Opera Omnia Luigi Einaudi

Il commercio dell’Italia con la Tripolitania e le tariffe di guerra colla Turchia

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 14/12/1911

Il commercio dell’Italia con la Tripolitania e le tariffe di guerra colla Turchia

«Corriere della sera», 14 dicembre 1911

 

 

 

La pubblicazione, come al solito ricchissima e pronta, dell’analisi del commercio dell’Italia con l’estero nell’anno 1910 da parte dell’ufficio dei trattati e della legislazione doganale diretta dal comm. Luciolli, offre la maniera di riferire i dati relativi al commercio dell’Italia con la Tripolitania (compresa la Cirenaica) nel 1910. Si riassumono come segue,all’importazione ed all’esportazione,in milioni di lire:

 

 

 

Esportazione dalla Tripolitania in Italia

Importazioni dall’Italia in Tripolitania

Bestiame bovino

1.4

Cascami di seta, filami

1.1

Uova di pollame

0.6

Semolino

0.9

Lane sudice o lavate

0.5

Farina di frumento

0.7

Cavalli

0.2

Filati di cotone (compresi i cucirini)

0.5

Pelo greggio

0.1

Semi non nominati, non oleosi

0.1

Fiammiferi di legno

0.1

Tessuti di cotone, a colori o tinti, lisci

0.1

Seta tratta greggia, semplice

0.1

Oggetti cucirini di seta

0.1

Totale

3.0

3.6

 

 

La tabella non comprende tutti gli articoli che formano oggetto di commercio tra l’ Italia e la Tripolitania. Ma furono trascurate solo le voci che non giunsero nel 1910 alle 100.000 lire, e il cui totale non è che di 200 mila lire all’esportazione e di 500 mila lire all’importazione.

 

 

Le cifre del movimento commerciale sono sempre tipiche della civiltà economica di un popolo; e le cifre riprodotte dianzi, nella pochezza delle voci, nella tenuità delle somme e dell’indole delle merci negoziate ci dicono chiaramente che la Tripolitania è un paese che nel momento attuale sta tra il tipo pastorizio e quello agricolo, senza nessun barlume di industria. Esporta buoi, cavalli, lane, pelo, ossia prodotti della pastorizia e datteri e semi, prodotti di una agricoltura primitiva. I suoi abitanti comprano da noi derrate alimentari già passate attraverso ad un primo stadio di lavorazione, onde si vede che non producono, benché siano in numero così scarso rispetto al territorio, grano sufficiente ai loro bisogni, sia che il terreno disadatto alla cultura frumentaria sia che abbiano più convenienza ad esercitare la pastorizia. Acquistano altresì qualche po’ di seterie e cotonate. E questo è tutto.

 

 

Anche il commercio con gli altri paesi porta l’ impronta di bisogni poco sviluppati. I dati che si fanno al riguardo sono incerti, poiché non sempre è detto se si riferiscono a tutta la Tripolitania od al solo porto di Tripoli; ma, con questa avvertenza, si può ricordare che l’ Economist del 30 settembre 1911 così delineava l’ importanza rispettiva del commercio italiano ed inglese (in lire italiane):

 

 

Importazioni da Tripoli in:

1905

1906

1907

1908

1909

1910

Italia

634

502

1.054

541

1.606

[3.200]

Gran Bretagna

6.580

13.690

4.305

3.991

4.341

Esportazioni a Tripoli dalla:
Italia

3.088

3.951

3.526

3.221

2.924

[4.400]

Gran Bretagna

3.364

4.038

2.819

1.805

2.915

 

 

Mentre la Tripolitania importa in Italia principalmente prodotti della pastorizia, uova e datteri, importa in Inghilterra per metà orzo e per il resto l’erba sparto ed altre materie per la fabbricazione della carta.

 

 

L’Inghilterra, ancora più dell’Italia, esporta cotonate nella Tripolitania.

 

 

I dati, che sovra riportai e che pel 1910 integrai con le cifre tra parentesi quadre tratte dalle statistiche italiane, non perfettamente comparabili con le altre ricavate dalle statistiche inglesi, sembrano indicare un progresso del commercio italiano ed un decadimento del commercio inglese.

