Opera Omnia Luigi Einaudi

Come l’Italia paga il deficit della sua bilancia commerciale?

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 09/01/1912

Come l’Italia paga il deficit della sua bilancia commerciale?

«Corriere della Sera», 9 gennaio 1912

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol.III, Einaudi, Torino, 1960, pp. 377-381

 

 

 

 

Le punte all’insù, oltre il 101, che già una volta in questi ultimi mesi fece e minaccia ora di ripetere il corso del cambio, hanno reso di nuovo interessante per il commercio e per l’industria italiana la domanda: come si saldano i pagamenti tra l’Italia e i paesi esteri? Quando il cambio diminuisce è segno che l’Italia è creditrice verso l’estero; mentre quando il cambio aumenta, tutti si mettono a scrutare le statistiche del commercio internazionale e si impressionano se esse segnano un forte disavanzo. Poiché è innegabile che il cambio sull’estero è da un triennio alquanto superiore a quello che correva prima, e poiché anzi da una media variabile da 99,92 a 99,97 ossia inferiore alla pari, ossia ancora, come si suol dire, favorevole all’Italia, negli anni 1905-907 siamo passati gradatamente a 100,02 nel 1908, a 100,44 nel 1909, a 100,52 nel 1910 e probabilmente supereremo questa cifra nel 1911; e poiché nel tempo stesso l’eccedenza delle importazioni di merci (importazioni del cui prezzo siamo debitori), sulle esportazioni (del cui prezzo siamo creditori), ossia il saldo passivo della bilancia del commercio internazionale, è passato da 310 milioni nel 1905 a 608 nel 1906, a 931 nel 1907, per fermarsi su 1 miliardo e 200 milioni circa nel triennio 1908-910 e su 1 miliardo e 200 milioni batterà ancora nel 1911; poiché tutti questi fenomeni si sono verificati, subito si sono moltiplicate le indagini e le ipotesi per sapere da quali cause proveniva il fenomeno e come riuscivamo noi a pagare un così ingente saldo passivo a nostro carico.

 

 

Ho già avuto occasione di dichiarare altra volta su queste colonne che il miliardo e i 200 milioni di sbilancio nel commercio internazionale non mi impressionavano affatto; anzi che, più crescevano i milioni del cosidetto disavanzo, più potevamo lietamente constatare la nostra capacità di comprare merci dall’estero senza pagarle con altrettante merci nostre, le quali potevamo con maggior godimento consumare noi stessi, compensando gli acquisti in altre maniere più comode e meno costose per noi. Questa mia convinzione viene oggi suffragata dalla lettura di una stupenda memoria che Bonaldo Stringher, direttore generale della Banca d’Italia, ha comunicato alla commissione istituita dall’on. Luzzatti, mentre era ministro d’agricoltura, per lo studio delle statistiche commerciali e che m’auguro possa venire presto resa di pubblica ragione. È una memoria questa degna di stare a paro con quelle classiche che i Say, Goschen ed altrettali economisti, versatissimi, oltrecché nella dottrina, nella pratica dell’industria bancaria, dettarono all’estero; in essa lo Stringher ha saputo utilizzare i dati sapientemente raccolti per mezzo delle sedi della banca e dei principali istituti di credito e banchieri privati italiani per gittare un fascio di luce sulle complesse correnti di denaro fra l’Italia ed i paesi stranieri.

 

 

Come si salda dunque il debito di i miliardo e 200 milioni del saldo passivo della bilancia del commercio internazionale? Anzi, come si salda il debito ancor maggiore che risulta dall’aggiunta dell’altro saldo passivo, uguale alla differenza tra gli interessi ed ammortamenti da noi dovuti ai proprietari stranieri di capitali imprestati allo stato od a privati italiani od impiegati in imprese italiane e la minor somma di redditi ricavati dai capitali italiani impiegati in titoli stranieri o imprese all’estero? Quale sia questo secondo saldo passivo, lo Stringher indaga con grande accuratezza; e brevemente si può il suo lungo studio così riassumere:

 

 

Debito dell’Italia. 
1) Interessi ed ammortamenti che lo stato paga fuori del regno per i titoli di debito pubblico consolidati, perpetui e redimibili esistenti all’estero e per altri impegni del tesoro. È una cifra che da 218,6 milioni nel 1891 – 92, uguali al 47,50% è discesa nel 1909 – 10 a 59,8 milioni, uguali all’11,86% dei pagamenti totali fatti per il servizio dei debiti all’interno ed all’estero. In media sono milioni………………………………….. 

