Opera Omnia Luigi Einaudi

Entrate e spese nel bilancio dello Stato

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/09/1946

Entrate e spese nel bilancio dello Stato

«Idea», settembre 1946, pp. 518-520

 

 

 

1. Entro che limiti il bilancio dello stato italiano può sopperire alle spese della ricostruzione nazionale? Naturalmente, noi dobbiamo partire da qualche ipotesi rispetto al governo della circolazione monetaria. Partirò dall’ipotesi che venga mantenuta invariata la direttiva di evitare una ulteriore inflazione, ipotesi che è stata finora attuata con fermezza dai ministri del tesoro dell’Italia nuova.

 

 

2. Anche secondo i dati più recenti sul gettito dei tributi e dei prestiti, la prima e fondamentale fonte di entrata per lo stato è quella tributaria (imposte e tasse). Nei primi tre trimestri dello scorso esercizio finanziario (chiusosi il 30 giugno 1946) il gettito delle entrate tributarie ha avuto il seguente andamento (in miliardi di lire):

 

 

Data

Totale

Media mensile

luglio-settembre 1945

18,7

6,2

ottobre-dicembre 1945

32,4

10,8

gennaio-marzo 1946

35,0

11,7

 

 

Nell’ultimo trimestre aprile-giugno 1946 è stata anzi raggiunta la media mensile di 16 miliardi circa; e nell’esercizio in corso questa media mensile verrà certamente superata. Di mese in mese, la efficienza della macchina tributaria si accresce: dopo lo sconvolgimento recato dalla guerra e dall’inflazione, gli antichi accertamenti vengono riveduti e adeguati alla scala attuale dei valori, i nuovi cespiti individuati e colpiti. Di mese in mese, l’attività economica si va riprendendo. La previsione ufficiale di 148 miliardi di entrate per l’esercizio 1946-47 verrà dunque certamente superata: e non è azzardato contare su 190-200 miliardi.

 

 

3. La seconda fonte di entrata è data dai diversi tipi di indebitamento. Dal mercato monetario, il tesoro italiano ha tratto complessivamente nello stesso esercizio 1945-46:

 

 

  • 93 miliardi con l’emissione dei buoni del tesoro ordinari (con scadenza fino a 1 anno), la cui consistenza è passata tra il principio e la fine dell’esercizio da 157,7 a 250,8 miliardi;

 

  • 37 miliardi dai crediti di conto corrente aperti al tesoro dalle banche private e dalla amministrazione della cassa di risparmio postale, la cui consistenza è passata nel corso dell’esercizio da 93,1 a 130,2 miliardi.

 

 

Aggiungendo a questi 130 miliardi (93 + 37), tratti dal debito fluttuante, 73 miliardi di buoni quinquennali del tesoro emessi nel luglio-agosto 1945, si hanno 203 miliardi.

 

 

4. Deve qui notarsi che il gettito delle imposte e dei prestiti, di cui ai due numeri precedenti, è stato fornito in condizioni di relativa stabilità monetaria. Infatti, la cifra delle anticipazioni straordinarie della Banca d’Italia al tesoro è rimasta ferma per tutto l’esercizio all’importo iniziale di 342,6 miliardi.

 

 

Il limitato aumento della circolazione di biglietti della Banca d’Italia, avutosi tra il marzo e il giugno 1946, è inferiore alle somministrazioni di biglietti italiani fatte alle autorità militari dopo che, col marzo, ebbe termine la emissione delle lire militari alleate; somministrazioni che sono naturalmente comprese nella cifra della circolazione.

 

 

Inoltre, durante l’esercizio è considerevolmente aumentato l’importo delle am-lire (allied military lire) nelle casse della Banca d’Italia. Ove avesse fatto luogo alla spendita di queste am-lire, contro ritiro di biglietti italiani, l’istituto di emissione avrebbe ricondotto la circolazione di questi ultimi ad una cifra che, al 30 giugno 1946, sarebbe stata (come appare dall’ultima colonna del prospettino) inferiore a quella di un anno prima.

