Opera Omnia Luigi Einaudi

Minacce germaniche all’agricoltura italiana

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 19/04/1900

Minacce germaniche all’agricoltura italiana

«La Stampa», 19 aprile 1900

 

 

 

L’opinione pubblica italiana, di solito così indifferente a tutto quanto si riferisce al regime doganale, è stata negli ultimi giorni vivamente commossa alla notizia che gravi pericoli si minacciano alle nostre esportazioni per opera del partito degli agrari in Germania. Questo partito medita di accrescere ad una misura quasi proibitiva i dazi di entrata sulla massima parte dei prodotti del suolo, o che dal suolo derivano, che l’Italia esporta nell’Impero germanico.

 

 

La minaccia non è a breve scadenza, perché i trattati attuali hanno vigore sino alla fine del 1903, ma è tanto grave da meritare un’attenta disamina. La posizione della Germania, come mercato per i nostri prodotti, è di primaria importanza. Ecco come il Sabbatini, autore di un ottimo scritto Per le nostre esportazioni (Milano, Vallardi, 1900) descrive la posizione reciproca dei diversi mercati verso cui si rivolge la corrente di merci esportate dall’Italia:

 

 

«Una buona metà delle esportazioni italiane si sfoga sui mercati finitimi: Germania, Svizzera, Francia ed Austria. Sono ben 550 milioni di nostri prodotti secondo le statistiche locali, 580 secondo le statistiche italiane, che vengono assorbiti ogni anno da questi mercati. Le altre nostre esportazioni, per circa 500 milioni di lire, si frazionano fra tutti gli altri paesi, scendendo per la grande maggioranza di essi a limiti molto bassi.

 

 

Si può in sostanza dividere il nostro commercio d’esportazione, per valore, in tre gruppi. Primo e più importante quello che abbraccia i paesi finitimi, in ciascuno dei quali, negli ultimi anni, abbiamo importato da 120 a 170 milioni di lire, sempre secondo le statistiche rispettive. A questo gruppo si possono aggiungere le esportazioni negli Stati Uniti e nella Gran Bretagna ed anche quelle nell’Argentina, che in questi ultimi anni hanno raggiunto un notevole sviluppo.

 

 

Nel secondo gruppo sono compresi i paesi che ricevono da noi da 10 a 30 milioni di lire: Russia, Belgio, Spagna, Egitto, Rumania, Indie inglesi, Olanda, Uruguay.

 

 

Nel terzo gruppo trovano posto i paesi nei quali le nostre esportazioni sono inferiori ai 5 milioni annui: Chilì, Bulgaria, Svezia, Grecia, Danimarca, Messico, ecc.»

 

 

A capo del primo gruppo sta la Germania, la quale riceve da noi 180 milioni di lire circa all’anno. Il colpo dato al nostro commercio se gli agrari tedeschi riuscissero a chiuderci le porte in faccia, sarebbe gravissimo sia in sé, sia perché il mercato tedesco presenta una possibilità di assorbimento ben superiore all’attuale. Infatti, benché la Germania sia il massimo mercato nostro, noi siamo di gran lunga distanziati da altre nazioni.

 

 

Di fronte ad un totale di 5 miliardi e 850 milioni di importazioni, la Russia introduce 785 milioni di lire, la Gran Bretagna 685 milioni, l’Austria 684 milioni, gli Stati Uniti 660 milioni, la Francia 287 milioni, il Belgio 216 milioni e la Svizzera 191 milioni. Noi veniamo appena all’ottavo posto, e non sarebbe infondata la speranza che col perfezionamento degli ordinamenti commerciali noi potessimo conquistare una più larga parte nel compito di approvvigionare quel grande e ricco mercato. Purtroppo se gli agrari vinceranno noi non potremo mantenere più nemmeno l’attuale posizione. La seguente tabella può dare un’idea del danno che ne deriverebbe a noi. Vi sono indicate per ogni derrata o merce le cifre della esportazione totale dall’Italia e della esportazione speciale verso la Germania, onde far rilevare l’importanza che questo mercato ha per noi rispetto al complesso dei nostri sbocchi.

 

 

 

Quantità esportate in complesso

Quantità esportate nella Germania

Vino in Botti Ettol.

2,386,964

240,512

Erbe, fiori, foglie, licheni, radici Quint.

31,808

6,224

Legni, radiche per tinte e concia id.

377,609

32,496

Canapa greggia id.

485,435

113,900

Lane naturali e sudicie id.

26,810

3,617

Trecce di paglia id.

23,160

2,929

Castagne Tonn.

15,673

1,349

Patate id.

40,818

14,113

Frutta fresche Quint.

702,516

359,274

Frutta secche id.

318,922

58,210

Semi non oleosi id.

26,260

7,991

Panelli di noce, ecc. id.

