Opera Omnia Luigi Einaudi

La scoperta dell’America e il rialzo dei prezzi in Italia

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/03/1943

La scoperta dell’America e il rialzo dei prezzi in Italia

«Rivista di storia economica», marzo-giugno 1943, pp. 23-33

 

 

 

Giuseppe Parenti, Prezzi e mercato del grano a Siena (1546-1765). Vol. XIX delle «Pubblicazioni della Università degli studi di Firenze – Facoltà di economia e commercio». Editore dott. Carlo Cya, Firenze, 1942. Un vol. in 8° di 279 pagine- Prezzo netto L 50.

 

 

1. — Nell’archivio di stato di Siena un gruppo di otto registri detti degli «esecutori di gabella» e recanti il titolo di «Pregi di grano, vino e olio» fa conoscere il prezzo, oltrecché dell’olio e del vino, del grano rilevato in occasione del mercato settimanale, che si teneva ogni sabato nel campo della piazza di Siena». Li registrava un notaio, al quale li comunicava il pubblico compratore della gabella della piazza, oggi si direbbe l’esattore della tassa di occupazione del suolo pubblico; e le registrazioni avevano lo scopo, a norma degli statuti senesi del 1544, di fare ad ogni effetto pubblica ed indubbia fede del valore della derrata nel tempo e luogo indicati. Si registravano tre prezzi: maggiore, mezzano e minore; che il Parenti plausibilmente reputa non fossero i prezzi massimo, minimo e medio o mediano praticati nel giorno di mercato per le diverse partite di grano offerto in vendita, ma i prezzi delle diverse qualità di grano — di prima, seconda e terza sorta — venute sul mercato. Poiché le quotazioni dei prezzi delle qualità di prima sorta si riscontrano più frequentemente anche quando mancano le quotazioni per le qualità inferiori, il Parenti, come aveva già fatto un anonimo (diversamente identificato con   Stefano Bettolini o Cosimo Cennini) che nel 1767 aveva già utilizzato, a scopo di politica economica, i medesimi registri, utilizzò solo le quotazioni del grano di maggior prezzo ovverosia di miglior qualità, forse quella che oggi si direbbe mercantile, alla quale non si debbano apportare detrazioni per eccesso di impurità umidità o difetto di peso specifico. I prezzi registrati erano prezzi effettivi e con tutta probabilità corrispondevano alla media aritmetica di tutti i prezzi effettivi rilevati dal piazzaiolo per i grani della classe migliore. Il Parenti pubblica in distinte tabelle la serie delle medie mensili (media aritmetica dei prezzi settimanali) ed annuali (in due colonne, l’una relativa all’anno solare dal 1° gennaio al 31 dicembre, e l’altra relativa all’anno agrario dal 1° luglio al 30 giugno) dei prezzi di uno staio di grano in soldi e centesimi di soldo. Lo staio senese rimase inalterato per tutto il periodo contemplato nell’indagine e corrisponde presso a poco a litri 22,84; epperciò il moggio di 24 staia corrispondeva a circa 5,50 ettolitri. Variò sebbene non di molto, l’unità di valore che era il soldo, moneta di conto, alla quale si riferivano le monete effettivamente circolanti nello stato di Siena. Il Parenti preferisce non tradurre le quotazioni da soldi in grammi di argento fino, per non turbare la precisa contemplazione della variazione dei prezzi quali furono sentite dai contemporanei (cfr. per una identica conclusione, il mio saggio Dei criteri informatori della storia dei prezzi, scritto come recensione al volume Prices end Wages in England from he twelfth to the nineteenth century del Beveridge nel quaderno del marzo 1940 di questa rivista). A chi voglia tradurre i prezzi in soldi correnti in prezzi in grammi d’argento od in soldi a contenuto costante d’argento, il Parenti offre gli opportuni coefficienti di calcolo.

 

 

 

Coefficienti di riduzione da soldi correnti in grammi d’argento.

Coefficienti di moltiplicazione da soldi a contenuto costante d’argento a soldi correnti.

