Opera Omnia Luigi Einaudi

Cesare Jarach

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1917

Cesare Jarach

«La Riforma Sociale», gennaio-febbraio 1917, pp. 118-121

Gli ideali di un economista, Edizioni «La Voce», Firenze, 1921, pp. 303-308

 

Dopo Achille Necco, Alberto Caroncini e poi Attilio Begey ed oggi Cesare Jarach: la lista dei collaboratori della nostra rivista morti sul campo per la difesa della patria si allunga. Cresce il cordoglio per la perdita di tanti valorosi ingegni e cresce la speranza che un paese, le cui classi intellettuali seppero con fermezza e semplicità far seguire alle parole il sacrificio personale, abbia nell’avvenire a dimostrarsi degni di superare più aspri cimenti e conseguire una più nobile meta.

 

 

Nato a Casale Monferrato il 9 marzo 1884, fu allievo del R. Collegio Carlo Alberto per gli studenti delle antiche provincie e seguì i corsi universitari nell’ateneo torinese, conseguendovi la laurea in leggi nel luglio 1904, con una dissertazione intorno ai rapporti fra trusts e protezionismo, che fu pubblicata poi su questa rivista. Durante gli anni universitari ed in quelli seguenti curò la compilazione delle mie lezioni e di quelle del professore Alessandro Garelli. Nell’anno scolastico 1904-05 ebbe l’incarico dell’insegnamento dell’economia politica e della scienza delle finanze nell’istituto tecnico G. Sommeiller di Torino.

 

 

Scelto dal senatore Faina e dal prof. Coletti come uno dei delegati tecnici per l’inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle provincie meridionali e nella Sicilia scrisse la relazione sugli Abruzzi; e le sue doti di studioso ed indagatore, che in tale ufficio si rivelarono, lo fecero chiamare nel 1909 all’Istituto internazionale di agricoltura, dove fu prima segretario particolare del senatore Faina, allora presidente dell’istituto ed attese poi a studi sulla organizzazione della statistica agricola e sulla cooperazione nell’agricoltura. Nel frattempo teneva nel 1911 l’incarico dell’insegnamento dell’economia politica nell’istituto tecnico di Roma.

 

 

Nel 1911 passò, in qualità di ispettore, al commissariato dell’emigrazione a Roma, e fu segretario del consiglio, incaricato di riferire sulle questioni del controllo dei noli dei vettori, sui vari progetti di colonizzazione interna ed estera, su provvedimenti sanitari, ecc. Nel 1913, sempre nella sua qualità di funzionario del commissariato, passò a dirigere l’ufficio di emigrazione per gli uffici di terra in Milano, dove rimase fino al giorno della chiamata alle armi. Nominato aspirante ufficiale e mandato sul Carso, cadeva pochi giorni dopo, alla testa dei suoi soldati, colpito da una granata austriaca. Sopravvisse alcune ore e morì serenamente, col pensiero rivolto alla moglie ed ai tre figli, che egli lascia in tenerissima età.

 

 

Le necessità della vita non gli consentirono di dedicare tutta la propria attività alla scienza economica, sebbene non gli siano mancate lusinghiere attestazioni di eleggibilità e di apprezzamento in concorsi universitari. Ma servì, forse ancor più utilmente, il paese negli uffici pubblici.

 

 

Appartenne alla schiera, la quale va purtroppo facendosi sempre più rara in Italia, dei funzionari i quali onorano l’ufficio coperto con la austerità nell’adempimento del proprio dovere e con la coscienza che a questo non si soddisfa se non si entra nell’arringo con una solida preparazione scientifica e se questa non si affina ognora più. La guerra odierna ha dato la dimostrazione di un vuoto terrorizzante nell’intelligenza e nella capacità tecnica del ceto burocratico dirigente italiano, sicché non ho dubbio che se, invece di non troppo numerose decine, i funzionari colti, studiosi, animati da devozione alla pubblica cosa, come era Cesare Jarach, fossero qualche centinaio e se essi potessero essere messi a capo delle pubbliche amministrazioni, mirabili risultati si potrebbero ottenere; e cesserebbe il disordine che oggi segue all’incompetenza degli uomini politici ed all’arrivismo non meno incompetente dei funzionari, il cui unico ideale sembra essere quello di far carriera, servendosi e facendosi servi delle fantasie e degli interessi degli uomini e dei gruppi, i quali si succedono al potere.

 

 

Cesare Jarach diede il suo nome alla non numerosa falange di nazionalisti, la quale ben presto scisse la sua azione da quella del partito nazionalista e, duce Alberto Caroncini, volle richiamare il nazionalismo alle sue origini nazionali e liberali. Sull’organo di questa falange scelta, L’Azione di Milano, scrisse egli succosi articoli, per lo più collo pseudonimo di Viridis, rivendicando, tra il blatteramento incomposto dei troppi nazionalisti analfabeti, le ragioni della scienza economica nelle sue immediate applicazioni pratiche.

 

 

Fu scrittore di cose teoriche, in economia e finanza, sobrio, acuto, elegante. Ai suoi saggi sui rapporti fra trust e protezionismo, sulla teoria della speculazione, sugli effetti di una imposta generale ed uniforme sui profitti si ritorna volentieri colla mente, come quelli che sono il frutto di una meditazione personale accurata, che spoglia la trattazione di ogni elemento estraneo superfluo e riduce il problema ai suoi dati essenziali ed alle sue conclusioni logiche più semplici. Nel che si riscontra il vero abito dello studioso.

