Opera Omnia Luigi Einaudi

Capitolo XII – Un progetto contro le oscillazioni dell’aggio

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1900

Capitolo XII

Un progetto contro le oscillazioni dell’aggio

Un principe mercante. Studio sull’espansione coloniale italiana, Ed. F.lli Bocca, Torino, 1900, pp. 99-106

 

 

 

I commercianti avventurosi sono quasi sempre progettisti. La loro fantasia crea a getto continuo nuovi disegni per rendere sempre più prospero l’andamento favorevole degli affari, o per arrestare la rovina nel suo precipitoso cammino discendente. Così il Dell’Acqua, primaché l’innalzarsi irrefrenato dell’aggio avesse annullato il valore di gran parte dei suoi crediti sui negozianti interni, tentò di arrestare l’aumento dell’aggio ricorrendo all’intervento dello Stato. È il primo rimedio al quale pensano gli uomini d’affari quando la novità delle cose fa loro supporre che l’aggio non sia dovuto a cause naturali ma artificiali.

 

 

Esponiamo il suo ragionamento ed il suo rimedio: lo sviluppo economico e finanziario della nazione argentina proviene da due principalissime fonti: da una parte le ricchezze naturali del suolo ossia le classi dei proprietari e degli esportatori; dall’altra la vendita delle merci importate, ossia la classe degli importatori. Il deprezzamento della moneta e le crisi finanziarie dipendono dal fatto che i due fattori della produzione non sono sottoposti ad eguale trattamento. Il proprietario produttore vende i suoi prodotti contro pagamento in carta, ma paga pure in carta tutti i suoi debiti, per compra del terreno alle banche ipotecarie, per compra di macchine, per mano d’opera. La posizione del governo è solida perché le sue emissioni di carta sono destinate alla miglioria delle terre della nazione ed il credito interno non scema perché ognuno vede che le ricchezze sono in istato di incubazione, ed i raccolti futuri daranno modo ai proprietari di sdebitarsi verso il governo e le banche. L’esportatore vende in Europa le sue merci e si trova in una posizione forte con un credito in oro all’estero ed un debito in carta all’interno. L’importatore invece vende all’interno le merci importate contro pagamento in carta, contraendo un debito in oro all’estero ed un credito in carta all’interno. Quando vi ha equilibrio fra importazione ed esportazione, fra i crediti ed i debiti coll’estero l’oro dovrebbe trovarsi alla pari o ad un punto fisso di scambio colla carta; ed allora gli importatori potrebbero colla carta che ricevono in pagamento comprare le cambiali in oro tratte dagli esportatori sull’Europa ed in questo modo sdebitarsi, conchiudendo operazioni vantaggiose. Invece così non succede. Gli importatori i quali hanno venduto le merci in carta quando l’oro era, supponiamo, a 140 trovano d’un tratto che desso è asceso a 160; la loro carta vale 20 punti di meno, i loro guadagni sono sfumati ed invece di un profitto essi si trovano in perdita. Quali le cause? Non è lo squilibrio fra i crediti ed i debiti verso l’estero, il quale rende molto richiesto l’oro per fare i pagamenti in Europa; infatti negli anni precedenti, quando la produzione era inferiore all’attuale si aveva l’oro a basso corso, quantunque non si importasse meno e si esportasse in minor quantità. Con uguali debiti e minori crediti l’oro non era caro e non era in preda ad oscillazioni continue. Ora invece varia violentemente di momento in momento e percorre una curva ascendente, rincarando tutte le merci per l’intervento della speculazione. Alla Borsa si fanno operazioni cento volte più grandi di quelle richieste dai bisogni della piazza: ecco la ragione vera delle fluttuazioni; esse dipendono dal giuoco. Ai compratori d’oro i quali effettivamente risolvono le proprie operazioni perché hanno debiti all’estero si aggiungono i giuocatori d’oro che risolvono le operazioni sulla lavagna ossia col pagamento delle differenze. Il deprezzamento della moneta può dipendere da altri motivi, ma le fluttuazioni immediate e sensibili non hanno altra origine se non il giuoco di borsa, e se si osservano i bollettini si vedrà che meno fluttuazioni avvenivano quando più limitate erano le operazioni della lavagna. Or sono pochi anni, c’era pur crisi nel commercio per il colera, eppure l’oro si aggirava sul 20%; allora i giuocatori per la paura della pelle non si presentavano; la polizia sotto forma di epidemia si era messa alle porte della Borsa, e l’oro, libero da influenze artificiali, da pressioni, si manteneva ad un buon livello. La speculazione regna sovrana; essa si impadronisce di tutte le cambiali tratte in oro sull’Europa dagli esportatori; e facendo svilire poi la carta le rivende con guadagno agli importatori che debbono cambiare la carta in oro per fare i pagamenti in Europa. Ora è l’influenza dei cambi di Montevideo, ora la ricerca d’oro del Brasile, ora è un motivo, ora l’altro; nella realtà i finanzieri lavorando ad operazioni liquide se la cavano sempre con guadagno; l’importatore invece brancica nel buio e quando, soddisfatto, tira la somma del proprio lavoro, ecco che per estranee influenze la moneta deprezza e col guadagno vede sfumare una parte del capitale. Il consumatore grida per il rincaro delle merci. Finché la importazione è in balia della variazione dell’aggio, il consumo deve lamentarsi per forza; per alti che si stabiliscano i prezzi delle merci non si è mai al coperto, dal momento che la moneta argentina del domani non avrà il valore di quella d’oggi.

