Opera Omnia Luigi Einaudi

Le imposte nuove ed il prestito dei 9 miliardi in Inghilterra

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/12/1914

Le imposte nuove ed il prestito dei 9 miliardi in Inghilterra

«Corriere della sera», 1 dicembre 1914

 

 

 

La seduta del 17 novembre 1914 rimarrà storica negli annali del Parlamento britannico. Il discorso sul bilancio del signor Lloyd George ha rievocato nell’aula solenne del Parlamento di Westminster l’eco dei grandi discorsi finanziari di William Pitt durante le guerre rivoluzionarie e napoleoniche, e di Gladstone durante la guerra di Crimea.

 

 

Ricapitoliamo i precedenti. Le guerre contro la Francia rivoluzionaria e contro Napoleone durarono 20 anni e costarono all’Inghilterra 831 milioni di lire sterline (circa 20,8 miliardi di lire italiane); a cui si fece fronte con 440 milioni di prestiti e 391 milioni di imposta. Per molti anni le entrate tributarie dello Stato oscillarono fra i 50 ed i 70 milioni di lire sterline annue, in che, tenendo conto che il reddito nazionale degli inglesi in quel tempo non superava i 250 milioni di lire sterline, significa che, pur di vincere, gli inglesi non dubitarono di consacrare alle spese pubbliche dal 20 al 30 per cento del loro reddito annuo.

 

 

La guerra di Crimea costò L. st. 67.300.000 ed il Gladstone, il quale esclamava che le spese di guerra erano «il freno morale messo dall’Onnipotente all’ambizione ed al desiderio di conquista» e dovevano quindi gravare sui contribuenti dell’oggi e per quanto era possibile non dovevano essere scaricate sulla posterità, repartì il peso fra il debito per 32 milioni e le imposte per 35.5 milioni di lire sterline.

 

 

La guerra anglo-boera costò 217.106.000 lire sterline (circa 5 miliardi e mezzo di lire italiane); e di queste il cancelliere conservatore dello Scacchiere Sir Michael Hicks-Beach (ora Lord Saint-Udwin) ne distribuì 67.684.000 sui contribuenti e 149.482.000 sul debito pubblico.

 

 

A questa regola aurea, di ripartire il costo della guerra sulle imposte e sul debito, richiedendo prima ai contribuenti il massimo sforzo possibile e pel rimanente ricorrendo allo strumento assai più elastico e prontamente redditizio del debito, si è attenuto anche l’attuale cancelliere dello Scacchiere. Ed io sono convinto che il signor Llyod-George passerà alla storia, non per le sue passate riforme finanziarie e sociali, assai poco originali: ed in sostanza poco interessanti, ma per il suo discorso sul bilancio del 17 novembre, nel quale ebbe il coraggio – non piccolo in un uomo frenetico di novità e smanioso di far colpo, come egli era stato sin qui – di seguire fedelmente le grandi tradizioni dei maestri della finanza inglese nel secolo XIX.

 

 

Le previsioni per l’esercizio in corso, dall’1 aprile 1914 al 31 marzo 1915 – comprendente perciò solo i primi 8 mesi di guerra – si presentavano così:

Entrate previste

L.st.206.924.000

Perdita sulle entrate ordinarie in conseguenza della guerra

11.128.000

Entrata corretta

L.st.195.796.000

Spesa prevista, compresa quella di guerra

L.st.535.367.000

Deficit previsto

L.st.339.571.000

 

 

Il totale è grandioso: 340 milioni circa di lire sterline (8 miliardi e mezzo di lire italiane) di disavanzo, dovuto per lire sterline 11.128.000 alle minori entrate e per 328.113.000 alle spese proprie di guerra.

 

 

Come si provvede al disavanzo?

 

 

Imposte nuove

L. st. 15.500.000

Sospensione del fondo di ammortamento del debito pubblico

2.750.000

Prestiti già conchiusi (buoni del tesoro emessi nei mesi scorsi)

91.000.000

Parte del ricavo di un nuovo prestito di L. 350.000.000

230.321.000

 

L. st. 339.571.000

 

 

La sospensione del fondo di ammortamento del debito pubblico vuol dire che, mentre secondo il bilancio normale si sarebbe dovuto destinare una somma di L.st. 2.750.000 ad estinguere il debito antico, oggi si reputa inopportuno continuare ad estinguere debiti vecchi mentre si contraggono tanti debiti nuovi: cosicché quella somma, tratta dalle imposte già vigenti, viene consacrata alle spese della guerra.

