Recensione – E. Sella, La speculazione commerciale e le crisi di produzione
Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/02/1906
Recensione – E. Sella, La speculazione commerciale e le crisi di produzione
«La Riforma Sociale», febbraio 1906, pp. 166-167
Emanuele Sella, La speculazione commerciale e le crisi di produzione (Torino, Fratelli Bocca, Editori. Un volume di 270 pagine della Biblioteca di Scienze sociali, 1906).
L’opera del Sella si divide in tre grandi parti, la prima dedicata all’indagine economica sulla speculazione e costituente l’Introduzione, la seconda alla indagine storica, la terza alla indagine statistica.
L’indagine economica studia prima la sostanza della speculazione e poi le svariatissime forme che la rivestono, e mentre in questa seconda parte è lodevole l’ordine accurato col quale sono classificati i fatti della speculazione dai singoli punti di vista dai quali si possono considerare, e cioè dal punto di vista del regime politico nel quale si svolgono, degli istituti dei quali si giovano, della materia che ne forma oggetto, delle forme che assumono per riguardo alla tecnica commerciale, alle posizioni dello speculatore, all’alea, alla morale economica, alle leggi; rifulge nella prima, che è tutta teoria pura, una logica rigorosa e precisa. Viene in essa stabilito quale sia il compito dello speculatore commerciale, quali le differenze di prezzo delle quali beneficia, come egli compia una funzione regolatrice della produzione la quale è per lo più intermittente, come egli pure si serva di un capitale il quale, aumentando la somma di utilità collettiva col trasportare le merci nel tempo, deve dirsi produttivo.
Partendo dal concetto del Pantaleoni delle posizioni iniziali e terminali, l’A. spiega le complesse e intrecciate forme della speculazione e mostra come codesta complessità sia andata crescendo nel decorso storico, rendendo sempre più difficile il compito dell’economista nel distinguere ciò che è, economicamente, morale dall’immorale, e del giurisperito nello stabilire i criteri discriminativi per distinguere con criteri giuridici una situazione di fatto da qualsiasi altra. Dimostrato infine che lo speculatore commerciale, pur non essendo un matematico e non potendosi giovare del calcolo delle probabilità, deve tuttavia tenere presenti molteplici circostanze che influiscono sull’andamento dei prezzi, e più che altro essere fornito da un intuito speciale, conclude coll’affermare che esso organizza perciò la speculazione come un’intrapresa commerciale, ciò che non fa il così detto giocatore di borsa.
L’indagine storica studia dapprima la genesi delle forme fondamentali della speculazione; vi sono esempi di essa fin nella più remota antichità, ma è compito ozioso voler fissare una data dalla quale essa incominci ad esercitarsi, dappoiché l’autore mostra come sia insito in ogni atto di commercio il carattere della speculazione, come nel mercato, nel fondaco, nella fiera, nel baratto silenzioso essa esista nelle forme più rudimentali. Dunque, ciò dimostra che l’evoluzione delle forme non è che il portato delle condizioni estrinseche all’homo oeconomicus, del quale si son conservati stabilmente identici i caratteri fondamentali psicologici.
È esaminato in seguito il giudizio che gli antichi trattatisti fecero della speculazione, dominati dai concetti di prezzo legittimo, prezzo comune, giusto prezzo.
L’A. non si limita ad una esposizione delle varie opinioni, ma inserisce di quando in quando osservazioni su fenomeni di sopravvivenza di quei concetti anche ai giorni nostri, discutendo se dette opinioni s’abbiano a dichiarare false, o non sia più scientifico affermare che è diversa la posizione della controversia dell’economista d’oggi al trattatista del passato.
Venendo poi alle obiezioni più comuni delle quali è fatta oggetto la speculazione, e distinguendo la speculazione commerciale (da altri denominata seria), da quella non commerciale (o non seria), l’autore mostra come la speculazione in genere sia utile ai consumatori, come quella non commerciale non sminuisca sensibilmente i benefizi che sono recati dalla speculazione commerciale; le leggi che con lo scopo di colpire gli abusi frenano la speculazione commerciale sono dannose e sono immorali, in quanto tendono ad aumentare la instabilità dei prezzi. In generale gli strali degli accusatori s’appuntano contro l’aggiotaggio, il quale è un inconveniente della speculazione, ma inevitabile, con più o meno sagge disposizioni di legge, senza distruggere del tutto la speculazione ed i suoi vantaggi. Giudizio altrettanto moderato fa l’autore dei così detti engouements di borsa, i quali non sono che una fattispecie delle esagerazioni della vita; gli speculatori in questo si dimostrano altrettanto uomini come tutti gli altri uomini; queste esagerazioni sono un inconveniente organico della speculazione nel modo stesso che consimili esagerazioni sono un inconveniente organico di tutto il commercio.
La terza parte, l’indagine statistica, studia la speculazione in rapporto alle crisi di produzione: è un esame paziente delle aride cifre dei prezzi raccolte da numerose fonti e riguardanti la speculazione sulle lane, la speculazione sui cotoni, la speculazione sui cereali. L’autore non nega ed anzi dimostra il nesso che lega la speculazione alle crisi di produzione, ma, alla stregua dei fatti, riconduce l’influenza di quella su queste ai suoi giusti limiti, sfatando l’opinione che la speculazione sia la causa necessaria delle crisi di produzione, poiché solo le speculazioni sbagliate agiscono nel senso di produrre crisi di produzione. “Ma mentre tutti si occupano e si preoccupano dei danni che le speculazioni sbagliate producono, nessuno o quasi nessuno si occupa dei benefizi che continuamente, quotidianamente e silenziosamente la speculazione produce”.
I pregi principali del volume sono: una logica rigorosa, un esame profondo dei fatti e delle opinioni; si aggiunga la vasta bibliografia, la larga coltura che si spiega così nel campo teorico, come in quello positivo; la proporzionata economia delle varie parti, e si dovrà concludere che il lavoro è ben degno di esser favorevolmente accolto dagli studiosi di queste materie.