Opera Omnia Luigi Einaudi

Contributi fisiocratici alla teoria dell’ottima imposta

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1932

Contributi fisiocratici alla teoria dell’ottima imposta

«Atti della R. Accademia delle scienze di Torino», 1931-1932, pp. 433-456

Saggi sul risparmio e l’imposta, Einaudi, Torino, pp. 331-361

 

 

 

 

La nota vuole estrarre dalla letteratura fisiocratica, spogliandoli della loro particolare forma, alcuni fondamentali principii, la cui validità non appare legata con le sorti cadute della dottrina della «scuola». Le citazioni sono tratte[1] dagli scritti del marchese di Mirabeau, del Mercier de la Rivière, del Dupont de Nemours, del granduca di Baden e del Saint – Péravy; senza por mente alle sfumature le quali possono distinguere il pensiero dell’uno da quello dell’altro, sia perché nella materia qui considerata le sfumature sono irrilevanti sia perché di nessun gruppo di economisti può dirsi come dei fisiocrati che essi abbiano in verità costituito una «scuola», – «setta» al dir degli avversari – i cui scritti erano letti e discussi in collegio e sottoposti ad attenta revisione dal maestro, il Quesnay. Se inoltre si trae qualche brano dalle «riflessioni» del Turgot sebbene questi abbia voluto sempre tenersi indipendente dalla scuola, ciò si fa perché egli con singolare efficacia chiarisce alcuni dei problemi posti dagli altri fisiocrati.

 

 

Alla presente nota diede occasione la lettura nuovamente fatta dallo scrivente di alcuni principali scritti fisiocratici lettura fatta, come è ovvio, con gli occhi suoi della mente disposti a collocare le pagine lette nello schema che, a torto od a ragione, egli usa nella interpretazione dell’imposta. Del resto, così si rifà continuamente la storia delle dottrine: per ritrovare negli scritti degli antichi i germi di quelle che oggi a noi paiono verità.

 

 

I fisiocrati hanno ragione di rivendicare l’onore di avere per primi costruito una teoria sistematica della scienza economica. Altri può pretendere al titolo di fondatore della scienza; nessuno può contestare ai fisiocrati il vanto di dirsi i consapevoli pretendenti a quel titolo. Il «Tableau oeconomique» è forse incomprensibile; ma è certamente un tentativo efficace di costruire uno schema del processo non mai chiuso e sempre nuovo della produzione e del consumo. Ma qui finiscono le loro giuste rivendicazioni: ché la peculiare dottrina del «prodotto netto», fatta subito oggetto di satira ne «L’Homme aux quarante écus» di Voltaire, cadde dinnanzi all’esame critico degli economisti, i quali a poco a poco estesero il concetto di produttività dall’agricoltura a tutti gli altri tipi della umana attività.

 

 

Non sarebbe tuttavia corretto dar soverchio peso al «prodotto netto», all’«imposta unica», ed all’altro noto formulario della setta; epperciò cercai chiarire la sostanza viva di quelle parole morte. Non si rende giustizia ai fisiocrati quando si identifica la loro teoria sull’imposta col concetto dell’imposta unica sul prodotto netto della terra. Importa difendere i fisiocrati contro la caricatura che essi stessi fecero della propria teoria e che ai teorici venuti di poi piacque esagerare. Essi da sè si difendono quando si riproducano in ordine logico le loro parole medesime.

 

 

I. – L’imposta non è arbitraria.

 

 

Se le imposte sono malamente costrutte e distribuite, le conseguenze sono dannose.

 

 

«Il ne dépend pas des hommes d’asseoir l’Impôt selon leur caprice… Personne ne conteste aux ignorans le pouvoir physique de tomber dans de grandes erreurs; mais les loix naturelles les soumettent à des punitions très séveres, inévitablement attachées à ces erreurs, et c’est tout ce que l’on veut dire ici» – Dupont De Nemours, De l’origine et des progrès d`une science nouvelle, 1768, p. 40; ed. Paris, 1910, p. 20.

 

 

I fisiocrati affrontano il problema in maniera veramente scientifica. Essi non affermano che l’imposta debba essere costruita in un dato modo per ragioni poste aprioristicamente. Affermano soltanto che alcune imposte producono effetti, ordinariamente detti buoni; laddove altre imposte producono altri risultati, dal comune consenso dichiarati cattivi.

 

 

II. – Il soggetto di diritto non è necessariamente il soggetto di fatto dell’imposta.

 

 

«J’ai à mes gages un homme à qui je donne 100 francs, parce que 100 francs sont le prix nécessaire de sa main d’oeuvre, le prix fixé par concurrence établie sur une grande liberté: ces 100 francs sont à lui; il les reçoit de moi en échange d’une valeur de 100 francs en traveaux: établissez sur lui un impôt de la même somme; il ne pourra plus vivre, à moina que je ne lui donne 200 francs. Cependant pour ces 200 francs, je ne recevrai de lui que le mêmes travaux, que la même valeur qu’il me donnoit auparavant; il y aura donc la moitié de cette somme que je lui donnerai sans qu’il l’achete, et dont il se servira pour payer l’impôt: d’aprés cela n’est – il pas sensible que c’est sur moi que l’impôt retombe, et non pas sur lui? Tout impôt acquitté par un salarié dont le salaires augment en proportion, n’est certainement point supporté par le salarié: cet inpôt est à la charge de ceux qui, par l’augmentation de ses salaires, lui fournissent gratuitement les moyens de payer» (Mercier De La Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques. 1767, II, 112-3).

 

 

Nel brano citato il Mercier de la Rivière parte dalle ipotesi di illimitata concorrenza fra operai e fra imprenditori e di uguaglianza del salario al minimo necessario per l’esistenza. Altrove, le ipotesi implicite variano:

 

 

«Parmi les diverses manieres de mettre un impôt aur les salaires il en est une à la quelle on a donné le nom d’impôt sur les consommations… Le propre d’un tel impôt est donc de faire diminuer la mation ou la valeur vénale des marchandiaes sur les quelles il est établi. Dans les deux cas, le premier vendeur de ses marchandises est également en perte; mais le dernier cas est celui qui doit naturellement ariver, parce qu’on veut vendre à quelque prix que ce soit; que d’ailleurs la diminution du prix d’une marchandise est une suite nécessaire de la diminution de son débit» (Id., II, 206-208).

 

 

Se alle ipotesi qui poste di una offerta rigida («on veut vendre à quelque prix que ce soit») e di una domanda elastica («le propre d’un tel impôt est de faire diminuer la consommation») si aggiunga quella, consueta negli stati di antico regime, di classi o regioni immuni dalla imposta, resta dimostrata la verità di un’altra proposizione:

 

 

III. – Se, per effetto della imposta stabilita in ragione della quantità venduta di una merce, il prezzo della merce aumenta di meno dell’ammontare dell’imposta, i consumatori esenti dall’imposta sono avvantaggiati.

 

 

«A l’égard d’un impôt sur la vente des productions cueillies dans l’intérieur de la nation, et dont le commerce reste libre cependant entre le vendeur et l’acheteur, cnmme il n’est pas possible d’y assujettir toute une même espece de productions, il en résulte un inconveniént singulier: cette marchandise diminue de prix non seulement pour les consommateurs qui ne peuvent se la procurer qu’en payant des droits; mais encore pour tous les autres qui n’ont point de droits à payer, en supposant néammoins que cette production ait besoin de cette première classe de consommateurs. Chaque lieu où se cueille une production est une sorte de marché public formé par la concurrence des vendeurs: là, chacun achete au même prix, toutes choses égales d’ailleurs; et la concurrence des acheteurs établit un prix courant qui devient une loi commune: que vous ayez des droits à payer après l’achat, ou que vous ayez des droits, vous n’achetez ni plus ni à meilleur marché. Ainsi dès que parmi les consommateurs dont le débit d’une production a necessairement besuin, il s’en trouve qui sont chargés de payer des droits, il sont forcés de dinsinuer le premier prix d’achat; et cette diminution fait tomber également le prix courant de cette production pour touts les autres acheteurs. Je dis que les consommateurs sujets aux droits sont forcés de diminuer le premier prix d’achat, et cela est facile à cocevoir: l’établissement de ces droits n’augmente point, dans ces consommateurs, les moyens qu’ils avoient pour dépenser; il faut donc qu’ils achetent cette production moins cher, ou qu’ils en achetent une moindre quantité, la surabondance de cette production en fait necessairement diminuer la valeur. Impossible donc d’empêcher que le prix de cette production ne diminue et ne diminue pour tous les acheteurs indistinctement» (Id., id., II, 208-210).