60

2) Interessi, dividendi ed ammortamento di titoli non di stato, obbligazioni, cartelle fondiarie, ecc, possedute da stranieri. Su 7 miliardi e mezzo di titoli di questa specie esistenti in Italia si calcola che non più di 750 milioni siano posseduti da stranieri, di cui 300 milioni in Francia, 180 milioni in Germania, 150 nella Svizzera, 50 nella Gran Bretagna e 70 in altri paesi. Tra interessi ed ammortamento l’Italia dovrà pagare all’estero milioni…………………………………………………………………………………………

40

3) Reddito di capitali impiegati da stranieri direttamente in Italia, sia per mezzo di società straniere operanti in Italia, sia con partecipazioni dirette a imprese italiane. Si possono calcolare 1.370 milioni, di cui 300 di capitale belga, 300 francese, 300 tedesco, 230 svizzero, 140 inglese e 50 di varia provenienza. Onere annuo per l’Italia milioni…………………………….

85

 

Totale debito dell’Italia milioni

185

 

 

Credito dell’Italia. 
1) Interessi ed ammortamenti di valori esteri posseduti da italiani. Il fisco ne scoperse per 236 milioni e mezzo, quando applicò la tassa di bollo sui valori esteri; ma sono assai di più e non fruttano meno di milioni………………………………………………………………………   

 

24

2) Redditi delle giacenze presso banche estere, delle cambiali sull’estero, dei buoni del tesoro esteri posseduti dal tesoro e istituti di emissione italiani. In media 280 milioni, che fruttano milioni……..   

8

3) Redditi commerciali, industriali ed agrari di italiani che operano all’estero e partecipazioni italiane ad imprese estere…………………..  40
4) Lo Stringher ricorda solo per memoria, e non calcola, per esagerare in pessimismo, i 10 – 15 milioni che al minimo fruttano le offerte dal mondo cattolico alla Santa sede, i sussidi delle istituzioni cattoliche estere, i redditi degli artisti italiani in Europa ed America, i proventi delle doti di signore straniere maritate in Italia. Neppure ha tenuto conto dei 25 milioni di offerte delle nazioni estere in occasione del terremoto di Messina e Reggio Calabria……………………………………………………………………………………  

 

 

 

 

 

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Totale del credito dell’Italia, prudenzialmente ridotto da 72 milioni a…   50 50

 

Resta un saldo passivo di milioni

135

 

 

In tutto, va il miliardo e i 200 milioni del saldo passivo commerciale e i 135 milioni di saldo passivo finanziario, sono 1 miliardo e 335 milioni di lire che ogni anno dobbiamo trovare la maniera di pagare all’estero. Che si paghino in oro sonante, si può escludere senz’altro. Le statistiche negli ultimi tre anni registrano una eccedenza nell’uscita di oro e monete d’argento di appena 20 milioni di lire. Anche se le statistiche errano in difetto, devono errare di ben poco, se si pensa che le riserve metalliche del tesoro e degli istituti di emissione negli ultimi tre anni, quando il nostro saldo passivo giungeva alla «terrificante» cifra di 1 miliardo e 335 milioni, continuavano a crescere e da 1 miliardo e 389 milioni nel 1907 passavano a 1 miliardo e 593 nel 1908, a 1 miliardo e 613 nel 1909 ed a 1 miliardo e 622, nel 1910 (fine dicembre). Il disavanzo lo pagheremo in qualche altra maniera, non certo in oro.

