Opera Omnia Luigi Einaudi

Dove si lavora

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 15/10/1900

Dove si lavora

«La Stampa», 15 ottobre 1900

 

 

 

Uno dei fenomeni forse più caratteristici dell’Italia presente è l’assoluta sterilità legislativa del suo Parlamento.

 

 

Sono molti anni che la Camera nostra sembra impotente a condurre a termine ogni discussione proficua; da anni ci trasciniamo innanzi coll’espediente dei bilanci provvisori. Il sindacato dei deputati sulle entrate e sulle spese è oramai divenuto illusorio, perché i bilanci si approvano a tamburo battente, in pochi giorni. Le variazioni di assestamento passano fra la generale noncuranza; i consuntivi non ricevono mai l’onore di uno sguardo, benché affrettato, da parte di coloro ai quali la fiducia pubblica ha commesso il carico di sindacare se i quattrini dei contribuenti sono stati spesi in conformità alle leggi.

 

 

Ma, quel che è peggio, nessuna legge può essere discussa con larghezza e respinta od approvata a ragione veduta. Le riforme più urgenti, le leggi reclamate da motivi di necessità imprescindibili non arrivano mai alla discussione.

 

 

Tutt’al più in una delle deserte sedute antimeridiane estive, alla presenza di uno dei deputati intenti a scrivere lettere agli elettori od a disturbare con dialoghi, ad alta voce, la parola dell’oratore, si approvano in furia le cosidette leggine a dieci per volta o si passa sopra con un voto platonico alle leggi importanti, inviandole al Senato perché i membri della Camera vitalizia ci pensino essi a correggerle ed a rimandarle alla Camera elettiva immuni da errori troppo grossolani.

 

 

Frattanto, mentre questo andarivieni si compie, la sessione si chiude; tutti i progetti di leggi decadono; e bisogna ricominciare da capo. Noi non staremo oggi ad enumerare le cause che hanno condotto il Parlamento italiano ad una così pericolosa abdicazione dei suoi doveri legislativi. Molta parte ne ha la smania di perdere il tempo in discorsi, in interpellanze sulla politica estera e sulla politica interna, l’ostinazione dei ministri a volere approvati disegni invisi all’opinione pubblica e l’ostruzionismo che di questa ostinazione è la conseguenza. Vogliamo soltanto dimostrare oggi che la solita scusa di forza maggiore, di impedimenti politici inevitabili, di dolorose commozioni pubbliche non basta a legittimare la sterilità legislativa del Parlamento. Non sarà inutile, a tale riguardo, porre di fronte al nostro Parlamento, dove si esclama o si inveisce, il Parlamento inglese, dove tranquillamente si agisce e si lavora.

 

 

È importante, inoltre, istituire un confronto tra i due Parlamenti, ora che, tanto in un paese quanto in un altro, si sta per entrare in una nuova fase: in Italia con l’inizio del nuovo regno, in Inghilterra con una nuova legislatura.

 

 

Non si può affermare certo che per l’Inghilterra questi ultimi tempi siano stati tranquilli.

 

 

Dopo l’epoca della famosa insurrezione dei Cipay, l’attuale è sicuramente fra le più agitate che si siano attraversate nel regno della regina Vittoria.

 

 

Il momento non era proprio il più propizio, alla cessata legislatura, per importanti provvedimenti interni ed economici. Tuttavia, ancorché impegnata in una guerra lontana, difficile, piena di sorprese, ed ancorché la sua situazione all’estero fosse incerta e pericolosa più che mai, la nazione inglese non ha lasciata assorbire ogni sua energia da un solo oggetto, ed il Parlamento non si è occupato esclusivamente della guerra contro i boeri. All’attivo della passata legislatura è da annoverarsi più d’un atto importante e fecondo.

 

 

Mentre in condizioni simili a quelle in cui ora versa l’Inghilterra il Parlamento italiano sarebbe stato prudentemente tenuto chiuso, quello inglese, come in tempo normale, ha continuato le sue discussioni ed ha promulgato via via la legge sulla costituzione della Confederazione australiana, la legge sui piccoli tenimenti agricoli, la legge sulle Società, la legge sugli infortunii del lavoro, la legge sulle abitazioni operaie, senza contarne cinquantanove altre di minor entità. Lo statuto della Confederazione australiana è, di queste leggi, certamente la più importante.

 

 

Questa Confederazione, con quella del Canadà, istituita nel 1867, è la seconda formata nel grande Impero britannico, e comprende le colonie della Nuova Galles del sud, del Victoria, del Sud-Australia e della Tasmania con un Parlamento ed un’Amministrazione autonomi.

 

 

Tal fatto ha una somma importanza dal punto di vista imperialista inglese: esso dimostra che pure, durante la guerra, l’Inghilterra non ha temuto di abdicare ad una parte della propria autorità sulle colonie, costituendo un Governo federale certo più forte e più indipendente delle antiche colonie separate.

 

 

La legge sui piccoli tenimenti agricoli ha per iscopo di facilitare e di promuovere la formazione della piccola proprietà fondiaria. Perciò si regolano i compensi spettanti all’affittaiuolo alla scadenza del suo contratto d’affitto, per quelle migliorie che egli può avervi introdotte, salvo, naturalmente, gli aumenti di rendita dovuti alle inerenti qualità del suolo.

 

 

Altra legge importante, e che tende a rimuovere la più pericolosa causa, forse, di truffe e di disastri finanziari, e cioè, l’emissione di azioni di Società anonime aventi un capitale insufficiente, è la legge sulle Società. Per questa legge, appunto, vengono ad essere regolate le emissioni delle azioni dei nuovi Istituti: nessuna emissione ora può avere luogo se prima il fondo sociale non sia stato versato.

 

 

Ricordiamo ancora la legge sulle abitazioni operaie, che autorizza i Comuni a prendere in affitto terreni fabbricabili ed a costrurre per conto proprio case per l’uso esclusivo delle famiglie operaie; la legge che estende anche agli operai impiegati nell’agricoltura, nella silvicoltura, nell’orticoltura, ecc., l’applicazione del regolamento sugli infortunii del lavoro prima limitato alle ferrovie, alla manifatture ed alle sole industrie pericolose; la legge sulla prevenzione degli infortunii ferroviarii che conferisce alle Camere di commercio la facoltà di imporre alle Compagnie ferroviarie l’adozione di quei provvedimenti che fossero creduti più vantaggiosi per la sicurezza della circolazione dei convogli.

 

 

Né basta: dovremmo estenderci sulla legge circa l’insegnamento elementare, su quella relativa all’esportazione delle armi e su molte altre. Non lo facciamo, perché ci sembra aver dimostrato abbastanza, con la enumerazione dianzi fatta, che ben a ragione la nazione inglese guarda al suo Parlamento con orgoglio e gli italiani considerano con fastidio e con irritazione la loro Camera.

 

 

Noi non vogliamo asserire che tutte le leggi votate nell’ultima sessione del Parlamento britannico siano ottime e che meglio non si sarebbe potuto legiferare. Una discussione minuta di quelle leggi potrebbe indurci forse a manifestare dubbi e critiche. Ma qui importava mettere in luce soltanto che in Inghilterra, i deputati lavorano persino nei periodi più eccitati della vita nazionale, e quando gli animi di tutti sembrano in preda univocamente alla mania guerresca.

 

 

 

In Italia, invece, le parole, in cambio dei fatti, sono pur troppo le sole cose che ci rimangono delle nostre sessioni parlamentari.

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