 

 

Oltreché delle premesse già ricordate intorno alla natura della domanda ed alla specialità dell’imposta ed a quelle del coeteris paribus e dell’unicità del prezzo del medesimo bene sullo stesso mercato e nello stesso momento il Mercier de la Riviere fa uso efficace di altri strumenti di ragionamento, dei quali meritano di essere ricordati due. Il primo consiste nel concepire la domanda dei beni come proveniente distintamente da strati successivi di consumatori, i quali entrano in scena a mano a mano che il prezzo, scemando, rende il bene ad essi accessibile («en supposant… que cette production ait besoin de cette… classe de consommateurs …» «les consommateurs dont le débit d’une production a nécessairement besoin»); ed il secondo sta nell’importanza singolarissima data al concetto del reddito del consumatore. Non i produttori sono costretti a ridurre il prezzo di vendita, sibbene i consumatori a scemare il prezzo d’acquisto dei beni quando questi sono percossi da imposta; perché il tributo non aumenta «i mezzi che i consumatori hanno di spendere». Il richiamo ripetuto alla «necessità» non come a qualcosa di fatale per comando divino o per combinazioni naturali incombenti, sibbene come a constatazione di un vincolo fra causa ed effetto, compie il quadro della ricerca puramente scientifica intesa dai fisiocrati a rispondere alla domanda: chi paga l’imposta? Quali sono gli effetti della sua percussione generale o parziale?

 

 

IV. – L’imposta, stabilita sull’oggetto non proprio, tende a spostarsi sinchè non siasi trasferita sull’oggetto suo proprio.

 

 

«Quand on veut, disait un grand ministre, tirer les choses de leur centre et de l’élément qui leur est propre, il faut de la force, il faut du travail; mais elles se replacent d’elles-mêmes» (Mirabeau, Théorie de l’impôt, 1760, 359).

 

 

Saint – Péravy applica la massima dapprima all’imposta sugli interessi dei capitali dati a prestito:

 

 

«La proportion entre les prêteurs et les emprunteurs est la seule cause décisive du prix de l’argent ou de son intérêt. La loi ne pouvant pas changer la raison de ce concours général, le taux des contractants se rendra toujours indépendant de son autorité. L’emprunteur ne doit pas mieux réussir à forcer le prêteur de subir la diminution de l’impôt sur son intérêt, que de prêter à un fur plus bas celui du concours general. On ne peut pas plus le présumer maître de la première condition qua la séconde. Ainsi le fur naturel de l’argent prenant toujour l’ascendant sur le fur légal qui s’efforce on vain de le saisir et de le fixer, la reprise de l’impôt sur les rentes est calculée par le prêteur, et exigée par lui en sus du fur naturel; ce qui le fait renchérir et retomber sur l’emprunteur qui s’abuse, s’il prétend le gagner» (Saint – Péravy, Mémoire sur les effets de l’impôt indirect sur le revenue des propriétaires des bien fonds, 1768, 66). Poscia all’imposta sulle case:

 

 

«Le terrein sur lequel elles [les maisons] sont construites; les matériaux qui les composent, et la main – doeuvre qu’a coûté leur arrangement, représentent le capital qui forme leur valeur. Cette manière de l’employer ne peut être censée avoir été adoptée par personne, que dans la certitude d’en retirer un profit combiné avec celui de ses autres emplois, et en raison de leur solidité. Rien ne doit pouvoir diminuer cette proportion. Ce n’est point l’impôt qui doit réussir à l’affaiblir; il est incontestable qui il doit être aux dépens du locataire en renchérissement dei loyers. En effet, supposez un instant qu’il soit retenu aux possesseurs des maisons, en déduction des baux; alors l’emploi e l’argent en bâtisse deviendroit moins favorable que tous ceux dont il est susceptible dans les mains de l’industrie; aussi-tôt on cesseroit de construire de nouvelles maisons; on refuseroit même de construire de nouvelles maison; on refuseroit même de rebâtir celles que le feu et la vétusté detruiroient; conséquemment le nombre en diminueroit, jusqu’à ce que la demande en concurrence des locataires, eut élevé le prix des loyers au pair de l’indemnité de l’impôt en faveur des possesseurs de maisons» (Id., id., 68-69).

 

 

La proposizione quarta è fondata sulla premessa della esistenza di un saggio «naturale» di interesse o di pigione: e s’intende per naturale quel saggio il quale rende la quantità offerta dei capitali a mutuo o delle case uguale alla quantità domandata. Fondandosi su osservazioni d’indole puramente economica e non sui giudizi etici, il saggio «naturale» non si intende imposto dalla consuetudine, dalla legge o da sentimenti di giustizia o di equità; ma è alla lunga conforme alle condizioni esistenti del mercato del risparmio o delle case. Se l’imposta riduce il saggi dell’interesse o delle pigioni al disotto del livello naturale, la sanzione non è etica o giuridica, ma economica. Il saggio ridotto è instabile. Non si forma abbastanza nuovo risparmio per soddisfare al «concours general», alle richieste esistenti; le case vecchie deperiscono e nuove non sorgono. Il saggio deve rilevarsi per ristabilire l’equilibrio.

 

 

La proposizione quarta può, in forma più approssimata alla realtà, essere esposta come segue:

 

 

V. – Oggetto proprio dell’imposta non possono essere le spese di produzione; perciò, se stabilita su queste, essa tende a spostarsi. «Avant d’extraire la portion de l’État sur les biens des Citoyens, il faut prélever les frais de tout genre» afferma Mirabeau (loc. cit. 424). Enumerando, egli dichiara che il prodotto della terra deve innanzitutto servire:

 

 

«1) A la subsistance de ceux qui les font naître. 2) A la subsistance de ceux qui les façonnent. 3) A celle de ceux qui les voiturent; ce qui comprend Agriculture, Industrie et Commerce. Toutes ces parties sont de droit franches, libres et immunes» (loc. cit., 424).

 

 

Anche questa è proposizione prettamente economica, la quale si deduce, come fu chiarito sopra, dalla osservata impossibilità che il saggio del salario degli agricoltori, dei manifattori e dei commercianti scenda al disotto di quello naturale, che è (cfr. la proposizione prima) uguale al minimo per l’esistenza. Come può l’imposta ridurre i salari al disotto del minimo? Il tentativo sarebbe non solo vano, ma dannoso. Qui ha luogo una tra le più feconde proposizioni fisiocratiche:

 

 

VI. – La traslazione, pure inevitabile, della imposta stabilita sulla spesa di produzione è causa di attriti ossia di perdite di ricchezza. Gli adepti della setta fisiocratica elaborarono assai sottilmente la distinzione fra le vecchie e note imposte, i cui effetti possono essere scontati dagli imprenditori e le nuove imposte le quali cadono su di essi quando essi hanno già iniziato la produzione. Le prime sono fastidiose:

 

 

«Si l’on établissait des impositions sur les personnes, sur les marchandises, sur les dépenses, sur les consommation; la perception de ces impositions serait fort couteuse; leur existence gênerait la liberté des travaux humains, et augmenterait nécessairement les frais de Commerce et de culture.

 

 

Cette augmentation de frais de commerce et de culture, ces taxes dispendieuses entre la production et la consommation, n’augmenteraient la richesse d’aucun acheteur consommateur, et ne pourraient faire dépenser à qui que ce fut plus que son revenu.

 

 

Elles forceraient donc les acheteurs à mésoffrir sur les denrées et les matières premières en raison de la taxe, et de la perception couteuse de la taxe, et de l’accroissement de frais intermédiaires de commerce et de fabrication que la taxe et sa perception occasionneraient.

 

 

Elles feraient donc baisser nécessairement d’autant le prix de toutes les ventes de la première main.

 

 

Les cultivateurs qui font ces ventes se trouveraient donc en déficit dans leur recette, de toute la diminution du prix de leurs denrées et matières premières.