 

 

I suoi scritti di economia descrittiva e di statistica economica rimarranno. Altre relazioni dei delegati tecnici della inchiesta sulle condizioni dei contadini nel Mezzogiorno ed in Sicilia possono eccellere sulla sua per la vastità del tocco, per la complessità della visione del problema (Lorenzoni); nessuna supera quella del Jarach sugli Abruzzi per la precisione dello studio dell’aspetto economico del problema. Egli era un economista; né, giustamente, conoscendo se stesso, amava fare incursioni nei campi vicini. Gli studi sullo sviluppo ed i profitti delle società per azioni italiane dal 1882 al 1903, ripresi poi nello studio sui bilanci del 1911 sono un monumento di indagine scrupolosa, condotta con cura ed abnegazione grandissime. Essi non hanno bisogno di essere rifatti; ed ogni indagatore, il quale in avvenire voglia studiare gli stessi fatti, dovrà rifarsi ancora alle fondamenta poste dallo Jarach ad un edificio che prima di lui nessuno aveva cominciato a costruire.

 

 

Scritti del Dott. Cesare Jarach

 

 

Aggio, circolazione e riserva delle Banche di emissione. (Estr. dalla Riforma Sociale, fasc. 1, anno X, vol. XII, seconda serie, pag. 7. Torino, 1903).

I rapporti fra trusts e protezionismo. (Estr. dalla Riforma Sociale, anno XI, vol. XIV, seconda serie, pag. 34. Torino 1904).

Lo sviluppo ed i profitti delle Società per azioni italiane dal 1882 al 1903 (nella collezione degli «Studi del laboratorio di economia politica S. Cognetti De Martiis, della R. Università e del Museo industriale di Torino», n. 1 della collezione, pag. 114. Torino, 1906, Roux e Viarengo).

La distribuzione topografica delle Società per azioni italiane e l’incremento relativo della grande e piccola industria (in Riforma Sociale, anno XII, vol. XV, pag. 909/915, 1905).

L’industrializzazione delle viticultura francese (in Riforma Sociale, anno XIV, vol. XVII, pag. 538-545, 1907).

Come funziona la nostra imposta sulla ricchezza mobile (Estr. dalla Riforma Sociale, fasc. 7, anno XIV, vol. XVII, seconda serie, pag. 16. Torino, 1907).

Inchiesta parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle Provincie meridionali e nella Sicilia (Abruzzi e Molise, vol. II, tomo I, Relazione del delegato tecnico dott. Cesare Jarach, pag. XV-300. Roma, 1909, Tipografia Bertero).

Institut International d’Agricolture. L’organisation des services de statistique agricole dans les divers pays. (Tome premier, pag. 446. Rome, 1909, Imprimerie de la Chambre des Deputes).

Il problema economico della disoccupazione. (Estratto dal fascicolo di febbraio 1910 della Rivista d’Italia, pag. 323/331. Roma, 1910, Tip. Unione Editrice).

Gli effetti di una imposta generale ed uniforme sui profitti. (Nota presentata nella adunanza del 12 febbraio 1911 alla Reale Accademia delle Scienze di Torino. Estratto dagli «Atti», vol. XLVI, pag. 18. Torino, 1911, Tip. Bona).

Appunti sulla teoria della speculazione. (Supplemento alla Riforma Sociale, gennaio-febbraio 1912, pag. 36. Torino 1912, Società Tip. Edit. Nazionale).

L’emigrazione transoceanica durante il 1912 (in Giornale degli Economisti, anno XXIV, vol. XLVI, pag. 55-59, 1913).

Relazioni varie presentate su progetti di colonizzazione nella Basilicata e nello Stato di Vittoria (Australia) in Rendiconti sommari delle adunanze del Consiglio dell’emigrazione. («Bollettino dell’Emigrazione», n. 9. Roma, 1912).

Le Società italiane per azioni attraverso i loro bilanci chiusi entro l’anno 1911. (Estratto della Rivista delle Società Commerciali, in 4, pag. 124. Roma, 1914).

Compilazione delle lezioni tenute nella R. Università di Torino dai professori Luigi Einaudi ed Alessandro Garelli:

 

 

Scienza delle finanze e Diritto finanziario; lezioni del prof. Luigi Einaudi (un volume a stampa di pag. 430. Casale, 1907, Tipografia Operaia).

Finanze locali. Appunti sulle lezioni del prof. Alessandro Garelli (un volume a stampa di pag. 433-551, con indice ai due volumi, pag. 553-558. Casale, 1908, Tipografia Operaia).

Articoli pubblicati sulla Rassegna settimanale L’Azione di Milano:

Firmati Cesare Jarach:

L’Imposta sul reddito (anno I, n. 11, 19 luglio 1914).

 

 

Firmati col pseudomino I. Viridis:

Il programma del protezionismo nazionalista: Esportazione senza importazione. Contro il dazio sul grano? (anno I, n. 12, 26 luglio 1914).

Ancora sull’imposta globale. L’esperienza tedesca (anno I, n. 13, 2 agosto 1914).

Provvedimenti commerciali e finanziari (anno I, n. 21, 27 settembre 1914).

La scadenza della moratoria. Cautele (anno I, n. 29, 22 novembre 1914).

Recensioni varie in Riforma Sociale, fra cui si ricordano quelle su:

 

 

– W. Stanley Jevons, The principles of economics (anno XII, vol. XV, pag. 970-I, 1909).

 

 

– Viscount Goschen, Essays and addresses on economic questions (anno XII, vol. XIV, pag. 90-1, 1906).

 

 

– Zorli, L’elemento giuridico e morale della convenienza economica (id., pag. 815-16, 1906).

 

 

– Effertz, Les antagonismes économiques (id., pag. 992-94, 1906).

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