Opera Omnia Luigi Einaudi

Le conseguenze economiche della guerra anglo-boera

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 12/04/1900

Le conseguenze economiche della guerra anglo-boera

«La Stampa», 12 aprile 1900

 

 

 

La guerra anglo-boera pare destinata a far correre un fiume inesausto di discorsi. Insieme coi militari, i giuristi ed i politici, anche gli economisti trovano il modo di scrivere degli articoli sulla guerra. Sembra quindi opportuno che anche noi diciamo qualcosa per rispondere alla domanda se la guerra anglo-boera abbia prodotto delle conseguenze economiche di rilievo.

 

 

Cent’anni fa una tale domanda non sarebbe venuta in mente a nessuno. Allora gli Stati erano separati dalla barriera quasi insuperabile delle distanze. Una guerra accaduta nella Prussia non era quasi avvertita nell’Italia. I rapporti commerciali fra un paese ed un altro erano così radi, sovratutto quando si trattava di paesi molto distanti fra di loro, che nessuno si accorgeva per esperienza propria che qualcosa doveva accadere lontano da lui.

 

 

Ora le cose sono molto mutate. Le comunicazioni ferroviarie rapide, la navigazione a vapore, il telegrafo hanno convertito tutto il mondo in un solo mercato, di cui tutti i punti sono sensibilissimi agli spostamenti ed alle vicende che apparentemente dovrebbero influire su uno solo di essi. Tutti hanno gettato una pietra su uno specchio d’acqua ed hanno contemplato lo spettacolo delle ondate che si dilungano in cerchi concentrici attorno al punto percosso, finché a poco a poco scompaiono in lontananza. Così accade anche nel mondo economico odierno. Accada un qualche fatto importante su un punto qualsiasi della superficie terrestre, e le conseguenze ultime saranno sentite nei paesi più lontani, in mezzo a popolazioni che forse non sanno nemmeno chi siano gli inglesi ed i boeri e sono inconsce che una guerra terribile si combatte fra quei due popoli. Se però le conseguenze economiche della guerra si fossero diffuse, come ondate, a partire dal Transvaal, forse noi non ce ne saremmo ancora risentiti, perché troppo lontano è il campo di battaglia dall’Europa. Una guerra fratricida fra orangiani e transvaliani ci sarebbe stata pressoché indifferente. Invece il fatto che la guerra si combatte fra boeri ed inglesi ha fatto sì che tutti i mercati del mondo se ne risentissero con una intensità ed una rapidità straordinarie.

 

 

Per quanto la sua supremazia sia oramai scossa, Londra rimane pur sempre il cuore del mondo finanziario ed economico. Le sue pulsazioni esercitano un’influenza profonda sulla circolazione di quello che potrebbe dirsi il sangue dell’economia, ossia sulla moneta. Se la Banca d’Inghilterra rialza lo sconto, le Banche di tutti gli altri paesi sono obbligate a seguirne l’esempio, mosse dalla paura che l’oro s’incammini verso i forzieri di quella Banca. La guerra anglo-boera in un doppio modo influì sulle condizioni monetarie della piazza di Londra, diminuendo le spedizioni d’oro verso di essa e costringendola invece ad esportare una forte quantità di quello che già possedeva.

 

 

La produzione mondiale dell’oro, che nel 1898 era stata di 435 mila chilogrammi, per un valore di 1500 milioni, nel 1899 aumentò a 472 mila chilogrammi, per un valore di 1625 milioni. L’aumento avvenne sopratutto a causa dell’accresciuta produzione negli Stati Uniti, nel Klondyke (Canadà) e nell’Australia.

 

 

Di quest’oro solo una piccola parte va sino a Londra; molto si ferma nell’America. Il Transvaal invece mandava tutto il suo oro in Inghilterra, e la sua produzione appunto diminuì da 117 a 110 mila chilogrammi, ossia da 404 a 379 milioni di lire, in causa dell’arresto quasi completo della produzione nell’ultimo trimestre del 1899. Se la guerra non fosse scoppiata, il Transvaal avrebbe prodotto 500 milioni di lire invece di 379 e la produzione mondiale sarebbe stata di 1750 milioni invece di 1625. Quando la guerra sarà cessata, la produzione dell’oro salirà molto probabilmente per un po’ di tempo a 2000 milioni all’anno. La guerra dunque cagionò nell’ultimo trimestre del 1899 e nel primo del 1900 una restrizione notevolissima nell’afflusso d’oro sulla piazza di Londra.