 

 

Data

Circolazione di biglietti della Banca d’Italia

Am-lire nelle casse della Banca d’Italia

Circolazione di biglietti della Banca d’Italia al netto delle am-lire in cassa

30 giugno 1945

288,6

5,3

288,3

31 marzo 1946

291,7

21,8

269,9

30 giugno 1946

300,4

20,1

280,3

 

 

Sommando alla circolazione di biglietti della Banca d’Italia (al netto delle am-lire in cassa) l’importo totale delle am-lire emesse dall’Allied Financial Agency (AFA), come è fatto nel secondo prospettino, si osserva che, nel corso dell’esercizio, la circolazione complessiva delle due specie di biglietti è aumentata di un 7 per cento circa.

 

 

Data

Circolazione di biglietti della Banca d’Italia al netto delle am-lire in cassa

Am-lire emesse dall’A.F.A

Circolazione totale

30 giugno 1945

288,3

87,1

370,4

31 marzo 1946

269,9

114,3

384,2

30 giugno 1946

280,3

114,5

394,8

 

 

5. Se noi supponiamo che persista questa condizione di relativa stabilità monetaria, non vi è ragione di attendersi che l’ammontare dei mezzi attinti al mercato monetario sia per essere nel 1946-47, sensibilmente diverso da quello che fu nel 1945-46, cioè che debba allontanarsi dai 200-210 miliardi. Se noi aggiungiamo questi 200-210 miliardi di mezzi ricavati dall’indebitamento ai 190-200 miliardi di imposte, possiamo calcolare in 400 miliardi le dimensioni massime della spesa statale a cui si può far fronte senza inflazione. 400 miliardi vogliono dire un quarto del reddito nazionale, che è stato autorevolmente stimato, per il 1945, a 1.600 miliardi di lire. (Negli ultimi bilanci relativamente equilibrati che precedettero la campagna etiopica del 1935-36, si ebbero dai 20 ai 25 miliardi di spese rispetto ad un reddito nazionale di 90-100 miliardi, che in termini reali superava di due terzi l’attuale).

 

 

6. Quale proporzione di tale spesa può essere destinata a scopi di ricostruzione?

 

 

Sulla scorta degli stanziamenti fatti per il 1945-46 e delle previsioni ufficiali per il 1946-47, si può ritenere che le spese di personale assorbiranno almeno 90 miliardi; le spese militari, le spese di polizia, le prestazioni agli alleati e le spese di assistenza conseguenti alla guerra (prigionieri, rifugiati, rimpatriati, patrioti, famiglie di richiamati) altri 90 miliardi; le spese per i servizi ordinari di amministrazione, sanità, educazione, giustizia, comunicazioni, circa 30 miliardi e il servizio del debito pubblico altri 30 miliardi; in tutto 240 miliardi. Resterebbe dunque un margine di circa 160 miliardi.

 

 

Quali sono gli scopi ai quali possono essere destinati questi 160 miliardi di cui lo stato avrà la disponibilità, coi mezzi sperabili dalle imposte e dai prestiti, dopo aver provveduto alle sue spese correnti? Due sono i gruppi di scopi i quali concorrono nell’attirare l’attenzione del pubblico e del governo: quelli attinenti alla pace sociale e quelli relativi alla ricostruzione economica.

 

 

7. Tra gli scopi di pace sociale ve n’è uno il quale tiene gran posto nei dibattiti giornalistici e politici e sono i sussidi ai lavoratori disoccupati. Ma la somma che presumibilmente si dovrà spendere nell’esercizio 1946-47 per mantenere i circa 120.000 lavoratori disoccupati del nord non è altissima: forse non diversa da quella di 5 miliardi stanziata nell’esercizio 1946-47. Assai più rilevante è l’onere del prezzo politico del pane, ossia la differenza fra il costo complessivo per lo stato del pane e della pasta ed il prezzo minore di vendita, tenuto basso allo scopo di evitare malcontento tra le classi più povere. Compresi i premi per il sollecito conferimento del grano agli ammassi, le spese di gestione degli ammassi medesimi e le perdite differenziali sui generi alimentari diversi importati ed esportati, giungiamo a circa 76 – 77 miliardi di lire.