 

 

Tuttavia, sebbene il contributo delle imposte alla copertura delle spese di guerra venga aumentato a 18.250.000 lire sterline, a primo aspetto questa cifra fa una figura meschina in confronto ai 321 milioni che si chieggono al prestito. Sarebbe però ingiusto di dedurre da ciò, che gli inglesi d’oggi siano meno patriottici degli inglesi del tempo di Pitt, di Gladstone o di Lord St. Aldwin; e che sia pure retorica la frase del signor Lloyd George, in cui dichiarò essere questo il tempo in cui dai cittadini si attende che diano tutto: comodi, ricchezze, salute, membra e vita alla causa della patria. Non bisogna dimenticare invero che siamo ai due terzi dell’annata finanziaria e che le nuove imposte daranno soltanto in quest’anno un terzo del rendimento ordinario, ed anzi le imposte sui consumi daranno assai meno, perché bisognerà prima esaurire le riserve accumulate presso gli importatori ed i commercianti col regime delle imposte antiche.

 

 

L’anno venturo il rendimento delle nuove imposte sarà assai più rilevante:

 

 

 

1914-915

1915-916

 

(4 mesi)

(anno int.)

Imposta sui redditi

L.st.11.000.000

38.750.000

Sovrimp. Sul redd. glob.

1.500.000

6.000.000

Imposta sulla birra

2.500.000

17.600.000

Imposta sul tè

950.000

3.200.000

 

L.st.15.950.000

65.550.000

Abbuoni diversi

450.000

550.000

 

L.st.15.500.000

65.000.000

 

 

Se si riflette che le imposte (ad esclusione cioè del reddito dei servizi pubblici, come poste e telegrafi, che non vanno comprese tra le entrate tributarie) erano calcolate per l’anno in corso, per un rendimento di 171 milioni di lire sterline, questo aumento di 65 milioni, ossia del 38 per cento, proposto ed accettato tranquillamente, senza batter ciglio, è uno spettacolo magnifico, che commuove e fa pensare che l’impero inglese è ancora una cosa viva, operosa, profondamente sentita dai suoi cittadini.

 

 

Tanto più commuove, in quanto, pur avendo chiesto, come era doveroso, un tributo anche alle classi più numerose, aumentando di 10 centesimi il prezzo della pianta di birra e portando da 5 ad 8 pence (da 50 ad 80 centesimi circa) il dazio sulla libbra di tè, lo sforzo massimo viene chiesto ai redditi medi ed alti. L’aliquota dell’imposta, sia della imposta ordinaria sui redditi – da 4000 lire italiane in su – sia della sovrimposta sul reddito globale, da 75.000 lire in su viene addirittura raddoppiata. Non è possibile di entrare nei particolari intorno all’incidenza di questa imposta, la quale è divenuta assai complessa in seguito alle ultime riforme. Dirò soltanto che la maggior parte dei reddito tassato pagherà, se reddito di lavoro, di professioni, di industrie e commerci personali, invece del 3.60 per cento attuale, il 4 per cento durante il 1914-915 ed il 7.20 per cento durante il 1915-916; se reddito di capitale ovvero di industrie o commerci esercitati sotto forma di società anonime o somiglianti, invece del 6 per cento odierno, l’8 per cento durante il 1914-915 ed il 12 per cento nel 1915-916. Per i redditi grossissimi bisognerà tener conto della super-tax o sovrimposta sul reddito globale, che porterà il gravame per i redditi massimi al 25-30 per cento in tutto.

 

 

Vedasi, dunque con quali mezzi semplicissimi si ottengono i miliardi di nuove imposte in Inghilterra! Risultati stupendi, che hanno però a loro condizione essenziale la tenuità delle aliquote di base. È possibile in Inghilterra raddoppiare l’imposta sul reddito, e forse, se la guerra dura, sarà possibile triplicarla perché in tempo di pace si aveva avuto la prudenza di non andare oltre il 3.60 per cento per i redditi di lavoro ed il 6 per cento per i redditi di capitale. In Italia, ahimè, con aliquote di guerra permanenti in tempo di pace, l’esempio mirabile sarebbe di difficile imitazione; e l’aumento doveroso di imposte bisognerebbe richiederlo sovratutto aumentando, con una più rapida ed onesta tassazione, la produttività delle imposte esistenti, principale mezzo con cui, per unanime opinione di tutti gli agenti delle imposte, sarebbe possibile crescere da noi il gitto dei tributi!

