Opera Omnia Luigi Einaudi

L’imposta progressiva successoria

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 18/03/1901

L’imposta progressiva successoria

«La Stampa», 18 marzo 1901

 

 

 

È uno dei capisaldi del programma finanziario del Ministero presente. L’imposta sulle successioni moderatamente progressiva si raccomanda come uno strumento fiscale che intende a colpire le fortune maggiori nel loro trapasso di proprietà da una persona ad un’altra e ad integrare, compensandone i difetti e le lacune, il sistema delle imposte dirette ed indirette.

 

 

Nella nostra legislazione il principio della progressività nell’imposta successoria è applicato già per quello che si riferisce ai gradi di parentela.

 

 

Così, mentre l’imposta colpisce le successioni fra ascendenti e discendenti coll’aliquota del 2 02 per cento, l’aliquota sulle successioni fra sposi sale al 5 40 per cento; sui lasciti ad istituti di beneficienza al 6 per cento; ed è dell’8 40 tra fratelli e sorelle, del 10 20 tra zii e nipoti, del 14 40 tra cugini, del 15 60 tra parenti sino al 10.o grado e del 18 per cento fra estranei.

 

 

Secondo il nuovo disegno di legge, all’antico principio della progressività per ordine di parentela, si aggiungerebbe il novello principio della progressività per ordine di fortune, in parte diminuendo ed in parte mantenendo intatta l’aliquota sulle fortune minori, ed accrescendola progressivamente, sulle fortune maggiori.

 

 

Eccone le modalità: Una prima categoria comprenderebbe le fortune inferiori a 50,000 lire. Queste, senza alcuna detrazione, sarebbero colpite da un’aliquota variabile dall’1 60, più i due decimi, ossia dell’ 1 92 per cento per le trasmissioni in linea retta, al 16 per cento (più 2/10, ossia del 19 20 per cento) per le trasmissioni fra parenti oltre il decimo grado e tra estranei.

 

 

Alla seconda categoria appartengono i patrimoni da 50 a 150 mila lire, i quali sarebbero colpiti con un’aliquota variabile dal 2 al 18 per cento (oltre i due decimi) secondo i gradi di parentela.

 

 

Siccome però applicando la medesima aliquota, ad esempio del 2 per cento per le trasmissioni in linea retta per tutti i patrimoni compresi tra le 50 e le 150 mila lire, la progressività, pur esistendo in confronto dei patrimoni inferiori alle lire 50 mila, non sarebbe più esistita per i patrimoni compresi in questa medesima categoria, così dall’impossibile accertato si detrae la somma fissa di 2000 lire; e questa detrazione costante costituisce una riduzione dell’imposta che, relativamente all’imposta totale, è tanto più piccola quanto più elevato è l’imponibile.

 

 

Ad esempio, un patrimonio di 50,000 lire paga il 2 per cento su 50,000 meno 2000 lire di detrazione fissa, ossia il 2 per cento su 48,000 lire, il che corrisponde all’1 92 per cento su 50,000 che è il reale imponibile. Invece un patrimonio di 150,000 lire pagando il 2 per cento su 150,000 meno 2000 lire, ossia il 2 per cento su 148,000 lire, viene a pagare l’1 973 per cento su 150,000 lire, che è il reale imponibile. Per quanto leggermente, anche nell’ambito della medesima categoria, l’aliquota dell’imposta cresce dall’1 92 all’1 97 per cento.

 

 

Alla terza categoria appartengono i redditi da 150,000 a 500,000 lire, i quali sono colpiti, previa la solita detrazione di 2000 lire dall’imponibile, da un’aliquota variabile dal 3 50 al 19 per cento, oltre i due decimi addizionali.