 

 

8. Per la ricostruzione delle ferrovie e delle opere pubbliche e per il concorso statale, sotto forma di risarcimento danni di guerra, alle ricostruzioni private, rimarrebbero cosi` qualcosa meno di 80 miliardi di lire.

 

 

La somma è certamente modesta rispetto ai bisogni di ricostruzione di un paese che ha sofferto oltre 3000 miliardi di danni di guerra; ma è ragguardevole come espressione delle rinunce a consumi attuali che si impone una popolazione a basso tenor di vita. Si tenga presente, a questo riguardo, che le 35 mila lire di cui, in media, dispone annualmente ogni italiano equivalgono, ai cambi ufficiali di 225 lire per dollaro e 907 lire per sterlina a 150 dollari od a 38 sterline (a meno della metà di queste cifre, usando cambi liberi anziché ufficiali). Per formarsi un concetto approssimativamente esatto del basso livello dei redditi medi italiani, si raffrontano le medie sopra riportate di 150 dollari e di 38 sterline all’anno del reddito medio individuale italiano al reddito medio individuale di 1200 dollari circa di cui gode il cittadino americano (reddito nazionale 166 miliardi di dollari; popolazione 140 milioni) e di 180 sterline del cittadino britannico (reddito nazionale 8,5 miliardi di sterline; popolazione 48 milioni).

 

 

9. Alla ricostruzione non deve evidentemente provvedere da solo lo stato. La differenza esistente tra il fabbisogno della ricostruzione ed il concorso di circa 80 miliardi che potrà essere a tale scopo fornito dallo stato potrebbe invece essere colmata dal risparmio privato non versato direttamente o indirettamente allo stato. Sui 1200 milioni di lire di reddito nazionale rimasti a disposizione dei cittadini, dopo aver provveduto a dare allo stato, a titolo di imposte e di prestiti, i 400 miliardi detti sopra, quanto potranno ulteriormente destinare al risparmio ed all’investimento i cittadini? Inutile azzardare cifre che sarebbero troppo incerte.

 

 

 

Il margine che può essere destinato ad un ulteriore risparmio dal cittadino medio italiano provvisto di un reddito medio annuo di 35.000 lire, il quale ha già destinato quasi 9000 lire al pagamento delle imposte ed a fornire denaro a prestito allo stato, non è evidentemente notevole. Tuttavia, date le abitudini risparmiatrici dell’italiano, si può ritenere che la ricostruzione potrà giovarsi di qualche decina di miliardi di risparmio privato impiegato privatamente.

 

 

Se il fabbisogno della ricostruzione non è inferiore a 3000 miliardi di lire attuali, e se con questa somma appena si rimedierebbe ai danni materiali causati dalle distruzioni belliche, è evidente che con il solo apporto di 80 miliardi di lire all’anno attinti dallo stato al risparmio privato e con i 40 o 50 miliardi che forse il risparmio potrà ulteriormente provvedere con investimenti privati, l’opera della ricostruzione durerebbe troppo a lungo.

 

 

Se si vuole che l’Italia possa, in un non troppo lungo volgere di anni, riprendere il cammino partendo dal livello a cui essa era giunta nel 1939, se si vuole che l’Italia possa partecipare alla vita economica dell’Europa e del mondo con vantaggio universale, oltrecché proprio, fa d’uopo che al risparmio nazionale venga in aiuto il risparmio estero. Da sola, l’Italia non può rialzarsi. Ma la situazione nostra non è diversa da quella di ogni altro paese d’Europa su cui sia passata la guerra.

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