 

 

Mentre l’oro cessava di affluire, cominciava ad effluire. Le grandi spese del Governo per la guerra, per le provviste di armi, di vestiti, di cavalli, di muli, di mezzi di trasporto e di approvvigionamento costringono il Governo inglese a provvedersi di oro ed a spedirne molto nel Sud-Africa. Questo doppio ordine di cause determinò la Banca d’Inghilterra a rialzare lo sconto prima dal 3 al 3 e 1/2 e poi al 5 ed al 6 e 1/2 per cento. Negli ultimi mesi un certo miglioramento ha permesso di ribassarlo al 4 per cento; ma le condizioni del mercato libero rimangono sempre molto tese dovendosi scontare al 4 invece del 2 e 2 e 1/2 per cento di un anno fa. Tutti gli altri paesi ne seguirono l’esempio; in Francia al 3 e 1/2 dal 2, in Germania al 5 e 1/2, negli Stati Uniti al 4 e 1/2. Il rialzo dello sconto è il primo indizio di una serie di mutamenti in tutto l’organismo economico.

 

 

Quando gli imprenditori, coloro che iniziano e gestiscono a proprio rischio le industrie, sono costretti a comprare il capitale a caro prezzo, essi dovranno vendere le loro merci ad un prezzo correlativamente più alto. Il rialzo dello sconto costringe quasi il livello dei prezzi a spostarsi uniformemente un po’ all’insù. Si aggiunga che il rialzo dello sconto dovuto alla guerra anglo-boera si verificava in un momento in cui la espansione gigantesca della vita economica e il rifiorire delle industrie e dei commerci accrescevano la domanda di capitali.

 

 

È naturale che gli imprenditori, desiderosi di procurarsi maggiori capitali in un momento in cui questi divenivano più rari, li abbiano dovuto pagare più cari e siano stati costretti ad aumentare il prezzo delle merci prodotte.

 

 

Inoltre, la trasformazione del capitale-denaro in capitale-macchine per produr panni, in capitale-navi per trasportare soldati richiede molto tempo; e nel mentre i prezzi aumentano in questi punti più che negli altri. La guerra anglo-boera è stata, insomma, l’occasione che ha determinato il manifestarsi del fenomeno detto del Caro dei prezzi, del quale ho già

intrattenuto i lettori della Stampa.

 

 

Il più povero operaio delle città italiane ha subito l’influenza della lontana guerra ogni volta che ha dovuto provvedersi di carbone a due lire di più al quintale, o pagare il gas qualche centesimo di più al metro cubo. Se egli si fosse sorpreso, il fattorino intelligente della Società del gas, od il rivenditore di carbone avrebbero potuto rispondergli che ciò accadeva perché in un paese, che dieci anni fa era ignorato da tutti, erano state scoperte delle ricchissime miniere d’oro. Per contendersi il dominio su quel ricco e lontano territorio erano venuti a guerra gli inglesi ed i boeri. La guerra facendo cessare le spedizioni d’oro dal Transvaal a Londra, e costringendo Londra a spedire oro nel Sud-Africa, aveva fatto aumentare lo sconto ossia il prezzo dei capitali nel momento appunto in che di capitali eravi maggior bisogno.

 

 

I coltivatori di miniere carbonifere avevano perciò dovuto ottenere maggiori prezzi per il loro carbone; i mercanti con difficoltà avevano trovato delle navi per trasportarlo da Cardiff a Genova, perché il Governo inglese aveva incettato molte navi per trasportare soldati nel Sud-Africa. I noli marittimi cresciuti avevano alla loro volta fatto aumentare ancora più il prezzo del carbone; ed è per questa complessa serie di cagioni che noi paghiamo il carbone alcune lire più al quintale e alcuni centesimi di più al metro cubo il gas.

 

 

Ed è per questa cagione che le Borse europee, le quali avrebbero una gran voglia, specialmente a Parigi, di fare all’aumento, rimangono perplesse e dubbiose. Finché la guerra con cessa, non scompariranno le difficoltà monetarie; e queste più cresceranno quanto più la guerra si prolunga. I detentori di rendite e di titoli d’ogni specie che li veggono rimanere inerti, incolpino inglesi o boeri di questo contrattempo che perturba tutti i loro piani di guadagni. Coloro che hanno dei bei progetti da eseguire e si accorgono che il denaro è divenuto caro, incolpino la guerra anglo-boera. Come si vede, sono molti coloro che per motivi economici desiderano la fine della guerra. Malgrado ciò, sono molti i quali temono che i mali economici derivanti dalla attuale guerra siano per manifestarsi ancora più gravi dopo la fine della guerra.

 

 

Forse sarà opportuno aspettare che la guerra sia finita davvero per stimare al loro giusto valore questi timori di mali futuri che si dovranno aggiungere ai mali presenti.

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