 

 

Ils seraient donc forcés d’abandonner la culture des terreins mauvais ou médiocres, qui avait la diminution du prix des productions, ne rendaient que peu rien par de-là le remboursement des frais de leur exploitation et qui par cette diminution de la valeur des récoltes ne pourraient plus rembourser ces frais nécessaires pour les cultiver. De-là naîtrait une première et notable diminution dans la masse totale des subsistances, dans l’aisance du Peuple, et bientôt dans la population.

 

 

Les cultivateurs seraient forcés en outre, de retrancher, ou sur le revenu des propriétaires, ou sur les dépenses de leur culture, une somme égale au deficit qu’ils éprouveraient dans leur recette» (Dupont De Nemours, 1768, pp. 42-3; 1910, pp. 21-22).

 

 

Ma le seconde sono assai peggiori:

 

 

«Mais si l’imposition augmente pendant le cours du bail du fermier, elle enleve les avances d’exploitation avec un progrès très rapide; elle éteint le produit total qui doit fournir le revenu, restituer les reprises du fermier, payer les salaires aux ouvriers employés à la culture, et entretenir les engrais de la terre; alors les biens se détériorent et tombent en non valeur. Ainsi l’imposition qui enleve les richesses d’exploitation est une dévastation qui ruine les fermiers, qui anéantit les revenus des propriétaires et du souverain et qui éteint la retribution dont subsistent les autres classes d’hommes» (Mirabeau, loc. cit., 477-478).

 

 

La scuola ha elaborato minutamente la proposizione sesta, fondamentale nel «sistema», la quale si riduce in sostanza ad affermare che l’imposta stabilita su un reddito appena sufficiente alla vita del contribuente, ove non possa essere e per la parte per cui non può essere immediatamente traslata su altro reddito capace a sopportarla, deve essere dal contribuente soluta sui fondi da lui in passato accumulati, con danno gravissimo e progressivo per il flusso corrente della ricchezza nuovamente prodotta. Saint-Péravy, scrupoloso elaboratore della dottrina dei maestri, dedica gran parte del suo libro a studiare gli effetti dell’imposta che la scuola chiama «indiretta», perché non assisa sull’oggetto suo proprio, e distingue l’imposta in «permanente» se antica e «sopravvegnente» (impôt survenant), se nuova o meglio imprevista. Distinzione, quest’ultima, che taluno può avere avuto l’impressione di incontrare, elaborata, in moderni scrittori, i quali a lungo insistono sulla importanza della previsione e prevedibilità della imposta nello studio dei suoi effetti, ma era stata già finemente cesellata dalla scuola. La quale, per bocca massimamente di Saint – Péravy, combina, alla foggia moderna – ed altro forse non manca fuor che l’uso delle lettere dell’alfabeto per denotare le varie combinazioni di fattori considerati, – le diverse specie di imposta permanente e sopravvegnente con le varie dosi di anticipazioni culturali degli imprenditori agricoli, primitive od iniziali (migliorie, piantagioni, macchine) ed annuali (sementi, concimazioni, salari) e ne ragiona le conseguenze sulla degradazione delle culture derivanti dalla imposta male assisa e non trasferibile immediatamente sull’oggetto suo proprio pongasi mente che tra le premesse fisiocratiche era compresa quella che una anticipazione culturale di 100 importasse in media un raccolto susseguente (réproduction) di 210, di cui 100 a titolo di restituzione delle anticipazioni fatte (reprises des avances), 10 a titolo di interesse e 100 a titolo di reddito (revenu); premessa che, essendo derivata dalla asserita osservazione di fatti contingenti del tempo in cui i fisiocrati scrivevano, non ha importanza teorica prendendo le mosse da siffatte premesse, Saint – Peravy discute l’ipotesi, da lui assunta tra le più semplici, dell’imposta assisa sul coltivatore, il quale abbia fatto soltanto anticipazioni annuali:

 

 

«Pour peu qu’on examine le sort des fermiers, qui, pressés par la création d’un nouvel Impôt, n’ont d’autres ressources pour y satisfaire que leurs reprises composées de leurs avances annuelles avec leurs intérêts; si le genre de leur culture n’est fondé que sur des avances annuelles, il n’est pas douteux qu’ils commenceront pour sacrifier ces intérêts pour ne point entamer leurs avances; mais au moindre accident dans les récoltes, ne trouvant plus dans ses intérêts les secours qu’ils devoient leur ménager, et qui ne leur avoient été accordes que pour ces moments de crise, il sont forces d’entamer leurs avances elles-mêmes. Alors la reproduction suivante sera diminuée en raison de deux cents dix pour cent de ce qu’ils auront commencé à en sacrifier. Avec une récolte aussi affaiblie, il ne leur est plus possible de se remettre au pair en reportant la dépense du nouvel impôt sur les seuls intérêts des avances pour l’année suivante. Le vuide de la récolte qu’ils supportent seuls par le droit injuste conserve aux propriétaires de refuser de leur en tenir compte pendant le cours des baux, les réduit à ne pouvoir plus payer l’impôt qu’en reprenant de nouveau sur leurs avances: elles seront diminuées chaque année, non seulement de la reprise répétée de l’impôt; mais encore du vuide de la reproduction qui sera augmenté progressivement jusqu’au moment de l’échéance des baux: alors presque ruines ils ne pourront plus former d’engagements avec les propriétaires, que conséquemment à la foible culture que l’épuisement de leurs richesses d’exploitation leur permettra de soutenir, et aprés leur avoir précompté la charge du nouvel impôt» (loc. cit., 161-163).

 

 

Saint – Péravy dimostra in tal modo che l’imposta assisa sull’affittavolo non può incidere su di lui se non per il tempo residuo della locazione; anzi il proprietario previggente ha interesse ad accettarne subito la traslazione sul canone di affitto ad evitare il maggior danno altrimenti incombente su di lui al termine del contratto. Se egli accetta subito la traslazione, il danno si limita all’ammontare dell’imposta; se egli, giovandosi della lettera del contratto, si ostina nel rifiuto di accollarsi subito l’imposta, dovrà sottostare alla fine medesimamente ad una riduzione uguale all’imposta ed in aggiunta alle conseguenze della degradazione della coltura derivata dai minori capitali di anticipazione rimasti in possesso dell’affittavolo. Quanto sia grande la «degradazione» – così la chiamano i fisiocrati – che l’imposta non traslata esercita sul capitale d’anticipazione è chiarito da ripetute tabelline che i fisiocrati costruiscono per ognuna delle combinazioni ipotetiche da essi esaminate. Eccone una (riprodotta da loc. cit., 164), relativa all’ipotesi: 1) di un’imposta di 1.000 lire annue; 2) di un saggio di interesse del 10% sul capitale di anticipazione; 3) di un raccolto di 210 (100 réprise, 10 interesse e 100 reddito, come detto sopra) per ogni 100 anticipate. È chiaro che se l’imposta porta via 1.000 lire al capitale d’anticipazione, nell’anno medesimo il raccolto scemerà di 2.100 lire; nel secondo anno l’anticipazione sarà perciò ridotta delle 2.100 lire non fornite dalla terra nell’anno precedente, più delle 1.000 lire d’imposta non traslata; cosicché il raccolto diminuirà di 6.510 lire (3.100 reprise, 310 interessi e 3.100 reddito); e così via.

 

 

Iere annee 1.000 l.
qui aurorient réproduit à la premiére récolte 

2.100 l.

IIe annee 2.100 l.L’impôt 1.000 l. } 3.100

qui auroient reproduit a la seconde récolte

6.510 l.

IIIe annee 6.510 l.L’impôt 1.000 l. } 7.510

qui auroient réproduit à la troisième récolte

15.771 l.

IVe annee 15.771 l.L’impôt 1.000 }16.771

qui auroient réproduit la quatrième récolte

35.219 l.

Ve annee 35.219 l.L’impot 1.000 l. }36.219

 

 

Poiché in regime di libera concorrenza tra fittavoli, il «reddito» spettante al proprietario, a titolo di canone di affitto è uguale, secondo i dati sperimentali osservati dai fisiocrati, al capitale di anticipazione annuo (nel caso ipotetico qui studiato non esistono anticipazioni iniziali), il rifiuto del proprietario ad accollarsi per cinque anni 1.000 lire all’anno dell’imposta «survenante», la quale ha sorpreso il fittavolo a mezzo il corso della locazione, e gli ha cagionato la perdita di 36.219 lire del suo capitale di anticipazione, costa a lui, durante il nuovo periodo di affitto, la perdita annua di 36.219 lire di reddito.

