Opera Omnia Luigi Einaudi

Per un’inchiesta ferroviaria

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 07/02/1910

Per un’inchiesta ferroviaria

«Corriere della sera», 7 febbraio 1910

 

 

 

L’opinione pubblica ha già fatto giustizia in questi pochi giorni del provvedimento salvatore annunciato dall’on. Giolitti per l’attuale enorme disservizio ferroviario: la nomina di un Comitato parlamentare permanente di vigilanza. Agli occhi della burocrazia l’aver escogitato questo rimedio sarà forse parso atto di grande sapienza e di grande avvedutezza. O non hanno forse un Comitato parlamentare di vigilanza tutti gli Enti autonomi che esistono nella nostra legislazione? La Cassa dei depositi prestiti, banca di Stato sui generis, la quale certo funziona egregiamente, ha il Comitato di vigilanza; e l’ha pure il Commissariato dell’emigrazione.

 

 

Accanto al Consiglio di vigilanza, che sorveglia e riferisce al Parlamento.

 

 

Perché lo stesso sistema non potrebbe applicarsi alle ferrovie di Stato? A capo, un Comitato di amministrazione, che delibera ed esegue: ed accanto un Comitato di vigilanza, che ricorda ai dirigenti come essi amministrano un’impresa dello Stato e siano responsabili del loro operato dinanzi al Parlamento; un Comitato che inquirisca continuamente sull’andamento dell’azienda ferroviaria, studii i mali e riferisca al Parlamento.

 

 

Senonché subito si vide che il paragone per più rispetti era sbagliato. La Cassa dei Depositi e Prestiti e una banca, che ha un vasto movimento finanziario; ma le cui operazioni si riducono in sostanza a pochissimi tipi fondamentali: depositi liberi e vincolati, mutui agli Enti locali, ai consorzi, ecc. La legge fissa il modo con cui i mutui devono essere fatti, ne determina le condizioni, riducendo al minimum l’iniziativa della cassa.

 

 

Il Comitato parlamentare può esaurire il suo compito con poche adunanze all’anno; e di solito non vi sono materie controverse che richieggano il suo giudizio. Così pure pel Comitato di vigilanza sul Commissariato dell’emigrazione. Il suo compito si limita sovratutto alla gestione finanziaria e non ha nulla a che fare nella determinazione dei noli, nella ammissione delle navi al servizio emigranti, ecc., che sono fra le materie più gelose di competenza del Commissariato. Tutt’altra sarebbe la posizione di un Comitato parlamentare di vigilanza sulle ferrovie di Stato. A voler essere efficace, il suo controllo dovrebbe essere quotidiano, minuto, su tutti gli atti del Comitato di amministrazione. Finirebbe per diventare un bastone di più tra le ruote del carro ferroviario, già così sconquassato.

 

 

Noi abbiamo voluto, per paura che ritardasse troppo la necessaria rapidità delle deliberazioni e dell’azione, che il controllo della Corte dei Conti si facesse per le ferrovie di Stato nelle maniere consuete alle altre amministrazioni pubbliche; ed abbiamo avuto ragione, poiché i lagni del pubblico sarebbero ancor maggiori, se possibile, di quanto già non siano, ove agli altri ostruzionismi si fosse aggiunto quello della Corte dei Conti.

 

 

Ed ora, colla solita nostra mania di fare e disfare, vogliamo creare un altro organo di controllo, più inframmettente e più pericoloso di quello della Corte dei Conti, perché d’indole parlamentare!

 

 