 

 

È necessario che il Governo intervenga a regolare le fluttuazioni dell’aggio dell’oro; anche per salvaguardare i suoi proprii interessi oltrecché quelli degli importatori. Il gettito delle dogane, che per l’aumento del consumo e per il crescere della immigrazione potrebbe portare le finanze dello Stato a livello di quelle delle prime nazioni del mondo, diminuisce continuamente per il deprezzamento della moneta. Cinquanta milioni di quest’anno valgono meno di quaranta dell’anno passato, come i quaranta di allora valevano quanto i trenta del precedente. Il Governo dovrebbe: a) decretare il pagamento della dogana in oro; b) per aiutare il rialzo del valore della carta destinare la terza parte del gettito delle dogane al fondo di conversione della carta in oro, il che può farsi senza pregiudizio equivalendo i due terzi del gettito in oro alla totalità in carta al cambio attuale; c) per difendere gli importatori dalle influenze della speculazione vendere per mezzo del Banco Nazionale a tutti gli importatori e per lo ammontare delle merci introdotte, cambiali sull’estero al prezzo periodico della piazza. Il compratore di cambiali contro carta dovrà entro un anno ritirare la carta versata restituendo le somme avute in oro effettivo od in cambiali sull’estero. Affinché il sistema proposto non sia inutile il Governo dovrà stabilire un massimo ed un minimo del corso del cambio. Per esempio nelle circostanze attuali si potrebbe stabilire un massimo del 160% troncando la vendita quando il corso di piazza fosse ribassato al 145 per cento. Le bollette doganali saranno valide per sei mesi. La dichiarazione del massimo e del minimo ufficiale del corso del cambio varierà di sei in sei mesi e sarà in relazione alla posizione del mercato monetario.

 

 

Con questa riforma di facile e pronta attuazione si otterrebbe: a) di togliere la dannosa influenza della speculazione, la quale si troverebbe isolata quando non accorressero al mercato i due principali compratori, cioè il Governo che colle entrate delle dogane in oro potrebbe soddisfare alle sue spese e l’importatore che non avrebbe convenienza a comprare cambiali dagli speculatori ove non le offrissero ad un corso più basso di quello che gli accorda la legge; b) di procurare un vantaggio al consumo, poiché, tolta la incertezza del valore della carta monetata, l’importatore stabilirebbe i suoi prezzi in relazione al vero costo delle merci importate; c) infine la probabilità di risolvere il problema della quotazione del valore della moneta a un tipo fisso e conveniente.

 

 

