Opera Omnia Luigi Einaudi

L’assemblea ed il voto dei creditori della Banca di Sconto

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 16/02/1922

L’assemblea ed il voto dei creditori della Banca di Sconto

«Corriere della Sera», 16 febbraio 1922

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. VI, Einaudi, Torino, 1963, pp. 560-563

 

 

 

Ieri sera ha avuto luogo in Roma, in una sala della via degli Avignonesi, un’affollata assemblea di creditori della Banca italiana di sconto. Fra i presenti erano numerosi deputati. Il comitato centrale dei creditori era al completo, e presenziavano i rappresentanti dei creditori di tutte le province d’Italia.

 

 

Il presidente del consorzio dei creditori ha chiarito lo scopo della riunione; quindi l’avv. Ferroni di Bologna ha fatto la storia del dissesto della Banca ed una critica del primo progetto di concordato al quale il consorzio si oppose. Ha illustrato poi il secondo progetto del comm. Gidoni, accettato dai creditori tranne per ciò che si riferisce alle garanzie.

 

 

«Secondo questo progetto – ha detto l’avv. Ferroni – il nuovo ente doveva garantire con 300 milioni di capitale ben 3 miliardi di passività, cosicché il nuovo ente, anziché accolto con fiducia nell’ambiente finanziario, sarebbe subito stato ben presto screditato dalle banche concorrenti».

 

 

Ha infine trattato la questione dei creditori all’estero e ha concluso affermando che il governo non doveva considerare la crisi della Banca di sconto come un affare privato, ma doveva intervenire in un altro modo e dire la parola che togliesse dall’angoscia e dalla trepidazione 500.000 famiglie.

 

 

L’avv. Stratta di Vicenza, ha completato la relazione dell’avv. Ferroni, sostenendo che gli ex amministratori dovevano essere perseguiti affinché pagassero in ragione della loro responsabilità. Dopo i discorsi dell’on. Pallastrelli, dell’avv. Bonardi di Verona e di altri oratori è stato presentato il seguente ordine del giorno, che è stato approvato per acclamazione:

 

 

«L’assemblea plenaria delle rappresentanze provinciali e regionali dei creditori della Banca italiana di sconto convenute in Roma il 14 febbraio 1922 con l’intervento di moltissimi creditori, di rappresentanti politici e di delegati del personale della Banca; preso atto dei numerosissimi telegrammi di adesione pervenuti da oltre 200 comitati locali e udite le relazioni fatte dai membri del comitato esecutivo di azione:

 

 

  • 1) protesta contro la circolare del presidente del consiglio ai prefetti intesa a deformare gli scopi del legittimo movimento dei creditori, additandolo quasi alla discrezione dell’autorità di polizia malgrado il movimento stesso siasi finora mantenuto nei limiti del libero esercizio dei diritti dei cittadini;
  • 2) sentita l’affermazione diffusa per fuorviare l’opinione pubblica che i creditori pretendano far concorrere i contribuenti nel pagamento delle percentuali loro dovute dalla Banca. Risulta invece che i creditori hanno chiesto e chiedono che il governo agevoli e garantisca nella forma ritenuta possibile, ma doverosa, il pagamento delle percentuali offerte dalle proposte di concordato ai creditori, dando modo nello stesso tempo agli istituti finanziatori di compiere una vantaggiosa operazione garantita dalle innegabili attività oggi non liquide della Banca italiana di sconto e ciò allo scopo di consentire un normale smobilizzo e realizzo delle attività stesse, per evitare ai contribuenti ed ai creditori nazionali, anche all’estero, il maggior danno che deriverebbe da una liquidazione forzata delle attività stesse;
  • 3) sentita l’accusa che l’azione dei creditori del consorzio nazionale abbia ritardato la soluzione della crisi bancaria la quale invece è stata sempre sollecitata dal consorzio immediatamente dopo la moratoria con le maggiori insistenze, ricevendo continui affidamenti dal governo, il quale invece soltanto all’ultimo momento ha ritenuto di dar modo al consorzio di conoscere il testo della proroga governativa del concordato, contro la quale il consorzio in brevissimi giorni si è affrettato a proporre la sua formula di contro progetto;
  • 4) denunzia all’opinione pubblica ed ai creditori il fatto che fu precisamente il governo a dichiarare in modo espresso di considerare la questione della Banca italiana di sconto come questione di carattere e d’interesse nazionale, tanto da intervenire con dittatori decreti legge sulla moratoria e sulla procedura eccezionale di concordato;
  • 5) diffida sin da questo momento deputati, senatori e partiti politici dall’abbandonare i creditori della Banca italiana di sconto nell’opera di conciliazione che va svolgendo il consorzio nazionale per la legittima tutela degli interessi dei creditori armonizzati con la doverosa tutela del credito nazionale;
  • 6) riafferma la sua piena fiducia nel consorzio nazionale dei creditori e nel suo comitato esecutivo d’azione, approvando le relazioni sull’opera finora svolta dal comitato e delibera che i comitati d’azione del consorzio costituiti in tutti i comuni del regno si tengano pronti per la raccolta delle firme dei singoli creditori nei fogli di opposizione giudiziale in carta bollata da lire 4,80 da compilarsi secondo la formula di opposizione che sarà immediatamente comunicata dal comitato esecutivo del consorzio nazionale ai singoli comitati locali.