 

 

Le proposte dal signor Lloyd-George, nella stessa guisa che lasciano all’esercizio venturo 1915-916 l’eredità di 65 milioni di nuove entrate tributarie, così lasciano pure l’eredità di una cospicua parte del grande prestito di 350 milioni oramai compiuto. L’esercizio corrente 1914-915 ne assorbirà invero, come si vide sopra, soltanto 230.321.000 lire sterline: e siccome il prestito, di nominali 350 milioni, essendo emesso al corso del 90 per cento, frutterà 332.800.000 lire sterline, rimarranno 108.179.000 lire sterline disponibili per l’esercizio 1915-916, atte a condurre la guerra innanzi dopo l’1 aprile sino all’1 luglio del 1915.

 

 

Le modalità tecniche del prestito enorme sono assai interessanti.

 

 

Trattavasi di assicurare il successo del prestito più grande che mai si sia veduto nella storia. Già quello tedesco di 3 miliardi e mezzo di lire italiane era parso tale da superare gli sforzi di immaginazione anche della gente abituata alle cifre grosse: cui era stato un successo davvero meraviglioso. Ma questo inglese, di quasi 9 miliardi di lire italiane, è strabiliante. Anche senza volere dare troppa importanza al fatto che esso fu sottoscritto le parecchie volte – cosa inevitabile, dato che il signor Lloyd George fissò la cifra totale massima delle sottoscrizioni in 350 milioni di lire, cosicché ognuno sottoscrisse per una somma maggiore della desiderata per ottenere questa, mentre la Germania, e così pure l’Austria, dichiararono di accettare tutto il sottoscritto, onde nessuno sottoscrisse per una somma maggiore di quella realmente desiderata – trattavasi pur sempre di un’ardua impresa. Il mezzo più semplice dapprima era parso un prestito al 4 per cento da emettersi alla pari: ma lo si scartò, perché i finanzieri e banchieri interpellati dichiararono unanimi che un tipo 4% avrebbe fatto troppa concorrenza al vecchio consolidato 2 e 1/2%. Buona o cattiva che fosse la ragione, si credette più opportuno di scegliere il tipo 3,1/2%, ma poiché lo si emise al prezzo di 95 lire effettive e poiché lo Stato si è obbligato a rimborsarlo alla pari all’1 marzo 1928, ossia fra 13 anni, circa, il reddito effettivo del titolo, tenendo conto del minor prezzo e delle 5 lire di premio al rimborso, batte sul 4 per cento. Siccome non è detto che il titolo sia esente dall’imposta sul reddito, anzi debbo ritenere per fermo che esso ne sia colpito così in realtà il reddito netto per il capitalista oscillerà fra il 3 ed il 4%, più o meno a seconda che si tratta di piccolo capitalista esente ovvero di grossissimo colpito dalla imposta e dalla sovrimposta, di imposte di pace o di imposte di guerra.

 

 

Ottenere, in tempo di guerra, 9 miliardi a simili bassi tassi di interessi è fatto che tiene del miracoloso.

 

 

Notabile è ancora la circostanza che sono escluse le piccole sottoscrizioni inferiori alle 100 lire sterline (o 2500 lire italiane); e ciò, come esplicitamente avvertì il signor Lloyd George, per evitare che i depositanti delle cause di risparmio ritirassero i loro depositi per sottoscrivere al prestito. Cosa la quale avrebbe ingrossato inutilmente le cifre della sottoscrizione, senza nessun vantaggio del tesoro.

 

 

A rendere popolare il prestito fra le banche, le case di sconto, i commercianti e gli industriali, il Cancelliere dello Scacchiere comunicò alla Camera dei Comuni la seguente dichiarazione ufficiale della Banca d’Inghilterra: «La banca dichiara di essere disposta per un periodo di tre anni, ossia fino al 1 marzo 1918, a fare anticipazioni sui titoli del prestito di guerra fino al limite del prezzo di sottoscrizione, ossia fino a 95 lire, senza margine, ad un interesse dell’1 per 100 inferiore al tasso ufficiale dello sconto».

 

 

Questa è un’imitazione del metodo seguito in Germania; ma raffinata al punto da mutare l’intiero prezzo di sottoscrizione. Ciò indica che la fiducia della Banca nella solidità del titolo è incrollabile: e deve essere stata una delle ragioni principali del successo grande del prestito, per la sicurezza data ai capitalisti di poter per i tre anni prossimi convertire ad ogni momento il titolo in denaro, mercé una operazione di anticipazione.

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