Il Dell’Acqua prevede che al suo disegno si possono presentare alcune obiezioni a) La domanda d’oro per il pagamento dei diritti doganali, influirà sfavorevolmente sul mercato. Nella realtà questa influenza sarà largamente neutralizzata dal fatto che il governo riceverà oro sufficiente per far fronte ai suoi impegni; mentre diminuirà la domanda d’oro degli importatori quali potranno procurarsi le cambiali sull’estero al Banco Nazionale. Una volta che cessi l’attuale sfiducia nella carta non si può dubitare che essendoci sulla piazza più oro del bisogno, se ne avranno offerte ad un corso conveniente; b) Il Governo non può avere in Europa fondi sufficienti per far onore alla massa enorme delle cambiali sull’estero rilasciate agli importatori. È certo che in una questione di così vitale importanza il Governo dovrà prendere adatti provvedimenti. Non è possibile dubitare che una nazione tanto fiorente come la Repubblica Argentina i cui titoli di prestito trovano collocazione sui mercati europei a preferenza dei titoli di molti altri paesi dove non vi ha il corso forzoso, non possa ottenere un’apertura di credito per le sue tratte, il cui corrispettivo è depositato nelle casse del Banco traente. D’altra parte non si può affermare che tutte le lettere di cambio saranno vendute agli importatori per mezzo del Banco Nazionale. Stabilendo il corso ufficiale del cambio ogni semestre in relazione alla situazione del mercato monetario, basterebbe che gli esportatori e gli speculatori offrissero le loro cambiali ad un punto meno del corso ufficiale perché gli importatori le comprassero da essi. Per tal modo si ristabilirebbe l’equilibrio naturalmente, senza violenze. Il corso ufficiale minimo servirà da regolatore non essendo possibili le repentine oscillazioni e le grandi sorprese della speculazione quando mancassero le pressioni degli importatori sui cambi. Il corso ufficiale minimo sarà la valvola di sicurezza dell’importatore e del consumatore nel caso di situazioni anormali come la presente. c) Il consumatore sarà il capro espiatorio perché col pagamento della dogana in oro il prezzo delle merci, già altissimo, salirà alle stelle. – Il consumatore anziché un danno avrà un vantaggio. Ognun vede che la colossale cifra della terza parte dei diritti doganali fra pochi anni basterà a convertire tutta la carta in oro. In previsione di questo fatto chi vorrà convertire i proprii risparmi, che ora sono in carta fiduciaria, in oro all’aggio del 160%? Tutti preferiranno conservare la carta che rende il 10 o 12 per cento all’anno e cambiarla in tempo non lontano in oro al 100 per 100. La moneta fiduciaria riprenderà per questo solo motivo il perduto prestigio ed il pagamento delle dogane in oro non avrà pesato sui costi delle merci essendo neutralizzato dai ribassi dell’aggio. Di più l’importatore messo al coperto da spiacevoli sorprese, potrà stabilire i costi delle merci importate sopra una media abbastanza uniforme di un semestre e tralascierà per conseguenza di aggiungere la percentuale di previsione delle oscillazioni dell’aggio, di cui ora è costretto a tener calcolo.

 

 

Non si può negare che il piano sommariamente esposto sulla traccia di numerosi articoli pubblicati dal Dell’Acqua sui giornali di Buenos Ayres dal 12 marzo al 5 luglio 1882, non manchi di ingegnosità e non riveli uno spirito acuto, il quale male si adatta agli inconvenienti della vita economica e cerca ogni mezzo di porvi rimedio. Senonché quelli che vivono in mezzo ad un dato avvenimento difficilmente ne scorgono tutti i lati; e vedendo quel lato che a loro interessa di più sono indotti ad occuparsene con esclusione degli altri, ed a proporre provvedimenti che se in apparenza sugli inizi riescono benefici all’interesse sociale che li tange, in definitiva possono divenire perniciosi alla intiera società.

 

 

Era naturale che nell’Argentina il primo segnale della tempesta economica avvicinantesi venisse dato dall’aggio sull’oro. Appena il fragile edificio basato sulle emissioni di carta circolante ed ipotecaria, sulle esportazioni di titoli in Europa cominciò a mostrare alcune crepe minaccianti, i mercati europei si chiusero a nuove esportazioni di titoli argentini. Si sa che la creazione di un debito di una nazione verso un altra agisce come una esportazione di titoli della prima nella seconda nazione; ed alla pari di una esportazione di merci determina un bilancio monetario favorevole alla nazione debitrice. Così avvenne nell’Argentina; in conseguenza del continuo afflusso dei capitali dall’Europa, le cambiali sull’Europa si mantennero fino al 1889 ad un basso corso malgrado la esuberanza della situazione monetaria. Appena l’esportazione di titoli in Europa cessò, il mercato monetario divenne sensibile al fatto prima passato inavvertito della enorme quantità di carta circolante; e l’aggio aumentò. L’aumento dell’aggio ha per effetto di rendere precarie le fortune investite nei paesi a corso forzoso ed induce i capitalisti a realizzare quanto più possono per convertire la carta in oro al saggio corrente e non correre il rischio di convertirla quando l’aggio fosse ancora maggiore. Gli speculatori si accorgono di questa situazione di cose e se ne approfittano per imprimere all’aggio delle oscillazioni continue e violente, le quali riescono certo dannosissime al commercio ed all’industria, ma che non dipendono dal capriccio di pochi individui giuocatori al rialzo ed al ribasso, sebbene unicamente da una situazione tesa negli affari la quale ha il suo contraccolpo nelle borse e nel corso dell’oro.