1542-1557

0,25240

1,0000

1558-1676

0,22283

1,0427

1677-1738

0,21419

1,0850

1739-1766

0,18912

1,22288

 

 

I prezzi dei registri senesi erano, oltrecché effettivi, liberi, sia pure in un mercato governato da disposizioni statutarie le quali, limitando ed orientando i trasferimenti all’interno o verso l’estero, imponendo la formazione di pubblici depositi, escludendo o circoscrivendo l’attività degli intermediari, regolando i consumi, influivano sulle condizioni determinanti il prezzo. Il Patenti, dopo un’accurata indagine — ed il capitolo secondo, in cui essa è contenuta, mi parve una assai ben ragionata interpretazione delle norme consuetudini ed istituzioni regolanti la complessa materia, che nel senese era diversamente regolata per i luoghi di maremma, poco popolosi e pianeggianti, condotti, con mano d’opera avventizia, quasi esclusivamente a monocultura cerealicola estensiva e perciò esportatori, e per i luoghi fuori della maremma, collinosi, a cultura promiscua, dove il grano era associato alla vite ed all’olivo, a conduzione mezzadrile, con produzione normalmente bastevole a soddisfare le esigenze alimentari dei coloni e della popolazione non coltivatrice della capitale e dei centri minori — conclude che il magistrato dell’abbondanza non riuscì mai a regolare il livello dei prezzi di mercato del grano, ed il suo intervento si limitò normalmente a provocare lievi spostamenti nelle quotazioni. Più notevole l’influenza esercitata dall’esercizio della facoltà di chiudere la tratta, ossia proibire l’esportazione del grano dai luoghi di maremma e di aprirla nei luoghi fuori di maremma; ma anche qui, essa riusciva ad attenuare, non a cancellare, le punte massime e minime. L’effetto più notabile della gestione dei grani da parte dell’Abbondanza — formazione di scorte di grano in magazzini destinati a vuotarsi nei tempi di carestia, ricevimento della munizione ovverosia del ventesimo del raccolto (detratta la sementa i terratici ed un minimo netto di tre moggia) che i cittadini senesi avevano obbligo di versare, contro pagamento, ai granai dell’Abbondanza — fu quello di tendere a livellare i prezzi fatti per tutto lo stato senese su quelli corsi sul mercato di Siena.

 

 

2. — Su questo fondamento di dati sicuri, relativi a prezzi effettivi, immuni da variazioni nelle unità di misura, e quasi immuni altresì da variazioni monetarie, disciplinati con tocco leggero, che si limita a secondare, attenuandoli, i movimenti spontanei del mercato, il Parenti erige la sua indagine. Non essendo mio ufficio seguirlo qui in tutte le sue eleganti sottili elaborazioni statistiche, che immagino per lo più poste fuori della curiosità, oltrecché della competenza, dei cultori di storia, mi ristringo a dar conto di alcune delle conclusioni di più vasta portata.

 

 

Prima e più rilevante è quella relativa alle variazioni secolari a sfondo monetario. Mi duole di non potere riprodurre qui alcuni dei bei grafici presentati dall’autore; e di dovermi contentare di estratti, scelti per decenni che ad occhio mi parvero più significativi nella tabella compiuta dei prezzi medi per anno solare:

 

 

I prezzi sono in soldi e centesimi di soldo per staio di grano

 

1546

31.42

1591

135.58

1641

45.87

1721

38.45

1756

54.82

7

26,61

2

118,51

2

66,90

2

39,60

7

46,73

8

44,41

3

94,44

3

79,62

3

45,42

8

52,76

9

57,17

4

84,87

4

82,20

4

48,85

9

73,38

50

57,37

5

88,42

5

77,91

5

51,04

60

78,48

1

69,64

6

110,94

6

97,31

6

41,92

1

56,36

2

46,86

7

124,89

7

105,05

7

37,52

2

48,12

3

47,09

8

79,07

8

154,22

8

45,51

3

58,95

4

55,58

9

66,71

9

132,55

9

69,61

4

93,18

5

152,31

1600

67,34

1650

99,76

30

53,75

5

87,32

Medie

58,85

97,08

94,14

47,17

65,01

 

 

Volgo quei prezzi in soldi per staio in prezzi in lire pre-1914 per quintale[1]:

 

 

