Opera Omnia Luigi Einaudi

Ruoli chiusi o ruoli aperti? Freno al dilagare della burocrazia?

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 26/04/1911

Ruoli chiusi o ruoli aperti? Freno al dilagare della burocrazia?

«Corriere della Sera», 26 aprile e 30 maggio 1911

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), Einaudi, Torino, 1960, vol. III, pp. 316-327

 

 

 

 

1

 

La statistica dei ruoli organici degli impiegati civili e militari dello stato che il comm. Paolo Bernardi, ragioniere generale dello stato, ha avuto la buona idea di pubblicare, aveva già destato in me un vago senso d’inquietudine quando ne vidi sui giornali un primo fugace riassunto. A leggerla per disteso, si rimane pensosi. È un esercito senza fine di impiegati, in attività e in pensione, che ci sfila dinanzi. Ecco le cifre, al primo luglio 1910:

 

 

Numero

Spesa lire

Impiegati civili e militari ed agenti di ruolo

259.624

Stipendi e retribuzioni ai suddetti

470.555.806

Assegni, indennità, sussidi, compensi di lavoro straordinario, premi di servizio e contributi alla Cassa nazionale di previdenza

137.698.500

Personale straordinario ed avventizio

80.172

68.831.054

Operai di ruolo, straordinari ed avventizi

47.013

44.925.105

_______

386.809

___________

722.010.465

Pensionati

122.000

87.555.575

_______

508.809

___________

809.566.040

 

 

Poiché ogni famiglia in Italia è composta di 4, 5 persone, ove anche noi riduciamo il numero delle persone componenti le famiglie degli impiegati dello stato a 4, per tener conto della possibilità di parecchi impiegati conviventi insieme nella stessa famiglia, troviamo che il numero di coloro che traggono il sostentamento da un impiego pubblico del capo di casa oscilla sui due milioni di persone. Dal 5 al 6% della popolazione vive di paghe di stato: una per ogni 17 persone che incontrate per istrada è un impiegato di stato, civile o militare, in attività o in pensione, operaio o avventizio, o moglie, o figlio di impiegato. Se si potesse tener conto degli impiegati delle provincie e dei comuni e dei graduati di bassa forza dell’esercito, la proporzione sarebbe ancor più inquietante: uno su 14, forse anche più risulterebbero coloro che vivono sulle tasse e sulle imposte.

 

 

Ed è un esercito crescente senza posa. Al primo luglio 1882 gli impiegati di ruolo, che oggi sono 259.624, erano appena 98.314 e la spesa per stipendi e retribuzioni, che oggi è di 470.555.806 lire, era appena di 171.512.802 lire. Per gli straordinari, gli avventizi, gli operai ed i pensionati la statistica non fornisce dati per il 1882; integrando però le cifre nell’ipotesi che l’aumento sia stato simile a quello verificatosi nei casi per cui si conoscono le cifre, si avrebbe che nel 1882 il numero totale dei dipendenti e pensionati di stato avrebbe toccato forse i 220.000 con una spesa totale di 330 milioni circa. In meno di un trentennio il numero si è più che raddoppiato e la spesa moltiplicata per due e mezzo. Poiché la popolazione nel frattempo passò soltanto da 28,5 milioni a forse 34, aumentando del 19%, mentre il numero degli impiegati e dipendenti dello stato sarebbe cresciuto da 220 a 470 mila persone ossia del 116 %, ognun vede il pericolo che, continuando di questo passo, la burocrazia di stato abbia a dilagare ed abbia ad attuarsi, inconsapevolmente, un regime di organizzazione sociale collettivistica siffattamente coercitivo da spegnere ogni libertà ed iniziativa individuali.

