Opera Omnia Luigi Einaudi

Le caratteristiche dei bisogni pubblici

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/03/1927

Le caratteristiche dei bisogni pubblici

«La Riforma Sociale», marzo-aprile 1927, pp. 166-170

Saggi, La Riforma Sociale, Torino, 1933, parte II, pp. 37-43

 

 

 

Edwin R. A. Seligman: The Social Theory of Fiscal Science. Estratto dal «Political Science Quarterly», New York, 1926, pag. 58.

 

 

L’infaticabile economista americano continua ad aggiungere nuovi saggi agli antichi, che sono divenuti oramai un ferro del mestiere per gli studiosi della pubblica finanza. In quello che qui si annuncia, l’A. ha voluto mettere a contribuzione gli insegnamenti della sociologia per illuminare taluni aspetti della teoria finanziaria. Il saggio è così succoso, che, a riesporne il contenuto, converrebbe riprodurlo per intiero. Rinviando perciò il lettore alle pagine della rivista nella quale esso ha veduto la luce, mi limiterò a dire che scopo essenziale dell’A. è di ridiscutere le teorie correnti intorno ai bisogni pubblici ed alla loro indole.

 

 

Lo Seligman respinge, come equivoca, la terminologia dominante nella teoria tedesca ed italiana, la quale parla di «bisogni collettivi». Il bisogno che si soddisfa per mezzo dell’appartenenza ad un club sportivo (Club Alpino Italiano, Touring Club, ecc.), è collettivo alla pari di quello soddisfatto per via dell’appartenenza allo Stato. Da solo, l’individuo non potrebbe soddisfare a quel bisogno. Tuttavia, sebbene collettivo, quel bisogno è «privato», non pubblico. Inoltre il bisogno collettivo, sia pubblico o privato, non è fondamentalmente diverso dal bisogno individuale, amendue essendo sentiti da individui. Il vero contrasto è tra i bisogni «separati» e quelli «comuni» dell’individuo.

 

 

La classificazione dei bisogni è dunque, secondo lo Seligman, la seguente, che io per brevità riassumo:

 

 

separati, che si soddisfano dall’individuo singolo, non aiutato da altri, sia in stato di isolamento, che in stato di società 
Bisogni reciproci, che si soddisfano dall’individuo, per mezzo di scambio con beni e servizi prodotti da altri individui 
comuni, che si soddisfano mercé un’azione unita o concertata di parecchi individui

 

 

Già si vede che la classificazione dei bisogni non è fondata su una loro differente natura psicologica, ma sui mezzi adoperati – azione separata, scambio od azione di reciprocità, cooperazione od azione comune – per soddisfarli. Che si debba più insistere sui differenti mezzi con cui i bisogni sono soddisfatti, che sulla natura differente dei bisogni, si deduce meglio dall’ulteriore classificazione dei bisogni «comuni». I quali sono «privati» o «pubblici» a seconda che il gruppo sociale per cui mezzo i bisogni sono soddisfatti, è privato o pubblico. Riproduco di nuovo la tabella dello Seligman:

 

 

Condizionato da Natura del bisogno Designazione del gruppo
un’altra persona Sessuale  Matrimonio

Bisogni comuni, soddisfatti per mezzo di

un gruppo

 

 

Privato

Sociale Club, fraternità, loggia, compagnia
 

 

parecchie altre persone

Ricreativo Banda, coro
Militare 

Professionale

 

Economico

Politico

Squadra, manipolo, batteria
Unione, gilda, lega, associazione
Società, sindacato
Partito, blocco, unione
Religioso Chiesa, setta ordine
 

Pubblico

tutte le altre persone

Protezione della Vita Organizzazione politica (Stato, Federazione, Lega)
Proprietà
Libertà
GiustiziaProsperità comune

 

 

Quali sono le caratteristiche differenziali tra i bisogni pubblici e quelli privati? L’A. le riduce a sei, di cui tre positive o di specie e tre aggiuntive o di grado. Le tre caratteristiche positive sono:

 

 

  • Il fondamentalismo dei bisogni comuni pubblici in confronto dei bisogni comuni privati. È più fondamentale ossia più importante la difesa della vita o della proprietà o della libertà, di quello che non sia uno qualunque dei bisogni professionali o religiosi o ricreativi che richieggono parimente la cooperazione di altre persone. Potrebbe dubitarsi se sia più fondamentale il bisogno sessuale di quello della difesa della proprietà: ma l’A. risponde che il bisogno sessuale è fondamentale per la continuazione della società, non per l’individuo, il quale può essere continente. Notisi che il «fondamentalismo» di cui qui si tratta, è un predicato dei bisogni pubblici «comuni» in confronto ai bisogni privati «comuni» tra cui soltanto ci si fa il confronto. Nel campo dei bisogni «separati» il bisogno del vestito, della casa e del cibo sono forse più fondamentale di tutti.

