Opera Omnia Luigi Einaudi

Florilegio fiscale

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/08/1915

Florilegio fiscale

«La Riforma Sociale», agosto-ottobre 1915, pp. 765-768

 

 

 

La questione su cui vogliamo questa volta richiamare l’attenzione del pubblico non è di interpretazione giurisprudenziale della legge di imposta. Potrebbe, a togliere il grave inconveniente lamentato, bastare una circolare amministrativa; ma forse è pretendere troppo in tempi — parlasi, s’intende, dei tempi passati e normali di pace, non di quelli presenti di guerra, in cui il governo giustamente si vale dei poteri a lui delegati dal parlamento — nei quali il potere esecutivo crea bensì le leggi, quando queste piacciono alle moltitudini e manomette il diritto vigente, quando la manomissione giovi a procacciare plauso; ma non osa interpretare le leggi vigenti a norma dei nuovi insegnamenti dei fatti, quando l’interpretazione possa essere gridata arbitraria dai facinorosi. Occorre una interpretazione autentica della legge sulla privativa del sale, se non si vuole rimanga soffocata una industria promettente, remunerativa, utile al paese, innocua anzi benefica per la finanza.

 

 

Ecco il punto. La legge fondamentale sulla privativa del sale ha riconosciuto astrattamente il principio che l’imposta è spiegabile soltanto se si riferisce al sale usato per l’alimentazione umana; ed ha dettato norme che riteneva adatte ad esentare in tutto od in parte il sale usato per l’alimento del bestiame, per l’agricoltura e per l’industria. Sono sorti così i due istituti della esenzione e del prezzo di favore, i quali si applicane, fra l’altro, alla fabbricazione della soda ed all’industria del sapone. La fabbricazione della soda, insieme con la clorurazione dei minerali, ha il diritto di ottenere il sale a prezzo di costo, ovvero di importarlo liberamente, in esenzione assoluta di dazio, dalla Sicilia, dove lo si può acquistare a 5 lire alla tonnellata. L’industria saponiera, la quale ricorre al sale per coagulare la soluzione colloidale del sapone e separarlo dal sottoliscivio, ottiene invece il sale al prezzo di favore di L. 12 al quintale.

 

 

Le esenzioni di imposta, si sa, sono da intendersi in senso assolutamente restrittivo; e non è quindi da far meraviglia se la finanza conceda il sale a prezzo di costo solo alle due industrie (della soda e della clorurazione dei minerali) tassativamente indicate nella legge. Qualche industria, per es., quella dell’acido cloridrico e del solfato di soda, è riuscita ad ottenere il sale a prezzo di costo, solo assoggettandosi alla formalità di dichiarare che il sale denaturato richiesto serve alla fabbricazione della soda. Ed è molto bene che la finanza abbia accordato a questa industria il sale a prezzo di costo; poiché altrimenti non si fabbricherebbe neppure un chilogrammo di acido cloridrico, in luogo del mezzo milione prodotto in Italia. Ma il mezzo a cui si dovette ricorrere per non ammazzare una industria dimostra che non possono concepirsi, in questa materia, elencazioni tassative di industrie esenti.

 

 

È chiaro invero che la legge sulle privative è in contrasto coi fatti, coll’interesse dell’industria e con quello della finanza. Il legislatore del 1862, se ha esentato dall’imposta le industrie della fabbricazione della soda e della clorurazione dei minerali, così operò non allo scopo di favorire quelle due particolari industrie, ma di affermare il principio che la privativa del sale non aveva per intento di colpire le materie prime dell’industria, bensì e solo un alimento umano. Accadeva di fatto che il sale, nelle condizioni tecniche del tempo, entrasse in misura rilevante solo nella fabbricazione della soda e nella clorurazione dei minerali; e l’attenzione del legislatore si fissò perciò su quei soli processi chimici e ne esentò la materia prima dall’imposta. Ma ragion voleva che l’amministrazione finanziaria, inspirandosi ai principii informatori del tributo, tenesse dietro ai progressi tecnici industriali e, quando fosse bene assodato che il sale era diventato materia prima od agente essenziale dei processi chimici usati in altre industrie, presentasse al Parlamento appositi disegni di legge per estendere, con una vera e propria interpretazione autentica, l’esenzione ai nuovi processi industriali. Poiché questo non si fece, la privativa del sale divenne un impedimento gravissimo al sorgere delle nuove industrie, le quali avrebbero avuto bisogno di usare in copia il sale nei loro processi. Danno, che il legislatore del 1862 non aveva sicuramente voluto.

