Opera Omnia Luigi Einaudi

La relazione della commissione Adamoli. Sulla «Direttissima» e sul problema ferroviario di Genova

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 02/06/1907

La relazione della commissione Adamoli. Sulla «Direttissima» e sul problema ferroviario di Genova

«Corriere della sera», 2 giugno 1907

 

 

 

Stamane l’on. senatore Adamoli ha presentato al ministro on. Gianturco la seconda parte della relazione della Commissione incaricata dello studio del problema ferroviario del porto di Genova.

 

 

La Commissione, oltre all’on. Adamoli che la presiede, è composta dai senatori prof. Capellini e generale Leone Pelloux, del generale Bonazzi, del comm. Beccaro, del comm. prof. Loria, degli ingegneri comm. Crugnola, comm. Lanino, comm. Crosa, cav. Baldacci, cav. Nicoli; segretari gli ingegneri cav. Ehrenfreund e cav. Forti.

 

 

Come è noto la Commissione, nominata con decreto del 18 marzo 1903, fino dal novembre del 1904 presentò una prima relazione, nella quale indicò i provvedimenti che riteneva indispensabili e più urgenti per l’assetto della rete ferroviaria esistente, cioè ingrandimenti e riordinamenti di stazioni, nuovi scali e parchi di manovra, raddoppiamenti di binari su alcune linee, nuove tratte di raccordo fra le stazioni e le linee attuali, ecc.

 

 

La seconda relazione, ora presentata al ministro, tratta invece più specialmente dei progetti di linee nuove, proposte per assicurare il regolare svolgimento del traffico che da Genova affluisce all’interno, anche in previsione dei probabili aumenti dell’avvenire, in modo da dare al problema, che tanto interessa il commercio nazionale, una soluzione stabile e completa.

 

 

Il nuovo tono della seconda relazione Adamoli e le cause del mutamento. Se confrontiamo questa seconda colla prima parte della relazione della Commissione Adamoli, troviamo la stessa perspicuità nel dettato e la stessa chiarezza di concetti e di propositi; ma insieme anche maggior risolutezza nell’affrontare la difficile situazione e nel dichiarare necessarie ed urgenti soluzioni che prima sembravano troppo radicali e premature. Così è sovratutto per la Direttissima, che prima si rinviava a tempi più opportuni, reputando sufficienti dei palliativi momentanei, mentre ora esplicitamente si dichiara «giunto il momento di concretarne il progetto definitivo, per poter passare prontamente all’esecuzione del lavoro». Egli è che nel frattempo sono avvenuti parecchi fatti importantissimi: il passaggio delle ferrovie all’esercizio di Stato, il disservizio, i clamori delle popolazioni danneggiate nei loro più vitali interessi, il voto delle leggi del 22 aprile 1905, 19 aprile 1906 e 23 dicembre 1906 che stanziavano 910 milioni di lire per provvedere all’assetto delle ferrovie italiane.

 

 

Tutto ciò ha cambiato l’ambiente in cui si muovevano i commissari e li ha incoraggiati a mettere innanzi proposte radicali senza pericolo di vederle osteggiate dal Governo ed accolte con indifferenza dall’opinione pubblica.

 

 

Il porto di Genova

Movimento e bisogni attuali e futuri

 

 

Ma esaminiamo con ordine l’interessante relazione. Tre sono i punti malati del complesso servizio portuario e ferroviario che fa capo a Genova: il porto, il valico dell’Appennino e la rete che da questo si dirama. Le tre parti debbono avere ciascuna efficienza corrispondente alla intensità del traffico che sono chiamate a servire, e, col progressivo aumento dei traffici, essere condotte parallelamente al conveniente grado di potenzialità. La deficienza anche di una sola delle tre parti limita la potenzialità del complesso del sistema ed è causa di perturbazione in tutto il movimento ferroviario da e per il porto.

