Opera Omnia Luigi Einaudi

Ora litigiosa

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 23/11/1901

Ora litigiosa

«La Stampa», 23 novembre 1901

 

 

 

Pare che un vento rabbioso di litigio passi sul nostro paese.

 

 

Coloro che si distinguono di più sono i socialisti. Sono vecchie le polemiche in famiglia in quel partito; ma oggi pare che si siano rinfocolate. Saverio Merlino scrive un lungo opuscolo intitolato: Collettivismo, lotta di classe e Ministero per confutare le critiche di Filippo Turati.

 

 

D’altro canto nell’ultima Critica Sociale Errico De Marinis scaraventa una epistola interminabile anche lui contro Turati, il quale gli risponde con eguale larghezza.

 

 

Tutti insieme codesti polemisti fanno la figura dei retori che disputavano sulle parole, dei sofisti che sillogizzavano intorno al quesito se uno potesse muoversi, dei teologi che si accapigliavano sulla mancanza o sulla presenza di un i per delle intiere settimane, e, non trovandosi d’accordo, si scomunicavano a vicenda.

 

 

Chi legge i moderni dilettanti di arguti ragionamenti non capisce la ragione di tanta carta imbrattata d’inchiostro.

 

 

Sembrano degli accademici della Crusca, i quali seggono in lunghe adunanze per stabilire il significato delle parole. Così fanno i socialisti odierni. Che cosa significano le parole: «rivoluzione», «collettivismo», «lotta di classe»? Questo è l’arduo quesito che imposta risolvere.

 

 

Paiono parole chiare a prima vista, ma la nebbia cresce fitta loro dintorno appena se ne occupano i novissimi dottori nei socialistici misteri eleusini. E non si comprende più, quando si vede scritta la frase: «lotta di classe», a che cosa si alluda, poiché non si sa che cosa sia la lotta di classe, né se nel pensiero dei socialisti ci siano delle classi, o se siano due o quattro o dieci, né se, invece di lottare, si abbraccino insieme, mosse dal desiderio di fondersi in un unico amalgama.

 

 

Son dispute verbali che conducono gli uni a ritenere che radicali e

socialisti siano una stessa cosa, o siano per diventare almeno la stessa cosa in un futuro non lontano; mentre da altri si dubita che la identificazione possa in futuro avverarsi, mentre pel presente è cosa certa ed indubbia.

 

 

Turati rimprovera a De Marinis di non aver capito il marxismo e De Marinis risponde che Turati si illude di essere marxista, mentre ne è il profanatore.

 

 

Come i retori greci e romani, i moderni Auguri si empiono la bocca di parole. Ora la «lotta di classe» è un po’ andata giù di moda; onde la necessità di correre alla sua salvezza, innestandola sul giovane tronco della «solidarietà», la quale mantiene la società, mentre la «lotta di classe» la fa progredire. È sempre la stessa storia: una volta i partiti litigavano per sapere se era meglio la libertà o l’uguaglianza o la fratellanza; adesso si discute se sia più bella ed elegante cosa la rivoluzione o la rivolta, la lotta di classe o la solidarietà, l’appoggiare lo Stato caso per caso od appoggiarlo quando ciò sia conveniente.

 

 

Sennonché la mania polemica è contagiosa. Mentre gli intellettuali si scagliano a vicenda parole ed avverbi e definizioni, le masse si tendono i pugni.

 

 

A Milano la faccenda comincia a diventare tragica. Unionisti e federalisti deliberano degli ordini del giorno feroci, riprovano le manovre degli interessati e compilano delle liste di proscrizione. La furia dell’attaccarsi e del litigare in un qualsiasi modo diventa irresistibile. Da Milano trasmigra all’estremo sud della penisola. Barbato nella sua remota Piana dei Greci, fraintende un brano del Fracassa, capisce male i telegrammi dell’Avanti! e se la piglia con Bissolati e col principe Tasca di Cutò. Riconosce l’equivoco, ma inferocito vieppiù per essere stato creduto un lagrimoso, raddoppia le invettive contro Tasca e scrive un’altra lettera a Bissolati dandogli del lei.

 

 

Dai partiti estremi la smania di attaccar briga passa negli uomini dell’ordine. Le manifestazioni esterne della malattia sono tuttora incerte e fioccano le smentite. Ma è certo che la malattia esiste ed anzi se ne può additare la forma precisa: Sud contro Nord. Prima un ex-sottosegretario di Stato, l’on. Colosimo, quindi un semplice deputato, l’on. Abignente, si sono messi a sbraitare contro il Nord, tanto per poter suscitare ancora una volta la questione oziosa e mal posta della distribuzione regionale dei favori dello Stato. E, a quanto pare, i due iniziatori della campagna non sarebbero che l’eco fievole di un personaggio più importante, l’ex-ministro Lacava. Di cui si notò una recente circolare a favore degli interessi commerciali del Mezzogiorno e in cui si disse che grande fosse la voglia di romperla col suo capo partito,l’on. Sonnino.

 

 

Noi non sappiamo se la cosa sia vera o no; ma in ogni caso i discorsi, le circolari e le proposte anti-settentrionali sono la prova del fiorire di un morboso desiderio regionalistico di litigare contro gli altri su cose intorno a cui sarebbe agevole mettersi d’accordo.

 

 

Dopo tutto forse potremmo trovarci dinanzi ad un fantasma. L’apertura della Camera si avvicina; e coloro che già pregustano la gioia dei bei discorsi vogliono tenersi in esercizio fin d’ora, disputando di cose inutili.

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