Opera Omnia Luigi Einaudi

La finanza britannica in un articolo di “The Candid Quarterly Review”

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/11/1915

La finanza britannica in un articolo di “The Candid Quarterly Review”

«Riforma sociale», novembre-dicembre 1915, pp. 872-875

 

 

 

Accanto ai due saggi dell’Edgeworth e dello Scott, di due cioè tra i maggiori rappresentanti della scienza economica inglese, ho creduto bene che questo numero della Riforma Sociale contenesse anche un saggio di quella letteratura politica, che è uno dei maggiori vanti dell’Inghilterra. Ed ho scelto all’uopo un articolo pubblicato nell’ultimo fascicolo (del novembre 1915) di The Candid Quarterly Review.

 

 

Del sig. Thomas Gibson Bowles e della rivista da lui edita ho discorso a lungo nel fascicolo di maggio 1914 di questa rivista[i], cercando di schizzare la figura di questa singolare tempra di uomo politico e di pubblicista.

 

 

Dopo d’allora, ogni numero della Candid è stato una battaglia: contro la finanza stravagante del signor Lloyd George, contro la politica fatta dai caucus di partito, contro le dichiarazioni di Parigi e di Londra, contro le convenzioni dell’Aja, per la liberazione della marina britannica dai vincoli imposti dalle potenze della terra, contro la sospensione delle libertà tradizionali e sacre degli inglesi, in favore di una politica alla vecchia maniera tra la tory e la liberale, che fu la maniera di Pitt e di Nelson, della battaglia di Trafalgar e della abolizione delle leggi sui cereali, e fu quella che sottomise Napoleone e diede all’Inghilterra il dominio dei mari.

 

 

Gli articoli della Candida sono tutti anonimi, come è costume onorato delle riviste che conservano più spiccatamente le antiche tradizioni inglesi: ma quasi sempre sono evidentemente dovuti a penne di primissimo ordine. Sentono la sferza mordente di Swift, la solennità magnifica di Burke, il fare classico di Johnson e di Addington, la costruzione perfetta e l’ordito oratorio di Macaulay.

 

 

Leggere l’ultimo numero della Candid è sempre una festa intellettuale. Si respira il pensiero e si vive della vita dei proconsoli, dei marinai, dei soldati, dei finanzieri che hanno fatto grande l’impero britannico. Quando si leggono le lamentevoli filastrocche che, secondo certi corrispondenti londinesi di giornali italiani, sarebbero il pensiero dei più noti giornali inglesi, cascano le braccia e viene la voglia di esclamare: finis Britanniae!

 

 

Ma la fine dell’impero britannico non deve essere ancora vicina, se, accanto alla prosa slavata, alle idee da un soldo, alla politica improvvisata dei quotidiani londinesi, vi sono ancora pubblicisti, come questi che scrivono sulla candid e come parecchi altri, i quali hanno polso fermo, l’occhio sicuro, la noncuranza della folla, il disprezzo per le idee volgari e correnti e plaudite, ed osano fare le ipotesi peggiori, può sempre salvare sé stessa e l’Europa, purché non abbandoni le vecchie vie gloriose che sanno la vittoria.

 

 

La Candid ha parecchi odi profondi e tenacissimi: la leggerezza gallese di Lloyd George, la improvvisazione giornalistica di Winston Churchill, la boria aristocratica dei funzionari del Foreign Office, che hanno messo l’Inghilterra al rischio di perire per avere la soddisfazione di firmare quegli incoerenti e contraddittori e perniciosi e, secondo la Candid, illegali cosidetti trattati che si chiamano Dichiarazione di Parigi, Convenzioni dell’Aja e Dichiarazione di Londra. Questi suoi odi la separano profondamente dal gruppo di giornali che coi Times, col Daily Mail, col Daily Mirror tiene così gran posto nei telegrammi che il pubblico italiano immagina spesso contenere la più pura essenza del pensiero politico inglese. Tutti sanno in Inghilterra che quei giornali rappresentano soltanto il pensiero – se pure si può chiamare pensiero questo – di un uomo solo: di un giornalista arricchito sotto il nome di signor Harmsworth ed elevato alla paria col titolo di Lord Northcliffe. Passati sono i tempi in cui, sotto la dinastia dei Walter, i Times erano una potenza, perché rappresentavano sul serio l’Inghilterra: solida, dura, quadrata, lenta a muoversi, ostinata, negli errori e nella risoluzione di vincere gli errori.

