Opera Omnia Luigi Einaudi

Le convenzioni marittime che si stanno discutendo

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 12/12/1907

Le convenzioni marittime che si stanno discutendo

«Corriere della Sera», 12 dicembre 1907

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. II, Einaudi, Torino, 1959, pp. 560-566

 

 

Il progetto di legge per le nuove convenzioni marittime, che si sta discutendo dinnanzi al parlamento, ha una storia non breve. Una commissione reale, nominata il 13 settembre 1902, per studiare l’importante problema, presenta nel 1905 una pregiata relazione, arricchita dall’on. Pantano di gran dovizia di considerazioni e di dati comparativi. L’ultimo volume degli allegati fu anzi distribuito appena nel luglio di quest’anno. In base agli studi ed alle proposte della commissione reale, fu dal ministro Baccelli presentato alla camera un disegno di legge nella tornata del 5 aprile 1906. La crisi ministeriale del giugno 1906 impose una prima sosta ai lavori della commissione parlamentare, giacché bisognò dare agio al nuovo ministero di pronunziarsi in merito al progetto preparato dal ministero precedente. Il 20 settembre 1906 il ministro Schanzer comunicò parecchi emendamenti, alcuni dei quali di capitale importanza; cosicché, allungandosi i lavori della commissione e, data anche l’imminente scadenza delle convenzioni vigenti al 30 giugno 1908, fu d’uopo prorogarne, con legge votata dalla camera il 22 maggio scorso, la durata di due anni, sino al 30 giugno 1910.

 

 

I lettori ricorderanno che ripetute volte mettemmo in luce l’assoluta necessità di risolvere il complesso problema; e di risolverlo sovratutto per tempo. Due anni e mezzo appena ci separano dal giorno in cui le nuove convenzioni dovranno entrare in vigore; e due anni e mezzo sono a mala pena sufficienti per lo stato ad indire le gare e ad aggiudicare le linee, e per i concessionari ad organizzare i servizi e a preparare il materiale navale da sostituire a quello esistente, riconosciuto oramai non più adatto e in gran parte non ammesso dal disegno di legge. Se un rimprovero si deve fare a governo e parlamento, si è per il ritardo eccessivo frapposto all’approvazione del progetto. Siamo lieti, ad ogni modo, che esso si sia cominciato a discutere sulla relazione che fin dal 22 giugno di quest’anno l’on. Chimirri aveva presentato alla camera.

 

 

La prima e più importante caratteristica del nuovo ordinamento è senza dubbio l’esercizio di stato applicato alle linee tra Civitavecchia e Golfo Aranci, con prolungamento a Terranova e ritorno (giornaliera), tra Golfo Aranci e la Maddalena (giornaliera), tra Napoli e Palermo (giornaliera), e tra Napoli, Messina e Catania (bisettimanale). Su queste colonne furono già esposti gli argomenti che in un efficace articolo sulla «Nuova antologia» il senatore Erasmo Piaggio aveva addotti a sostegno dell’esercizio di stato applicato a queste linee: essere le linee un prolungamento delle linee ferroviarie, essere necessario che l’esercente delle linee ferroviarie esercisca anche le linee di navigazione per imprimere unità e rapidità al servizio; consentire l’unità della gestione, l’unità del biglietto per i viaggiatori e della polizza di carico per le merci, evitando così le noie e le spese dei trasbordi; essere utile la fusione delle due aziende per avvicinare le isole al continente, ecc. ecc. Questi argomenti persuasero la commissione parlamentare a insistere presso il governo, il quale dapprima vi si era mostrato contrario, affinché fosse sancito il principio dell’esercizio di stato. Tanto più, si disse, tenuto conto della esiguità del capitale, di 15 milioni di lire, richiesto per acquistare piroscafi di 2.200 tonnellate l’uno e con una velocità oraria di 20 miglia (Sicilia), 3 da 1.500 tonnellate e 15 miglia (Sardegna) ed 1 da 150 tonnellate e 10 miglia (Maddalena). La direzione generale delle ferrovie di stato prevede una spesa di 4.768.000 lire all’anno con un introito per passeggeri e merci di 2.168.000 lire; cosicché lo sbilancio sarebbe di 2.600.000 lire superiore parecchio a 1.775.000 lire che già oggi si spendono per sovvenzioni alle linee private. Alla maggior spesa dovrebbe contrapporsi la maggiore rapidità e bontà del servizio, il quale sarebbe congegnato in modo da giungere in 12 ore da Roma a Palermo. Al progetto furono mosse obiezioni specialmente dalla città di Palermo, la quale temeva di perdere notevole parte del- l’importanza che oggidì ha il suo porto per le linee dipendenti dalla Florio-Rubattino. Vi si provvide, dichiarando che i piroscafi adibiti alle linee di stato Napoli-Palermo e Napoli-Messina-Catania abbiano per porto di armamento Palermo, senza fare alcuna novità; ma non sembra che il provvedimento abbia giovato a calmare le apprensioni dei palermitani.