 

 

Le maniere sono in tesi generale ben note, e sono sostanzialmente tre; ma su di esse lo Stringher accumula prove abbondanti di dati freschissimi, che l’angustia dello spazio mi vieta di riassumere convenientemente:

 

 

1)    Le rimesse degli emigranti, che le autorità federali americane valutano a 187 milioni di lire per il solo primo semestre del 1909 e per i soli Stati uniti; che il sen. Faina calcola a 350 milioni per il mezzogiorno e le isole; che l’on. Rossi dichiara non inferiori a 500 milioni, senza tener conto del denaro personalmente recato dai rimpatrianti. Lo Stringher, con indagini sue, valuta a 412 milioni gli assegni bancari e gli ordini di pagamento provenuti nel 1909 dall’estero per conto di italiani emigrati; vi aggiunge 15 milioni spediti con biglietti da 5, 10, 50 e 100 lire chiusi in lettere alle famiglie; e 75 milioni (a 250 lire per testa) recati dai 300 mila rimpatrianti. In tutto 500 milioni, da cui bisogna dedurre 30 milioni portati seco dagli emigranti quando si recano all’estero e 15 milioni di differenza fra i noli di andata pagati alla bandiera estera ed i noli di ritorno guadagnati dalla bandiera nazionale. In cifra tonda le rimesse degli emigranti si possono calcolare ad un minimo di 450 milioni.

 

 

2)    Le somme spese dai forestieri in viaggio per l’Italia. Con uno spoglio diligente dei registri dei biglietti venduti dalle amministrazioni ferroviarie italiane ed estere e calcolando che ogni viaggiatore di I classe spenda, per alloggio, vitto, compere di oggetti da collezioni e artistici, ecc. ecc., lire 30 al giorno, quello di Il lire 20 e quello di III classe lire 10, si ottiene per 900.000 viaggiatori una spesa totale di 513 milioni di lire, che per prudenza si riducono a 450 milioni, circa 500 lire a testa in media per tutta la durata della permanenza in italia, che talvolta è lunghissima.

 

 

3)    Il saldo effettivamente pagato dalle amministrazioni postali estere al ministero nostro delle poste e telegrafi e che non costituisce duplicazione con le altre rimesse per motivi che lo Stringher particolarmente dimostra. Sono 200 milioni di lire all’anno.

 

 

Con queste tre partite noi giungiamo a 1 miliardo e 100 milioni di credito da contrapporre a 1 miliardo e 335 milioni di debito verso l’estero. Se si riflette che lo Stringher ha tenute con somma prudenza basse tutte le stime dei crediti ed elevate quelle dei debiti, che probabilmente qualche cagione di errore si è infiltrata nelle statistiche commerciali ad ingrossare la cifra apparente del nostro saldo passivo, che una notevole parte dei redditi di titoli di aziende nazionali spettanti a stranieri è reimpiegata in Italia e non dà luogo quindi ad una richiesta di denaro od a rimesse a favore di paesi esteri, possiamo tranquillamente concludere che la differenza non spiegata di 235 milioni (1 miliardo e 335 milioni debito, 1 miliardo e 100 milioni credito) non desta alcuna preoccupazione.

 

 

Certo, tutto l’edificio poggia sulla continuazione delle rimesse degli emigranti e delle spese dei viaggiatori stranieri nella cifra consueta. Se queste due fonti di reddito avessero a diminuire (e forse sono di fatto scemate nel 1971 in confronto degli anni 1909 e 1910 considerati dallo Stringher), l’equilibrio fra il dare e l’avere (equilibrio che deve sempre esistere, perché è impossibile tra le nazioni comprare senza vendere, pagare senza riscuotere) dovrebbe essere ristabilito in qualche altra maniera. Lo Stringher conclude che in siffatta malaugurata evenienza l’equilibrio si avvererebbe con l’aumento delle esportazioni di merci e con la diminuzione delle importazioni. Logica, rigorosamente scientifica conclusione. Direi anche conclusione profetica, se si dovesse badare al crescere delle esportazioni negli ultimissimi mesi. Speriamo però che le esportazioni non aumentino troppo, essendo oramai ben chiaro, dopo quanto è stato detto sopra, come ben più utile sia per noi importar molto, a condizione di pagare non con merci, ossia con esportazioni, ma con rimesse di emigranti e di forestieri. Per ora ricevere rimesse è più comodo del fabbricar merci!

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