 

 

Ed è a questo punto che il Dell’Acqua proponeva che lo Stato intervenisse per fissare in certo qual modo il corso del cambio e sollevare gli importatori dalla incertezza continua in mezzo a cui doveano compiere le loro operazioni. Nelle realtà una funzione regolatrice del corso del cambio è esercitata da tutte le grandi Banche di emissione le quali hanno di solito legami strettissimi col governo quando, come le banche di Stato, non ne costituiscono addirittura una dipendenza; ma è una funzione la quale si esercita col rialzo o col ribasso dello sconto allo scopo di attirare o respingere le correnti auree quando nello Stato esiste una circolazione metallica ed il cambio oscilla soltanto fra i cosidetti punti d’oro. Laddove invece, come nell’Argentina, vi ha il corso forzoso della carta, lo Stato, o per esso le Banche di emissione per lo più dallo Stato dipendenti, non possono regolare il corso del cambio, ribassandolo e rendendolo immobile, se non col togliere le cause che sviliscono la carta di fronte all’oro: ossia contraendo la circolazione cartacea, dando uno stabile assetto alle finanze dello Stato, inspirando fiducia ai capitalisti esteri con una saggia e tranquilla amministrazione.

 

 

Certamente il pagamento dei diritti doganali avrebbe raggiunto lo scopo di rendere stabili le condizioni della pubblica finanza; e della proposta merita perciò lode il Dell’Acqua. Ma quanto alla proposta di rendere lo Stato fornitore di cambiali sull’estero agli importatori mercé la creazione di un debito in Europa, è da temersi che l’attuazione sua avrebbe precipitato ancora l’avvento della inevitabile crisi. Se il prestito per il fondo in oro non si fosse potuto effettuare agevolmente, sarebbe cresciuto lo scredito che già incombeva sui titoli argentini; e si sarebbe affrettato e certo non prorogato il run dei capitalisti agli sportelli delle banche argentine per riavere i capitali in oro depositati; onde rialzi violentissimi nell’aggio dell’oro. L’aggio crebbe infatti, come è notorio, fino a 500%; e contro un simile rialzo sarebbero stati impotenti gli sforzi dello Stato. Il quale, secondo il piano esposto, avrebbe avuto nelle casse della Banca Nazionale, in garanzia delle cambiali sull’Europa pagabili in oro, della carta, depositata quando era fissato ufficialmente il corso ad es. di 150, e che nella realtà era svilita del 500 per cento. La garanzia offerta ai creditori dello Stato, i quali avrebbero dovuto fornire i fondi in Europa per fare onore alle cambiali tratte dal Banco Nazionale, sarebbe stata troppo tenue perché la apertura di credito potesse essere a lungo continuata. E se dopo di avere iniziato un’azione regolatrice di simil genere ed avere tenuto basso il corso ufficiale del cambio, lo stato avesse dovuto per non incorrere in perdite sempre maggiori, sospenderla di fronte all’incremento incessante dell’aggio, la crisi sarebbe stata per questo motivo ancora più violenta di quanto nella realtà non sia avvenuto.

 

 

L’inacerbimento della crisi è il solito effetto di tutti i mezzi artificiali di salvataggio; quando per sostenere, ad es., il valore dei terreni si crearono nuovi debiti ipotecari, e si permisero nuove emissioni di carta, non si fece se non mantenere artificiosamente alto il valore dei terreni, per modo che appena non si poté proseguire nello stesso sistema perché il mercato non assorbiva più nuovi titoli, lo sgonfiamento dei valori avvenne in guisa proporzionatamente più subitanea e più disastrosa per gli interessati.

 

 

Della verità di queste ed altre critiche che si possono muovere al progetto del Dell’Acqua, niuno è tanto persuaso quanto il suo autore stesso il quale in una nota manoscritta alla raccolta dei suoi articoli candidamente confessa che «molte delle cose ivi osservate non reggono agli ammaestramenti della esperienza». Ma è sembrato utile ricordare le proposte perché desse «riflettono lo stato degli animi allora e le incertezze dei primi passi». Il Dell’Acqua si trovava nell’incertezza dei primi passi e non godendo di quel largo credito di cui ora gode, era indotto a contemplare le oscillazioni dell’aggio sotto un aspetto diverso da quello con cui le guarda oggidì; e, se attualmente egli ben sa colle sole forze proprie dominare senza pericolo qualsiasi perturbazione del mercato monetario, era naturale che nei primi tempi, impotente a tanto, egli ricorresse all’intervento dello Stato per rendere stabile quel corso dell’aggio, le cui oscillazioni erano così fatali ai suoi affari.

 

 

È interessante vedere come dagli appelli allo Stato il Dell’Acqua sia a poco a poco giunto alla sua attuale fiducia in se stesso. Nel mondo economico moderno a base di concorrenza, gli stati di equilibrio si raggiungono soltanto dopo numerosi tentativi; ed a furia di tentativi curiosi ed interessanti egli giunse a premunirsi contro il pericolo massimo minacciante il suo commercio di importazione: le variazioni incessanti del corso della carta circolante nell’Italia e nell’Argentina.

 

 

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