 

 

Obiezioni di interesse più generale furono fatte da quanti non hanno molta fiducia nelle ferrovie di stato e dalla esperienza dei due anni trascorsi non si sentono incoraggiati ad affidare all’azienda ferroviaria nuovi servizi marittimi. La commissione rispose all’obiezione, osservando che all’1 luglio 1910 l’azienda ferroviaria, vinte le inevitabili difficoltà inerenti all’inizio di una così complicata gestione, avrà trovato il suo assetto e potrà senza difficoltà assumere l’esercizio delle linee di navigazione. Auguriamoci che la speranza si avveri; ma poiché l’esperienza dei risultati del secondo anno, che sono peggiori di quelli del primo, ci rende per ora scettici intorno all’avvenire dell’azienda ferroviaria, insistiamo affinché per spirito di imitazione non si allarghi l’esperimento pericoloso e questo si restringa davvero alle linee che sono il prolungamento e come la proiezione della rete di stato.

 

 

Un altro carattere del presente disegno di legge è che in esso non si portano al parlamento convenzioni già conchiuse con società private, da approvarsi o respingersi in blocco; ma schemi in cui sono riassunte tutte le condizioni a cui dovranno essere in seguito concessi i vari gruppi di linee. Lo stato dice cioè: qui sono indicate le linee da percorrere, la frequenza e la velocità dei viaggi, la stazza delle navi, le tariffe del trasporto delle persone e delle merci; e la sovvenzione massima che per ogni linea si è disposti a concedere. Quanti sono armatori in Italia che vogliano e possono assumere le linee si facciano avanti; la linea sarà aggiudicata a chi, rispettando tutte le altre condizioni, farà un ribasso maggiore sulla sovvenzione richiesta. Così operando lo stato corre il rischio di vedere andar deserte le gare per quei gruppi di linee per cui si offersero sovvenzioni troppo esigue in confronto degli oneri imposti; ed al pericolo si provvede, obbligando i concessionari dei gruppi più vicini ad accollarsi il servizio dei gruppi andati deserti, magari distribuendo fra questi parte del lucro ottenuto nelle gare sui gruppi preferiti. Poiché i concessionari possono anche rinunciare ai gruppi già assunti, pur di non subire le perdite di quelli meno favoriti, l’esperienza sola potrà dimostrare se il governo bene si sia apposto nel fissare i massimi di sovvenzione nei vari casi. Potrebbe darsi, ed il caso è previsto, che alcune linee per qualche tempo non potessero essere esercite.

 

 

Difficile è l’attuazione di un progetto, secondo il quale le linee dovrebbero essere divise in 15 gruppi da concedersi con gare separate. Scopo della divisione era la speranza di favorire il sorgere di imprese di navigazione piccole e mezzane, concorrenti fra di loro, con beneficio dell’erario e del pubblico. Da un lato si può osservare che, specialmente nell’industria marittima, è vano ostinarsi a sostenere in vita le piccole imprese quando si vede dappertutto l’affermarsi e lo svilupparsi progressivo di potenti colossi; dall’altro lato, data la esiguità del tempo che ci separa dall’1 luglio 1910, è ben difficile sorgano in Italia molte imprese nuove, fornite del naviglio occorrente ad esercitare i servizi sovvenzionati. Le società esistenti rimarranno padrone del campo, del che è sintomo il gran discorrere odierno di un consorzio tra la Navigazione italiana, la Veloce, l’Italia ed il Lloyd italiano.

 

 

I miglioramenti recati nel progetto ai servizi sovvenzionati sono parecchi ed importanti. A parte le maggiori rapidità e comodità dei servizi con le isole, notiamo le proposte riguardo alla linea per l’estremo oriente. Il governo non l’aveva accolta, adducendo la gravità della spesa (lire 2.400.000) e l’attuale scarsezza dei traffici con quelle lontane regioni. La commissione parlamentare – e dobbiamo riconoscerne il merito – pensò che, disciplinando adesso i servizi marittimi per la durata di un ventennio, si darebbe prova di scarsa previdenza trascurando di allacciare fin d’ora rapporti commerciali con la Cina e col Giappone ove si appuntano le viste e si dirigono le attività delle più potenti nazioni. Frutto degli sforzi della commissione fu la linea Genova-Livorno-Napoli-Messina-Catania, alternata con Venezia-Ancona-Bari-Brindisi (eventualmente Alessandria)-Porto Said-Suez-Aden-Bombay-Colombo-Singapore-Hong Kong-Shanghai-Yokoama, che ogni quattro settimane congiungerà direttamente l’Italia con l’estremo oriente, con vapori di 12 miglia orarie e di 7.000 tonnellate e con un sacrificio per l’erario di 2 milioni e 200.000 lire all’anno. Citiamo ancora, fra le linee destinate ad aprire alle produzioni italiane i mercati più lontani, le linee bimestrali per il Messico e le repubbliche dell’America centrale, le quali metteranno Genova, Napoli e Palermo in diretta comunicazione con i porti americani del golfo del Messico, e la linea mensile che partendo da Buenos Aires, porto già frequentatissimo dalle nostre navi libere, toccherà Punta Arenas e giungerà a Valparaiso e il Callao mettendo così in comunicazione i nostri commercianti con le coste americane del Pacifico meridionale.

