Opera Omnia Luigi Einaudi

Reddito e spesa per l’alloggio nelle famiglie operaie di Milano

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 10/05/1907

Reddito e spesa per l’alloggio nelle famiglie operaie di Milano

«Corriere della sera», 10 maggio 1907

 

 

 

L’ufficio del lavoro della Società Umanitaria di Milano ha pubblicato un volume ricchissimo di dati sulle Condizioni generali della classe operaia in Milano: Salari, giornate di lavoro, reddito, ecc. Il volume è il risultato di un’inchiesta compiuta il 1 luglio 1903 ed è corredato di molte tabelle statistiche e di nitidi diagrammi. Noi non possiamo per ora estrarre da questa miniera di dati tutte le notizie che sotto varii aspetti interessano la vita della classe operaia nella metropoli lombarda; e ci limitiamo ad un punto che nel momento presente ci sembra di singolare importanza in rapporto al problema generale delle abitazioni popolari. Quale è il reddito medio annuo delle famiglie operaie e quale è la parte del reddito assorbita dalla spesa per alloggio? Ecco la domanda suggestiva a cui l’ufficio del lavoro dell’Umanitaria ha tentato di dare una risposta, studiando prima separatamente il reddito e la spesa per il fitto e mettendo poi a raffronto i due dati.

 

 

Quanto al reddito, si poterono ottenere dati sufficienti per 46.867 famiglie, ossia per il 68,66 per cento del totale delle famiglie censite. Le 46.867 famiglie si dividono nel seguente modo:

 

  • 1.035 cioè il 2.31% hanno meno di 365 lire l’anno
  • 6.607 cioè il 14.10% hanno da L. 366 a 720 lire l’anno
  • 83.625 cioè il 71.74% hanno da L. 721 a 1825 lire l’anno
  • 5.450 cioè il 11.63% hanno da L. 1826 a 3650 lire l’anno
  • 150 cioè il 0.32% hanno più di 3650 lire l’anno

 

 

Se noi badiamo al centro di gravità dei redditi, troviamo che circa i tre quarti delle famiglie operaie hanno un reddito che va dalle 2 alle 5 lire al giorno. Quanto più numerose sono le famiglie, tanto più grossi sono i redditi medi per famiglia. Se le famiglie di due persone hanno, nel 75.08% dei casi, un reddito medio da L. 366 a L. 1277 all’anno, le famiglie di 4 persone, nel 75.47% dei casi, hanno un reddito da L. 721 a 1825, le famiglie di 6, nel 78.34% dei casi, hanno un reddito da L. 913 a 2190, le famiglie di 8, nel 71.60% dei casi, hanno un reddito da L. 1096 a 2920, mentre le famiglie di almeno 11 persone vanno quasi sempre da L. 1826 a più di 3650. Il numero dei componenti le famiglie censite è stato di 181.583, con una media di 3.87 persone per famiglia; sicché riducendo i redditi ed individui, si ha che dei 181.583 componenti le famiglie operaie censite (compresi cioè anche gli improduttivi, le donne che attendono alla casa, ecc.), 125.809 cioè il 69.28% dispongono di un reddito inferiore a una lira al giorno e 55.774, cioè il 30.72 per cento dispongono di un reddito da L. 1 a 1,50 o poco di più.

 

 

Quanto alla spesa per il fitto occorre innanzitutto notare che una parte delle famiglie ha l’alloggio gratuito e il vitto in compenso del salario; e cioè 2858 famiglie (il 6.10% del totale) ricevono il salario in denaro e l’alloggio gratuito, 1562, ossia il 3.33% ricevono il salario parte in denaro e parte in vitto e 78 famiglie, ossia lo 0.17% ricevono il salario parte in natura, parte in vitto e l’alloggio gratuito. Le famiglie che hanno l’alloggio gratuito, sono, per la quasi totalità, famiglie di portinai e di custodi di fabbricati, stabilimenti e simili. Nelle famiglie in cui qualche componente riceve il salario parte in denaro e parte in fitto, questi componenti sono addetti alle industrie alimentari, salumieri, fornai, pasticcieri o alle lavanderie. Il numero delle famiglie che ricevono l’alloggio gratuito è sopratutto frequente nei gruppi di reddito più basso: 21.74% sotto le 365 lire all’anno, e 12.63 per cento tra 366 e 550 lire; esso va poi diminuendo a mano a mano che il reddito aumenta fino a un minimo di 3.09 per cento pei redditi da 2191 a 2920.

