Opera Omnia Luigi Einaudi

La mostra italo–brasiliana

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/08/1898

La mostra italo–brasiliana

«La Stampa», 1 agosto 1898

 

 

 

Tutti coloro che sono ancora scettici sui beneficii che la emigrazione italiana apporta alla madre patria, tutti quelli che nell’immensa fiumana dei nostri connazionali diretti all’estero, non vedono se non una sottrazione funesta alla mano d’opera interna, dovrebbero visitare nell’Esposizione generale il padiglione riservato agli italiani all’estero. Ivi si trovano raccolte in breve spazio le prove della operosità, della tenacia colonizzatrice, degli ardimenti commerciali, industriali, educativi ed intellettuali di quei milioni di italiani i quali, lontani dalla patria, ne serbano ancora il culto amoroso e la venerazione profonda. Di una delle mostre che rendono così interessante il padiglione degli italiani all’estero intendo oggi parlare: la Mostra italo-brasiliana, organizzata dal cav. Giacomo Cresta, benemerito esportatore di Genova. A rappresentare con sintesi svariata l’impulso dato alle industrie nel Brasile dagli italiani si trovano raccolti tessuti in lana, in filo, in cotone, cappelli e nastri di seta, sete fine e smaglianti, passamanerie dai disegni più varii, ceramiche e laterizi ornamentali, pavimenti a mosaico e lavori in marmo, cristalli, macchine, mobili in legno e ferro, fiammiferi, liquori, birre, farine, cioccolata e confetti. E non mancano piani e disegni, fotografie e quadri grafici a dimostrarci in quanti campi diversi l’ingegno italiano abbia saputo imprimere un’orma durevole nella grande Confederazione brasiliana.

 

 

Tutta questa multiforme opera di rinnovamento industriale e commerciale è stata compiuta dagli italiani in meno di un quarto di secolo! Nel 1870 rari gli italiani domiciliati nel Brasile: ora salgono ad un milione e mezzo. Nel 1874 approdarono in Italia, provenienti dal Brasile, solo diciotto bastimenti della stazza complessiva di 3700 tonnellate con cinque passeggeri e partirono pel Brasile ventiquattro bastimenti della stazza totale di tonn. 9912 con 781 passeggeri. Vent’anni dopo approdavano a Rio Janeiro 127 navi di bandiera italiana con 156,000 tonnellate di stazzatura, sbarcando 13,389 passeggeri, e partivano da Rio in rotta per porti italiani 120 bastimenti con una stazzatura in complesso di tonn. 149,000, recando a bordo 5884 passeggeri. Nel 1870 le esportazioni dall’Italia pel Brasile ammontarono alla modestissima cura di L. 751,930 e le importazioni dal Brasile pel nostro paese a L. 721,777. Nel 1895 le esportazioni dall’Italia per la grande Confederazione erano salite a L. 15,821,000, mentre nello stesso anno partivano da essa, dirette a noi, tante merci per un valore complessivo di L. 7,040,000. Quanto cammino percorso in questo ultimo quarto di secolo! Al Brasile gli italiani, ignoti nel 1870, sono oramai diventati una forza sociale ed economica ragguardevolissima non solo per l’operosità indefessa delle classi operaie, ma anche per stabilimenti industriali di primo ordine, officine avviatissime, ditte bancarie e commerciali solide ed accreditate, fazende italiane e persino paesi fondati e popolati esclusivamente da italiani.

 

 

A Rio Janeiro è italiano il grandioso molino Fluminense, il maggiore che si conti in tutta la Confederazione, italiane sono numerose fabbriche di liquori, di confetti, di mattonelle in cemento, di zolfanelli; italiani sono i maggiori costruttori di Rio, i fratelli Jannuzzi, assurti con tenacia quasi anglosassone, di self made man, dal nulla ad invidiabile posizione economica e sociale. Nella Mostra italo-brasiliana si incalzano ed attirano l’attenzione del visitatore meravigliato e lieto, i prodotti di tutte queste Case, e di altre ancora con sede a Petropolis, a San Paulo, dove, si può dire, tutte le grandi iniziative sono dovute ad italiani, dagli opifici tessili di Regoli e Crepo, Ranzini, Lopes-Chaves, Poletti, Mongini e Schiffini; ai laterizi, ceramiche e cristallerie della Compagnia Italo-Paulista, C. Cresta, Falci; alle industrie siderurgiche e meccaniche del Sicibuono, del Torre e del Nardelli; ai disegni di ville e di costruzioni pubbliche dei fratelli Falci.

 

 

Ma nella vita industriale e commerciale le posizioni conquistate non si conservano se non a costo di continui sacrifizi e di lotte incessanti. E l’obbligo di perfezionarsi di continuo incombe agli italiani del Brasile e della madre patria di fronte alla concorrenza paziente, ininterrotta e vittoriosa della Germania, passata in 18 anni da un’importazione nel Brasile di 17 milioni a più di 72 milioni. Dappertutto, nei più remoti paesi, dove non mai alcun altro commerciante europeo pose i piedi, si trovano i commessi viaggiatori tedeschi, intenti a studiare i gusti del paese ed a soddisfarli con merci fabbricate secondo le loro indicazioni.

