Opera Omnia Luigi Einaudi

Quel che insegna un Congresso socialista

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 30/05/1901

Quel che insegna un Congresso socialista

«La Stampa», 30 maggio 1901

 

 

 

A Lione si è chiuso il terzo Congresso socialista francese. La chiusura si fece, come del resto anche la discussione, in modo non troppo edificante, fra tumulti, chiassi ed ingiurie grossolane. Né pare che in sostanza il Congresso abbia raggiunto lo scopo per il quale erasi radunato, quasi con mandato imperativo: l’unità del partito socialista.

 

 

Grandi sforzi erano stati fatti per far scomparire lo spettacolo di discordie che presentava il socialismo francese; ma le ire dei partigiani e dei politicanti parigini furono più forti di ogni buona volontà. Ancora una volta i socialisti francesi dimostrarono di essere dei parlamentari e dei tattici impenitenti, di null’altro occupati se non nel sopraffarsi a vicenda e nella caccia all’ambito seggio della Camera. Le loro manovre ed il loro linguaggio non hanno certamente fatto una buona impressione sugli operai veri che assistevano al Congresso.

 

 

Uno di questi, un minatore del Nord, espresse il doloroso disinganno dei suoi compagni con le seguenti parole: «È la prima volta che io assisto ad un grande Congresso politico. Ebbene! io mi son sentito invadere se non da un grande disgusto, almeno da un grande rincrescimento. Che cosa volete che io dica, al ritorno, ai compagni che mi hanno inviato qui? Questa assemblea mi ha fatto conoscere soltanto le divisioni e gli odii di quei socialisti in cui noi minatori avevamo riposta la nostra fiducia.»

 

 

Dopo tutto, però, se i socialisti francesi si dilaniano ed inspirano un disgusto misto a dolore ai loro fedeli seguaci di ieri, tanto peggio per essi.

 

 

Per noi, che viviamo fuori della Francia, l’insegnamento più importante del Congresso di Lione non è stato tanto quello di edificarci ancora una volta sulle insanabili ire intestine del socialismo francese, quanto di mettere in chiaro la natura del rapporto tra socialisti e Governo.

 

 

A Lione, con 904 voti contro 42, si deliberò che il partito socialista non si teneva per nulla impegnato dall’entrata di Millerand nel Ministero Waldeck-Rousseau, e che l’attitudine del partito doveva seguitare ad essere verso il Ministero attuale quella stessa seguita verso tutti i Ministeri borghesi.

 

 

E una decisione importante, la quale ci permette di rispondere al dilemma che ripetute volte ci siamo posti su queste colonne: l’evoluzione dei partiti costituzionali di Governo verso i socialisti, e magari l’entrata di qualche socialista in un Ministero costituzionale, servirà ad imprimere un indirizzo legalitario al partito socialista ed a trasformarlo in un partito non contrario alle istituzioni esistenti, oppure non servirà ad altro se non a permettere al partito socialista di giovarsi dei favori governativi, per raggiungere più agevolmente e più presto il proprio intento dissolutivo della società moderna?

 

 

Il problema si presenta in Italia come in Francia; ma più nitidamente nella nazione vicina, ove un socialista è entrato a far parte del Governo, che non da noi, dove nessun socialista ha voluto sinora assumere la responsabilità della pubblica cosa.

 

 

Orbene, al dilemma il Congresso di Lione ha dato una risposta chiarissima, dicendo in sostanza: «Il cittadino Millerand ha agito di propria iniziativa e per conto suo. Se egli farà e farà fare al Ministero una politica a noi favorevole, ne trarremo profitto; ma senza sentirci per nulla obbligati verso il Ministero. Il quale, per noi socialisti, continua ad essere un Ministero borghese come gli altri, forse più sopportabile degli altri, perché ci lascia fare e ci permette di giungere più presto al desiato momento della trasformazione socialistica dell’ordinamento attuale della proprietà.»

 

 

Poste così le cose, è evidente che in Francia è vera non la prima, ma la seconda parte del dilemma. Il Governo, poggiando verso i socialisti, non legalizza e non trasforma l’azione di costoro, ma dà ad essi i mezzi di trasformare lo Stato spingendolo verso la rivoluzione sociale. Anche in Italia pare che si debba dir la stessa cosa, almeno se dobbiamo credere a quanto deliberarono l’altro giorno i deputati socialisti sul contegno da tenere verso il Governo. In siffatte condizioni, non sembra che i Ministeri di Francia e di Italia si assumano una grave responsabilità?

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