 

 

Oggi i Times rappresentano lord Northcliffe, cioè a dire il tipo più perfetto, insieme con l’Hearst di New – York, del giornalista giallo, che vuol fare il grande giornale per fare le cose grosse, che vuol creare gli avvenimenti e riesce a creare tutt’al più il processo sensazionale, che, per mancanza di seria cultura politica, è incapace di vedere gli avvenimenti importanti e di apprezzarli secondo la loro visuale giusta; che immagina di essere la voce del popolo ed ogni giorno sparge sulla terra un verbo diverso; per cui nessun ministero vale nulla ed a turno tutti i ministri corrono l’alea di essere dei grandissimi uomini e dei salvatori del paese. In un paese impressionabile, un uomo siffatto, armato della potenza dei suoi quaranta giornali, basterebbe a far diventare nevrotici tutti ed a mandare la nazione verso l’abisso. Poiché gli inglesi hanno del buon senso e della pacatezza, l’unico risultato finora ottenuto da lord Northcliffe è di far fare al paese precisamente il contrario di ciò che egli predice e predica.

 

 

Ora, il grande idolo della stampa Northcliffe – così è brevemente indicato in Inghilterra il gruppo costituito dai Times, dal Daily Mail, e dagli altri giornali soprannominati – è il signor Lloyd George: l’uomo energico, l’uomo che ha provveduto le munizioni, l’uomo che ha salvato l’Inghilterra. Chi legge la Candid rimane invece assai perplesso.

 

 

Io ho voluto riprodurre appunto un articolo finanziario dell’ultimo numero della Candid, perché almeno i nostri lettori potessero vedere come gli inglesi periti di uomini e di fatti diano un giudizio assai diverso dalle lodi ditirambiche di cui noi ci sentiamo ogni altro giorno rintronare le orecchie. L’Inghilterra ha degli uomini di prim’ordine – e citerò solo Lord Kitchener ed il signor Balfour – al governo, in cui tutti i britanni hanno una fiducia senza limite. Hanno nel signor Mac Kenna un cancelliere dello Scacchiere, serio, semplice, senza pazzie per il capo; il quale non può fare tutto il bene che vorrebbe per la grave eredità di spropositi democratici, piazzaiuoli, popolareschi di quel signor Lloyd George, che lord Nothcliffe vorrebbe oggi o voleva ieri elevare a primo ministro d’Inghilterra.

 

 

Ed ha non pochi uomini che non si stancano di chiedere, nel Parlamento e fuori, imposte, imposte e poi ancora imposte. Agli spettatori stranieri l’atto dei cancellieri inglesi dello Scacchiere di aumentare prima del 100 per cento e poi ancora del 40 per cento sul doppio l’imposta sul reddito era parso di un’audacia grande. I lettori potranno leggere nell’articolo del Bowkes – lo stile dell’articolo è tutto suo – come egli reputi una vergogna il fatto che gli inglesi moderni si sono decisi ad aumentare così poco i tributi. E della sua opinione pubblica britannica, quella seria, che lavora e produce, che manda i suoi figli nelle trincee di Fiandra e fabbrica fervidamente le munizioni, senza d’uopo degli incitamenti insolenti del preconizzato salvatore della patria.