 

 

Il porto di Genova che nel 1903 aveva un movimento complessivo di 5.652.158 tonnellate (4.891.417 tonn. di merce sbarcata e 760.741 di merce imbarcata), nel 1906 ebbe un movimento di 6.217.555 tonn. (di cui 5.313.203 allo sbarco e 904.352 all’imbarco); con un aumento di 188.466 tonn. l’anno, inferiore a quello di 220.000 calcolato dalla Commissione nella prima parte del suo rapporto. Ma ciò non vuol dire che non si debba far nulla, perché anzi l’incremento troppo lento deriva dalla imperfezione dei servizi portuari e ferroviari, cosicché è certo che, ampliate le opere del porto, riordinate ed aumentate le sue vie di penetrazione, migliorata la navigazione, creato sulla piazza un maggiore centro di affari, il porto di Genova giungerà verso il 1923 ad un movimento complessivo di 10 milioni di tonnellate. Coi mezzi attuali, tenuto conto anche del miglioramento grande ottenutosi coll’attivazione del parco del Campasso, non si può fare assegnamento su una potenzialità superiore a una media giornaliera di 1300 carri di carico, quantità finora raggiunta solo in qualche giorno, e non senza sforzo, in condizioni eccezionalmente favorevoli di lavoro. Ad essa corrisponde un movimento ferroviario di circa 5 milioni di tonn. all’anno e, se si ricorda che il 70% del traffico del porto prende la via della ferrovia, un movimento complessivo, fra sbarco ed imbarco, di 7 milioni di tonnellate, pari alla media di 850 tonnellate per metro lineare di calata, che, nelle condizioni attuali degli impianti, rappresenta senza dubbio una utilizzazione molto intensa dei mezzi disponibili.

 

 

Occorre dunque pensare a migliorare gli impianti del porto, i valichi e la rete ferroviaria, se non ci si vorrà trovare, a breve scadenza, dinanzi all’impossibilità di smaltire il traffico crescente del porto.

 

 

I lavori di ingrandimento del porto, i nuovi impianti ferroviari nelle sue vicinanze ed il suo arredamento.

 

 

Quanto al porto un aumento notevole della sua capacità di lavoro si avrà quando saranno ultimati i lavori di ingrandimento deliberati dal Consorzio autonomo nell’adunanza del 30 settembre 1903: nuovo bacino Vittorio Emanuele III, strada da Sampierdarena al nuovo bacino, ampliamento del ponte Sapri, formazione della calata a sud del molo vecchio e costruzione della nuova calata Boccardo. Ultimate queste spese, la capacità di lavoro si può presumere sarà di 4 milioni di tonnellate di carbone nel nuovo bacino Vittorio Emanuele III e di 6 milioni di tonnellate di merci varie nel porto interno: in tutto 10 milioni di tonnellate. Siccome le nuove opere di ingrandimento non saranno ultimate ed utilizzate completamente per le operazioni commerciali prima di 13 anni, così per quell’epoca il movimento del porto sarà assai prossimo a raggiungere quei 10 milioni di tonnellate, a cui la capacità del porto sarà adatta.

 

 

A facilitare il funzionamento del porto, la Commissione enumera diversi provvedimenti, che qui brevemente accenniamo, perché non toccano l’argomento principale della relazione:

 

 

  • allacciamento della zona orientale del porto con le stazioni di Genova:
  • nuovo scalo merci a Genova Brignole (Terralba);
  • nuovi impianti ferroviari a Sampierdarena per una spesa complessiva di 5 milioni di lire:
  • nuovi scali sulla destra del Polcevera a cui faranno capo gli stabilimenti industriali che ivi sorgono: cosicché i treni merci potranno proseguire verso il valico dell’Appennino, senza recare ingombro alle stazioni esistenti.

 

 

La Commissione inoltre fa vive raccomandazioni affinché il Consorzio autonomo del porto provveda a migliorarne l’arredamento, oggi assolutamente insufficiente al disimpegno dei servizi che vi si debbono svolgere.

 

 

