Opera Omnia Luigi Einaudi

L’aumento nel prezzo del grano

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 29/03/1909

L’aumento nel prezzo del grano

«Corriere della sera», 29 marzo 1909

 

 

 

Da qualche tempo le preoccupazioni per l’aumento del prezzo del grano, che erano già gravi fin dall’inizio della campagna in corso, sono diventate vivissime. La questione è una di quelle che toccano più davvicino la borsa di tutti, poiché l’aumento nel prezzo del pane, inevitabile quando aumenta il prezzo del grano, si fa sentire in tutte le famiglie, costringendo quelle non ricche ed agiate a ridurre, di molto o di poco, gli altri consumi ed a compiere ingrati sacrifici. Il ricordo dell’aumento verificatosi nel 1898 ritorna spontaneo, sicché giova trascrivere le cifre di confronto:

 

 

Prezzo dei grani nazionali teneri in Milano
(in lire per quintale)
luglio 1897 L. 23.- a 28.50 1908 L. 27.- a 27.25
genn. 1898 L. 32.25 a 31.50 1909 L. 29.50 a 29.75
marzo 1898 L. 31.50 a 32.-
aprile 1898 L. 35.- a 35.50
maggio 1898 L. 31.- a 31.30
giugno 1898 L. 28.- a 28.50

 

 

L’andamento è quasi parallelo. Importa ricordare che il 25 gennaio 1898 il dazio sul grano estero veniva ridotto a L. 5 e il 6 di maggio era provvisoriamente sospeso del tutto, per essere riportato a L. 5 il 4 di luglio ed a L. 7.50 il 16 di agosto. Come è anche noto la riduzione del dazio da L. 7.50 a L. 5 non ebbe per effetto di ridurre la differenza nel prezzo del grano interno al di sopra di quello estero, la quale rimase suppergiù di 9-10 lire per quintale, superiore perfino alla stessa misura del dazio, e si ridusse a 6-7 lire solo quando il dazio fu del tutto sospeso. Oggi perciò, memori della esperienza passata, coloro i quali temono nei mesi prossimi un rialzo a 35 e più lire per quintale, come avvenne nel 1898 ne traggono argomento a chiedere non una riduzione od abolizione temporanea del dazio sul grano, ma una riduzione graduale, od una completa abolizione permanente. Ed invero è ragionevole affermare che una riduzione o sospensione temporanea gioverebbe solo in parte perché, se è indubitato che alla lunga i prezzi del grano debbono uguagliarsi all’interno od all’estero in regime di franchigia, è altrettanto certo che questo livellamento non può verificarsi in brevissimi periodi di tempo. Accade dei prezzi del grano nei mercati internazionali ed interni come del livello di un liquido un po’ viscoso in due vasi comunicanti. Se si tratta di acqua limpida e se il tubo di comunicazione ha un diametro ampio, il livello dell’acqua si uguaglierà d’un tratto. Ma se il liquido è viscoso, come la pece, e se il tubo di comunicazione è ristretto, ci vorrà un tempo più o meno lungo prima che l’equilibrio sia raggiunto. Per molte ragioni i prezzi del grano in regime protettivo sono viscosi: l’incertezza nella durata della sospensione del dazio fa sì che gli importatori non osino forse importare dall’estero tutta quella quantità di grano che importerebbero se sapessero per fermo di non dover pagar dazio all’arrivo; i piroscafi possono trovarsi in quel momento impegnati così da non poter essere distolti dal traffico ordinario (il che forse non accadrebbe ora che tante navi cercano invano impiego); le provviste estere possono essere già esaurite, senza possibilità di nuovi rifornimenti prima che il dazio venga ripristinato; il regime protettivo delle farine può dare una forza monopolistica ai mugnai litoranei, che macinano grano estero, così da metterli in grado di assorbire in gran parte il vantaggio delle riduzione od abolizione temporanea del dazio, ecc., ecc. Certo non può affermarsi che la sospensione del dazio sia per rimanere senza effetto alcuno sui prezzi.

 

 

Nello stesso 1898 i prezzi all’interno ribassarono dall’aprile al maggio di 4 lire circa, mentre fuori dogana ribassarono solo di 75 centesimi. Forse in quest’anno il ribasso potrebbe essere anche maggiore; ma è probabile che non raggiungerebbe l’intiera misura della riduzione od abolizione del dazio.

 

 

Lo Stato perderebbe L. 7.50 ed i consumatori guadagnerebbero una cifra probabilmente parecchio minore.