 

 

Le cause dell’incremento delle falangi dei ronds-de-cuir sono parecchie. Anzitutto le nuove funzioni che lo stato ha voluto assumere: su 259.624 impiegati di ruolo al primo luglio 1910 ben 110.157 erano addetti alle ferrovie di stato e 2.703 ai telefoni pure di stato. I due terzi dell’aumento dal 1882 al 1910 sono dovuti a queste due statizzazioni. L’aumento più notevole, nei vecchi ministeri, si ebbe nelle poste e telegrafi, in cui gli impiegati son cresciuti da 7.491 a 22.634 e nell’istruzione pubblica, passata da 7.642 a 17.930. Proporzionatamente aumentò assai anche il numero degli addetti al ministero di agricoltura, industria e commercio. Erano 1.089 ed ora sono 1.796 coloro che hanno il compito di non lasciar vivere in pace industriali, agricoltori ed operai. Notevole l’aumento nella marina, in cui il personale civile crebbe da 1.214 a 2.343 e quello militare da 1.031 a 2.087. Moderato l’aumento nel ministero della guerra, in cui il personale civile crebbe appena da 10.557 a 10.995 mentre il personale militare passava da 12.914 a 14.652. Caratteristico fra tutti, per la natura sua tipicamente amministrativa, l’aumento avvenuto nel ministero degli interni, in cui gli impiegati (centrali e locali) passavano da 14.177 a 24.148. La grazia e giustizia – e sia detto a sua lode – non ha aumentato il numero dei suoi sacerdoti: erano 10.516 nel 1882 e rimasero a 10.995 nel 1910.

 

 

Contro queste cause d’aumento del funzionarismo i rimedi non hanno bisogno di essere riesposti ancora una volta. In certi casi l’aumento, oltreché fatale (come oggidì si costuma dire), era utile, trattandosi di funzioni assolutamente connaturate coi fini di tutela giuridica, di difesa territoriale, di cultura affidati universalmente allo stato. In altri casi l’aumento ha natura tecnica, come quando per esigere maggior copia di tributi è d’uopo arruolare maggior numero di finanzieri, o per spedir e recapitare più lettere ci vogliono più numerosi ufficiali postali o portalettere. Il rimedio principe sta nel porre termine alla mania che imperversò nell’ultimo ventennio di statizzare, statizzare ad ogni costo e statizzare ancora. La moda, per fortuna, pare stia diventando di nuovo alleata al buon senso, se non nei politici dell’oggi, in quelli che saranno gli uomini politici del domani. Il socialismo nelle nuovissime generazioni di intellettuali, che, giova sperare, diventeranno i leaders della vita politica di domani, è caduto oramai in grande e meritato discredito; e con esso le sue propaggini pratiche: il funzionarismo, l’adorazione dello stato, ecc. ecc. Torna in onore il culto dello sforzo interiore, della vita indipendente, della formazione del carattere morale. Il mezzogiorno, vivaio fecondissimo di impiegati, finché era ed è in povertà, risorgendo per virtù propria a migliori condizioni di vita diventerà il migliore alleato del settentrione nella lotta contro il funzionarismo parassitario.

 

 