 

 

Il che potrebbe ricavare conferma dai dati complessivi del movimento commerciale della Tripolitania, il quale in periodi successivi avrebbe raggiunto le seguenti medie per anno (in lire italiane):

 

 

  Importazioni in Tripolitania Esportazioni dalla Tripolitania
1862-1871

2.314.150

2.540.000

1872-1881

8.309.500

11.210.810

1882-1891

9.118.800

8.911.887

1892-1901

11.172.405

8.510.750

 

 

Sono cifre un po’ vecchie, le quali ci dimostrano, dopo un periodo iniziale di slancio, dal 1862 al 1881, una stasi successiva. La stasi sembra essersi accentuata in seguito, se è vero ciò che l’Economist asserisce nel numero del 30 settembre, essere il movimento commerciale della Tripolitania oggi di circa 16 milioni di lire in complesso all’entrata ed all’uscita, asserzione confermata dall’Economist français del 14 ottobre, il quale nota una diminuizione dalla cifra di 20 milioni raggiunta al principio del secolo. Se questi dati sono veri, l’Italia si sarebbe accaparrata una proporzione crescente di un traffico complessivamente in diminuzione. Ecco i dati che provano l’asserzione (in lire italiane):

 

 

Esportazioni dalla Tripolitania in Italia Importazioni dall’Italia nella Tripolitania

1895

254.000

762.000

1896

43.000

1.159.000

1897

102.000

1.878.000

1898

145.000

1.800.000

1899

279.000

1.646.000

1900

145.000

3.144.000

1901

145.000

2.634.000

1902

350.000

1.699.000

1903

418.000

2.618.000

1904

431.000

2.981.000

1905

653.000

3.083.000

1906

570.000

3.951.000

1907

1.054.000

3.526.000

1908

676.000

3.221.000

1909

1.606.000

2.924.000

1910

3.200.000

4.400.000

 

 

Queste cifre sono interessantissime, perché mettono in luce il fondamento economico della nostra espansione nella Tripolitania. Pare si possa affermare con un certo grado di sicurezza: 1) che la Tripolitania è un paese economicamente in decadenza, per il mal governo dei Turchi, per la siccità imperversata negli ultimi cinque anni, per il deviare delle correnti carovaniere del Sahara verso altri sbocchi; 2) che, malgrado questa decadenza complessiva, l’Italia in modo particolare è riuscita ad attivare un commercio crescente per conto suo; cosicché da circa 1/20 del commercio internazionale della Tripolitania verso il 1805, ora ne assorbe circa da un terzo ad una metà. L’essere riusciti a tanto in tempi così avversi e contro tanta contrarietà del Governo turco locale è una buona testimonianza della nostra iniziativa commerciale. Non bisogna nasconderci però che, sebbene si sia fatto parecchio, il sin qui fatto è pochissima cosa in confronto al tanto di più che dovremo fare in avvenire. Si pensi che l’Italia non è certo un paese tra i primi rispetto al commercio internazionale: arriviamo appena ad un movimento complessivo di circa 150 lire per abitante. Il movimento commerciale internazionale della Tripolitania oscilla forse da 10 a 20 lire per abitante. Dobbiamo moltiplicarlo da 8 a 15 volte prima di giungere al livello italiano.

 

 

* * *

 

 

Dalla Tripolitania passiamo alla Turchia: quali sono i rapporti, frastornati, se non interrotti, dalla guerra tra l’Italia e la Turchia? Ecco le cifre, dal 1905 in poi, in migliaia di lire:

 

 

  Importazioni dalla Turchia in Italia Esportazioni dall’Italia in Turchia
  Turchia europea Turchia asiatica Turchia europea Turchia asiatica

1905

23.624

22.293

53.802

14.587

1906

37.867

16.770

69.620

13.852

1907

46.099

14.228

64.599

8.662

1908

40.179

14.305

59.207

7.910

1909

46.516

24.910

57.618

21.445

1910

37.300

19.800

64.400

43.500

 