1546

9,10

1591

37,69

1641

12,75

1721

10,27

1756

12,93

7

7,71

2

32,94

2

18,59

2

10,58

7

11,02

8

12,87

3

26,25

3

22,13

3

12,13

8

12,44

9

16,57

4

23,59

4

22,85

4

13,05

9

17,31

50

16,63

5

24,58

5

21.66

5

13,63

60

18,51

1

20,91

6

30,84

6

27,05

6

11,20

1

13,29

2

13,58

7

34,72

7

29,20

7

10,02

2

11,35

3

13,65

8

21,98

8

42,88

8

12,17

3

13,91

4

16,11

9

18,54

9

36,85

9

18,59

4

21,98

1555

44,16

1600

18,72

1650

27,73

1730

14,36

1765

20,60

Medie

17,13

26,98

26,17

12,60

15,33

 

 

Se noi facciamo uguale a 100 la media dei prezzi per il 1546-1555, otteniamo i seguenti numeri i indici per le due serie:

 

 

Prezzi in soldi per stato senese

Prezzi in lire 1914 per quintale

1546-1555

100

100

1591-1600

164,9

157,5

1641-1650

159,9

152,7

1721-1730

80,1

73,5

1756-1765

110,4

88,8

 

 

Il Parenti divide il tempo da lui considerato in tre fasi. La prima di continua ed intensa ascesa dalla metà alla fine del cinquecento (1546-1600); la seconda, dapprima meno facilmente individuabile attraverso violente oscillazioni, poi meglio delineata e più intensa, di discesa tale da riportare il prezzo, nel corso di un secolo, quasi al suo livello iniziale (1601-1720); ed infine la terza di sensibile ripresa dal secondo al terzo decennio del settecento sino al termine della serie (1721-1765). Direi, guardando ad occhio il bel grafico, che la seconda fase, dal 1601 al 1720, si suddivida, in due sottofasi: la prima dal 1601 al 1650 circa, in cui attraverso a forti oscillazioni, il prezzo si mantiene suppergiù al livello raggiunto verso la fine del cinquecento, senza ben decisa tendenza verso il rialzo od il ribasso; e la seconda, dal 1630 al 1720 circa, nel quale, con qualche temporanea punta, i prezzi tendono nettamente al ribasso. La tendenza di movimento secolare che anche la curva senese dei prezzi rivela, è conforme, nelle sue linee essenziali, alla tendenza — che non so perché nei libri moderni di statistica si è preso il vezzo di indicare con la parola inglese trend, quasi questa avesse diverso significato da quella corrispondente italiana — detta da moderni indagatori della storia dei prezzi, come il Simland, il Beveridge, l’Elsas, l’Hamilton, il Fanfani ed altri egregi studiosi, della rivoluzione dei prezzi. Rivoluzione che già il Bodin nel 1568 aveva attribuito al grande afflusso di argento americano sul continente, dopo la scoperta dei ricchi giacimenti di Potosì, Zacatecas e Guanajuato e, sovratutto, dopo la scoperta del processo dell’amalgama. La constatazione è generale per tutti i paesi dell’Europa; ma il Fanfani l’aveva già riscontrata per una serie di prezzi di Sansepolcro, il Parenti medesimo per un’altra serie fiorentina; ed ora la constatazione è ripetuta per il senese; ed è notabile la verificazione, che in ogni luogo d’Europa si sta facendo, della verità di uno dei teoremi più semplici e saldi della scienza economica, quello del vincolo fra massa monetaria (M) e livello generale dei prezzi (P).

 

 

Gli estratti che sopra ho dato delle serie compiute dal Parenti danno un’impressione delle punte massime (1591-1600 e 1641-50), delle minime (1720-30) e della ripresa (1755-65) osservate nel tempo studiato dal Parenti. Le variazioni nominali, che son quelle sentite dai contemporanei, sono alquanto diverse da quelle che si dicono reali, perché riferite non al nome del soldo ma al concreto di un peso di argento fino. Qui l’ascesa dei prezzi fu alquanto minore, la discesa più profonda e la ripresa assai meno accentuata. Ma data la relativa tenuità delle variazioni monetarie toscane, il divario tra le due serie non è grande[2]. Il Parenti non si indugia a ricercare se esista un ritardo nell’attuarsi della tendenza al rialzo conseguente all’afflusso dei metalli preziosi tra la Spagna, prima a ricevere l’argento e l’oro dalle Americhe, e l’Italia, dove la maggior copia dei metalli monetati doveva giungere solo a traverso a scambi internazionali più o meno veloci e ferma invece la sua attenzione sulla circostanza che, tra il 1570 e il 1600 circa, il livello dei prezzi del grano in Siena si mantiene alquanto superiore al livello generale dei prezzi in Firenze. Aumento dei prezzi del grano in termini di merci in generale che si innesta sull’aumento dei prezzi delle merci in generale in termini di moneta?