 

 

Non hanno importanza i dati empirici usati nel calcolo, i quali diedero luogo da parte dei contemporanei a critiche di difformità dall’esperienza concreta; ed invece importa assaissimo il metodo tenuto nel porlo e ragionarlo. Metodo rigoroso, perché ridotto allo studio delle conseguenze prodotte dall’imposta nei due casi estremi: di non traslazione e di traslazione sull’oggetto suo proprio, che è il reddito netto dell’impresa, ad esclusione delle spese anticipate dall’imprenditore e dai relativi interessi. Se l’imposta è subito traslata il percettore del reddito vede questo scemato del semplice montare di essa; se la traslazione tarda e l’imposta «depreda» il capitale anticipato dall’imprenditore, il reddito netto dell’intrapresa tanto più scema quanto più a lungo è durata la depredazione.

 

 

Chi volesse, potrebbe trovare nella esclusione, sostenuta dai fisiocrati, degli interessi dall’imposta, una anticipazione della teoria della esenzione del risparmio dall’imposta. In verità, la teoria fisiocratica dell’imposta sugli interessi del capitale si fonda essenzialmente non sul concetto che la tassazione dell’interesse fa doppio con quella del risparmio da cui proviene il capitale fruttifero di interessi, ma sul principio che l’interesse non è capace d’imposta. Nitidamente scrive il Turgot:

 

 

«Le mille écus que rétire chaque année un homme qui a prêté soixante mille francs ne sont point une rétribution que la culture ou le commerce rendent gratuitement à celui qui a fait les avances; est le prix et la condition de cette avance, sans laquelle l’entreprise ne pourroit subsister. Si cette rétribution est diminuée le capitaliste retirera son argent, et l’entreprise cessera. Cette retribution doit donc être sacrée et jouir d’une immunité entière, parce quelle est le prix d’une avance faite à l’entreprise, sans laquelle l’entreprise ne pourroit subsister. Y toucher, ce seroit augmenter le prix de avances de toutes les entreprises, et par conséquent diminuer les entreprises elles-mêmes, c’est-a-dire, la culture, l’industrie et le commerce….. En un mot, le capitaliste prêteur d’argent doit être considéré comme marchand d’une denrée absolument nécessaire à la production des richesses, et qui ne sauroit être à trop bas prix. Il est aussi déraisonnable de charger son commerce d’un impôt, que de mettre un impôt sur le fumier qui sert à engraisser les terres» (Réflexions sur la formation et la distribution des richesses, in Oeuvres de

Mr Turgot, 1808, tome 5e, 121-123).

 

 

Nitida è la tesi, dimenticata poscia, in tempi più leggiadramente intesi alla «giustizia» tributaria, che l’imposta non deve preoccuparsi di colpire tutti i redditi. Non il reddito dei cittadini, ma il sovrappiù creato dallo stato è l’oggetto proprio dell’imposta.

 

 

Dupont De Nemours descrive con linguaggio incisivo le perniciose conseguenze delle imposte malamente distribuite, le quali non si possono subito trasferire:

 

 

«Si les baux qui engageraient les cultivateurs vis-à-vis des propriétaires, avaient plusieurs années a courir, et si les premiers ne pouvaient les résilier; la dégradation deviendrait progressive, et d’autant plus rapide que le cultivateur serait forcé de payer tous les ans le même loyer et la même imposition, sur une récolte affaiblie tous les ans par l’effet de ces payemens, auxquels il ne pourrait satisfaire qu’en retranchant tous les ans sur les dépenses de sa culture.

 

 

Cette dégradation, si redoutable à la population, retomberait nécessairement à la fin sur les propriétaires fonciers et sur le Souverain, soit par la ruine des entrepreneurs de culture, soit par l’expiration de leurs baux.

 

 

Ceux des entrepreneurs de culture auxquels il resterait encore le moyen de renouveller leurs baux, instruits par l’expérience, stipuleraient de maniere à se dédommager des pertes qu’ils auraient essuyées, ou du moins à ne pas s’exposer à en faire de pareilles à l’avenir. Leurs facultés affaiblies ne leur permettant pas de conduire leur exploitation aussi avantageusement que par le passé, ils ne s’engageraient qu’en raison de l’impuissance où les aurait réduits la perte d’une partie de leurs richesses, de la diminution arrivée dans le prix des ventes de la première main, et de la surchage de l’impositon indirecte et des frais de sa perception.

 

 

L’appauvrissement de ces entrepreneurs de culture, et la ruine des autres auxquel il ne resterait plus la faculté de faire les avances des frais de l’exploitation, détourerait les hommes riches de se livrer à une profession qui ne leur présenterait que la perspective de la perte de leur fortune. La culture de la plus grande partie des terres resterait abandonnée à des malheureux manouvriers sans moyens, auxquels les propriétaires fonciers seraient obliges de fournir la subsistance. Alors, impossibilité de se procurer des animaux vigoureux pour exécuter les travaux avec force et avec célérité, et des bestiaux en assez grande quantité pour fumer les terres; disette des engrais nécessaires; insuffisance des réparations et de l’entretien indispensable des bâtiments, des fosses, etc.; extinction presque entière des récoltes, des subsistances, de la population, du produit net qui constitue la richesse des propriétaires fonciers, du revenu public qui ne peut être qu’une part de ce produit net, de la puis sance du Souverain qui est fondée sur le revenu public»  Impositions indirects; Pauvres Paysans. Pauvres Paysans; Pauvres Royaume. Pauvre Royaume; Pauvre Souverain. (Dupont De Nemours, 1768, pp. 46-48; 1910, pp. 22-23).

 

 

VII. – È conveniente, ad evitare gli attriti della traslazione (arricchimento di taluni, per la proposizione terza e perdita di capitale e di reddito in generale, per la proposizione sesta), assidere senz’altro l’imposta sull’oggetto suo proprio che è quella parte del reddito totale sociale, la quale costituisce la remunerazione necessaria della classe politica.

 

 

È noto quale fosse l’oggetto proprio dell’imposta, secondo i fisiocrati. Poiché questo fu da essi identificato col «prodotto netto» della terra e poiché le remunerazioni di tutti i componenti la società, all’infuori del “prodotto netto” percepito dai proprietari della terra, furono da essi considerate puri rimborsi di spesa, caduta la teoria del prodotto netto parve caduta altresì tutta l’analisi fisiocratica. In verità, la identificazione dell’«oggetto proprio» dell’imposta col «prodotto netto» non pare essenziale alla teoria fisiocratica.

 

 

Leggasi nell’Abrégé des principes de l’économie politique dell’adepto più illustre, perché principe regnante, della «scuola», Carlo Federico granduca di Baden, la definizione del produit net.

 

 

«Produit net, qui est la part qui revient au proprietaire, et qui fait qu’il peut vivre sans travailler, et que sa personne devient par là disponible»; ed ancora «ce qui est remis franc et quitte des fraix annuels de la cultivation, entre les mains du proprietaire; mais ce produit net a d’autres destinations importantes et indispensables; ces destinations sont: 1) L’entretien et même l’amélioration des avances foncières»; 2) L’acquittement des charges sociales (Carlsrouh, 1786, 23, 23 e 26).

 

 

Il granduca di Baden echeggiava le parole scritte da un più grande economista, il Turgot, il quale, rispetto al punto che qui ci interessa, rispecchia le opinioni della «scuola». Prodotto netto per lui

 

 

«est cette partie indépendante et disponible que la terre donne et pur don à celui qui la cultive au-delà de ses avances et du salaire de ses peines; et c’est la part du propriétaire ou le revenu avec lequel celui ci peut vivre sans travail, et qu’il porte où il veut… La classe des propriétaires [est] la seule qui n’étant point attachée par le beison de la subsistance à un travail particulier, puisse être employée aux besoins généraux de la société, comme la guerre et l’administration de la justice, soit par un service personnel, soit par le paiement d’une partie de ses revenus avec laquelle l’Etat ou la société soudoie des hommes pour remplir ces fonctions. Le nom qui lui convient le mieux par cette raison, est celui de classe disponible» (Réflexions, cit., tome 5e, 15-16).