 

 

Si annuncia imminente una sentenza di sequestro supplettivo su alcune proprietà private del comm. Giuseppe Da Zara e del comm. Pogliani e degli eredi Baragiola».

 

 

I creditori della Banca italiana di sconto protestano dunque contro «l’affermazione diffusa per fuorviare l’opinione pubblica che i creditori pretendano far concorrere i contribuenti nel pagamento delle percentuali loro dovute dalla banca», ed affermano risultare «invece che i creditori hanno chiesto e chiedono che il governo agevoli e garantisca nella forma ritenuta possibile, ma doverosa, il pagamento delle percentuali offerte dalle proposte di concordato ai creditori, dando modo nello stesso tempo agli istituti finanziatori di compiere una vantaggiosa operazione garantita dalle innegabili attività oggi non liquide della Banca italiana di sconto, e ciò allo scopo di consentire un normale smobilizzo e realizzo delle attività stesse, per evitare ai contribuenti ed ai creditori nazionali, anche all’estero, il maggior danno che deriverebbe da una liquidazione forzata delle attività stesse».

 

 

Non si comprende davvero la ragione per la quale si smentisca in un primo momento e formalmente ciò che una riga dopo e sostanzialmente si dichiara esattissimo e perfettamente rispondente alle intenzioni dei creditori. Le parole sono chiare; e basta all’uopo interrogare il dizionario dei sinonimi. «Far concorrere i contribuenti nel pagamento delle percentuali dovute dalla banca» (proposizione negata) e «chiedere che il governo agevoli e garantisca nella forma ritenuta possibile, ma doverosa, il pagamento delle percentuali offerte dalle proposte di concordato ai creditori» (proposizione affermata) sono due concetti sinonimi, i quali hanno amendue l’identico preciso significato. Quale portata infatti ha la «garanzia» chiesta al governo? Questa e nient’altro che questa: che se le attività della banca, oggi stimate 100 per pagare la percentuale concordata ai creditori, saranno realizzate solo per 80, la differenza sarà pagata dallo stato, ossia dai contribuenti. Si può fare l’inviluppo di frasi che si crede più opportuno, si può dire che è dovere dello stato tutelare il credito nazionale, si può rimproverare all’on. Bonomi una asserita contraddizione per aver prima tentato di frenare il panico dei depositanti, ossia salvare la Banca e per non voler più oggi dare i denari del pubblico allo stesso scopo. Tutti questi sono rigiri di parole, i quali non mutano un ette al sugo della questione: è vero o non è vero che i creditori chiedono allo stato di garantire il realizzo delle attività della Sconto ad un dato valore? è vero o non è vero che, ciò facendo, lo stato corre il rischio di far pagare la differenza ai contribuenti? Non è certo che tale condotta è inammissibile moralmente, economicamente e politicamente? Garantendo concordati di banche private, lo stato non difende il credito della nazione, ma lo distrugge. Pone un pessimo precedente, in fondo al quale è l’abisso. Chi garantisce una volta, non c’è ragione non garantisca dieci, cento, mille volte, se il garante si chiama «stato» e deve quindi essere imparziale per tutti. Garantir le banche e le imprese private, grossissime e piccolissime, vuol dire spingere alla spensieratezza, allo spreco, alla rovina. Vuol dire anche imporsi il dovere di sorvegliare i garantiti; ossia è sinonimo di stato banchiere, di stato industriale e faccendiere universale. Codesti avvocati e deputati che denunziano governi e diffidano deputati, senatori e partiti politici a non mettersi contro alle loro mostruose pretese, riflettano alla portata dei loro ordini del giorno: coi quali in parole povere si chiede l’instaurazione della peggior forma di socialismo, quello che protegge gli inetti, gli stravaganti, gli avventati. Chi farà le spese di questa caricatura del socialismo?

 

 

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