82,090

37,074

Prodotti vegetali id.

733,047

193,375

Pollame id.

103,585

31,712

Uova di pollame id.

337,977

63,001

 

 

Il danno sarebbe gravissimo sovratutto per il vino, le patate, le frutta fresche e secche, i pannelli, i prodotti vegetali, il pollame e le uova. Di fronte a questa minaccia che cosa fare?

 

 

Abbiamo visto alcuno proporre una Lega latina di difesa doganale contro i paesi del nord a scopo di rappresaglia. Francamente l’idea ci sembra strana. La causa la quale dà origine ad intensi rapporti commerciali è la diversità di clima, di temperatura e di culture agrarie, la variazione nelle manifatture e nelle arti. Paesi che producono derrate e merci diverse hanno interesse grandissimo a scambiare fra di loro, e quanto più questa diversità è grande, tanto più intensi potranno essere gli scambi.

 

 

Ora è difficile che la Francia, l’Italia, la Spagna, la Grecia ed in genere le nazioni latine possano avere occasione a scambiare su larga base molta frutta e pollame e uova, ecc., che esse tutte producono. Una politica doganale più liberista gioverà certamente ad intensificare gli scambi tra questi paesi, sovratutto sotto altri rispetti. Perciò noi desideriamo che si prosegua più alacremente nella buona via su cui timidamente ci siamo incamminati col trattato di commercio colla Francia. Ma il supporre che una Lega doganale difensiva coi paesi latini possa bastare a compensare i danni di una chiusura del mercato tedesco ci sembra assurdo.

 

 

Converrà perciò che i nostri negoziatori nel 1903 facciano tutto il possibile per non lasciar peggiorare e forse anche per migliorare la nostra posizione doganale rispetto all’impero tedesco. L’impresa non sembra impossibile.

 

 

È vero che gli agrari sono forti e potenti; ma di qui a tre anni le cose possono mutare ed il Paese può essersi persuaso dei pericoli a cui la Germania va incontro adottando una politica di esclusione a profitto di una minoranza di proprietari terrieri.

 

 

Adottando provvedimenti esclusivi contro gli Stati Uniti, la Germania corre rischio di alienarsi l’animo dei milioni di tedeschi domiciliati sul suolo della Confederazione americana, i quali sono appunto i maggiori produttori del grano, delle carni, dei salumi importati in Germania. Del pari adottando provvedimenti esclusivi contro l’Italia è ragionevole che la Germania tema di alienarsi politicamente gli animi della sua alleata. La Triplice alleanza è sempre stata combattuta da una parte degli italiani; e non è certo un buon sistema per rinsaldare quei vincoli il danneggiare in ogni modo le nostre esportazioni apportandoci gravi danni economici. Difficilmente potrebbe mantenersi un’alleanza politica fra due nazioni l’una contro l’altra armate con alti dazi e con vessazioni doganali di ogni genere. I negoziatori italiani, se saranno autorizzati a fare appello a queste ragioni politiche, avranno facile vittoria sulle intemperanze protezioniste degli agrari tedeschi.

 

 

Si aggiunga che gli agrari nella Germania medesima rappresentano un partito del passato. La potenza del numero e della ricchezza spetta non agli agrari ma agli industriali, ai commercianti ed agli operai. Ora i commercianti e gli operai di loro natura sono portati a volere la libertà degli scambi. I primi perché essa favorisce lo sviluppo dei traffici ed accresce perciò i loro guadagni. I secondi perché accresce la capacità di acquisto dei loro salari. Dove i dazi doganali sono miti, gli operai possono comprare a basso prezzo il pane, la carne, le frutta, i vegetali, il vino, i vestiti.

 

 

Gli industriali tedeschi sono stati protezionisti fino ad ora; ma il loro atteggiamento sembra già mutarsi. Essi hanno costituito su forti basi le industrie ed anelano alla conquista dei mercati esteri. Essi vedono che una politica ferocemente protezionista contro le provenienze agrarie estere sarebbe loro dannosa, in primo luogo perché scemerebbe la capacità di consumo delle masse operaie tedesche, ed in secondo luogo perché, impoverendo i paesi esteri ed eccitandoli a rappresaglie, porrebbe gravi ostacoli contro la espansione commerciale delle industrie germaniche, la quale è già grande ed aspira a diventare gigantesca e superiore a quella dell’Inghilterra.

 

 

Noi siamo sicuri pertanto di avere alleati in questa lotta contro gli agrari germanici i loro stessi connazionali dediti alle industrie, ai commerci ed alle opere manuali.

 

 

Se i nostri negoziatori sapranno valersi di questa condizione di cose, la quale è molto nettamente vista dai consiglieri dell’imperatore, è da sperarsi che le minacce temute contro la nostra esportazione agraria non si verificheranno.

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