 

 

Dove, sovratutto nelle parti sottolineate, si vede che il reddito «disponibile» perché «indipendente» dalle quote necessarie a compensare i fattori economici della produzione, non è, per il Turgot e per il granduca di Baden, dato ai proprietari perché essi trascorrano la vita nell’ozio, anzi perché essi, resi per tal modo immuni dal lavoro che gli antichi avrebbero detto «servile», possano dedicarsi interamente agli uffici pubblici. Ed è interessante notare come l’imposta sia da Turgot concepita quasi uno spediente usato dalla classe dirigente per esimersi da quegli uffici pubblici i quali fossero al disotto della sua dignità e potessero essere soddisfatti da agenti mercenarii.

 

 

Il prodotto totale annuo o reddito nazionale di una data aggregazione di uomini si può dunque dividere in due parti: cui l’una è la remunerazione «necessaria» dei lavoratori, capitalisti ed imprenditori, necessaria perché restituisce ad essi le anticipazioni compiute durante il periodo produttivo e fornisce il reddito bisognevole a mantenere lavoratori ed imprenditori a seconda del tenore di vita ordinario corrente nel paese ed a remunerare il capitale di anticipazione; l’altra è un «sovrappiù» il quale permette a chi lo percepisce di «vivere senza lavorare». Il nucleo sostanziale del concetto del produit net non è di essere proprio esclusivamente della terra. Così credettero i fisiocrati medesimi; non avvedendosi che essi, forse non primi nell’esporla, ma primi certo nell’analizzarla così a fondo, mettevano innanzi l’idea che esistesse nel prodotto annuo sociale una parte non dovuta allo sforzo, al lavoro, al risparmio dei componenti la società economica in stretto senso, una parte che perciò diventava «disponibile». Membri di una società la quale, per quanto trasformata, serbava ancora le assisi formali del feudalesimo, in cui le classi dirigenti erano tratte sovratutto dai proprietari di terre, in cui gli uomini del terzo stato divenuti ricchi o investiti di cariche pubbliche ambivano a nobilitarsi acquistando terre, i fisiocrati identificarono il reddito «disponibile» con il reddito netto fondiario. La identificazione era un accidente storico, non la sostanza della teoria. Sostanziale alla teoria fisiocratica era il concetto di una quota «disponibile» del prodotto sociale totale, la quale non era la remunerazione necessaria di una delle classi «economiche»: quota da essi riconosciuta di spettanza della classe proprietaria. Che essi abbiano alle classi economiche dei lavoratori, dei capitalisti e degli imprenditori agricoli, industriali e commerciali attribuito un semplice rimborso di spesa e le abbiamo persino qualificate in parte di «sterili», assegnando alla classe proprietaria l’unico reddito «netto» o «nuovo», è uno di quegli accidenti storico terminologici, di cui abbondano tutte le scienze e in particolare quella economica. Se si guarda al di là della terminologia, talvolta stravagante e del sistema, bizzarramente logico e rifinito, dei fisiocrati, quel che rimane della classificazione fisiocratica del reddito nazionale si riduce a ciò che le «altre» quote erano inaccessibili all’imposta perché «proprie» ossia «necessarie» a chi le percepiva laddove una quota, uguale al «sovrappiù» residuo non necessario, risultava «disponibile».

 

 

I capitalisti, i manifattori ed i mercanti erano troppo affaccendati per avere molto tempo disponibile per servire il pubblico capitalisti e mercanti, giungendo alla ricchezza, compravano terra come primo passo all’acquisto di un titolo, e, per i figli, alle cariche giudiziarie, militari e burocratiche. Turgot si industriò a distinguere fra il capitalista ed il suo reddito come uomo, il capitalista appartiene alla classe disponibile:

 

 

Le capitaliste prêteur d’argent appartient, quant’à sa personne, à la classe disponible (Titolo del capitolo 93 delle Réflexions, V, p. 119).

 

 

Ma nulla può essere dedotto dal suo reddito a titolo di imposta, perché l’interesse del capitale cadrebbe al disotto del livello necessario a promuovere il risparmio e l’investimento.

 

 

«Cette retribution… être sacrée et jouir d’une immunité entière, parce qu’elle est le prix d’une avance faite à l’entreprise, sans la quelle l’entreprise ne pourrait subsister. Y toucher, ce serait augmenter le prix des avances de toutes les entreprises, et par conséquent diminuer les entreprises elles – mêmes, s’est-à-dire, la culture, l’industrie et le commerce» (Réflexions, v, p. 122).

 

 

Il salario dei lavoratori ed il profitto dei manifattori e dei mercanti non sono disponibili per il servizio dello stato, sia quanto ai redditi sia quanto a chi li percepisce. Le occupazioni industriali e mercantili rendono gli uomini disadatti ai più alti uffici. L’interesse del capitale sta di mezzo; non è disponibile come reddito ma consente al suo percettore agi bastevoli per il servizio pubblico. Solo la classe proprietaria raggiunge tuttavia la piena dignità, perché reddito e persona sono disponibili amendue per l’imposta e per il servizio dello stato.

 

 

Leggiamo di nuovo (pag. 33) l’Abrégé del granduca di Baden, che a ragione può dirsi la summa summarum della «dottrina»:

 

 

LE DROIT

que la classe proprietaire a de jouir du revenu, suppose de meme

DES DEVOIRS

qui sont

 

1) L’acquit fidele de ses charges. 

 

 

 

 

 

 

Qui consistent à contribuer aux charges publiques, et à entretenir les avances foncières

2) La protection de tous les droits de ceux qui vivifient la propriété foncière 

 

 

 

 

C’est d’être juste envers le cultivateur et de le protéger contre les erreurs publiques et les injustices privées, par le recours à l’autorité, et la connaissance des droits et des devoirs sociaux

3) Le service gratuit envers la societè 

 

 

 

 

 

C’est de vaquer à quelques unes des parties qui rentrent dans les trois points qui renferment les besoins sociaux ; et cela, sans exiger un salaire proportionné au besoin absolu de sa subsistance

4) La justedistribution

de ses depenses,

d’ou dependent le

droit et le

patrimonie d’une

grande portion

de la societè.

 

Il y a une juste direction des dépenses, et une autre qui est nuisible, et par conséquent injuste

 

 

Il «reddito», il solo che i fisiocrati così denominassero, spettante ai proprietari, può tradursi con la parola di sovrappiù» ad indicare che esso è un residuo «disponibile» dopo remunerate le classi «economiche». Nonostante il gergo usato dai fisiocrati, per cui esso ci appare come un dono gratuito o puro fornito dalla natura ai proprietari della terra, quel «sovrappiù» in verità non si identifica nè con la rendita ricardiana, nè con le sopravvenienze derivanti dal vivere sociale (redditi di congiuntura) ed ha in se assai poco del gratuito e del liberamente disponibile. Dal contesto delle illustrazioni fisiocraticbe, quel reddito ci appare «necessario» al par di ogni altro. «Sovrappiù» rispetto alla remunerazione necessaria o corrente per le classi economiche, esso è la remunerazione necessaria per la classe politica. Alla medesima stregua, gli «altri» redditi potrebbero essere definiti un «sovrappiù» rispetto alla remunerazione necessaria alla classe politica.

