Opera Omnia Luigi Einaudi

Il senatore Luigi Einaudi risponde a Quattroruote

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/11/1956

Il senatore Luigi Einaudi risponde a Quattroruote

«Quattroruote», novembre 1956, pp. 6-7

 

 

 

Le nostre domande:

 

 

  1. È sopportabile che la benzina abbia in Italia il prezzo più alto del mondo? In Italia, sul prezzo di vendita di 128 lire, 91 lire sono pagate per tasse e bolli (71% è tassa).

 

  1. È giusto fiscalmente ed utile alla collettività che, a causa del bollo eccessivo, macchine ancora efficienti siano sottratte alla circolazione e passate a rottame? Per esempio: la «Fiat 1500 A», vale 50.000 lire e paga di bollo L. 51.964 ogni anno.

 

  1. È giusto che l’Alfa Romeo Giulietta Sprint spyder sia stata venduta all’estero a poco più di 1.200.000 (tanto che con trapasso, dogana e guadagno dell’importatore, gli acquirenti americani la pagano a New York 3.200 dollari, pari a Lit. 2.000.000), mentre la si è rifiutata ai clienti italiani?

 

  1. È giusto che, mentre si parla di liberalizzazione, si possano importare automobili estere – pur pagando una dogana del 35-45% sul valore – solo in pochi esemplari per contingenti minimi?

 

 

Le sue risposte:

 

 

Ella mi ha inviato un questionario. Se dovessi rispondere con un monosillabo alle domande: è giusto? è sopportabile? dovrei rispondere senz’altro e semplicemente: NO.

 

 

È ovvio tuttavia che la risposta non sarebbe né corretta né significativa. Per parecchie ragioni.

 

 

La prima si è che ho idee alquanto vaghe su quel che sia il giusto in materia di imposte. Di giustizia tributaria si parla volentieri nelle motivazioni alle leggi, nei discorsi parlamentari, nelle dispute fra cultori professionali della scienza finanziaria e sovrattutto negli articoli dei pubblicisti quotidiani. Purtroppo, ho dichiarato troppo spesso il mio scetticismo intorno al contenuto dell’idea della giustizia tributaria, per indurmi ad esporre una opinione ben definita su quel che sia il giusto in materia di imposte sul petrolio, sulla benzina, sul gasolio e simili. Grosso modo, direi che l’imposta sul petrolio e suoi derivati non è la più malvagia tra le imposte immaginabili. Da oltre quarant’anni (la data precisa pare sia il 23 giugno 1912) ho dichiarato le mie preferenze per le imposte che colpiscono il reddito consumato invece che il reddito guadagnato, la spesa invece che il reddito; epperciò non ho obiezioni di principio alle imposte sul petrolio e sulla benzina.

 

 

Il problema, per il petrolio e suoi derivati, non dev’essere posto sul punto del giusto, ma del conveniente. Conviene all’erario, conviene a quella cosa misteriosa detta collettività nazionale che l’imposta sulla benzina tocchi le 91,08 lire su un prezzo di 128 lire al litro?

 

 

In materia di imposte, lo Stato è un monopolista ed ha il diritto di fissarne l’ammontare a suo piacimento. Ad una condizione: che la tariffa dell’imposta sia determinata in modo da dare il massimo reddito netto all’erario. È certo che la condizione sia soddisfatta dalla tariffa di 91 lire al litro? È certo che non vi sia un’altra tariffa la quale darebbe un reddito maggiore? Come si acquista la certezza se non col solito strumento del provare e riprovare? Bastano gli esperimenti fatti in passato, aumentando sempre la tariffa ed ottenendo risultati sempre migliori per l’erario? Sembra di no. Se, contemporaneamente all’aumento delle tariffe, si sono verificate altre mutazioni nella domanda della merce tassata, nell’attività industriale, nel reddito nazionale, ecc.. l’aumento verificatosi dimostra che, a tariffa diversa, il ricavo non sarebbe stato forse anche maggiore?