Occorrerà dotare il porto di una maggiore estensione di binari, evitando le piattaforme girevoli che rendono le manovre lunghe e difficili; sostituire alla trazione a cavalli quella con locomotive, o ad argani; accrescere di molto il numero degli elevatori, seguendo il concetto di adattare il tipo degli apparecchi alla natura della merce che debbono trasportare ed alle condizioni della calata sulla quale debbono essere collocati; estendere largamente il tipo dei magazzini a vari piani in luogo del sistema seguito finora delle tettoie e dei capannoni che utilizzano scarsamente lo spazio occupato e rendono necessario ricorrere al deposito su chiatte, costosissimo ed ingombrante. Né meno profondi sono i miglioramenti da apportarsi ai servizi attinenti all’esportazione per mare, che furono fino ad ora assolutamente trascurati nel Porto di Genova. è indispensabile che le merci che giungono a Genova per l’imbarco abbiano un punto predisposto ove attendere il vapore che deve trasportarle; è necessario che siano assegnati a questo traffico calate e magazzini proporzionati alla sua crescente entità; è necessario infine che la sosta della merce nel porto avvenga a condizioni prestabilite e note allo speditore. Agevolare in ogni modo il movimento in esportazione per mare da Genova è obiettivo che tornerà vantaggioso non solo a questo importante ramo del commercio nazionale, ma anche alle condizioni in genere del servizio ferroviario del porto. Poiché le merci che oggi arrivano a Genova per essere imbarcate sono appena il 20 per cento di quelle che, sbarcando dal mare, si dirigono all’interno, a differenza di molti grandi porti stranieri nei quali gli arrivi per ferrovia bilanciano le partenze. Per cui a Genova per provvedere al carico della merce in partenza occorre mandarvi l’80 per cento di carri vuoti; con evidente discapito della utilizzazione del materiale ferroviario e con manovre complicate, difficili e sempre onerose.

 

 

La rete ferroviaria esistente

Nuove proposte di doppio binario sulla linea del Cenisio, di depositi di carbone a Torino, a Milano, ecc.

 

 

Dopo il porto la rete ferroviaria esistente a settentrione dell’Appennino è una delle cause che maggiormente concorrono alle difficoltà del servizio. Su questa rete si riversa e si diffonde il 70 per cento del traffico del porto; e quando le stazioni non sono in grado di scaricare sollecitamente i carri, di eseguire prontamente le manovre e rinviare i carri vuoti, si determinano inevitabilmente ingombri e rigurgiti che si ripercuotono fino al porto. I provvedimenti già proposti nella prima parte della relazione Adamoli sono per fortuna stati accolti dalle leggi che stanziarono i 910 milioni per le ferrovie per cui è da sperare che, in breve volger di tempo, la rete che interessa il movimento ferroviario del porto di Genova sarà messa in condizione di far fronte al bisogno, tenuto anche conto dei presumibili aumenti del traffico. La Commissione però propone che ai provvedimenti già deliberati sia da aggiungere il completamento del doppio binario sulla linea del Cenisio anche da Collegno a Beaulard; mentre ora il raddoppiamento è proposto solo da Torino a Collegno. Il prodotto attualmente limitato della linea trattiene i provvedimenti; il ritardo di questi reagisce a sua volta sui prodotti e intanto ne soffre il servizio di una linea che interessa il traffico di Genova ed è per Torino la via naturale internazionale con la Francia. La Commissione enumera i provvedimenti in corso di attuazione per le stazioni di Milano, Torino, Alessandria, Mortara e Novara e noi non la seguiremo per brevità, trattandosi di cose notorie. Ricordiamo solo la sua raccomandazione di costituire ampi depositi di carbone, disposti nella immediata vicinanza di Milano e di Torino per evitare le difficoltà che nei periodi autunnali si verificano per il rifornimento dei combustibili necessari alle industrie del Piemonte e della Lombardia. In questi depositi il combustibile potrebbe accumularsi nei periodi estivi, nei quali ne è minore il consumo; nei periodi di maggior bisogno essi servirebbero a soddisfare le richieste urgenti dell’industria e farebbero da calmieri ai prezzi del mercato.

 

 

Sperimenti di funicolari aeree, impianto della trazione elettrica sui Giovi e costruzione immediata della Ronco-Tortona.

 

 

Ma è sovratutto allo studio della questione del valico dell’Appennino che furono diretti gli studi della Commissione. Nella prima parte della relazione si cercava di dimostrare che con la vecchia linea dei Giovi la succursale e la linea di Ovada, opportunamente migliorate, si poteva dirsi assicurata la possibilità di far salire sull’Appennino una media giornaliera di circa 2000 carri, oltre al movimento dei treni viaggiatori, supposti in numero di 5 sulla linea di Ovada e di 25 per le due linee dei Giovi, ossia di 3 in più di quelli che si hanno presentemente nei periodi di più intenso traffico. Dei provvedimenti indicati alcuni sono già in corso di attuazione. Quanto alle funicolari aeree per il trasporto del carbone si sta eseguendo un esperimento fra Savona e San Giuseppe che insegnerà quale sia il miglior metodo da seguirsi per i Giovi.