 

 

In ossequio alla concezione feudale della società politica propria dei fisiocrati il «reddito» o «sovrappiù» è gravato da varie specie di servitù pubbliche. Esso spetta alla classe proprietaria, poiché essa è anche classe dirigente: serve lo stato gratuitamente o con onorari inferiori a quelli che sarebbero economicamente correnti e necessari (terzo dovere); esercita il patronato verso i dipendenti e ne assume la difesa contro i soprusi pubblici e privati (dovere secondo); esercita il patronato verso i clienti, così da promuovere occupazioni oneste e scoraggiare le frivole (dovere quanto, oggi da taluni economisti detto «dovere dei consumatori»); assicura il progresso economico della nazione, fornendo all’agricoltura ed industria i capitali di impianto, che i fittabili non hanno interesse di impiegare (les avancers foncieres del dovere primo); e finalmente paga le imposte (dovere primo). In sostanza, tutto il «sovrappiù» disponibile è devoluto a fini pubblici, in parte a mezzo dello stato (imposte) ed in parte a mezzo della classe dirigente proprietaria. Quando il granduca di Baden definisce il reddito disponibile come quello che permette alla classe proprietaria di «vivere senza lavorare», egli non intendeva con ciò riferirsi ad un vivere in ozio volgare, ma a quegli «ozi» i quali consentono ed impongono una vita intensamente consacrata alla cosa pubblica. I fisiocrati s’erano posti un ideale di classe dirigente non identificata con lo stato, anzi indipendente da esso; ma tutta penetrata del sentimento profondo dei doveri sociali. La quota maggiore del reddito disponibile spettava, in questa concezione storica politica, alla classe dirigente se e finché adempieva ai suoi doveri sociali. Quando, per egoismo o decadenza, la classe dirigente più non avesse adempiuto a quei doveri, il sovrappiù sarebbe rimasto disponibile per altri. La rivoluzione dell’89 si incaricò di designare i successori all’ufficio divenuto vacante per volontaria abdicazione della antica classe politica. Frattanto, le imposte, se assise direttamente sul sovrappiù disponibile, non avrebbero potuto essere trasferite su altri. Su chi trasferirle, se tutti gli altri redditi erano «necessari» agli appartenenti alle classi economiche?

 

 

VIII. – L’imposta assisa sul sovrappiù disponibile del reddito nazionale, non lo può assorbire tutto.

 

 

Questa ottava proposizione è dimostrabile in modo indipendente dalla ora dichiarata concezione storica politica della classe dirigente propria dei fisiocrati. Se invero lo stato assorbisse con l’imposta tutto il sovrappiù disponibile (tous les revenus, nella terminologia fisiocratica, le altre entrate non essendo reddito, ma compenso di lavoro o di anticipazioni), lo stato disporrebbe di tutta la ricchezza nazionale, sia attraverso ai fittavoli e coltivatori delle terre diventate sue, sia attraverso gli industriali e commercianti per mezzo di cui spenderebbe il sovrappiù. Rispondendo alla tesi immaginaria di chi volesse sostenere essere indifferente che la riscossione e la erogazione del sovrappiù avvenga ad opera dello stato o di una classe proprietaria dirigente il marchese di Mirabeau tracciò un quadro vivo degli effetti della imposta confiscatrice.

 

 

«Si le Prince, dit-on, enlevoit par un impot exorbitant tous les revenus, quel mal en arriveroit il? Le revenus ne rentreroient-ils pas annuellements par ses dépenses dans la circulation, et ne feroient-il pas vivre de la sorte toutes les classes d’usufruitiers, de gagistes, d’artisans, et de travailleurs de tout genre?

 

 

Il en arriveroit, I°. Qu’il n’y auroit plus qu’un centre de distribution, et qu’une ville dans le royaume.

 

 

II°. Qu’on ne seroit occupé qu’à obtenir des places et des emplois la Cour, qu’à solliciter des augmentations des gages et des pensions, qu’à participer aux libéralités du Prince, qu’… éviter le travail, qu’à parvenir à la fortune par toutes les voyes de collusion que la cupidité peut suggérer qu’à multiplier les abus dans l’ordre de la distribution et des dépenses.

 

 

III°. Comme l’homme quelconque n’est qu’un, et ne sçauroit regir avec indépendance que ce qu’il voit et touche, le propriétaire universel seroit dépendant pour toute la portion de sa propriété qui seroit hors de se portée. Le Gouvernement des biens seroit donc livré à l’Agence, c’est-à-dire, à des particuliers à qui la propriété seroit étrangère et qui ne penseroient qui leur propre fortune, et à celle de leurs coopérateurs dans l’œuvre d’iniquité.

 

 

IV°. Tout agent qui songe à son propre fait, est forcé à conniver aux déprédations des autres, d’ou s’ensuit que tout à la Cour dégénereroit en brigandage.

 

 

V°. Que ceux que le Souverain enrichiroit, précipiteraient les dépenses du coté du luxe de décoration et de fantaisie, attendu que le bon usage des richesses mal acquises est un phénomène ici bas, attendu encore que pour sentir le prix de la richesse, il faut l’avoir péniblement acquise.

 

 

VI°. Le petit nombre même d’entre ces privilégies, qui voudroient acquérir des biens et assurer des revenus à leur postérité, porteroient leur richesses chez l’étranger, sçachant bien que rien n’est assuré dans le pays, ou cercheroient à se faire des fonds sur l’Etat, fonds d’une nature sourde et fragile, mais rongeurs des gains et des facultés d’autrui, et par là même, ressorts actif de la révolution.

 

 

VII°. La culture livrée à des manœuvres précaires, et par tant de voies accumulées privee des richesses, ne feroit que languir, les revenus diminueroient chaque jour, et s’anéantiroient enfin.

 

 

IIX°. Les courtisans et les favoris profiteroient de l’enfance et de la caducité des Souverains pour s’emparer des revenus du fisc, et pour acquérir une puissance dangereuse à l’Etat et au Souverain.

 

 

IX°. La noblesse, sans patrie et sans possessions, seroit réduite à un service militaire purement mercenaire, tandis que la solde équitable et l’éntrerien nécessaire seroient refusés au soldat».

 

 

X°. La magistrature, n’ayant plus de propriétés, la Justice seroit vénale, et les loix même seroient un mal; par il ne faut plus de loix, où il n’y a plus de propriété, et le vain simulacre de celles qui demeureroient encore, ne seroit plus qu’un spectre favorable à l’injustice: je le répete, il ne faudroit plus de loix, et sans loix que devient la société et l’Etat.

 

 

XI°. Il n’y auroit que les commerçans qui, indépendamment d’une constitution d’Etat si désunie, si bouleversée et si passagère, pourroient assembler des richesses, et se former par leurs correspondances avec les autres nations, des possessions ou des propriétés assurées. De là naîtroit dans la Nation, un Etat républicain et nécessaire, qui éluderait la domination absurde et désordonnée.

 

 

XII°. L’oppression enfin ayant appris au peuple le secret de Diogène, de jeter se tasse et de boire dans le creux de sa main, il s’abandonneroit à la paresse et a une orgueilleuse indigence, et vivroit dans l’oisiveté et dans l’indépendance. Le tableau de l’Etat et de la société ne conserveroit plus que le cadre facile à rompre par le moindre effort étranger… En un mot, un Etat où le tribut enlevroit le revenu du territoire, seroit un Etat en pleine anarchie, sans consistance et sans durée» (op. cit., 167-171 in disteso e di nuovo, nel résumé a pagine 449-451).

 

 

Alla concezione fisiocratica della società prospera, progressiva, ad opera di uno stato inteso ai suoi fini proprii e di una classe indipendente, nulla repugnava maggiormente del tipo, descritto con parola incisiva dal Mirabeau, di una società in cui tutti i poteri e tutta la ricchezza fossero accentrati nel principe (leggi «stato»), sicché tutti i cittadini, divenuti suoi servitori, dipendessero da lui per mezzi di vita. Corruzione politica, lusso dei favoriti, mancanza di interesse a produrre, incremento delle qualità di intrigo, mala sicurezza, preferenza per gli investimenti mobiliari e precari, esportazione dei capitali, nesso sociale ridotto a forma senza sostanza, impotente dinnanzi al primo urto del nemico.

 

 

IX. – L’imposta in una società prospera e salda, non può alla lunga assorbire se non quella parte del sovrappiù che è disponibile per lo stato, perché proprio di esso.

 

 

Questa nona è un semplice corollario e quasi una trascrizione, in altre parole, della proposizione ottava. Se l’imposta, assisa altrove, necessariamente si trasferisce sul sovrappiù, e se del sovrappiù non può dal principe essere appropriata quella parte la quale è necessaria alla conservazione di una classe dirigente indipendente dal principe medesimo; logica è la deduzione che, nella stessa guisa nella quale le altre quote del prodotto sociale totale sono la remunerazione dei servigi resi dagli agricoltori, dagli industriali, dai commercianti e dai loro dipendenti, così anche il sovrappiù sia da un lato la remunerazione dei servigi della classe dirigente e dall’altro il compenso dei servigi resi alla società dallo stato. La teoria fisiocratica del prodotto netto così analizzata si riduce a dire che alla classe dirigente e allo stato spetta e di regola, in una società ordinata e prospera, è data quella remunerazione che è loro propria. Il concetto di un reddito netto e disponibile, franco dalla necessità di pagare i servigi degli uomini intesi alla produzione economica in senso stretto, si riduce a dire che, nella società supposta, anche la classe dirigente e lo stato noti possono non ricevere una propria adeguata remunerazione.

