Opera Omnia Luigi Einaudi

Le cronache economiche della guerra. Ricordi di Borsa della guerra del 1870-71 – I brevetti tedeschi in Inghilterra – I tedeschi e le miniere di ferro della Lorena francese.

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 17/11/1914

Le cronache economiche della guerra. Ricordi di Borsa della guerra del 1870-71 – I brevetti tedeschi in Inghilterra – I tedeschi e le miniere di ferro della Lorena francese.

«Corriere della sera», 17 novembre 1914

 

 

 

A Borse chiuse, si fanno in tutti i Paesi i più svariati pronostici intorno ai corsi che si avranno alla fine della guerra. Possono perciò riuscire istruttive notizie tratte dalle quotazioni dal 1870 al 1872. La guerra franco-prussiana ebbe una ripercussione economica di gran lunga minore della guerra attuale; tanto che le Borse rimasero quasi sempre aperte, salvo una interruzione alla Borsa di Parigi dal 9 settembre 1870 al 10 febbraio 1871; e non è possibile dedurne quindi conclusioni applicabili senz’altro alla guerra attuale.

 

 

Ad ogni modo, è interessante notare come la rendita francese 3%, la quale quotava 74 franchi al 28 marzo 1870, al 30 giugno era ancora a 72.80. Dichiarata la guerra il 19 luglio, i corsi precipitano il 20 a 64,25, per cadere il 9 settembre, ultimo giorno di Borsa, a 52.60. Alla riapertura, il 10 febbraio, i corsi erano anche più bassi, a 50.50 e si mantengono suppergiù a tale livello per due mesi: al 31 marzo quotasi 50.40. In maggio comincia la ripresa ed al 12 maggio siamo a 53.50; ma è ripresa lenta e contrastata, sia per l’impressione del disastro nazionale sia per la concorrenza che al titolo 3% fanno i nuovi 4,1/2 e 5% emessi per pagare l’indennità di guerra; ancora al 30 marzo 1872 siamo a 56.50. Il nuovo titolo 5%, che al 12 maggio 1871 quotava 82, alla fine dicembre era salito a 92.50. Tra gli altri valori, si può citare l’italiano 5%, che da 60, corso del 30 giugno, era precipitato alla Borsa di Parigi a 42.50 al 20 luglio, per risalire poi gradatamente a 70.50 il 31 dicembre. Il 3% spegnendo, il quale quotava 32 alla vigilia della guerra, il 20 luglio precipita a 22 e solo il 3 dicembre 1871 tornava a 34.

 

 

Contegno più brillante tennero alcuni titoli azionari, la Banca di Francia da 2860 al 30 giugno cade a 2330 il 9 settembre; ma poi subito si rialza ed anche nei più brutti giorni della Comune vede prezzi migliori, finché può chiudere il 1871 col corso di 3600. I rischi degli Istituti di emissione sono notevoli in tempo di guerra; ma sono ragguardevoli anche i benefici.

 

 

Invece le azioni del Credit foncier, le quali valevano 1755 al 3 gennaio 1870, ed ancora 1325 al 30 giugno, caddero al disotto del 1000 ed ancora al 30 marzo 1870 quotavano solo 925. Segnarono perdite, non molto rilevanti, però, le ferrovie: la Paris-Lyon che al 30 giugno quotava 1035 cadde a 789 il 31 marzo 1871, risollevandosi a 905 il 30 settembre 1871.

 

 

Le vittorie prussiane diedero invece molta animazione ai corsi di Berlino: il prestito prussiano 5% che al 2 luglio 1870 valeva 102.10, cadde ad 87 il 19 luglio, giorno della dichiarazione della guerra; ma subito le prime vittorie lo fanno risalire; ed il 15 settembre si trovava a 98,50 ed il 2 marzo 1871 toccava al 101; ne` dopo perdeva più la pari. Le azioni della Deutsche Bank da 101, corso del 2 luglio, cadono a 90 il 19, ma il 29 dicembre erano ritornate alla pari ed il 30 marzo 1872 toccavano il corso di 118. Brillantissima fu la carriera borsistica di talune azioni minerarie, in conseguenza dell’enorme slancio preso dalle industrie paganti subito dopo la guerra fino a che la celebre crisi del 1873 non diffuse lo squallore in tutti i centri finanziari del mondo. La compagnia mineraria Harpner vide le sue azioni, quotate a 108 il 2 luglio, cadere ad 88 il 19 luglio; ma riguadagnavano la pari al 15 settembre, e dopo un progresso ininterrotto toccavano il corso di 278 al 30 marzo 1872.