 

 

Gli esperimenti compiutisi sulle ferrovie della Valtellina dimostrarono la possibilità pratica di effettuare treni a trazione elettrica col sistema trifase, su linee a forti pendenze, con due locomotori collocati uno in testa e l’altro in coda al treno. Il sistema fu subito applicato alla ferrovia del Sempione e sta per esserlo ora sul tronco Pontedecimo-Busalla in base a progetto delle ferrovie di Stato che ha già avuto principio di esecuzione. Con questo mezzo la potenzialità delle linee esistenti, per la salita dell’Appennino, verrà ad essere aumentata, sicché anche per questa parte del problema si può dire che è provveduto al bisogno del prossimo avvenire in attesa del compimento di più vasti e più radicali provvedimenti.

 

 

Nella parte a nord del valico dell’Appennino manifesta è l’urgenza di dare un sussidio al tronco da Ronco a Novi, dove il prodotto chilometrico ha superato le 250 mila lire, e sul quale si cumula il movimento proveniente dalle due linee dei Giovi. Per risolvere il problema nella prima parte della relazione si era indicata come preferibile la costruzione della nuova linea da Ronco a Voghera che, oltre a provvedere alle esigenze commerciali, avrebbe anche il vantaggio di abbreviare ai viaggiatori di 14 chilometri il percorso da Genova a Milano. A confronto di questa si presenta ora la soluzione della Ronco-Tortona che, pure abbreviando di 7 chilometri il percorso fra Genova e Milano, ha il vantaggio di richiedere una spesa notevolmente minore e di poter essere compiuta in tempo più breve.

 

 

Allo stato attuale delle cose la circostanza che deve pesare maggiormente sulla scelta del provvedimento è quella della rapidità della sua attuazione in quanto che, di fronte al continuo incremento del traffico, ben gravi difficoltà potranno sorgere se non sarà prontamente provveduto a raddoppiare la linea a nord di Ronco, sulla quale già oggi, nei periodi di maggior lavoro, transitano giornalmente, in ciascuno dei due sensi, ben 19 treni viaggiatori e circa 30 treni merci di composizione variabile intorno ai 50 carri. Perciò la Commissione ritiene consigliabile di provvedere senz’altro e con la maggior possibile sollecitudine alla costruzione del tronco da Ronco a Tortona.

 

 

Il nuovo valico dell’Appennino

Dimostrazione della sua necessità.

 

 

E qui siamo arrivati al punto più interessante della relazione: il nuovo valico dell’Appennino. Senza nessuna tergiversazione, la Commissione riconosce che i provvedimenti proposti non costituiscono la soluzione completa e definitiva del problema. Nel 1923 al traffico di 10 milioni di tonnellate annue, fra sbarco e imbarco, corrisponderà un movimento in salita verso il nord di circa 2000 carri al giorno. Sarà allora necessario un nuovo valico per assicurare l’elasticità occorrente a un servizio regolare. E questa necessità risulta non solo per sopperire alle esigenze del movimento delle merci, ma anche per soddisfare ai bisogni del movimento dei viaggiatori, che va pure continuamente crescendo. Quando il movimento dei viaggiatori sarà – e ciò è probabile che avvenga in breve tempo – di molto aumentato, esso non potrà, con le sole linee attuali, essere convenientemente servito e migliorato, come le esigenze moderne richiedono, insieme a quello delle merci. Ne` un movimento di così alta importanza, potrebbe continuare ad essere affidato alle sole vie esistenti, le cui eventuali interruzioni arrecano danni incalcolabili.

 

 

I criteri informatori del nuovo valico ed i progetti esclusi.

 

 

Siccome molti erano i progetti presentati alla Commissione, questa li sottopose tutti a particolare e diligente esame nei riguardi delle condizioni di costruzione delle nuove linee dell’obbiettivo da raggiungere, delle condizioni di esercizio, della natura geologica dei terreni da attraversare, ecc., ecc. Il criterio informatore del nuovo valico fu unanimemente concluso che dovesse essere il seguente: che nel valico di importanti catene, quando si tratti di linee di intenso traffico, conviene attenersi a tracciati il più possibile piani e diritti, con ampie curve e non elevarsi a grandi altitudini. La tecnica moderna, col facilitare sempre più l’esecuzione di lunghe gallerie, offre un potente ausilio all’attuazione di questo concetto, mentre il fare astrazione da esse si ripercuote sulle condizioni e sulle spese di esercizio le quali, a differenza di quelle di costruzione, hanno carattere permanente.