Pure, anche chi sia persuaso, come è lo scrivente, che la salvezza dalle degenerazioni burocratiche ed ugualitarie, che la reazione alle mortifere statizzazioni possa venire solo da un elevamento della vita materiale e da una trasformazione del carattere degli italiani, non può disconoscere che, a porre argine al dilagare dei burocrati, possano giovare sapienti ed opportuni avvedimenti tecnici. Il Bernardi pone in bella luce la urgenza di uno di questi avvedimenti: ed è la sostituzione del ruolo aperto al ruolo chiuso nella formazione degli organici. Che cosa sono i ruoli chiusi? Sarebbe, per spiegarsi con un esempio, un ruolo chiuso quello della carriera amministrativa del ministero dell’interno, in cui vi sono 6 posti di segretario di III classe a 2.000 lire di stipendio, 15 di II a 2.500, 20 di I a 3.000 lire, 20 di primo segretario di II a 3.500, 15 di I a 4.000, 8 posti di capo-sezione di II a 4.500, 8 di I a 5.000, 7 posti di capodivisione e ispettori generali di II classe a 6.000 e 7 di I a 7.000, e un posto di direttore generale a 9.000 lire. Il meccanismo del ruolo chiuso è chiarissimo. Il segretario di III classe a 2.000 lire non può divenire segretario di II a 2.500 se non si è fatto un posto vacante nella II classe; e ciò può nascere solo per morte, pensionamento o promozione di quelli che lo precedono. Ma la promozione deriva dalla morte o dalla quiescenza di coloro che stanno nei gradi superiori. Ognuno insomma migliora nel grado e, quel che più conta, nello stipendio, solo a condizione di spingere in su chi gli sta innanzi nell’organico. E poiché i gradi più bassi sono più numerosi, molti debbono rassegnarsi a passare quasi tutta la vita con stipendi bastevoli negli anni giovanili ed insufficienti negli anni maturi. Non tutti i 41 segretari ed i 35 primi segretari possono diventare capi-sezione, che sono appena 16 in numero, o capi-divisione (14) o direttori generali (1); e perché non si possono moltiplicare i posti superiori e far tutti generali e colonnelli per permettere ai capitani e tenenti di essere promossi, così accade che molti languiscono per lunghissimi anni a stipendi fra 2.000 e 4.000 lire. Di qui alcune conseguenze tristissime:

 

 

1)    Gli impiegati a ruolo chiuso almanaccano continuamente allargamenti d’organico. Poiché da segretario non si può aumentar di stipendio se non diventando capo-sezione e per diventarlo presto bisogna moltiplicare le sezioni, così gli impiegati sono spinti a creare e moltiplicare le pratiche, a produrre del lavoro non per un fine pubblico ma col fine per sé stante di creare il lavoro, di crescere i numeri di protocollo e poterne trarre argomento a dimostrare la necessità di sdoppiare le sezioni e nominare nuovi capisezione. Questa è la origine fondamentale di quelle che nel linguaggio delle relazioni ministeriali e parlamentari si chiamano le «esigenze dei cresciuti servizi pubblici». Ogni due sezioni in più si crea una nuova divisione; e alla lunga, quando il processo di scissiparità sia abbastanza progredito, nasce altresì una nuova direzione generale. Il peggio si è che il processo non ha termine: una volta che, per un allargamento di organico, i segretari sono divenuti primi segretari e costoro capi-sezione, bisogna nominare al basso nuovi segretari; e siccome i primi segretari sono aumentati ad esempio da 15 a 20, i segretari debbono diventare 30 invece di 20. Se no, a chi comanderebbero i superiori? Per un po’ le cose stanno quiete, perché ai giovinotti nominati segretari non par vero di toccare 2.000 lire all’anno. Passato qualche anno, ricominciano le querimonie e riprende la corsa, che non ha mai tregua, alla moltiplicazione dei posti;

 

 

2)    Negli intermezzi, fra un allargamento e l’altro dell’organico, hanno luogo sollazzi minori a spese dei contribuenti. Il più comune è il cosidetto «svecchiamento dei quadri» che si giustifica, nelle relazioni dei ministri e nei compiacenti comunicati giornalistici colla «necessità di infondere un vigor nuovo di vita nell’arrugginito organismo dell’amministrazione». In parole volgari si tratta di mandare a riposo i direttori generali, capi-divisione, ecc., per far posto ai giovani impazienti di conseguire grado e stipendio più elevato. Che importa che cresca l’onere delle pensioni e cresca inutilmente, perché gli anziani erano in grado di attendere ai servizi – data la lor natura, ben lontana dall’esigere ardimenti giovanili – forse meglio dei nuovi promossi? Se allo «svecchiamento dei quadri» non si arriva coi metodi ordinari di più copiosi crediti per i collocamenti a riposo d’ufficio, si giunge ugualmente allo scopo con i metodi straordinari delle epurazioni compiute ad opera di commissioni d’inchiesta, dei pieni poteri eccezionali attribuiti al ministro per riordinare l’amministrazione, della sospensione temporanea ed eccezionale dei diritti alla inamovibilità dalla sede e dal grado e di similianti arbitri che, mentre instaurano l’onnipotenza tirannica dei ministri e lo strapotere delle leghe di funzionari non danno né possono dare ai ministri quella libertà d’azione di cui godono gli imprenditori privati ed è incompatibile con la natura delle pubbliche amministrazioni.

