Opera Omnia Luigi Einaudi

Recensione – Attilio Cabiati, Relazione finale sull’impianto dell’Ufficio del Lavoro

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 15/01/1903

Recensione – Attilio Cabiati, Relazione finale sull’impianto dell’Ufficio del Lavoro

«La Riforma Sociale», 15 gennaio 1903, pp. 91-93

 

 

 

Attilio Cabiati, Relazione finale sull’impianto dell’Ufficio del Lavoro (Società Umanitaria, Milano 1902).

 

 

Il nostro Attilio Cabiati, che i lettori della Riforma Sociale hanno imparato ad apprezzare per la sua varia collaborazione di articoli e di rassegne, essendo stato incaricato dalla Società Umanitaria di Milano di fare tutti gli studi opportuni e di curare tutte le modalità necessarie per l’impianto di un Ufficio del Lavoro, presentava al Consiglio Direttivo con la relazione, di cui rendiamo conto, il risultato dei suoi studi.

 

 

Compito dell’Ufficio del Lavoro di Milano, come fu scritto nel fascicolo di maggio dell’anno scorso della Riforma Sociale, era: a) la raccolta – per tutti i gruppi di lavoratori organizzati per arti e mestieri – dei dati statistici riflettenti le condizioni di fatto, specialmente economiche, pei lavoratori, occupati e non occupati, organizzati e non organizzati, che trovansi sulla piazza di Milano, tenuto conto delle condizioni delle diverse industrie; b) la raccolta dei dati statistici riflettenti il movimento emigratorio interno ed esterno per i lavoratori dei campi ed il movimento emigratorio dei lavoratori industriali in rispetto alla piazza di Milano; c) la raccolta dei dati statistici riflettenti le condizioni di fatto, specialmente economiche, dei lavoratori dei campi, per l’Italia settentrionale e per l’Emilia, tenuto conto delle condizioni della proprietà e delle culture.

 

 

Il lavoro dell’Ufficio dunque si divide in due parti: per Milano e fuori Milano. In Milano l’operazione prima da farsi è quella del censimento dell’intera popolazione operaia. Il Cabiati proponeva innanzitutto di fare uno spoglio delle buste del censimento compiuto il febbraio 1901, per ricavarne i nomi, la paternità, le professioni, il domicilio, il numero dei componenti la famiglia degli individui che risultassero essere operai. Si sarebbero quindi ricercate nello stato civile e nell’anagrafe le mutazioni avvenute nelle famiglie e nel numero degli operai. Avrebbe fatto seguito un vero censimento per gli individui così identificati, con le norme comuni agli altri censimenti e con 19 domande relative al lavoro, all’occupazione ed all’industria. Un censimento più sommario, per mezzo di questionari rivolti ai municipi, alle cooperative, ai principali, ecc., sarebbe stato fatto anche per gli operai dimoranti nella ventina di Comuni che costituiscono la banlieue industriale di Milano.

 

 

Il censimento, così compiuto, si sarebbe dovuto tenere a giorno per mezzo di revisioni annuali, certo non facili a compiersi e di cui il Cabiati tracciava minutamente le modalità, superando con sottili accorgimenti le difficoltà di vario ordine che si presentano in ogni ricerca di tal genere.

 

 

Astrazion fatta dalla spesa iniziale del censimento, calcolata in L. 17.500, la spesa annuale dell’Ufficio per Milano sotto questo rispetto non doveva superare le 12.000 lire.

 

 

Il Cabiati proponeva ancora che nel terzo anno di vita dell’Ufficio del Lavoro si istituisse presso di esso un Ufficio d’informazioni per gli operai che vogliono emigrare all’estero. Questo Ufficio avrebbe raccolto i dati forniti dal Commissariato dell’emigrazione, dalle varie Società di patronato per gli emigranti sia all’estero che all’interno, con le Corporazioni operaie all’estero, coi Consolati italiani all’estero. Esso poi avrebbe dovuto diffondere queste notizie fra le popolazioni rurali e cittadine.

 

 

Allo scopo di controllare il mercato di lavoro di Milano, si appalesava opportuno di conoscere le condizioni dei lavoratori nelle regioni che circondano Milano e dalle quali partono i contadini, che vengono a trasformarsi in operai nella metropoli lombarda. Perciò il Cabiati proponeva che fin dal primo anno della sua vita l’Ufficio del Lavoro incaricasse cinque cultori delle scienze economico-giuridiche ad eseguire un’inchiesta sulla natura dei patti colonici che avvincono il lavoratore alla terra, studiarne gli elementi, i difetti, le qualità, e ciò in stretta relazione con le condizioni economiche dei proprietari e coi generi di coltura. Contemporaneamente cinque impiegati dell’Ufficio del Lavoro, uno per regione, doveano iniziare una serie di studi monografici sul numero dei lavoratori agricoli, sulle loro organizzazioni, sui movimenti immigratori ed emigratori, sui periodi di questi movimenti, sui salari, sul genere di questi salari, se in danaro o in natura o in entrambi i modi, sulle abitudini, sulle loro abitazioni, sul bilancio delle loro famiglie, ecc., ecc. Da queste due inchieste, condotte l’una presso i proprietari e l’altra presso i lavoratori agricoli, sarebbe scaturito il vero, almeno con una certa approssimazione.