 

 

Il ricavo dev’essere non solo massimo, ma netto. E, nel calcolo del netto, lo stato può limitarsi a dedurre dall’incasso lordo le spese sue di esazione con l’aggiunta delle spese sostenute per esempio nella lotta contro gli evasori, per le denaturazioni delle partite sottoposte a tasse di favore, ecc..? O non deve tenere conto altresì delle perdite che i consumatori hanno dovuto sopportare a causa dei limiti posti dall’alto prezzo alla loro attività industriale e commerciale? Anche calcolando zero il costo del sacrificio psicologico sopportato dai consumatori di benzina a scopi privati a causa della rinuncia a desiderati godimenti, esistono ostacoli misurabili posti dal costo tributario di prodotti petroliferi allo aumento del reddito nazionale, esistono cioè perdite le quali devono essere tenute in conto nello stabilire il limite di convenienza dell’imposta. Il calcolo di convenienza può esser fatto, voce per voce, per ognuno dei tributi i quali colpiscono i trasporti automobilistici? Conviene all’erario, conviene ai contribuenti la moltiplicazione delle imposte sul medesimo cespite? Vedo dal suo appunto che gli utenti di vetture automobili, motociclette, autocarri per passeggeri e merci debbono pagare imposte sui carburanti, sui lubrificanti, tasse di circolazione, imposta generale sull’entrata (sulle nuove automobili, sui pneumatici, sui ricambi, sulle tariffe delle autorimesse, sulle riparazioni e sulle manutenzioni), imposte varie di registro sui trapassi, sulle patenti di guida, tasse di bollo sui biglietti delle autolinee, ecc.

 

 

Solo una parte di questi tributi è giustificata dalla impossibilità di riscuoterli se non a mezzo di quella specifica maniera di accertamento; non è però senz’altro da scartare l’ipotesi che alcuni di essi siano conservati in vita perché, essendo attribuiti ad uffici dell’amministrazione finanziaria, nessun ufficio vuole rinunziare al privilegio di iscriverne l’importo tra i proventi suoi propri.

 

 

Certamente, così si crea emulazione tra gli uffici, con qualche profitto particolare per l’erario. È dubbio tuttavia se la somma di 296 miliardi incassata nel 1955 in virtù delle tante diverse imposte sugli autotrasporti sia maggiore di quello che si riscuoterebbe se i tributi fossero unificati ed almeno ridotti a due o tre principali, nella costruzione dei quali si tentasse di toccare il massimo ricavo per l’erario, netto dalle spese proprie sue e di quelle sopportate dai contribuenti per assolvere il tributo. Un sistema di tributi sulla circolazione, il quale fosse razionalmente costrutto, eviterebbe certamente l’inconveniente gravissimo denunciato nel suo questionario, di vetture di seconda mano chiamate a pagare in un anno di sola tassa di bollo il loro prezzo corrente di mercato.

 

 

È ovvio che, volendosi costruire un sistema razionale di imposte sugli autotrasporti, il quale miri al minimo costo di accertamento e di riscossione della imposta per l’erario e per gli utenti, alla semplificazione massima della procedura di tassazione ed al massimo ricavo per l’erario, si deve prescindere dagli aspetti non fiscali del problema. Dazi protettivi dal 35 al 45% sulle vetture estere, contingentamenti, svendite di vetture nazionali all’estero, non spiegate (se è vero che di esse in Italia non è praticamente possibile l’acquisto) dalla opportunità di ridurre il carico delle spese generali anche per le vetture vendute all’interno, sono istituti estranei alla buona amministrazione dell’imposta, ed invece attengono alla mala politica economica intesa a creare monopoli e privilegi, quei privilegi e monopoli, che a parole tutti intendono abolire. Invece di rispondere ai suoi quesiti, ho elencato problemi che occorre chiarire e discutere. Anche qui vale il principio: conoscere per decidere.

Torna su