 

 

Nella Mostra italo-brasiliana la Casa Mario Cresta e C., di Amburgo, ha con felicissimo concepimento, raccolti tutti i campioni degli svariatissimi articoli di fabbricazione tedesca che hanno esito sulle piazze brasiliane, dalle cristallerie alle birre per esportazione, dai ninnoli per signore, ai giocattoli ed alle pipe.

 

 

Cotesto campionario, il primo ed il solo che sia stato finora mandato in Italia, dovrebbe venire attentamente esaminato e studiato da quanti dei nostri esportatori ed industriali intendono aprire ai prodotti italiani nuovi sbocchi e l’esempio dello slancio e dell’accortezza che ci viene dalla Germania, dovrebbe essere di ammaestramento agli industriali italiani, i quali posseggono nelle cascate d’acqua una forza motrice a buon mercato, dispongono di una mano d’opera poco cara, intelligente ed abile, e possono valersi dei bassi noli imperanti grazie alle molte linee dirette di navigazione stabilitesi fra l’Italia ed il Brasile. La produzione manifatturiera del Brasile è e sarà ancora per lungo tempo inferiore ai bisogni del consumo; e larghi profitti rimunereranno i produttori italiani, quando sappiano inviare colà merci adatte ai gusti del paese, ben condizionate e bene imballate. Nella Mostra Italo-brasiliana è raccolta una serie di ingegnosi, comodi e solidi imballaggi atti a superare i lunghi viaggi di mare e i trasporti per terra su carri ed a schiena di mulo.

 

 

Oltre alla qualità intrinseca, la forma esteriore è una condizione indispensabile perché i nostri prodotti siano bene accetti al Brasile. Per questa ragione e per il poco interesse dimostrato nel saperci adattare ai gusti del paese, è doloroso dover confessare che gli italiani stanno negli ultimi anni perdendo terreno nel burro dinanzi alla Francia, nella birra in confronto della Germania, nel ramo vini ed olii del Portogallo, nei mobili di fronte all’Austria.

 

 

Le porcellane toscane potrebbero trovare largo smercio, ma sono vinte nella concorrenza, perché troppo pesanti e soggette ad un dazio eccessivo a peso. Tutte queste parziali diminuzioni hanno fatto si che il valore delle merci italiane spedite nel Brasile che nel 1895 era giunto a 15,821,000 lire si è ribassato nel 1896 a 13,494,000 lire e nel 1897 forse più in basso ancora.

 

 

Gli italiani, che tanto hanno operato nel Brasile, non si devono allarmare dinnanzi al danger allemand od alla invadenza del made in Germany, ma devono imitare l’esempio che ci viene di oltre Alpe, fabbricando articoli buoni e da mite prezzo, fabbricandoli tali che corrispondano ai gusti ed alle abitudini della popolazione brasiliana, diffondendoli largamente colà per mezzo di viaggiatori e delle case esportatrici con campionari copiosi, estendendo i rapporti non a due o tre stati del Brasile, ma a tutta la Confederazione, aprendosi così nuovi sbocchi al consumo. Ed in questa opera di conquista del mercato brasiliano, gli italiani non devono operare disgiuntamente, ma devono coalizzarsi alla foggia tedesca, in potenti società d’esportazione, capaci di ripartire le spese generali e di viaggiatori su una gran massa di prodotti; devono consorziare così le forze scarse, accomunare le attività, lo spirito di iniziativa, associare i capitali, e bandire infine dai concetti informativi, dei traffici vieti pregiudizi di concorrenza e d’individualismo che paralizzano ogni progresso delle correnti commerciali.

 

 

Allora alle correnti importatrici italiane corrisponderanno correnti non meno feconde di esportazione dal Brasile nell’Italia. Adesso dei prodotti che dal Brasile vengono esportati per l’Europa – caffè, zucchero, cotone, tabacco, gomma elastica, cacao, legname per ebanisteria, pelli crude, sostanze medicinali, ecc., l’Italia eccezione fatta pel caffè, ne acquista in minima parte direttamente, mentre la maggior parte di tali articoli viene comprata di seconda mano sui mercati europei.

 

 

Neppure un chilogrammo viene acquistato al Brasile di zucchero, di cotone in bioccoli, di tabacco o di gomma elastica. Nello Stato di Minas Geraes l’Italia potrebbe provvedersi su larga scala di numerosi prodotti coloniali e minerali. Nella Mostra Italo-brasiliana figura un campionario completo dei prodotti dello Stato di Minas Geraes, dal quale si scorge, ad esempio, come noi potremmo ivi acquistare quanto di più fine, di più resistente e di prezioso può occorrere nei lavori d’ebanisteria.

 

 

Così pure nella Mostra stessa una collezione campionaria di prodotti naturali e manufatti della parte nordica del Brasile raccolta amorosamente dal marchese Compans di Brichanteau, console generale d’Italia, dimostra quale inesausta fonte di ricchi prodotti sia la Confederazione brasiliana. La Mostra Italo-brasiliana, che costituisce tanta parte degli italiani all’estero, è dunque splendida prova dell’ardore e della iniziativa dei nostri connazionali nel Brasile, ed è nel tempo stesso uno sprone, affinché la madre patria sviluppi sempre più una corrente vigorosa di traffici con uno fra i più promettenti dei paesi nuovi, in alcune parti adatto pel clima e per circostanze naturali all’espansione quasi illimitata della grande famiglia italiana.

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