 

 

Altri – l’Hamilton per la Spagna, il Fanfani per la regione parigina, l’EIsas per Monaco, Augusta e Wurzburg, il Parenti medesimo per Firenze – avevano già constatati il medesimo fenomeno in parecchie regioni d’Europa e non l’avevano potuto spiegare del tutto con avvenimenti bellici rincaratori delle derrate alimentari. Il Parenti prudentemente si limita ad affermare che «qualche causa di portata europea deve avere determinato diffusamente negli ultimi anni del cinquecento e nei primi anni del seicento un aumento nel prezzo reale del grano». Più lungi (cap. 4), l’autore adduce plausibili ragioni per affermare che, almeno in parte, la concordanza nelle oscillazioni dei prezzi del grano nei diversi paesi europei debba essere attribuita a comuni vicende dei raccolti per essere la maggior pane delle zone agrarie europee, le quali diedero un contributo alla formazione delle serie note dei prezzi, compresa nella stessa zona fisiografica umida, ossia in territori nei quali si ripeteva per la cultura del grano lo stesso rapporto bio-ambientale, con assoluta prevalenza, tra gli elementi sfavorevoli, dell’abbondanza delle pioggie.

 

 

Nella seconda fase (1600-1720) e sovratutto nella sottofase dal 1650 al 1720, i prezzi senesi come quelli delle altre contrade europee, tendono al ribasso; tendenza che comunemente si spiega con ragioni monetarie II flusso dell’argento americano continuava con Io stesso ritmo, il che pare voglia dire per incrementi annui all’incirca costanti; ossia per incrementi decrescenti in relazione ad una massa monetaria ognora crescente. Se noi supponiamo che nella nota equazione P = MV / Q ferma rimanendo V, M (massa moneraria) e Q (quantità dei beni e servigi) crescano nella medesima proporzione il livello P dei prezzi dovrebbe rimanete invariato (che forse è il caso della prima metà del ‘600); se M cresce in ragione più veloce di Q, il livello P dei prezzi dovrebbe spostarsi all’insù (cosa che probabilmente si verificò nella seconda metà del ‘500); se poi M crebbe in ragione più lenta di Q, il livello P dei prezzi dovrebbe spostarsi all’ingiù (il che si verificò nel tempo 1650-1720, senza che si sappia se il ribasso dei prezzi debba attribuirsi proprio a quella causa). Ho indicato con la diversità dei qualificativi probabilmente, forse, senza che si sappia, l’ordine decrescente dello stato delle conoscenze rispetto al legame che qui ci interessa fra le variazioni delle importazioni dei metalli preziosi dalle Americhe e le variazioni dei prezzi europei; che se noi possiamo oramai affermare l’esistenza di una relazione di causa ad effetto tra le importazioni dell’argento e l’aumento dei prezzi nella seconda metà del ‘500, senza che a quella causa si possa attribuire il connotato di unica, e senza che si possa della causa stessa stabilire con precisione il peso relativo in confronto alle altre circostanze influenti, siamo assai più lontani dal potere essere categorici rispetto alla fase di relativa costanza dei prezzi nella prima metà del ‘600 e tanto meno rispetto a quella di diminuzione del periodo 1650-1720.