 

 

Per chi si ponga, come facevano i fisiocrati, dal punto di vista della classe dirigente e dello stato, le altre quote del prodotto sociale apparivano «spesa» e soltanto quelle proprie della classe dirigente e dello stato erano il «residuo», il «disponibile» il «prodotto netto» il «reddito» propriamente detto. L’errore di visuale, in cui, oltre ai fisiocrati, tanti altri, dai più diversi punti di vista, caddero, non deve far velo a noi si da farci dimenticare la verità fondamentale esposta dai fisiocrati, la quale è quella tradotta nella proposizione ottava.

 

 

La proposizione non è una tautologia. Nella stessa guisa in cui il salario, l’interesse e il profitto sono quantità determinate dal mercato dei servizi del lavoro, del capitale e dell’imprenditore, nè possono essere variati arbitrariamente dalla legge o dall’artificio senza provocare reazioni molteplici nell’assetto economico, così l’imposta è una quantità determinata in funzione dell’importanza dei servigi necessari ed utili resi dallo stato. Ove la quantità dell’imposta cresca al di là dei suoi limiti propri, nascono le conseguenze descritte nella proposizione ottava. La società da prospera e salda cade nell’anarchia; dello stato solo la corteccia esterna «le cadre facile à rompre par le moindre effort étranger».

 

 

X. – L’imposta appropriata ai servigi adeguatamente resi dallo stato non è un prelievo sul reddito dei contribuenti, anzi è condizione questo raggiunga il massimo.

 

 

L’ultima e più importante fra le tesi tributarie fisiocratiche è dalla «scuola» esposta in forma congrua al «sistema» ed alla conseguente terminologia; epperciò sempre più importa guardare, attraverso la forma, alla sostanza del pensiero. Qui si riproduce, fra le tante scritte in proposito, una pagina di Mercier de la Riviere:

 

 

«Je ne crois pas qu’on puisse trouver parmi les institutions sociales, rien de plus heurex pur eux et pour leurs sujets tout à la fois [di questo considerare les Souverains comme co-propriétaires du produit net des terres de leurs domination]: d’un coté, le revenu d’un Souverain se trouve être le produit d’un droit semblable à tous les autres droits de propriétés, et qui tient, comme aux, l’essence même de la société; d’un autre coté, les sujet ne voient rien dans ce droit qui puisse leur paraitre onéreux: le Souverain considéré dans son droit de co-propriété, n’est plus à leurs yeux qu’un grand propriétaire, qui ne jouit point aux dépens des autres; qui tout au – contraire, leurs est uni par l’intérêt commun qu’ils ont tous donner la plus grande consistence et la plus grande valeur possible à leurs propriétés communes» (II, 26).

 

 

La divisione del prodotto netto delle terre fra i proprietari fondiari e l’amministratore delle entrate pubbliche

 

 

«a rendu le corps politique, par-conséquent le Souverain qui le représent, co-proprietaire de ce produit; partage, qui bien loin d’avoir été onéreux aux première propriétaires fonciers, s’est trouvé nécessaire et avantageux pour eux, puisqu’il leur procuroit la sureté de leurs propriétés, et la liberté d’en jouir: aussi n’-a-t-il lieu qu’a raison de son utilité.

 

 

Avant ce partage le corps politique n’ayant aucune consistence, le droit de propriétés n’ètoit point, dans le fait, un droit solide et constant, et la possession des terres, si tant est quelles fussent cultivées, ne pouvant être garanties par aucune force capable de la mettre à l’abri des violences, elles ne pouvoient avoir aucune vénalité, aucune valeur courante dans le commerce. Mais au moyens de ce partage, la propriétés foncière devenant un droit certain, aussi solidement établi qu’il pouvoit l’être, les terres ont pu être défrichées sans aucun risque pour la dépense que le défrichement exigeoit; alors elles ont acquis un valeur vénale, non en raison de la totalité de leur produit net, mais en raison seulement de la portion de ce produit net, que ce même partage laissoit à la disposition du propriétaire foncier. Cette portion seule est devenue aliénable; l’autre portion ne pouvant l’être, puisqu’elle étoit désignée pour devoir appartenir incommutablement au Souverain, et former dans sa main une sorte de richesse commune, destinée à l’utilité commune de toute la nation; ainsi des lors tous les acquéreurs n’ont payé les terres qu’à un prix relatif à la portion, que leur acquisition leur donnoit droit de prendre dans le produit de ces mêmes terres.

 

 

Si le revenu public s’est, en quelque sorte, formé aux dépens des revenus particuliers dont jouissoient les premiers possesseurs des terres, il est sensible qu’ils n’ont fait ce prétendu sacrifice, que parce qu’il leur étoit avantageux de le faire, et que sans cela, ils ne pouvoient s’assurer aucune propriété foncière, aucuns produits» (loc. cit., II, 36-38).

 

 

Due sono le regole fondamentali dell’imposta:

 

 

«la première, que pour ne point détruire les droits de propriété dans les sujet, il ne doit avoir rien d’arbitraire; la seconde, que pour n’avoir rien d’arbitraire, il ne doit être que le produit d’une co-propriété acquise incommutablement au Souverain, et renfermée dans des bornes qui soient posées tout à la fois et pour elle et pour toutes les propriétés particulières. Dans cet objet naturel et immuable, il est évident que le revenu public et le revenu particulier de chaque propriétaire n’étant que le résultat d’un partage dans une masse commune, ils se trouvent naturellement en société, sans jamais pouvoir se confondre; qu’ils ne peuvent croitre l’un sans l’autre; qu’ainsi les intérêts du Souverain et ceux de la nation, quoiqu’aux yeux de l’ignorance ils paroissent opposes entre eux, sont cependant des intérêts communs, qui, bien loin de se choquer naturellement, adoptent les mêmes principes, tendent même but, et pour le remplir, ne peuvent employer que les mêmes moyens»  (loc. cit., II, 32-33).

 

 

Dal contesto del ragionamento e particolarmente dalle parti da me sottolineate si deduce che l’imposta non è, nella concezione fisiocratica un prelievo compiuto a carico e con riduzione dei redditi privati, che essa non è causa di alcun onere o sacrificio.

 

 

«Par cette forme les cultivateurs payent selon leurs engagemens libres et volontaires la valeur du produit net à ceux qui en sont propriétaires. Il leur est très – avantageux qu’une partie de ce produit net passe entre les mains de l’autorité Souveraine; puisque c’est l’unique moyen de mettre cette autorité à portée de protéger leurs droits de propriété. Et cela ne leur est nullement à charge; puisqu’ils n’ont aucun droit à de propriété sur le produit net, qu’ils sont contraints par la concurrence d’en tenir compte en entier à qui il appartient, et que peu leur importe qu’une partie de ce produit net s’appelle impôt, tandis que l’autre s’appelle fermage, pourvu qu’on n’exige rien d’eux au-delà du produit à net, et que leurs reprises soient toujours franches, intactes et assurées.

 

 

Par cette forme les propriétaires fonciers qui paraissent payer l’impôt sur leurs revenus, le payent au contraire sur une augmentation de richesses disponibles ou de produit net qui n’existerait pas sans l’établissement de l’impôt; puisque c’est la sureté que l’impôt donne à la propriété, qui a seule pu soutenir et favoriser les entreprises et les travaux, par les quels la culture est parvenue au point de faire naitre un produit net tant soit peu considérable.

 

 

Par cette forme l’impôt, auquel appartient une part proportionnelle du produit net, est donc très – avantageux aux propriétaires fonciers; puisqu’il étend leurs richesses et les jouissances qu’ils peuvent se procurer. Il forme une espèce de propriété commune inaliénable; il n’entre dans aucun des contrats que les propriétaires fonciers passent ensemble; lorsqu’ils achètent et vendent des terres, ils n’achètent ni ne vendent l’impôt, ils ne disposent que de la portion du produit qui leur appartient, l’impôt prélevé. Ainsi l’existence de cet impôt n’est pas plus à charge à aucun des propriétaires fonciers que le droit qu’ont les autres propriétaires sur les domaines qui limitent le sien.