 

 

L’esempio più recente e tipico di industria la quale è assolutamente distrutta nel suo sorgere é quella della fabbricazione del sapone mercé la saponificazione diretta delle materie grasse mediante il sale comune (metodo Garelli, Barbe, Depaoli). Questa non è una rivista tecnica; e quindi i particolari tecnici del problema possono essere ricordati appena sommariamente. È noto che i saponi sodici o duri, che sono quelli d’uso più generale, vengono preparati facendo bollire le materie grasse naturali con soda caustica, la quale, se dai corpi grassi si è già ricavata la glicerina con qualcuno dei vari processi moderni di sglicerinazione, si può sostituire, almeno in gran parte, con il carbonato di sodio (soda Solvay) che costa assai meno. Analogamente pei saponi molli o potassici è necessario ricorrere alla potassa caustica o al suo carbonato[1].

 

 

Il nuovo processo Garelli presenta essenzialmente la novità, che qui viene esposta in grosso modo senza precisione di linguaggio scientifico, che invece di sottoporre le materie grasse neutre o gli acidi grassi alla bollitura con soda caustica o con carbonato di sodio, che sono materie già ottenute usando come materia prima il cloruro sodico (sale comune), si mettono direttamente a contatto con il cloruro sodica stesso. È come se si saltasse la preparazione della soda caustica e del carbonato di sodio, mercé l’impiego immediato del cloruro sodico od. in altri termini, invece di preparare col cloruro sodico (sale comune) la soda caustica e poi con questa lavorare le materie grasse, senz’altro queste si lavorano con il cloruro sodico. È un’abbreviazione del processo produttivo, grazie a cui si ottengono gli stessi effetti della soda caustica senza il costo di produrla o producendola — poiché scientificamente si deve affermare che la soda caustica si produce di fatto direttamente mercé le particolarità tecniche di applicazione della soda caustica alle materie grasse.

 

 

Come ogni altra abbreviazione e semplificazione dei processi tecnici, quello Garelli produce i seguenti effetti:

 

 

  • diminuisce il costo della produzione dei saponi. Si può calcolare che in confronto al metodo di fabbricazione con la soda caustica, che è il metodo prevalentemente usato in Italia, si ha un risparmio di 5 lire circa per quintale di materie grasse; e in confronto alla saponificazione con carbonato di sodio un risparmio di L. 3,50. Poiché in Italia si saponifica 1 milione di quintali di materie grasse, il risparmio giunge ai 5 milioni di lire all’anno; ed anzi, in quest’anno di guerra, in cui i prezzi della soda caustica e dei carbonato di sodio sono aumentati oltremisura, a 7-8 milioni di lire;
  • obbliga ad estrarre tutta la glicerina contenuta nei grassi, con un notevole incremento dei guadagni ottenuti colla vendita di questo sottoprodotto, e con vantaggio della difesa nazionale, essendo la glicerina una delle più importanti materie prime per la fabbricazione dei moderni esplosivi;
  • per l’Italia si può aggiungere che il nuovo processo consentirebbe di usare una materia prima, il sale comune, di cui noi produciamo in abbondanza, al posto di materie prime come la soda caustica, di cui si importano dall’estero circa 200.000 quintali al prezzo di L. 30, o il carbonato di sodio, la cui importazione, al prezzo di L. 11 al quintale è salita da 261.000 quintali nel 1912 a circa 600.000 negli ultimi anni. Senza affermare, ciò che sarebbe un errore economico, che la cessata o diminuita importazione di queste materie prime dall’estero sia un risparmio netto, si può sostenere ragionevolmente che la sostituzione sia vantaggiosa al nostro paese.