 

  • L’universalismo, ossia l’estensione a tutti i membri di una data comunità. Non tutti fanno parte di chiese, di clubs, di società industriali, di associazioni di mestiere. Tutti fanno parte dello Stato. L’universalismo è la conseguenza del fondamentalismo. Quanto più fondamentale è il bisogno comune tanto più è necessario a tutti l’unirsi per soddisfarlo.

 

  • La coazione, intesa non nel senso di coazione a far parte del gruppo, se si vuole soddisfare il relativo bisogno (solo chi fa parte della chiesa, è ammesso alla comunione dei fedeli, solo chi paga la quota del club ricreativo può servirsi del canotto o del bigliardo o dei giornali del club); e neppure di coazione generica ad iscriversi al gruppo (non di rado si è moralmente obbligati a pagare la quota di appartenenza ad un gruppo di beneficienza o professionale o patriottico o religioso); ma nel senso di indissolubilità del gruppo. La appartenenza ad uno Stato è necessaria. Si può cessare di essere cittadino di uno Stato solo quando si diventa cittadino di un altro. Non esiste il cittadino di nessun Stato. E la coazione consiste anche nell’obbligo di obbedire alle leggi del gruppo. Chi non si sente di aderire al credo di una chiesa, esce dalla chiesa. Chi non crede nei principi fondamentali della costituzione di uno stato, deve tuttavia rimanere nello Stato, ed ubbidire a quella costituzione, finché la sua opinione non prevalga e muti la costituzione medesima.

 

 

Le tre caratteristiche aggiuntive sono:

 

 

  • La non reciprocità. L’individuo non dà qualcosa allo Stato per ricevere qualcosa in cambio. Ciò può accadere per i cosiddetti servizi pubblici (ferrovie, poste, telegrafi e telefoni). Ma il complesso di tali rapporti è di gran lunga meno importante di quegli altri, in cui l’individuo, come tale, non riceve niente dallo Stato in cambio delle imposte da lui pagate. Difesa nazionale, giustizia, sicurezza, sono beni forniti non al singolo come tale, ma al singolo come membro del gruppo.

 

  • La non divisibilità, ossia la impossibilità di distinguere il beneficio arrecato ad un individuo da quello arrecato ad altri. La indivisibilità si ha anche in altri bisogni comuni e privati, ma nei bisogni comuni pubblici è assolutamente dominante.

 

  • La non misurabilità. Quando il vantaggio è indivisibile, naturalmente non vi è nessun beneficio individuale da misurare. Ed anche quando l’individuo riceve qualche vantaggio singolare, è pressoché impossibile misurarlo.

 

 

Se una obbiezione può essere mossa alla fine analisi dello Seligman, è questa: nessuna classificazione è mai così netta che riesca a separare assolutamente idee le quali hanno tra di loro punti numerosi di contatto. Lo Seligman stesso non può tacere che le caratteristiche dei bisogni pubblici in certi casi si attagliano anche ai bisogni privati. Egli è costretto ad adoperare non di rado i qualificativi «prevalentemente» o «quasi». Più che parlarsi di fondamentalismo o universalismo o coazione come carattere distintivo dei bisogni comuni pubblici in confronto ai bisogni comuni privati, lo S. parla sempre di un maggiore fondamentalismo, di un maggiore universalismo, di una coazione più spiccata. Non si può dunque parlare di distinzione assoluta di specie; ma solo di grado. Dal privato al pubblico si passa per via di gradazioni insensibili.

 

 

Tra le sei caratteristiche, inoltre, a me sembra veramente caratteristica non quella che lo S. mette prima tra le positive, ma piuttosto quella che egli mette seconda tra le aggiuntive: la indivisibilità. Perché, dopo avere giustamente osservato che non l’indole psicologica del bisogno, ma l’indole del mezzo usato a soddisfare quel bisogno è la base vera della classificazione, egli considera prime le caratteristiche del fondamentalismo e dell’universalismo che sono proprie del bisogno stesso e non del mezzo usato a soddisfarlo?