 

 

Il Parenti si limita a constatare il fatto della diminuzione, la riscontra pressapoco parallela in una notabile parte d’Europa, enumera tra le cause possibili della diminuzione l’aumento della tesaurizzazione e degli impieghi non monetari del metallo, l’aumento del volume degli scambi, la diminuzione del saggio di incremento del flusso dell’argento americano e solo osserva che quest’ultima circostanza non gli sembra ragione troppo plausibile della tendenza calante dei prezzi data l’organizzazione dell’economia del tempo. II contenuto non definito della motivazione così addotta della non plausibilità non consente di dare un giudizio sullo scarso peso attribuito allo scemato saggio di incremento dei metalli preziosi in confronto alle altre cause sopra ricordale. Direi che la differenza principale fra queste altre cause e il saggio di incremento delle importazioni d’oro e d’argento è che delle prime non sappiamo quasi nulla laddove le seconde sono valutabili con discreta approssimazione. Secondo le tabelle del Soetbeer (Matériaux, p. 9) la produzione in peso e in valore dei due metalli per i periodi all’incirca studiati dal Parenti fu (in media annua):

 

 

In peso chilogrammi

Valore complessivo in lire pre 1914 a lire 3444 per Kg. per l’oro e 222,2 per l’argento

 

Oro

Argento

1443-1520

5.800

47.000

35.502

1521-1544

7.160

90.200

52.932

Prezzi crescenti

1545-1560

8.510

311.600

125.883

1561-1580

6.840

299.500

114.827

1561-1600

7.380

418.900

144.312

Prezzi costanti

1601-1620

8.520

422.900

150.240

1621-1640

8.300

392.600

126-833

1641-1660

8.770

366.300

118.497

Prezzi calanti      
1661-1680 9.260 337.000 110.657
1681-1700 10.765 541.900 117-021
1701-1720 12.820 355.600 126.053
Prezzi crescenti      
1721-1710 19.080 431.200 166.256
1741-1760 24.610 533.145 211.782

 

 

C’è una lunga strada da fare per giungere dalle variazioni dei saggi di incremento della produzione in confronto alla massa monetaria preesistente sino alle variazioni dei prezzi in generale e del grano in particolare; ma un certo tal quale parallelismo tra i due fatti parrebbe ad occhio percepibile, anche per il periodo 1661-1720, per il quale il Parenti lo dichiara non troppo plausibile.

 

 