 

 

All’ultima categoria appartengono i redditi superiori alle lire 500,000 colpiti (previa la solita detrazione di 2000 lire e con l’aggiunta a farsi dei due decimi), da un’aliquota che va dal 5 al 20 per cento. Riassumendo, le eredità trasmesse tra genitori e figli, che son quelle che sono meno tassate, pagheranno invece dell’uniforme 2 02 per cento attuale, un’aliquota, compresi i decimi, dell’1 92 per cento se inferiori a 50,000 lire, del 2 40 per cento se tra 50 e 150 mila lire, del 4 20 per cento se tra 150 e 500,000 lire, e del 6 per cento se superiori a mezzo milione. Le eredità trasmesse ad estranei, tassate ora col 18 per cento, pagheranno il 19 20 per cento compresi i due decimi, se inferiori a 50 mila lire, il 21 60 per cento se tra 50 e 150 mila lire, il 22 80 se tra 150 e 500,000 lire ed il 24 per cento se superiori al mezzo milione.

 

 

Da ogni progressività saranno esenti le eredità lasciate ad Istituti di beneficenza che continueranno a pagare, per qualsiasi somma, l’aliquota attuale del 6 per cento compresi i due decimi.

 

 

A noi pare che il sistema proposto dal Ministero sia accettabile in principio, data la necessità di far partecipare maggiormente le classi superiori ai gravami tributari a cui esse ora si sottraggono proporzionalmente al gravame che per le imposte sui consumi colpisce le classi povere.

 

 

Ci sembra altresì il disegno commendevole perché rifugge da quelle esagerazioni nell’accrescimento dell’aliquota che avrebbero potuto condurre alla confisca a breve o lungo andare dell’asse ereditario. Dal punto di vista tecnico, il problema di far procedere la progressione senza troppi sbalzi, operando in modo che la aliquota cresca ininterrottamente e non a scaglioni è altresì abbastanza bene risolto. Solo avremmo desiderato che la quota di detrazione fosse stata fissata in una cifra superiore alle duemila lire, perché con essa nel seno di ogni categoria la progressione esiste bensì, ma è quasi irrilevante.

 

 

Abbiamo visto invero che una fortuna minore di 50,000 lire paga, per le trasmissioni in linea retta, l’1 60. Una sostanza di 50,000 lire paga il 2 per cento su 50,000 meno 2000 uguale 48,000 lire, ossia l’1 92 per cento e l’aliquota cresce all’1 97 per le fortune di 150,000 lire. La progressione c’è entro la categoria da 50 a 150 mila lire e va dall’1 92 all’1 97; ma è irrilevante.

 

 

Se invece la quota di detrazione fosse stata fissata a 10,000 lire, una sostanza di 50,000 lire avrebbe pagato l’1 60 per cento; e la sostanza di 150,000 lire avrebbe pagato l’1 86 per cento con una differenza più marcata.

 

 

Forse anche sarebbe stato più pratico fare un numero maggiore di categorie: dieci invece di quattro. L’unico inconveniente sarebbe stato quello, trascurabilissimo, di dover redigere delle tabelle un po’ più ampie da spedire ai ricevitori del registro.

 

 

In Inghilterra, ad esempio, l’Estate Duty progressivo introdotto nel 1894 colpisce le fortune dividendole in dodici categorie, e colpendo in linea retta coll’1 per cento le fortune tra le 100 e le 500 lire sterline e coll’8 per cento le fortune superiori ad 1 milione di sterline.

 

 

L’erario italiano non può sperare di raggiungere coll’imposta progressiva successoria i meravigliosi risultati ottenuti in Inghilterra, dove, per cagion sovratutto dei nuovi sistemi di imposizione, il gettito aumentò da 207 milioni di lire italiane nel 1888 a 460 milioni di lire nel 1900. Ma qualche cosa si otterrà, per quanto forse nei primi anni sovratutto le previsioni ministeriali di un aumento di 7 milioni possano non verificarsi nei fatti.

 

 

Le classi dirigenti italiane opereranno saggiamente a non voler sottrarsi ad un gravame il quale non è eccessivo ed è destinato a togliere dalla nostra legislazione tributaria alcune stridenti ingiustizie che da tempo chieggono un rimedio.

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