancora la nuova. Qua e là, pochi fortunati posseggono e contrattano in monete estere: i contadini sono ritornati al baratto in natura. Ma la massa borghese ed operaia non ha una moneta in cui comprare e vendere. Non si sa come vendere il proprio lavoro e come comperare le merci necessarie a vivere. Qui si vede come sia preziosa quella piccola ruota del meccanismo sociale che tanti visionari stolidamente disprezzano e vorrebbero sopprimere: la moneta. Ci si provarono i bolscevichi in Russia e si fiaccarono le corna; oggi la Germania, dolorosamente, traversa la stessa funesta esperienza.

 

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