3. – Trattasi ad ogni modo di problemi oscuri, intorno ai quali sembra difficile riuscire a far luce convincente pur con l’ausilio dei metodi statistici più raffinati. Il Parenti è riuscito a mettere tuttavia in evidenza che non esisteva in Siena un mercato chiuso del grano, indipendente dalle variazioni dei prezzi sul mercato europeo. Che il porto di Livorno, particolarmente a partire da mezzo il seicento, fosse divenuto uno dei maggiori mercati granari d’Europa, che in esso esigessero, in aggiunta a quelli di Pisa, depositi permanenti per una capacita di 30.000 moggia (275 mila ettolitri circa), che le maggiori case granarie di Europa avessero oramai verso la metà del seicento rappresentanti in Livorno, e le case livornesi avessero a loro volta sedi o agenzie sulle principali piazze granarie del continente, che in Livorno avessero luogo contrattazioni anche per partite di grano non recate materialmente nella città, erano notizie che si potevano raccogliere su libri eruditi; ma il Parenti ha fatto di quelle notizie sparse un bel quadro e l’ha offerto alla meditazione degli studiosi, lieti di rintracciare in quel mercato le linee essenziali del meraviglioso meccanismo dei grandi empori marittimi innanzi alla decadenza cominciata nel 1914. Io non sarei tanto scettico, come è il Parenti, intorno alla influenza reciproca fra prezzi del grano nella piccola regione agraria senese e quello universale fatto in Livorno sulla base della situazione della offerta e della domanda dell’intiero continente europeo. Il parallelismo tra la serie parentiana dei prezzi senesi e quella europea di Beveridge non reca una iniziale presunzione positiva in proposito? È vero che le esportazioni dalla maremma, in tempi di tratta libera e quindi di raccolto non troppo scarso, non superarono mai le 10.000 moggia all’anno; e quindi noi potevano normalmente determinare il prezzo di Livorno, che era potenzialmente in funzione di tutto il grano prodotto e consumato in Europa. Ma non è forse anche vero che il regolatore del mercato non sono le grosse partite, su cui si può fare assegnamento, ma I’ultima arrivata, che giova a fare la offerta uguale alla domanda a un dato prezzo o il cui mancato arrivo, ad esempio per improvvisa proibizione di tratta, ha costretto a spostare i prezzi all’insù? La descrizione suggestiva della interrelazione, per piccoli spostamenti di partite, dalla maremma verso il porto di Livorno piuttosto che verso la città di Siena e viceversa (pp. 246-47) dimostra non che i prezzi universali fatti sul mercato di Livorno esercitassero scarsa influenza diretta su quelli corsi in Siena, ma che gli uni e gli altri erano legati tra di loro d tutta quella solidarietà di andamento (il Parenti la dice stretta) la quale era compatibile con i vincoli alla tratta, con i grossi costi di trasporto per terra, con il privilegio naturale di fornitrici della domanda senese spettante alle regioni circostanti alla città. Non occorre affatto che i grani forestieri giungano a Siena perché il loro prezzo influenzi quello senese; basta di gran lunga che per un anche tenue ribasso di prezzo a Livorno, i grani dei luoghi di maremma più lontani dal mare non abbiano più convenienza a rivolgersi ai porti e si rivolgano invece verso i luoghi posti fuori di maremma perché il grano nato in questi luoghi, e che in parte sarebbe rimasto a soddisfare il fabbisogno locale, trovi convenienza a recarsi su mercato più vasto di Siena. Ad uguagliare i prezzi, tenuto conto del costante costo di trasporto, possono essere sufficienti spostamenti di piccole partite, che giungendo ultime sul mercato stabiliscono un nuovo equilibrio di prezzi. La «forte concordanza», scrive il Parenti, tra i prezzi senesi ed i prezzi del grano navigato a Livorno, «non poteva dipendere che in piccola parte dai tenui legami che avvincevano il mercato senese a quello europeo. Se i prezzi universali crescevano o diminuivano con quelli di Siena, giova ritenere che, globalmente, l’equilibrio fra disponibilità e consumo variava parallelamente in quasi tutti i paesi dell’Europa continentale». Sappiamo troppo poco delle vicende dei raccolti e della domanda dei grani in Europa per poter fare affermazioni intorno alle variazioni delle disponibilità e dei consumi per i vari paesi europei distintamente uno dall’altro. D’altro canto, nel medesimo clima biografico, si osservano anche oggi diversità troppo grandi nei raccolti da zona a zona agraria, pur non lontane le une dalle altre, per potere supporre il formarsi di un equilibrio tra disponibilità e consumo del grano tale da dar luogo a variazioni nello stesso senso dei prezzi senza il correttivo di correnti cerealicole da un luogo ad un altro. Direi che i parallelismi messi così efficacemente in luce dal Parenti tra le serie di prezzi in Siena, in Firenze, in San Sepolcro, in Germania, in Francia dovrebbero persuaderci ad una attenta revisione di un luogo comune corrente nelle storie scolastiche del commercio, se non in quelle dotte: che i prezzi differissero, prima della navigazione a vapore e delle ferrovie, assai più d’oggi e che il merito dell’uguagliamento e livellamento dei prezzi spetti ai grandi perfezionamenti nei mezzi di trasporto che sono stati il vanto del secolo XIX. I prezzi differivano, sì, per cifre assolute, da luogo a luogo a causa degli alti costi di trasporto e degli impedimenti legali al commercio internazionale e interregionale; ma non differivano probabilmente quanto sì immagina, e sovratutto non era diverso l’andamento della curva dei prezzi da tempo a tempo. I rialzi ed i ribassi dei prezzi erano sincroni; e come non riconoscere in ciò, almeno in parte, l’effetto delle correnti di partite più o meno rilevanti di grano da un luogo all’altro? Non occorrono correnti imponenti e dirette dai luoghi di abbondanza a quelli di carestia per smorzare le punte ed impedire il capovolgimento del senso della variazione; basta lo spostarsi inavvertito e separato di piccole partite, forse contrabbandate, da un luogo a quello vicino, e da questo ad altro più lontano. Non occorre esportare da A (porto di Livorno) a F (città di Siena) per parificare, con le dovute grosse differenze per dazi di tratta e costi di trasporto, i due prezzi; basta che da B (luogo di maremma vicino al mare) non si esporti più in A, dove i prezzi sono ribassati; ed invece qualcosa si mandi verso C (luogo di maremma vicino ai confini dello stato senese propriamente detto), e da C qualcosa sia portato in D (paese dello stato senese normalmente bastevole a se stesso) perché in D nasca un supero che, attraverso ad E, si avvii direttamente o provocando un trasporto di grano locale da E, in F (città di Siena). Se così non fosse, il prezzo del grano navigato di Livorno non avrebbe potuto dirsi universale, ossia proprio delle partite erranti in cerca dei prezzi più alti europei ed atte perciò a smussarne le punte locali.