 

 

Par cette forme l’impôt est très – avantageux à la classe des hommes qui ne subsiste que de salaires; puisqu’il leur procure la sûreté et la jouissance de toute l’étendue de leurs droits de propriété personnelle et mobiliaire. Et il ne leur est nullement à charge; puisque loin de retrancher rien de la somme des salaires, ni de la facilité de les obtenir, il en augmente la masse par l’augmentations des richesses, qui résulte de l’assurance complette de tous les droits de propriété.

 

 

Par cette forme la liberté des travaux humains est la plus grande qu’il soir possible; la concurrence, entre tous ceux qui font exécuter, et entre tous ceux qui exécutent ces travaux, la plus étendue qu’il soit possible; l’état des propriétaires fonciers le meilleur qu’il soir possible; la multiplication des richesses, et du produit net, la plus rapide qu’il soit possible; et par conséquent le revenu public toujours proportionné au produit net, sans cesse augmentant, le plus considérable qu’il soir possible» (Dupont De Nemours, 1768, pp. 57-60; 1910, pp. 27-28).

 

 

Redditi privati ed imposta sono quote di una massa comune; e l’assegnazione della sua quota propria allo stato è condizione necessaria affinché anche i privati siano posti in grado di acquistare e godere quella che di essi è propria. Senza l’imposta, gli averi dei privati non solo non avrebbero avuto alcun valore commerciale, ma non sarebbero neppure sorti. I fisiocrati anticipano la teoria recentemente chiarita,[2] secondo la quale se è vero che l’imposta fa diminuire il prezzo dei beni capitali del suo ammontare capitalizzato (supposons – dice Mercier de la Riviere, in loc. cit., II, 39, – «que le prix courant des terres soit le denier 20: un particulier, avec 40 mille francs, achete une terre de 2 mille livres de revenu, et qui donne 1.000 livres à impôt; mais elle en vaudroit 60 mille, si l’impôt ne prenoit pas ces 1.000 livres dans le produit net de cette terre»); è vero anche che la diminuzione ha luogo nel quadro più ampio di una situazione nella quale l’imposta ha reso possibile a beni capitali di formarsi (les terres ont pu êtredefrichées) e di acquistare un valore venale (elles ont acquis une valeur vénale). Che reddito e prezzo capitale dei beni economici si ripartano poscia fra lo stato ed i privati possessori e conseguenza logica del fatto primo, che amendue hanno contribuito alla loro creazione, e che senza il concorso di entrambi né il reddito né il capitale sarebbero esistiti per nessuna delle due parti. Si comprende perciò come il Mercier de la Riviere adoperi a malincuore la parola «imposta»:

 

 

«C’est à regret que je donne au revenu public le nom d’impôt: ce terme est toujours pris en mauvaise part; il annonce une charge dure à porter, et dont chacun voudroit être exempt; le revenu public au-contraire…., n’a rien d’affligeant: en remontant à son institution, on voit qu’elle est le fruit de son utilité» (op. cit., II, 40).

 

 

Commentando le Réflections di Turgot, là dove questi nota che il compratore di un fondo rustico non capitalizza e non paga la parte di reddito destinata all’imposta, Dupont de Nemours osserva:

 

 

«Telle est la vérité sur laquelle est fondée cette observation générale des Economistes, qu’attribuer aux dépenses sociales une portion régulière du revenu que produisent les terres, (ce qui ne se fait jamais que parce qu’on en a reconnu l’utilité, la nécessité, l’avantage pour les propriétaires) et s’abstenir des autres formes de contribution: ce n’est pas mettre un impôt; c’est établir une société amicale entre le Gouvernement et la Nation, c’est en une seule fois et pour l’avenir supprimer tous les impôts» (nota a Réflexions cit., tome 5e, 125).

 

 

Dove è singolarmente precisa la restrizione dell’uso della parola imposta ai prelievi male assisi, cagion di attriti e di danno per la società, laddove l’imposta propria non è un onere, ma il risultato di una adeguata distribuzione del reddito sociale fra i partecipanti privati e pubblici; e dove è chiaro che dalla teoria particolare dell’ammortamento dell’imposta fondiaria i fisiocrati avevano già saputo assurgere alla più generale teoria della con onerosità anzi del vantaggio della imposta congrua e bene assisa.

 

 

Con qualche incertezza di pensiero e con parecchie stravaganze di forma i fisiocrati hanno gettato così le fondamenta della teoria pura dell’imposta, di cui la proposizione decima qui sopra formulata è fulcro essenziale. Se le proposizioni nona e decima definiscono i limiti ed il contenuto di quello che altrove ho chiamato imposta «economica» «neutra» od «ottima», la proposizione ottava, concedendo che in tempi determinati e in particolari regimi politici l’imposta assuma forma e contenuto di «taglia»,[3] dimostra che la teoria fisiocratica è capace di approssimazioni singolarmente efficaci ad una realtà storica della quale nel tempo stesso essa illustra l’indole effimera, quasi ombra di (stato destinato a svanire all’urto di una realtà vera e salda. A creare la realtà duratura, accanto a tant’altre condizioni spirituali morali politiche ed economiche, concorre anche, concludasi con Mercier de la Rivière, la condizione dell’avere l’imposta cessato di essere un onere per i cittadini, per diventare un reddito pubblico attribuito, con vantaggio dei cittadini, allo stato a riconoscimento dell’opera sua.

 

 

Possiamo ora scorgere quale sia stato il vero contributo fisiocratico alla teoria dell’imposta. I fisiocrati affermarono che il reddito totale sociale includeva una quota residua, che era la remunerazione della classe politica. Questa quota da determinare non è propria degli agricoltori, dei giornalieri, dei manifattori, dei mercanti, dei capitali ecc., perché essa è invece il frutto del lavoro compiuto dalla classe politica, operante individualmente a mezzo dei suoi componenti ovvero collettivamente a mezzo dello stato. L’attribuzione, collo spediente del diritto di proprietà e dell’imposta, della quota sovraddetta alla classe politica ed allo stato non è un onere per i non proprietari e per i contribuenti, nella stessa maniera come l’attribuzione dei salari ai lavoratori, dell’interesse ai capitalisti o del profitto agli imprenditori non è un onere per le altre classi. Si tratta di produrre e poi di distribuire il reddito totale sociale a tutti gli aventi diritto. Lo storico della economica non deve indugiarsi intorno alle formule caduche della teoria fisiocratica. Noi possiamo negare che la quota «residua» sia la stessa cosa del cosidetto «prodotto netto» e che la classe politica si identifichi con i resti della classe proprietaria feudale della vecchia Francia; ma abbiamo il dovere di scrutare sino in fondo il significato vero del credo fisiocratico. Non affermo che i fisiocrati siano stati i primi ed i soli economisti i quali abbiano formulato correttamente il problema dell’imposta; sì che essi per i primi lo formularono consapevolmente come un problema non di peso gravante sugli omeri dei produttori individuali allo scopo di alimentare il consumo della macchina statale, ma di distribuzione fra i fattori produttivi – lo stato incluso in questi, a norma del suo ufficio proprio – del reddito totale sociale prodotto da quei medesimi fattori. È forse possibile risalire a spunti dispersi della teoria messi innanzi da scrittori più antichi; ma la prima consapevole formulazione dei principii è dovuta ai fisiocrati.

 



[1] Rispettando la grafia, punteggiatura ed accentuazione delle edizioni ricordate tra parentesi nel testo. Per i soli corsivi, lo scrivente sostituì all’uso fattone dagli autori citati l’arbitrio proprio inteso a dar risalto a quelle che a lui parvero parole o frasi essenziali del pensiero fisiocratico.

[2] Cfr. la esposizione fattane dallo scrivente in Osservazioni critiche ecc. riprodotte, come saggio secondo, nel presente volume.

[3] Cfr. per i connotati dell’imposta «taglia» contrapposta a quella «grandine» o «neutra» le citate Osservazioni critiche, Cap. II, V e VI e Contributo alla ricerca dell’«ottima» imposta, Milano, 1929, passim e specie in sezione quarta dell’introduzione.

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