 

 

A codesti malanni può in parte mettere un freno il sistema dei ruoli aperti. Nelle ferrovie di stato il quadro di classificazione dice che gli ispettori hanno stipendi aumentabili in 22 anni da 3.000 a 6.000 lire, gli ispettori principali stipendi progressivi in 17 anni da 4.500 a 7.200 lire, mentre gli ispettori capi in 19 anni vanno da 5.400 ad 8.800 lire, e i capi-divisione in 20 anni da 7.200 ad 11.000 lire. Quale il significato del sistema? Sovratutto questo: che ad ogni funzionario, pur rimanendo nel suo grado, è assicurata una carriera corrispondente alla sua anzianità. Mentre il segretario del ministero degli interni (ruolo chiuso) non può sperare di progredire da 3.000 a 3.500 lire se non quando scompaia qualcuno dei primi segretari (per promozione, quiescenza, morte, epurazione, ecc. ecc.), l’ispettore delle ferrovie (ruolo aperto) progredisce automaticamente da 3.000 a 3.300 dopo un anno, a 3.600 dopo un altr’anno e poi di 2 in 2 anni a 3.900, 4.200, 4.500, 4.800 e in seguito di 3 in 3 anni a 5.100, 5.400, 5.700 finché al 22esimo anno di carriera egli arriva, rimanendo sempre ispettore, a 6.000 lire. Non sarà stata una carriera brillante; ma è tale che soddisfa alle esigenze della vita. Nulla vieta che, se egli si distingue, possa ben prima essere promosso ispettore principale e qui, partendo dall’inizio delle 4.500 lire possa andare sino a 7.200. Ogni grado dunque permette, col sistema del ruolo aperto, una certa carriera; né è d’uopo scacciare i superiori per giungere ad uno stipendio più elevato. Un ispettore anziano, a 6.000 lire, può essere subordinato ad un giovane ispettore principale che ha appena 4.500 lire di stipendio. Fino ad un certo punto, carriera e stipendio sono due concetti separati nel sistema dei ruoli aperti. La promozione a grado più elevato porta bensì con sé stipendio maggiore e più rapidi aumenti; ma pur rimanendo nel grado inferiore si possono conseguire quegli aumenti di stipendio che sono complemento necessario del progredir degli anni e dei carichi di famiglia. Di qui maggior libertà di scelta e minor ossequio all’anzianità nelle promozioni, minore irrequietudine negli impiegati e minor pressione per il gonfiamento artificioso degli organici di quello che vi sia col sistema dei ruoli chiusi. Non tutti i malanni dell’impiegomania sono tolti. L’averne però eliminati alcuni aspetti, moralmente e materialmente pericolosi, non è piccolo merito del sistema dei ruoli aperti, che è stata l’invenzione più sapiente sinora saputa escogitare, a tener quieta la burocrazia, nostra più vera e maggiore sovrana.

 

 

2

 

Debbo, con molto rammarico, fare una confessione: quando, alcun tempo fa, illustravo i difetti del sistema dei ruoli chiusi ed esponevo come ad essi potesse in parte rimediare il sistema dei ruoli aperti, affermando che con questa invenzione sapiente, se non si evitavano tutti i malanni dell’impiegomania, si era però riusciti ad eliminarne i peggiori aspetti, ero probabilmente vittima di una grossa illusione. L’esperienza, la durissima esperienza della realtà è venuta, più presto di quanto fosse immaginabile, a distruggere il sogno di potere opporre un freno automatico, sia pure debole freno, al dilagare della burocrazia.