 

 

Né minori benefici deriveranno ai traffici dalla mitezza delle tariffe prescritte per i viaggiatori e per le merci. Quando si tratti di trasporti fra i porti del regno e da questi da e per quelli esteri dell’Adriatico e da e per quelli della Tunisia, della Tripolitania e della Cirenaica, fra l’Italia e la colonia Eritrea e fra i porti del Mar Rosso compresi fra Aden e Suez, i passeggeri, per i primi km pagheranno in prima classe da 6 ad 11 centesimi, in seconda da 3,80 a 6 ed in terza da 2 a 3,50 centesimi il km, a seconda che la velocità va da meno di 15 a più di 20 miglia all’ora. Dopo i 333 km si applicherà una riduzione del 20% sino a 1.000 km sulle tariffe unitarie; dopo 1.000 km la tariffa sarà ridotta alla metà.

 

 

Le merci di prima categoria pagheranno non più di 10 centesimi per tonnellata-chilometro per i primi km; di 5 da 100 a 200, di 3 da 200 a 300, di 2 da 300 a 400. La tariffa va decrescendo sino alla quarta categoria, la quale pagherà 3 centesimi per i primi 100 km e mezzo centesimo per il quarto centinaio di km. Dopo i 400 km tutte le merci pagheranno solo mezzo centesimo per tonnellata-chilometro. Alla quarta categoria sono ascritte le merci povere ed i prodotti agricoli, alla seconda le merci di lusso ed alla prima quelle di valore, concentrando nella terza tutte le altre merci che costituiscono il nucleo vero dei trasporti. Il beneficio delle nuove tariffe rappresenta una riduzione del 30% sui trasporti di prima e seconda categoria e del 50% sui trasporti di terza e quarta categoria in confronto delle tariffe vigenti.

 

 

Naturalmente i massimi valgono solo per le linee che sono più vicine all’Italia e si possono considerare linee interne, non essendo possibile stabilire praticamente massimi dei noli per vent’anni per le linee estere. Il comitato per i servizi marittimi avrà l’incarico di determinare, di regola con revisioni semestrali, i noli massimi per le altre linee internazionali, in misura non mai superiore a quella praticata dalle compagnie concorrenti.

 

 

Vantaggio grande per i viaggiatori e per i commercianti sarà dato dall’obbligo fatto tanto ai concessionari privati che all’azienda ferroviaria di stato di concordare le norme per il servizio cumulativo ferroviario e marittimo a base di tariffe contenenti prezzi globali. Solo così potrà darsi slancio ed espansione ai commerci italiani con profitto della marina mercantile e con universale vantaggio. Né possiamo finalmente dimenticare, in questa rapida rassegna delle caratteristiche precipue del disegno di legge, l’istituzione di un efficace servizio di allacciamento dei porti minori con quelli più importanti. Appena si cominciò a parlare delle nuove convenzioni piovvero a centinaia i voti delle minori città marittime, le quali domandavano l’approdo di linee internazionali nella speranza di dare incremento ai loro traffici. Soddisfare questi voti era tecnicamente impossibile, data la portata dei piroscafi adibiti alle linee internazionali, ed economicamente dannoso poiché l’eccessivo numero di approdi avrebbe distrutto il vantaggio della celerità e dell’efficacia delle linee dirette. Si pensò di ovviare a queste difficoltà, stabilendo adeguati servizi di allacciamento, obbligatori in numero di 52 all’anno per i concessionari delle grandi linee, a beneficio dei piccoli porti e delle rade, dove non possono accedere i piroscafi delle linee di esportazione. A questi trasporti dovranno applicarsi tariffe non superiori al minimo della prima zona, cosicché la spesa non possa mai superare, a seconda della merce, i 30-40 centesimi al quintale. Si opererà così il concentramento del carico in pochi porti, toccati dalle linee internazionali, obbedendo alla legge economica che disciplina i moderni trasporti, la cui trascuranza contribuì a mettere la nostra marina in stato di inferiorità rispetto al crescente poderoso sviluppo di altre marine europee.

 

 

Tutto sommato, il progetto di legge per le nuove convenzioni marittime può essere migliorato in parecchi punti; e parecchi altri lasciano adito a ragionevoli dubbi. Ma il meglio è nemico del bene; e sarebbe impossibile acconciarsi all’idea, messa innanzi da taluni, di sospendere la discussione del progetto per completarlo con proposte relative a punti affini; naviglio ausiliario da guerra, credito navale, regolamento del lavoro della gente di mare, casse invalidi della marina mercantile. Problemi degnissimi di studio. Ma l’1 luglio 1910 è vicino; ed il tempo perduto vuol dire minor probabilità per lo stato di ottener buoni patti dai concessionari privati.

 

 

 

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