 

Commercio dunque abbastanza rilevante, sebbene non di primissimo ordine: nel 1910 l’importazione dalla Turchia europea raggiunse l’1.15% e dalla Turchia asiatica il 0.61% dell’importazione totale dall’estero in Italia; mentre l’esportazione dall’Italia nelle due parti della Turchia toccava rispettivamente il 3.30 e il 2.09 % del nostro totale commercio con l’estero. Promettevano soprattutto moltissimo le nostre vendite nella Turchia asiatica (Asia minore e Siria), paesi che si stanno svegliando da un secolare torpore economico grazie ai migliorati mezzi di comunicazione ed ai benefici della emigrazione. Non si può negare che la guerra abbia a recar danno a questi promettenti traffici ed è difficilissimo sapere quale dei due paesi sarà più danneggiato. Dal citato volume del Luciolli ho tratto il seguente quadro, in cui sono riferite tutte le merci, il cui traffico internazionale supera in totale i 5 milioni di lire in valore ed in cui la Turchia europea ed asiatica entrano per più del 3 % di quel valore totale (in milioni di lire):

 

 

Importazione in Italia

TOTALE

Turchia

Turchia

europea

asiatica

Seta tratta, greggia, semplice

97.0

3.6

Bozzoli secchi

40.6

11.3

2.2

Cavalli

36.0

1.2

Rottami di ferro

30.9

1.6

Tabacco in foglie

26.7

1.9

Avena

21.1

0.9

0.7

Lane lavate

19.0

0.6

1.7

Semi di arachide

15.4

0.5

Formaggi

14.9

4.3

Semi di lino

14.7

0.6

Olio d’oliva

9.2

0.9

Legumi secchi

8.3

0.3

Uova di pollame

6.7

2.7

1.8

Radice, cortecce o frutti tinte e concie

5.0

1.4

Pesci freschi

5.0

0.2

Esportazione dall’Italia

Tessuti di cotone, tinti, lisci

71.4

6.9

5.3

Tessuti di seta colorati (lisci ed operati)

44.7

1.8

Corallo lavorato non montato

29.7

1.4

Tessuti di cotone, stampati, lisci

28.4

11.6

7.2

Limoni

28.4

1.0

Cascami di seta, filati

28.2

1.5

Farina di frumento

20.6

9.7

Filati di cotone, semplici, greggi

18.5

2.7

5.3

Tessuti di seta, misti, colorati, lisci

17.1

4.4

0.5

Tessuti di cotone, greggi lisci

16.7

2.4

4.1

Riso lavorato

15.5

0.17

Semolino

11.8

0.7

Cordami, cordicello e spago

3.4

0.8

Tessuti di lana scardassata

6.5

0.4

0.3

Carta bianca o tinta in pasta

6.3

0.3

Cascami di cotoni

6.1

0.4

0.2

Fiammiferi

6.0

2.1

1.4

Acido tartarico

5.1

0.2

 

 

Queste sono le principali voci di traffico che, in quantità assolute e proporzionali, saranno maggiormente frastornate dall’aumento del 100 per 100 deliberato dalla Turchia contro le provenienze italiane e dal decreto regio italiano del 27 novembre che applica una tariffa di guerra, variamente inasprita, contro le provenienze turche. Le tariffe di guerra sono provvedimenti che vanno giudicati con criteri politici, e male si prestano a considerazioni economiche. Si tratta non di ottenere vantaggi (il che è escluso a priori), ma di recare il massimo danno all’avversario, insieme con il minimo danno alla nostra economia. Ma poiché il medesimo pensiero inspira l’azione dell’avversario, la risultante sarà complessa, quasi impossibile a calcolarsi. Saremo danneggiati più noi o i turchi ? Domanda tecnicamente dipendente da troppi fattori per ottenere una risposta univoca.

 

 

Sarebbe d’uopo, d’altro canto, un’analisi minuta non agevole a contenersi entro i limiti prefissi ad un articolo di giornale politico.

Torna su