 

 

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Sul continente e specialmente in Germania produsse grande emozione l’annuncio che il Parlamento inglese aveva votato una legge con la quale erano revocati e dichiarati nulli i brevetti per invenzioni industriali, appartenenti a cittadini di Stati nemici. Preso così alla lettera, l’annuncio era tale da impressionare non solo gli interessati, ma altresì l’opinione pubblica dei paesi neutrali. Sarebbe stata la confisca senza indennità della proprietà privata dei cittadini appartenenti a Stati nemici: e sarebbe stata una macchia indelebile sul buon nome dell’Inghilterra. Fortunatamente, una più attenta lettura dei testi di legge e le dichiarazioni esplicite del controllore dell’ufficio dei brevetti consentono di giungere a conclusioni molto differenti. Se il parlamento non avesse legiferato, moltissimi brevetti stranieri sarebbero automaticamente decaduti, perché i loro possessori si sarebbero trovati nella impossibilità materiale e legale di compiere quegli atti, adempiere quelle formalità e pagare quelle tasse le quali sono indispensabili per la continuata validità del brevetto. La legge nuova autorizza il controllore a sospendere la procedura ed a prolungare i termini per il compimento di ogni atto necessario alla conservazione della validità del brevetto sino a 6 mesi dopo la fine della guerra. Norma questa, la quale deve essere considerata utilissima per i possessori stranieri di brevetti. Sono sospese anche le procedure per la concessione dei nuovi brevetti e così pure le opposizioni dei cittadini inglesi alle domande inoltrate da stranieri nemici.

 

 

Per contrapposto i cittadini possono chiedere a proprio favore la sospensione o la temporanea abolizione dei brevetti stranieri esistenti. Questo è il punto che ha fatto gridare alla confisca. In realtà esso ha per iscopo: 1) di impedire che il concessionario inglese di un brevetto straniero decadesse dalla concessione quando egli, di fatto e di diritto, non potesse pagare i canoni fissati al possessore straniero. In virtù della legge, egli conserverà la concessione, ed i canoni verranno versati allo Stato, il quale li tratterrà sino alla fine della guerra per conto del possessore straniero del brevetto; 2) impedire che diventi impossibile fabbricare in Inghilterra oggetti tutelati da un brevetto appartenente ad uno straniero nemico. In tal caso il controllore potrà concedere al fabbricante inglese di usare il brevetto, salvo alle Corti inglesi di fissare il canone che egli dovrà pagare al possessore straniero del brevetto durante il periodo della concessione. Non confisca dunque; ma concessione dell’uso dei brevetti di stranieri dietro pagamento agli stranieri di un equo canone da fissarsi dalle Corti.

 

 

Gli stranieri possono lagnarsi dell’insufficienza del canone; ma, astrazion fatta dalle dichiarazioni del controllore di voler procedere con tutta equità, se la nuova legge non fosse stata votata, essi sarebbero caduti sotto la sanzione delle leggi precedentemente vigenti, le quali comminano la decadenza dei brevetti contro chi non li usa nel territorio inglese. Tutte le legislazioni comminano la decadenza in caso di non uso dei brevetti; né tengono conto della impossibilità di usarli; cosicché la norma inglese costituisce ancora un minor male in confronto alle norme ordinariamente vigenti. Il guaio grosso è stata la guerra, che ha perturbato tutti i rapporti giuridici ed ha costretto i Governi a legiferare in via provvisoria su problemi ardui.

 

 

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Se i tedeschi si lamentano, con evidente esagerazione, della condotta degli inglesi rispetto ai brevetti, è da sperare che siano altrettanto esagerate le apprensioni dei francesi rispetto al loro grande bacino di minerali di ferro della Lorena francese.

 

 

Forse, se la ricchezza di questi giacimenti fosse stata conosciuta nel 1670, Bismarck avrebbe insistito per annettere alla Germania tutta e non una parte sola della Lorena. Ma fu solo dopo che fu inventato il celebre processo Thomas-Gilchrist di defosforazione del ferro, che i giacimenti lorenesi, e specie del circondario di Briey, acquistarono importanza. La prima concessione fu data nel 1884, ed oggi le ricerche fatte permettono di valutare in 3 miliardi di tonnellate di minerale di ferro la massa depositata nel sotto suolo della Lorena francese, il che equivale a dire che questi giacimenti sono i primi del mondo. Mentre ancora nel 1890 la produzione dell’intiera Francia raggiungeva appena 3.47 milioni di tonnellate, di cui 2.63 forniti dalla Lorena francese, contro 8.05 prodotti in Germania (di cui 3.26 nella Lorena tedesca), nel 1912 la produzione della Francia era salita a 19.16 milioni di tonnellate (di cui 17.24 milioni prodotti nella Lorena francese, e cioe` a Briey, Longwy e Nancy), mentre la produzione della Germania era salita a 27.20 milioni di tonnellate, di cui 20.08 nella Lorena tedesca. Il progresso francese fu dunque proporzionatamente più rapido; e si deve notare che nel 1913 la produzione della Lorena francese giunse a 19.81 milioni di tonnellate stringendo ben da vicino la produzione della Lorena tedesca, che si calcolava in pochi anni dovesse essere superata.

 

 

Già prima della guerra i francesi erano assai preoccupati dal pensiero che un buon quinto delle miniere lorenesi erano di proprietà o sotto l’influenza di grandi società minerarie e metallurgiche tedesche, come Thyssey, Phonix, Gelsenkirchen, Hoesch, ecc, ecc. Oggi poi l’intiero bacino è stato posto in mano all’amministrazione civile tedesca: ed a lato dei funzionari governativi i giornali tedeschi annunciano la prossima nomina di un Consiglio di rappresentanti delle industrie minerarie e siderurgiche germaniche. Durerà a lungo questa gestione delle miniere lorenesi nell’interesse dell’industria tedesca?

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