 

 

Il sistema dei ruoli aperti non toglieva ogni stimolo negli impiegati ad aspirare ai gradi più elevati ed ai conseguenti migliori stipendi; stimolo che del resto sarebbe pericoloso togliere, come quello che può essere argomento a ben fare ed a distinguersi. Ma si sperava che almeno avrebbe tolto le brutture peggiori del metodo dei ruoli chiusi e cioè l’indecorosa aspirazione al pensionamento ed alla morte degli anziani e la moltiplicazione dei posti superiori e quindi anche degli inferiori. Vana speranza quest’ultima; almeno a quel che si legge in una relazione di minoranza che l’on. Saporito ha dettato ad un disegno di legge sui «provvedimenti relativi agli anziani ed alla elevazione dei minimi di stipendio del personale dipendente dal ministero delle poste e dei telegrafi». Il Saporito non si occupa né degli anziani né dei minimi di stipendio, ma di un nuovo organico che fu incastrato, per farlo più facilmente approvare, in mezzo alle disposizioni riflettenti la massa degli impiegati. La legge Schanzer del 19 luglio 1907, successivamente modificata a parecchie riprese, aveva introdotto nell’amministrazione postelegrafica il sistema dei ruoli aperti, dividendo, ad esempio, il personale direttivo (di prima categoria) in tre quadri: il I quadro dei segretari, vice-ispettori e aiuti-ispettori, nel quale si progrediva da uno stipendio di 1.500 al massimo di 4.000 lire all’anno, il II quadro dei primi segretari, direttori, direttori ed ispettori aggiunti, direttori ed ispettori-capi, in cui si andava da 3.000 a 5.000 lire; ed il III quadro, quest’ultimo a ruolo chiuso, diviso in 8 gradi, ciascuno con stipendio proprio, progressivo da 5.000 a 10.000 lire. Non era ancora l’ideale del ruolo aperto, perché la carriera dei funzionari del secondo grado era troppo limitata; onde si sarebbe compreso che si fosse chiesto di togliere al III quadro i posti inferiori di capo-sezione (146 funzionari sul totale di 179 funzionari superiori) aggregandoli al II quadro così da permettere una carriera più larga ai funzionari del II quadro, fino alle 6.000 lire di stipendio. Il III quadro si sarebbe limitato così a 33 funzionari, i dirigenti della grande armata postelegrafonica, i quali avrebbero dovuto essere scelti con criteri speciali e con stipendi stabiliti con criteri quasi individuali.

 

 

Così doveva essere in sul principio; ma ben presto il sistema cominciò a degenerare. Con una legge del 30 giugno 1908 i posti di capo-sezione, che erano stati nel 1907 soppressi, per conferirli ai più meritevoli dei primi segretari e segretari, furono ripristinati ed introdotti non nel II, ma nel III quadro, ossia nel quadro superiore. Adesso si propone di fare un altro passo innanzi; che si potrebbe sintetizzare in questo confronto:

 

 

Tabelle organiche

 

 

Attuali

Proposte

I quadro
da 1500 a 4000 lire

693

da 2000 a 4000 lire

537

II quadro
da 3.000 a 4.000 lire

564

da 3.000 a 5.000 lire

607

III quadro
da 5.000 a 10.000 lire

179

292

1.436

1.436

 

 

Si vede come la malizia della burocrazia ha saputo trionfare anche dei freni opposti dal sistema dei ruoli aperti. Il numero dei funzionari si conserva immutato: sono 1.436 adesso e saranno 1.436 dopo. Soltanto che si è verificato uno spostamento generale dal quadro a stipendi bassi al quadro a stipendi più elevati. Trascuro per il momento il fatto dell’elevamento del minimo dello stipendio da 1.500 a 2.000 lire nel I quadro e del massimo da 4.000 a 5.000 lire nel II quadro. Ciò può spiegarsi con il rincaro della vita e con altre ragioni; e non era del resto compito dei ruoli aperti di impedire l’elevamento delle condizioni materiali dei funzionari. Tutt’altro. Il sistema dei ruoli aperti doveva avere per compito di impedire la moltiplicazione inutile dei posti superiori; ed in questo compito fallisce; e fallisce in due momenti successivi che, seguendo l’esposizione fatta, con frase tagliente ed incisiva, dal Saporito, si potrebbero definire: 1) il momento o fase della creazione dello stato di fatto e 2) il momento o fase della reintegrazione dei posti inferiori soppressi. Per ora siamo all’epilogo della prima fase; fra un anno o due arriveremo alla conclusione della seconda. In amendue i casi il contribuente è chiamato a pagare, in guisa però che il sacrificio appaia tenue nel primo momento ed ingrossi nel secondo, quando oramai si è dinanzi all’ineluttabile e non si può più tornare indietro.