 

 

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A rendere diffidenti intorno agli effetti di una semplice sospensione del dazio contribuisce anche l’esame delle cause che hanno condotto all’aumento odierno. Le cause «immediate», s’intende, non quelle più remote e larghe che spiegano le tendenze più vaste dei prezzi del grano nel presente periodo economico. Il raccolto del 1907 era stato cattivo nel complesso della produzione mondiale; secondo la statistica del Dornbusch si erano raccolti 389.815.000 quarters (1 quarter 290 litri) di grano, contro 423 milioni nel 1906 e 416 milioni nel 1905. Gli stocks erano nel giugno dell’anno scorso estremamente ridotti a causa di quel cattivo raccolto ed il commercio sperava di potersi rifornire con il prodotto delle nuove messi. Le mediocri notizie dell’andamento della campagna cerealicola nella Russia e nella Rumenia cominciarono ad impensierire; e le notizie sino alla fine dell’anno continuarono ad essere piuttosto pessimiste, sinché si poté constatare che il raccolto del 1908 era rimasto ancora al disotto, sebbene di poco, di quello del 1907: la circolare sovra citata lo valuta a 388.450.000 quarters. Le speranze dovettero allora ripiegarsi, per il rifornimento degli stocks, verso il raccolto del 1909, ossia verso l’Argentina, la quale è la prima a comparire sul mercato mondiale.

 

 

L’Argentina sarebbe stata di potentissimo aiuto al consumo europeo, se l’andamento della stagione fosse stato favorevole, essendo dessa la contrada che ha compiuto, insieme col Canadà, i maggiori progressi nella produzione granifera tra tutti i paesi del mondo: da 9 milioni di quarters nel 1900 era invero progredita, con passi da gigante, a 24 milioni nel 1907.

 

 

Nel 1908 il raccolto era stato solo di 21 milioni di quarters; ma si sperava che in quest’anno sarebbe tornato ai 24 milioni, con una eccedenza esportabile di 20 milioni di quarters circa. A poco a poco anche i più restii si dovettero arrendere all’evidenza; e il rialzo attuale dei prezzi e` dovuto in gran parte a più esatte valutazioni che fecero discendere il sovrappiù esportabile da 20 ad 11 milioni di quarters. È vero che questi alti prezzi hanno a loro volta stimolato i produttori dell’Argentina e degli altri paesi ad esportare subito tutto l’esportabile, sicché il frumento in mare destinato all’Europa si calcola a 7.400.000 quarters, poco meno dei 7.550.000 quarters che l’anno scorso alla stessa data si trovavano in viaggio. Ma è anche vero che gli invii non potranno seguitare per un pezzo e che gli stocks europei non furono mai così bassi come ora; basti dire che nell’Inghilterra si calcolano a 1.200.000 quarters, ossia ad una quantità appena bastevole per 2,1/2 settimane all’alimentazione interna. Finite le esportazioni argentine ed australiane (che sono minori di quelle dell’anno scorso), su quali raccolti può fare assegnamento il consumo, prima delle grandi messi europee e nord-americane di luglio-agosto? Pare soltanto in quelli dell’India. E in verità il raccolto del Punjab, il quale matura in aprile ed è offerto per consegna maggio-giugno, ha buona apparenza. Il Broomholl calcola il sovrappiù esportabile dall’India a 4 milioni di quarters. È una buona cifra, ma che lascia i pratici nel dubbio se basterà a neutralizzare la tendenza dei prezzi all’aumento, data la tenuità straordinaria delle provviste europee.

 

 

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Tutto sommato, nessuno potrebbe oggi assicurare i consumatori contro un ulteriore aumento, il quale ci faccia raggiungere le 35-36 lire per quintale del 1898. In quell’anno era divenuto famoso il sig. Leiter di Chicago per un corner da lui tentato sul grano, tentativo d’accompagnamento finito male, perché il Leiter non seppe liquidare a tempo. Oggi un altro speculatore di Chicago, il signor Patten, ripete su vasta scala il tentativo del Leiter; ed un po’ dappertutto vi è chi specula all’aumento sui grani, tanto la cosa sembra chiara e sicura.

 

 

In queste condizioni, si impone un provvedimento di Governo. Quando il grano sta sulle 32 lire per quintale e tende verso le 35 lire è saggio prevedere ed agire in tempo allo scopo di ricondurre i prezzi interni verso il livello di quelli esteri. Ma, ripeto, non bisogna illudersi che lo scopo possa essere sicuramente ed intieramente raggiunto con provvedimenti temporanei.

 

 

Oggi, a Genova, la differenza tra i grani nazionali ed i grani esteri è di 8-9 lire per quintale. La sospensione del dazio potrà far ribassare magari di 4-5-6 lire il prezzo del grano interno, ma non potrà subito ridurre i prezzi interni al livello di quelli esteri. La differenza, che è ora superiore all’ammontare del dazio medesimo, non può essere fatta scomparire con provvedimenti provvisori i quali lascino intatte quelle condizioni monopolistiche permanenti che oggi permettono di tenere il prezzo interno di 1-2 lire superiore al prezzo estero, anche astrazione fatta dalla dogana. Il problema della riduzione graduale del dazio sul grano e della revisione del regime delle farine è oggidì oramai un problema maturo. È problema vasto, che tocca i più profondi interessi dell’agricoltura, dell’industria molitoria e dello Stato; ma è problema la cui soluzione non può essere protratta. Le condizioni del mercato granario sono oggi profondamente diverse da quelle che erano 20 o 15 anni fa, quando il dazio fu imposto e poi cresciuto; ed anche quelli che non credono alle teorie economiche, devono ammettere che i fatti costringono ad una politica economica diversa da quella che era un tempo parsa buona.

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