Perché la nuova industria, malgrado l’evidente tornaconto, non può fondarsi in Italia e dovremo vederla diffusa prima all’estero che da noi? La spiegazione è esclusivamente fiscale. Prendendo le cose alla lettera, la saponificazione delle materie grasse mercé l’utilizzazione diretta del cloruro sodico non può essere fatta rientrare nel significato ordinario delle parole «fabbricazione della soda» e quindi il sale non può essere concesso alla nuova industria a prezzo di costo, essendo la concessione riservata letteralmente, come è scritto nella legge del 1862, alla fabbricazione della soda. È vero che il processo è tale che si può logicamente sostenere che la soda, in un dato momento del processo chimico, si può considerare come prodotta. È vero che il Consiglio tecnico dei sali in un suo parere ha riconosciuto che nel nuovo processo di produzione del sapone possa ritenersi compenetrato quello di produzione della soda; ma poiché la concessione del sale a prezzo di costo è limitata tassativamente alle fabbriche che hanno per scopo finale il prodotto «soda», così ramini Distrazione finanziaria ritiene che non sia possibile estendere, per via di interpretazione, l’esenzione al nuovo processo.

 

 

E su ciò, data la lettera della legge, non vi è nulla da ridire. Ma l’amministrazione finanziaria ha riconosciuto che la legge vigente è inadatta alle nuove esigenze industriali ed ha presentato al parlamento un disegno di legge, consistente in questi due articoli:

 

 

  • 1° Il sale destinato all’industria del sapone, quando, per il processo adottato, passi direttamente a formarvi la base sodica, cosicché si possa nel processo medesimo ritenere compenetrata la produzione della soda, è soggetto alla imposta di lire 1,50 al quintale. AI caso speciale di detta industria è estesa la facoltà di importare il sale dalla Sicilia e dalla Sardegna.
  • 2° L’imposta deve essere corrisposta in aggiunta al prezzo di costo se il sale è ritirato dai magazzini del monopolio, oppure all’atto della sua importazione.

 

 

In verità non si comprende perché si sia voluto gravare l’industria di una imposta di L. 1,50 al quintale, la quale non è in armonia coi principii informatori del monopolio italiano. O, meglio, si comprende pensando all’istituto vigente del sale a prezzo di favore, che è una via di mezzo, sebbene illogica, tra l’esenzione assoluta e l’imposta completa sul sale usato per l’alimentazione umana.

 

 

Storicamente l’imposta di L. 1,50 al quintale si spiega riflettendo che oggi i saponieri pagano L. 12 il quintale ossia, detraendo L. 4 di costo, pagano una imposta di L, 8 al quintale per lo scarso sale che essi adoperano nel processo normale di fabbricazione del sapone. Si volle che la finanza non dovesse perdere nulla per il passaggio dal vecchio al nuovo sistema. Ed anche questo, in tempi di finanza stretta, può essere un criterio accettabile. Ma ragion voleva che poiché il vecchio sistema adopera 2 kg. di sale comune per ogni quintale di materie grasse, mentre il nuovo ne adopererebbe 30, l’imposta per ogni quintale di sale fosse col nuovo sistema una quindicesima parte di quella pagata col vecchio sistema; ossia 5 di L. 8 e precisamente 50 centesimi circa per quintale. Il reddito per le finanze sarebbe stato eguale a quello che oggi si ottiene con l’imposta di 8 lire. Invece l’imposta fu stabilita in una misura tripla.

 

 

Ed anche a questo sproporzionato balzello i promotori della nuova industria si adatterebbero, ove essi potessero finalmente — pare che la questione si trascini da oramai 5 anni ! — ottenere il sale al prezzo di favore stabilito dal disegno di legge. Purtroppo le vicende parlamentari hanno impedito che esso potesse essere discusso dalla Camera e dal Senato. Intanto una industria, la quale potrebbe risparmiare milioni al paese, che potrebbe, in questo momento sovratutto, raddrizzare la bilancia commerciale, esimendoci dall’obbligo di acquistare a prezzi fantastici la soda caustica ed il carbonato di soda, non può nascere in Italia, a causa del modo rigidamente tassativo in cui nel 1862 fu formulata una esenzione tributaria!

 

 



[1] Cfr. per maggiori particolari O. Scarpa, Una nuova industria italiana. L’utilizzazione diretta del cloruro sodico per la fabbricazione dei saponi, in Ausoniae Hermes, anno I, fasc. X-XII

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