 

 

4.- Di notabile rilievo è l’indagine condotta dal Parenti per verificare coi dati da lui raccolti l’attendibilità de la legge detta di King[3] «unico accertamento quantitativo circa l’influenza dei raccolti sul prezzo del grano nei secoli che ci interessano» (p. 177). Con diligente cura egli raccoglie ed elabora i dati del raccolto padronale, netto di semina, dal 1546 al 1667 nella valle di Asciano nella cerca o circoscrizione della Sciallenga, che li può considerare rappresentativa, per composizione dei terreni e variazioni climatiche e meteorologiche, del territorio agrario dal quale Siena traeva il grano. Un grafico da lui costruito rivela a colpo d’occhio l’esistenza di una relazione inversa fra l’entità del raccolto ed i prezzi; ed in verità dei 29 massimi nella serie dei prezzi del grano di Siena, ben 22 corrispondono a minimi nella serie dei raccolti della Sciallenga; e su 30 minimi della prima serie, ben 23 corrispondono a massimi nella seconda (p. 188).

 

 

Riproduco, mettendoli a fianco di quelli del King-Davenant, i risultati dei calcoli del Parenti:

 

 

Legge di Parenti

Legge di King-Davenant

Variazione percentuale del prezzo

(fine ‘600)

Variazione del raccolto percentuale

Del grano a Siena in rapporto ai raccolti di Asciano

in rapporto ai raccolti dello stato senese

1560-1589

1590-1625

1640-1565

1560-1665

1681-1692

-50

+450

-40

+39

+24

+17

+27

+38

+280

-30

+28

+17

+12

+18

+23

+160

-20

+19

+12

+8

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+15

+80

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+11

+7

+4

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+30

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-1

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-4

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+30

-9

-7

-7

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-15

+40

-13

-9

-9

-14

-19

 

 

Ho collocato la serie delle variazioni di King-Davenant accanto a quella del Parenti, senza rilevare che le serie lei Parenti si riferiscono certamente al raccolto antecedente all’anno dei relativi prezzi laddove taluno dubitò che la serie del King-Davenant potesse riferirsi a qualcosa di più complesso. Chi dubitò fu il Thornton (citato nella nota seguente Intorno alla paternità, ecc., pp. 270-271), il quale della relazione diede il seguente giudizio; «questa scala non è probabilmente molto accurata. Non è infatti molto chiaro se essa sia costrutta sulla sola supposizione di una deficienza del raccolto precedente, ovvero su quella dell’intera esistenza (stock e cioè del raccolto precedente e della rimanenza dell’anno prima insieme considerati; che sono due cose molto differenti. E molte circostanze possono rendere siffatti calcoli, per quanto corretti, non ugualmente applicabili ad un qualunque periodo. Il brano è citato puramente allo scopo di fornire una qualche idea generale in argomento (p. 271)». Il dubbio di Thornton passò (p. 151 della 1° edizione) in Jevons; e di qui negli scrittori successivi. Con il dovuto ossequio a due così autorevoli uomini, di cui il primo fu acutissimo scrittore di cose monetarie, e l’altro grande economista, sembra a me che il dubbio non abbia ragione di esistere. La semplice lettura del brano di Davenant, che ho riprodotto per intero nella nota a questa collegata sulla paternità della legge detta di King, basta a persuadere che il Devenant non ha confuso assieme il raccolto dell’anno e la rimanenza degli anni precedenti. DÌ questa parla solo per lamentarne la esiguità e non fa alcun accenno dal quale si possa supporre che, oltre alla relazione fra raccolto e prezzo, egli abbia pensato ad una relazione fra raccolti vecchi, con le relative rimanenze, e raccolti nuovi, relazione che avrebbe richiesto una qualche ipotesi di sequenze fra successivi raccolti buoni, mediocri e cattivi. Ogni qualvolta egli accenna alla relazione fra raccolti e prezzi, sempre discorre di deficienza nel raccolto (a defect in the harvest) ed occorrerebbe stiracchiare assai le parole per dar ad harvest il significato di «the antecedent crop and the stock remaining over from a formen year taken together».