 

 

Guardate al lume di questo concetto, conviene anzitutto scartare le proposte della linea Genova-Voltaggio-Novi e della Genova-Carrosio-Novi. La Genova-Voltaggio-Novi si eleverebbe ad una altitudine inferiore di soli 11 metri a quella della succursale. Lieve vantaggio che sarebbe raggiunto con grande sacrificio: coll’aumentare di km. 5.5 la distanza da Genova a Novi, con tracciato tortuoso e gallerie a sviluppo elicoidale, cioè con carattere di linea di montagna; con uno sviluppo complessivo di 33 km. in sotterraneo. Il tracciato Genova-Carrosio-Novi ridurrebbe la distanza per Novi in misura eguale alla Direttissima, ma presenterebbe un percorso maggiore di 3 a 5 chilometri per Tortona, avrebbe inoltre andamento non buono, con pendenze maggiori e curve più ristrette, elevandosi presso a poco alla stessa altitudine, cioè a m. 245 sul livello del mare.

 

 

I vantaggi della Direttissima

 

 

La linea che indubbiamente risponde meglio ai requisiti sopra formulati, è invece la Direttissima da Genova a Tortona, della quale esistono tre prospetti: del municipio di Genova, del Comitato ligure-lombardo e dell’ing. Attendoli. Il suo tracciato si eleva ad un’altitudine massima, che secondo i progetti varia da 242 a 263 metri, notevolmente inferiore a quella dell’esistente linea succursale (m. 324.64) e della vecchia linea dei Giovi (m. 316.19); ha pendenza massima di 9 per mille allo scoperto e di 8 per mille in galleria, a confronto delle due linee esistenti che presentano rispettivamente il 16 e 35 allo scoperto, il 12 e il 29 in galleria. Il tracciato ha andamento assai prossimo al rettilineo, con curve di ampio raggio, mentre la linea succursale presenta curve di 300 metri. Sono queste, evidentemente, le migliori condizioni per una linea destinata al transito di treni merci frequenti e pesanti. Per quanto riguarda il servizio viaggiatori ha anche speciale importanza l’abbreviazione di percorso che si ottiene fra i grandi centri. Col tracciato della Direttissima la lunghezza da Genova a Tortona è di 56 a 58 chilometri a confronto di 71 chilometri misurati lungo la succursale. Il progetto prevede pure un raccordo con la linea esistente, mediante il quale la distanza da Genova a Novi, risulta da 44 a 45 chilometri, a confronto di 53 chilometri della succursale. Si ha dunque una abbreviazione di 13 a 15 chilometri nel percorso da Genova a Milano ed a Piacenza: una abbreviazione di 8 a 9 chilometri nella distanza da Genova a Torino, al Sempione ed al Gottardo.

 

 

La difficoltà ed il costo della grande galleria di valico.

 

 

Quanto ai tre progetti di Direttissima, la Commissione nota anzitutto che essi presentano comune una galleria di eccezionale lunghezza da 16 a 20 chilometri. Questo elemento importante ha suscitato le maggiori apprensioni nel campo tecnico, perché coinvolge varie incognite, e specialmente difficoltà di costruzione in causa della natura dei terreni, quindi incertezze nel costo e nel tempo per la esecuzione del lavoro e difficoltà di esercizio che potrebbero diminuire la potenzialità della linea.

 

 

Ma la Commissione ritiene che le difficoltà della perforazione possano essere superate coi nuovi metodi tecnici, e che quelle di esercizio possano essere eliminate in molta parte quando alla trazione a vapore nella galleria di valico, si sostituisca la trazione elettrica. Il costo sarà sempre elevato; e la Commissione lo valuta in 100 milioni per la galleria di valico e in 150-170 milioni per il complesso dell’opera; ma anche sotto questo riguardo la differenza, rispetto ai tracciati proposti da Genova a Novi, non è tale da rendere incerti nella scelta a favore della Direttissima.

 

 

Confronto fra i tre progetti di direttissima e preferenza per il progetto Attendoli.

 

 

Passando alla scelta fra i tre progetti, la Commissione riconosce che quello del municipio di Genova corrisponde in massima ai criteri ai quali deve uniformarsi il nuovo valico; ma nota che è quello che prevede la galleria di maggior lunghezza (19.564 m.) senza ottenere con questo vantaggi speciali, ed ha parecchi altri difetti di dettaglio.

 

 

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