 

 

La spesa del fitto è nota per 65.591 famiglie ossia per un numero superiore a quello di cui si conosce il reddito. Di queste 65.591 famiglie

 

 

  • 4.314 famiglie, cioè il 6.58% hanno l’abitazione gratuita
  • 15.527 famiglie, cioè il 23.67% spendono da meno di L. 50 a 100
  • 14.583 famiglie, cioè il 22.24% spendono da L. 101 a 150
  • 18.870 famiglie, cioè il 28.77% spendono da L. 151 a 200
  • 9.717 famiglie, cioè il 14.81% spendono da L. 201 a 300
  • 2.578 famiglie, cioè il 3.93% spendono più di L. 300.

 

 

Il 76.42% delle famiglie pagano di affitto da 71 a 225 lire all’anno.

 

 

Naturalmente quanto più la famiglia cresce, tanto più è forte la spesa del fitto. L’aumento si può dire regolare; sicché, prendendo gli stremi si ha che il 78.42% delle famiglie di 2 persone spende da 50 a 200 lire di fitto, mentre il 76.92% delle famiglie da 12 persone spende da 181 a più di 300 lire di fitto.

 

 

Mettiamo ora in rapporto il reddito colla spesa per il fitto. Su 45.659 famiglie, il calcolo poté essere fatto e risultò il quadro seguente:

 

 

Numero famiglie % del numero famiglie Spese del reddito in per cento
2.858 6.26 zero
13.583 34.13 da 1 a 10 per cento
21.408 46.88 ” 11 ” 20 ” “
4.376 9.58 ” 21 ” 30 ” “
1.002 2.20 ” 31 ” 40 ” “
295 0.63 ” 41 ” 50 ” “
108 0.24 ” 51 ” 60 ” “
22 0.05 ” 61 a 70 ” “
7 0.01 più di 70 ” “

 

 

Come si vede, il centro di gravità è in quelli che spendono dall’1 al 20 per cento del reddito nell’alloggio; ed anzi, escludendo le percentuali più basse, vi sono 35.100 famiglie, pari al 76.87% del totale, che spendono dal 6 al 20% del reddito nell’affitto. La spesa proporzionalmente è più forte per le famiglie più povere. Nel I gruppo (reddito meno di 1 lira al giorno) la spesa del fitto va dall’11 al 70% del reddito; nel II gruppo (reddito da L. 1 a 1,50 al giorno) il fitto assorbe dall’11 al 40% del reddito; nel III gruppo (reddito da L. 1,50 a 2 al giorno) il fitto assorbe dall’11 al 30% del reddito. Questi sono i gruppi nei quali più frequentemente l’alloggio è dato in compenso del salario e non è stato computato nel reddito. Nei gruppi superiori in via generale la quota di reddito spesa nell’affitto diminuisce a mano a mano che il reddito aumenta. Le famiglie del IV gruppo (da L. 2 a 2.50 di reddito al giorno) spendono dal 6 al 20% del reddito pel fitto; quelle dal V al X gruppo (da L. 2.50 a L. 8 al giorno) spendono dal 6 al 15% e quelle che hanno più di 8 lire al giorno si limitano a spendere dall’1 al 10% nell’alloggio. La spesa dell’alloggio non cresce nelle stesse proporzioni dell’aumento dei componenti la famiglia e nemmeno se contemporaneamente cresce il reddito. Una famiglia che è abituata a vivere in una camera, quando crescono i figliuoli e guadagnano e ingrossano quindi il reddito annuo, difficilmente si induce, o vi si induce ben tardi, a passare in due stanze, a raddoppiare, cioè, d’un colpo la spesa d’affitto, e più difficilmente ancora a triplicarla passando in un’abitazione di tre camere. In generale essa continua a vivere in una abitazione ristretta e insufficiente anche quando il reddito è aumentato e parrebbe consentire un allargamento della superficie dell’abitazione e della sua capacità cubica.

 

 

Sarebbe interessante constatare se nelle famiglie borghesi valga la stessa regola o se invece da esse non si indulga fin troppo all’esteriorità dell’alloggio, con danno di altri consumi. Frattanto i dati fornitici dall’Umanitaria, se provano che per molti, i più poveri, il problema dell’alloggio trae la sua massima gravità dal livello troppo basso dei salari, dimostra anche che un ostacolo al miglioramento della casa operaia deriva dal fatto che le famiglie operarie che più guadagnano sono assai restie a spendere di più nell’alloggio; e preferiscono dormire in camere soverchiamente ristrette pur di avere la massima parte del salario disponibile per cibo, bevande, ecc. è una constatazione non piena d’importanza, poiché dimostra come il fattore morale e l’educazione influiscono anche sul problema delle case popolari.

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