 

 

Poiché le serie di King-Davenant e quelle di Parenti paiono, per questo rispetto, comparabili; e poiché si riferiscono a tempi non troppo distanti fra di loro, quel che conta osservare è la forte disparità tra le due. In King-Davenant le variazioni dei prezzi sarebbero più che proporzionali ed in Parenti meno che proporzionali alle variazioni in senso inverso dei raccolti.

 

 

Se si fa astrazione da qualche non accertata diversità nel significato dei dati di raccolto, la disparità nei risultati può avere parecchie spiegazioni. In primo luogo la situazione privilegiata di Siena la quale «trovava, tranne casi eccezionalissimi, all’interno dello stato il grano necessario a soddisfare il proprio fabbisogno». Ma anche il Davenant ringraziava la provvidenza che era così larga di cure verso un popolo, come l’inglese, il quale si mostrava così negligente; ed osservava i vantaggi delle compensazioni fra terreni alti e bassi dell’isola, grazie a cui a raccolti alti negli uni corrispondevano raccolti bassi negli atri. In paese vasto come l’Inghilterra, fornita di fiumi e canali navigabili, e di agevolezze alla navigazione di cabotaggio, la compensazione fra luogo e luogo doveva essere non meno agevole che nel senese.

 

 

Diversi essendo, osserva il Parenti, il livello e la concentrazione dei redditi, «non può sorprendere il trovare in essi un diverso comportamento del prezzo per rapporto alla entità della produzione» (p. 196). Su di che non dirò nulla, perché nulla sapendosi dei redditi e della loro distribuzione nel senese e poco nell’Inghilterra (forse le sole notizie che si hanno in proposito sono per la fine del ‘600 quelle, a calcolo, curiosissimi contenute nelle Observations di King), qualunque ipotesi in argomento sarebbe azzardata.

 

 

Farò invece un’altra supposizione per spiegare la disparità, supposizione ovvia e che è il miglior elogio che si possa fare della fatica del Parenti. King e Davenant costrussero, sì, la loro legge, constatando fatti, interrogando persone perite, discutendone in amichevoli conversari; ma i dati di cui disponevano erano pochi, tratti da osservazioni individuali, dedotti, attraverso ad altre ipotesi, da altri dati, pochi anch’essi e spaiati. Qual meraviglia se essi esageravano le tendenze? Davenant voleva inoltre persuadere governanti e commercianti inglesi dell’ opportunità dì sostituirsi agli olandesi, i quali acquistavano in Inghilterra cereali negli anni di abbondanza e di prezzi bassi per rivenderli agli stessi inglesi in anni di scarsità a prezzi altissimi. Involontariamente, la penna trascorreva forse più facilmente ad annotare valori estremi piuttosto che intermedi.

 

 

Parenti invece è uno statistico adusato a rigore di metodo. Raccoglie tutti i dati disponibili, elimina solo quelli che non sono attendibili, li elabora e li paragona. Le sue conclusioni sono puramente scientifiche; sicché d’ora innanzi chi vorrà enunciare una legge di relazione fra raccolti e prezzi nei secoli tra il XVI e il XVIII non potrà esimersi dal ricordare accanto alla legge di King e Davenant, quella di Parenti.

 

 



[1] Ai ragguagli di peso in argento fino del soldo, e in grano dello staio senese dati sopra, si deve aggiungere solo l’avvertenza che il peso della lira pre-1914 è di grammi 4,50 d’argento fino e quello dell’ettolitro di grano di 78 kg.

[2] Per un tentativo di discriminazone fra variazioni nominali e variazioni reali dei prezzi cfr. i Paradoxes inédits du seigneur de Malestroit touchant les monnoyes, avec la response du Président de la Tourette, a cura di Luigi Einaudi, Torino, Einaudi, 1937, p. 22 e segg. Poiché qualche equivoco ebbe luogo, non è forse inutile notare che i Paradoxes inédits da me pubblicati sono cosa diversa dai notissimi Paradoxes che diedero occasione alla risposta celebre del Bodin.

[3] Sulla attribuzione di questa legge al King ovvero al Davenant, vedi la nota contenuta qui di seguito in questo stesso quaderno della rivista.

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