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La verità si è che il presidente del Consiglio ha voluto indicare un rimedio ad un male di cui né egli né gli altri conoscono le vere cagioni. La proposta di creare un Comitato di vigilanza fa supporre che le cause del disservizio stieno nella mancanza di vigilanza parlamentare. E se le cose non stessero così; e se questo difetto di vigilanza, altri direbbe di ingerenza, parlamentare fosse invece un beneficio? Se si interrogano gli industriali ed i commercianti, novantanove su cento si dichiareranno scettici sulla efficacia di questa vigilanza da parte di deputati e di senatori; ed anzi la maggior parte vedrà in questa dipendenza più stretta delle ferrovie dal Parlamento un gravissimo pericolo; che le ferrovie vengano ancora più asservite agli interessi elettorali e parlamentari e che aumenti lo strapotere dei ferrovieri, abilissimi a premere colle loro organizzazioni sul Parlamento. Ad altre cagioni si imputa la rovina ferroviaria, che incombe oggi come un incubo pauroso sull’Italia. Alla mancanza di carri, di vetture, di locomotive; alla ristrettezza degli impianti fissi, alla incapacità di tutto l’organismo ferroviario di far fronte ad una qualsiasi difficoltà, magari prevedibilissima, come le nevi che rendono difficile il passo degli Appennini, od i geli che diminuiscono il rendimento degli impianti di energia elettrica ed accrescono il fabbisogno di carbone. Secondo altri lo sfacelo è invece dovuto alla rilassatezza crescente della disciplina tra i ferrovieri, favorita dalla indulgenza del direttore generale, accusato di appoggiarsi troppo sul personale. O non sarà ancora la fretta con cui si vollero, da un momento all’altro, scompigliare le esistenti organizzazioni della Mediterranea e dell’Adriatica, fondendo insieme due ordini diversi di funzionari e sovrapponendo a tutti e due i funzionari provenienti dal vecchio Ispettorato? Le gelosie, le invidie, le constatazioni di troppo facili carriere, specie tra i membri dell’Ispettorato, quanta parte hanno nella lentezza e nella malavoglia dei servizi? Vi è chi aggiunge che l’istituzione delle Direzioni compartimentali non abbia giovato a rendere più snelli i servizi, ma abbia soltanto cresciuta la confusione, per la smania della Direzione generale di voler tutto vedere e tutto controllare a Roma, cosicché le Direzioni compartimentali sono ridotte all’ufficio di inutili ed ingombranti trasmettitori di una ingente quantità di carte burocratiche.

 

 

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Quale di queste cause sia la vera o se i malanni ferroviari debbano attribuirsi a tutte queste cause insieme dovremmo sapere prima che sia compilata la legge definitiva per l’esercizio di Stato. Quando fu approvata la legge provvisoria, si disse che nella compilazione della legge definitiva si sarebbe tenuto conto dell’esperienza dei primi anni di esercizio di Stato. La legge definitiva sta per essere presentata ma non si sa come si sia tenuto conto della dolorosissima esperienza degli ultimi anni. Chi ne è stato il giudice? La Direzione generale, interessata naturalmente a reputare buona l’opera sua e ad accagionare il gelo, la nave, la mancanza di carri e di binari dell’odierno disservizio?; od il Governo, composto di uomini politici, che non hanno tempo di studiare a fondo l’argomento e sono pronti a contentarsi di un qualunque rimedio fittizio, che aiuti a tirare innanzi alla meglio?

 

 

Perciò noi crediamo che l’idea di una rapida inchiesta, fatta da uomini parlamentari, che siano anche tecnici valenti ed industriali sperimentati, meriti di non essere lasciata cadere. L’inchiesta dovrebbe dire all’opinione pubblica ed al Parlamento quale sia stata l’esperienza compiuta in questi due anni di esercizio di Stato: additare i difetti dell’organizzazione attuale ed i mezzi a porvi riparo. Così la legge definitiva non sarà il risultato di un colloquio tra il direttore generale, il ministro dei lavori pubblici ed il presidente del Consiglio; ma il frutto della collaborazione di tutto il paese che lavora e produce e che ora soffre sotto la nuova tirannia ferroviaria. Se l’inchiesta dirà che il rimedio a tutti i mali si trova nella istituzione di un Comitato parlamentare permanente di vigilanza, sarà il benvenuto anche il nuovo Comitato. Ne dubitiamo assai.

 

 

Probabilmente invece l’inchiesta farebbe constatazioni ostiche al Governo, alla Direzione generale ed alle organizzazioni del personale; ed è per questo che non la si vuole, e si discorre invece di vigilanza parlamentare, di responsabilità ministeriale e di ministri delle ferrovie, tutte parole prive di contenuto ed appunto perché tali, deleterie per il buon andamento del servizio ferroviario. Né si dica che le inchieste sono eterne e non servono a nulla; poiché i fatti sono oramai tanto noti ed ogni ordine di interessati è così pronto a metterli in luce che in pochissimo tempo i commissari, se competenti, potrebbero esaurire il loro compito. E chi osa dire inutili le inchieste, quando ogni giorno che passa mette in luce i frutti copiosi e sostanziali di quella, che fu proclamata inutilissima fra tutte, l’inchiesta sulla marina?

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