 

 

La difesa nazionale soddisfa ad un bisogno pubblico, perché «fondamentale» o perché è «indivisibile»? Sul primo punto si può essere in dubbio. Vi sono molti individui in una società che non sentono la patria, a cui è indifferente vivere sotto Francia o Spagna, che sono internazionalisti, mondialisti. Costoro sono per fermo elementi disgregatori in una collettività, sebbene essi pretendano di volere costruire una collettività di origine superiore; ma se dobbiamo lamentare la loro incapacità a vedere che la eventuale collettività  più ampia futura ha per necessaria condizione il perfezionamento della esistente collettività nazionale, non possiamo negare, di fatto, l’esistenza di essi e non possiamo quindi affermare oggettivamente che per essi il bisogno della difesa nazionale sia universale, perché fondamentale. Per essi, quello è un bisogno coatto, non fondamentale né universale. Non vi è dubbio invece che quel bisogno si soddisfa in maniera indivisibile. L’indivisibilità è una caratteristica oggettiva, tecnica, che è al di sopra di qualunque opinione o predilezione o credenza politica o sociale. Il territorio nazionale non può essere difeso per i quaranta milioni di italiani che lo vogliono difeso e lasciato aperto al nemico per il milione di insensibili o mondialisti o moscoviti. Difeso per gli uni, esso è tecnicamente, necessariamente difeso per gli altri. È un bene indivisibile. Lo stesso dicasi degli altri beni pubblici: sicurezza, giustizia, educazione nazionale, ecc., ecc. Dalla indivisibilità traggono poi origine il fondamentalismo e l’universalismo in quanto sono veramente peculiari ai bisogni pubblici, ossia in quanto non ammettono eccezione, non consentono al cittadino di astrarsi volontariamente dalla collettività nazionale di cui esso fa parte. Ci si può separare da una chiesa sebbene il sentimento religioso o dell’infinito sia altrettanto universale o fondamentale, psicologicamente parlando, come il sentimento nazionale; perché al costo divisibile della soddisfazione del sentimento religioso si può soddisfare con oblazioni volontarie, laddove il costo indivisibile della difesa nazionale non si può provvedere senza ripartizione coattiva su tutti coloro che sono difesi, anche se essi ripugnino od affettino di ripugnare alla difesa medesima. La non misurabilità a sua volta non è una caratteristica a sé stante, ma una conseguenza della indivisibilità. La non reciprocità manca finalmente per i cosidetti servizi pubblici (ferrovie, poste, ecc.); e l’esistenza della reciprocità, del do ut des, in questo campo, chiarisce come in una ampia sfera di bisogni pubblici non si possa parlare di nessuna delle sei caratteristiche dello Seligman. Questa zona di bisogni pubblici è quasi un accessorio: ad uno Stato già esistente, per la ragione tecnica della indivisibilità di altri bisogni, si sono affidate funzioni che potevano essere soddisfatte anche per mezzo di gruppi privati. Con la gestione pubblica delle ferrovie non si vogliono del resto propriamente gestire ferrovie e vendere ai cittadini il bene divisibile, non coattivo, non fondamentale, non universale, reciproco e misurabile del trasporto ferroviario (e del trasporto di lettere, di telegrammi, di fonogrammi, ecc.); ma si vuole difendere il cittadino dai pericoli del monopolio privato, si vuole facilitare la costruzione di ferrovie strategiche, si vuole promuovere il risveglio economico di regioni non sviluppate. Sono questi ultimi beni indivisibili? Probabilmente sì. E poiché questi ultimi fini non si possono raggiungere se non attraverso lo Stato, quando questi si hanno di mira, giuocoforza è che lo Stato si accolli l’esercizio delle ferrovie, ossia soddisfi a bisogni per se stessi non pubblici. L’accessorio segue il principale. Quindi neppure la caratteristica della non reciprocità è un concetto indipendente; ma è una conseguenza della indivisibilità. Esiste nei limiti in cui si dà l’indivisibilità; ma questa è più ampia e può tollerare, per accessorio, anche la reciprocità.

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