 

 

Ho creduto opportuno pubblicare l’articolo del Bowles anche per dimostrare alcune verità:

 

 

  • 1) L’unico modo serio di fare della critica al governo non è quello sussurrato da taluno in Italia, di muovere querimonie intorno alla dura necessità di mettere nuove imposte gravanti su tutti i cittadini, e quindi anche sulle masse; bensì quello di lamentarsi che il governo non abbia istituito abbastanza imposte nuove, gravanti sulle classi e sulle masse. Leggasi quanto il Bowles dice della timidezza del signor Mac Kenna nel colpire i redditi inferiori alle 4.000 lire all’anno.
  • 2) Sarebbe ora di finirla con le divagazioni che hanno corso fra noi sul dovere dell’Inghilterra di mandare a destra ed a sinistra eserciti innumerevoli e contemporaneamente di venire in aiuto con grosse somme alla finanza dei paesi alleati. Se l’Inghilterra arma molti soldati, diminuisce la sua potenzialità di venire in aiuto con prestiti agli alleati. Fare su vasta scala ambe le cose è assurdo ed impossibile; ché il problema finanziario che deve risolvere l’Inghilterra è di gran lunga più arduo e difficile di quello che deve fronteggiare la Germania. Non complichiamolo ancor di più noi suoi alleati con pretese senza costrutto. A sentire certa gente poltrona, si poteva nel luglio scorso fare a meno di sottoscrivere al prestito nazionale, perché i miliardi sarebbero venuti dall’Inghilterra. Persuadiamoci che questa è un’idea grottesca; e che la guerra la dobbiamo fare noi, coi nostri denari; e che alla finanza degli alleati si può ragionevolmente ricorrere solo per regolare i cambi esteri e per ottenere il mezzo di pagare le forniture e gli acquisti fatti all’estero;
  • 3) Non perdiamo il tempo intorno a novità, come l’imposta sui profitti di guerra, le quali in Italia come in Inghilterra appartengono al genere della finanza ostentatoria, tipo imposta sugli incrementi di valore, immaginata dal Lloyd George per battere sulla testa di turco della Camera dei Lordi, ed il cui unico frutto sinora è stato quello di aver fatto spendere 55 per incassare 15 (milioni di lire nostre). Tutte queste imposte sono forse utili per la platea, hanno lo scopo ,politico di calmare i nervi alla folla, la quale vede ed odia solo i maggiori guadagni altrui; ma finanziariamente sono dei perditempo, i quali non valgono l’inchiostro che si spreca nel discuterle.

 

 

Il vero problema è quello di riassettare e perfezionare le imposte esistenti sul reddito. Il Bowles critica a ragione le sottigliezze, le perversioni e le astrazioni della inglese imposta sul reddito – la famosa income tax. – Che cosa dovremmo dire noi della nostra analoga imposta di ricchezza mobile? Della meravigliosa e feconda imposta di ricchezza mobile, che rende più di 300 milioni di lire e che è convinzione di molti potrebbe renderne, senza aumento di aliquote, 500, se si fosse tutti convinti, contribuenti e finanza, della necessità di amministrarla con rigore e con equità?

 

 

Questi sono i veri problemi della finanza d’oggi, che in Inghilterra sono trattati, come i lettori possono vedere, con chiarezza cristallina e con linguaggio severissimo; e che io mi auguro siano trattati in Italia, con uguale chiarezza di pensiero e di linguaggio e con altrettanto vero e profondamente sentito amor di patria.

 

 



[i] Per la notizia bibliografica di The Candid Quarterly Review of Public Affairs, Political, Scientific, Social and Literary; conducted by Thomas Gibson Bowles; published by Frederick Henry Garratt at 26 Maiden Lane, London, W. C. fa d’uopo ora prender nota che, ferma rimanendo la periodicità trimestrale e il numero delle pagine, il prezzo d’abbonamento, per aumentare la cerchia dei lettori, è stato ridotto da 20 a 10 scellini all’anno.

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