 

 

Questo il piano, organicamente costruito, dei lavori che l’Ufficio del Lavoro dell’Umanitaria, avrebbe dovuto compiere nel suo primo anno di vita, secondo le proposte del Cabiati. Ci piace citare testualmente la pagina splendida nella quale egli descrive i risultati scientifici che sarebbero derivati da un siffatto ordinamento:

 

 

«Le operazioni per Milano, malgrado tutta l’oculatezza e l’accuratezza, potranno presentare sempre qualche lacuna e una certa soluzione di continuo, imputabile non già a negligenza di chi eseguirà i rilievi statistici, quanto alla renitenza di chi dovrà fornire i dati e alla natura stessa dei dati da raccogliere. Al quale scopo mi preme far presente che le osservazioni statistiche sui salari, sulla disoccupazione e simili sembrano sfuggire sinora alla curva normale degli errori, con tutte le conseguenze inerenti a questa verità e che sono così perspicuamente studiate, ad esempio, nel Calcul des probabilités dell’illustre Poincaré. Recentemente il Pearson per tutt’altro scopo e i professori Edgeworth e Bowley precisamente per i salari, hanno tentato con memorie e studi di dare una teoria statistica di questi fenomeni d’eccezione, generalizzando i metodi d’interpolazione, ricorrendo a integrazioni per serie, valendosi delle teorie più elevate del calcolo delle differenze. Siccome con tali sistemi l’errore è sempre valutabile con molta esattezza, così non è escluso che appunto nelle ricerche che istituirà il futuro Ufficio del Lavoro, statistiche di questo genere possano essere condotte, sembrando logico valersi, a favore di fenomeni sociali, di quei metodi che la scienza pone a servizio dei fenomeni appartenenti alla materia logicamente più perfetta: la meccanica. È dal rilievo accuratissimo e continuo nel tempo su un mercato denso come quello di Milano, che sarà possibile studiare certi andamenti, che sinora poterono sembrare capricciosi per mancanza di continuità e di omogeneità nelle osservazioni. Quindi anche dal lato scientifico il tentativo del nuovo Ufficio dell’Umanitaria, unico finora nel suo genere, non è privo di un certo interesse. Ben altre difficoltà sorgeranno nelle statistiche singole posteriori al censimento: più che tecniche, esse sono d’indole economica. Il mercato del lavoro costituisce uno solo dei mercati dei servizi produttori: e la determinazione dei suoi prezzi, nonché le variazioni di essi, sono funzioni di tutto un complicato e delicato insieme di elementi, i quali uniti costituiscono un sistema di equazioni che determinano l’equilibrio generale economico. Ora di questo sistema, le ricerche più accurate dei recenti economisti hanno potuto studiare solo una parte: ci troviamo al punto in cui si sarebbe trovata la meccanica analitica, arrivati alla celebre equazione di D’Alembert, se non fosse seguito immediatamente Lagrange. Il nostro D’Alembert l’abbiamo avuto in Walras, la cui equazione generale corrisponde precisamente in forma e significato a quella dell’illustre francese: Lagrange ci manca. E quindi siamo alle soglie di una dinamica economica, in una economia razionale: la conoscenza teorica dei fenomeni d’attrito è un desiderato di là da venire. Ebbene, questa oscurità in cui si trova la nostra scienza bambina, è precisamente una delle ragioni principali per cui tutti i fenomeni positivi di salario e di profitto sfuggono alle ricerche quantitative statistiche: noi non sappiamo né separarli dagli altri elementi, né coglierli. E molte statistiche che si dedicarono esclusivamente a seguire le variazioni di tali fenomeni, hanno poco valore scientifico appunto perché la mente dell’economista, per poco che sia sintetica, sentirà che certi fatti che la statistica presenta si devono pur coordinare, devono pur dipendere da altri assai più vasti e complessi, ma che appunto per questo non si sono raccolti. Ora tutte queste difficoltà compariranno negli studi ulteriori del Vostro Ufficio, tutti questi dubbi e queste manchevolezze risulteranno subito ai Vostri occhi esercitati, quando esaminerete i dati che esso Vi andrà presentando. Dubbi pratici, come ripeto, perché nella statistica l’ignoranza teoretica si ripercuote fedelmente nella operazione materiale. E allora si studierà”.

 

 

Il Consiglio dell’Umanitaria, preso atto di questa relazione, approvava che tutti i lavori ivi indicati dovessero essere condotti a termine. Vollero le circostanze che, in seguito alle dimissioni dal Cabiati presentate dalla carica di direttore dell’Ufficio del Lavoro, non potesse più l’esecuzione di questi lavori essere affidata all’opera di chi li aveva ideati così genialmente. Il miglior augurio che ora si può fare ai dirigenti l’Ufficio del Lavoro si è che essi riescano a condurre a termine un piano così bene impostato in tutte le sue parti. L’Ufficio del Lavoro di Milano acquisterà allora davvero una fisionomia propria che lo distinguerà – per caratteri singolari di eccellenza – da tutti gli Uffici congeneri esistenti.

 

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