Opera Omnia Luigi Einaudi

I problemi giuridici del concordato della «Sconto»

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 10/03/1922

I problemi giuridici del concordato della «Sconto»

«Corriere della Sera», 10 marzo 1922

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. VI, Einaudi, Torino, 1963, pp. 602-604

 

 

 

Avevo chiesto al prof. Angelo Sraffa, ordinario di diritto commerciale nella università di Torino e rettore della università commerciale Bocconi di Milano, il suo pensiero sugli aspetti giuridici del progetto di concordato per la Banca italiana di sconto. Egli mi risponde con la seguente lettera:

 

 

Caro Einaudi,

Eccoti, perché le desideri, le mie impressioni, in punta di penna, sul concordato proposto dalla Banca italiana di sconto, considerato dal punto di vista giuridico.

 

 

Il concordato di questa Banca è regolato dal decreto-legge più buffo che si sia mai visto al mondo (il D.L. 2 febbraio 1922). Concordato vuol dire una intesa fra creditori e debitori,cioè un contratto nel quale il debitore è il proponente, la maggioranza dei creditori è l’accettante per conto di tutti i creditori. Nel così detto concordato regolato dal D.L. 2 febbraio 1922 di tutto ciò non esiste che il proponente (commissari giudiziari); manca l’accettante e manca il contratto. Infatti i creditori possono bensì opporsi al concordato ed il tribunale nella sentenza d’omologazione giudica sulle questioni sollevate dagli opponenti; ma se il tribunale respinge perché non fondati i motivi della opposizione il così detto concordato rimane approvato anche se tutti i creditori si dichiarano ad esso contrari! Approvato … da chi?

 

 

Il concordato ora proposto, ad ogni modo, non è puro e semplice, come dovrebbe; ma la proposta del medesimo è subordinata alla condizione degli esoneri fiscali di cui all’art. 16 ed io non so immaginare come il tribunale potrebbe (indipendentemente da tutto il resto) procedere alla omologazione senza prima attendere la legge sugli esoneri stessi.

 

 

Ad ogni modo è nullo, e quindi di nessun valore, il patto dell’articolo 4 del concordato per il quale l’assemblea degli azionisti della nuova Banca nazionale di credito dovrà scegliersi i suoi amministratori in modo da mantenere una certa proporzione fra creditori della Banca italiana di sconto ed estranei; è, infatti, principio inderogabile che l’assemblea degli azionisti deve essere assolutamente libera nella scelta degli amministratori.

 

 

Nulla è anche la disposizione dell’articolo 5 che stabilisce le condizioni di pagamento in modo da creare una differenza fra creditori chirografari, a favore di quelli che lo sono per un importo inferiore alle lire cinquemila: (lo stesso deve ripetersi per la disposizione dell’articolo 10 sui creditori all’estero): è, infatti, illegale ogni patto di un concordato che crei una differenza fra creditori comuni.

 

 

Ma il più grave non è qui (nullità più o nullità meno); il più grave si è che, praticamente, la disposizione dell’articolo 5 del concordato è, per la natura stessa delle cose, inapplicabile ai creditori che son tali per aver dato alla Banca italiana di sconto dei titoli (diciamo così per intendersi) in comodato e che han diritto di pretendere tanti titoli quanti ne han forniti e della stessa specie. Ora io mi domando come è possibile effettuare il pagamento di simili creditori che han diritto al pagamento in titoli, al 20% entro un mese dal passaggio in giudicato della sentenza d’omologazione, al 4% entro il 31 dicembre, ecc. ecc., con più la conversione del 7% nelle azioni della Banca nazionale di credito. Siamo di fronte ad una lacuna, che rende inapplicabile il concordato in un caso di somma importanza e ne verranno difficoltà per le quali non vi è, assolutamente, una via d’uscita.

 

 

L’articolo 7 stabilisce: «le inadempienze contrattuali derivanti dalla moratoria non danno luogo a risarcimento a carico della Banca italiana di sconto». Con questa disposizione si è voluto negare a chi aveva in corso un contratto con la Banca italiana di sconto, rimasto, per la moratoria, ineseguito da parte della Banca stessa, di farsi risarcire i danni che ne sono derivati. Ma questo vorrebbe dire che persone estranee al concordato sarebbero private dei diritti che hanno verso il concordatario da un contratto in cui non sono parte: sarebbero private dei loro diritti da chi non ha questo potere … e quindi, malgrado il concordato, non ne saranno privati, perché l’articolo 7 porta una disposizione nulla.

 

 

Altra – e forse non ultima – disposizione nulla si è quella dell’articolo 16 per il quale «Il tribunale di Roma è competente per tutte le controversie che saranno promosse contro la Banca in liquidazione e per tutti i diritti e crediti precedenti alla moratoria e compresi nel concordato…» Ma come? … La maggioranza che approva un concordato si attribuisce il potere di fissare una competenza diversa da quella stabilita dalla legge e di fissarla obbligatoriamente anche per i dissidenti, considerando questa deroga alla competenza come una delle condizioni del concordato obbligatorie anche per la minoranza dissidente?! Evidentemente una simile deroga non può esser fissata che per legge… come solo per legge potevasi disporre quel che nel concordato è da me considerato come nullo.

 

 

A meno che tutto il concordato, al quale ha posto mano il più grande dei nostri maestri, non abbia per presupposto che la legge (un decreto-legge, forse?), la quale dovrà pure promulgarsi per sancire l’esecuzione delle tasse di cui all’articolo 17 del concordato, la legge stessa, già che c’è, approvi «anche l’intiero concordato, nelle sue singole disposizioni e nel suo insieme: così tutto diventerebbe, d’un colpo, a cominciare dal concordato della Banca italiana di sconto, legale!

 

 

Angelo Sraffa

 

 

Le osservazioni dell’amico Sraffa sono assai importanti e fanno vedere in quale groviglio la politica di fare le leggi, adopera il potere esecutivo, con effetti retroattivi, adattandole alle esigenze dei singoli casi, ci abbia portato. Ci avviamo verso una forma di casistica legislativa, grave di pericoli per la libertà e gli averi singoli. Ciò che è da temere come conseguenza economica delle novità giuridiche illustrate dallo Sraffa, è che la nuova Banca nazionale di credito incontri difficoltà a trovare azionisti disposti ad impiegare denari in una impresa di cui è fatto loro divieto formale di nominare gli amministratori, e depositanti che ricorrano ad un istituto, i cui amministratori hanno il mandato preciso di occuparsi sovratutto degli interessi dei creditori di un altro ente, la Banca di sconto in liquidazione. Come farà il nuovo ente a pagare le sue enormi spese di gestione?

 

 

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