 

 

Che cosa è la creazione dello stato di fatto, caratteristica del primo momento della degenerazione del sistema dei ruoli aperti? Semplicemente la ripetizione del giochetto che già era tante volte stato efficace coi ruoli chiusi: attribuire a funzionari del I quadro compiti spettanti a funzionari del II quadro ed a questi ultimi assegnare compiti spettanti ai più alti funzionari del III quadro, creando nuovi organi, nuove cariche, nuovi servizi, non perché questi siano necessari, ma perché in tal modo si spera di provocare una variazione d’organico dal legislatore. Quando poi lo stato di fatto esiste, quando parecchi primi segretari (II quadro) siano investiti delle funzioni di capo-sezione (III quadro) e i capi-sezione sono incaricati delle funzioni di capi-divisione, comincia una viva agitazione, perché si afferma essere indecoroso, incomportabile che funzionari di grado inferiore siano chiamati ad adempiere uffici superiori, di cui si riconoscono meritevoli, senza avere il corrispondente titolo e stipendio. L’agitazione provoca malcontento, inciampi nel servizio e per porvi riparo il ministro è costretto a proporre una modificazione d’organico, riconoscendo legalmente lo stato di fatto, creato a bella posta dalla burocrazia per ottenere l’intento. Siamo all’epilogo della prima fase: il ministro Ciuffelli propone, ed il ministro Calissano tiene ferma la proposta, malgrado per un momento i contribuenti avessero potuto sperare che la relazione di minoranza Saporito avesse servito a qualche cosa; ed i 693 funzionari del I quadro si riducono a 537, con una diminuzione di 156, aumentando corrispondentemente di 43 il numero dei funzionari del II quadro e di 113 il numero di quelli del III quadro. La proposta è coonestata dalla piccolezza del sacrificio; trattasi invero non di creare dei posti nuovi, ma di attribuire grado e stipendio maggiore a funzionari già esistenti.

 

 

La differenza, di appena 78.000 lire all’anno, è piccolo sacrificio di fronte alla impellente «necessità di aprire la carriera ai numerosi primi segretari già riusciti nei precedenti esami idonei ai gradi superiori e che altrimenti dovrebbero attendere la relativa promozione per un periodo che può variare da uno a dieci anni». Sono queste le testuali parole della stupefacente, incredibile risposta data dal ministro ad un quesito dell’on. Saporito, le quali dimostrano fino a qual punto l’ambiente riesca a fare sragionare distinti uomini politici, i quali non si accorgono neppure di avere con ciò riconosciuto ufficialmente, solennemente che i funzionari non si nominano in Italia per coprire i posti, ma i posti si istituiscono per collocare e promuovere i funzionari.

 

 

Conchiusa in tal modo la prima fase, colla legalizzazione dello stato di fatto artificiosamente creato, comincia la seconda fase, fatale e ineluttabile conseguenza del primo fallo commesso: la reintegrazione dei posti inferiori soppressi. La tabella organica nuova supponiamola già approvata dal parlamento, essendo vana ogni resistenza di fronte alla volontà della burocrazia, ossequente e consenziente il ministro coi suoi 292 generali e colonnelli, 607 capitani e 537 tenenti e sottotenenti (la bassa forza ed i soldati non rientrano in questa categoria) rassomiglia davvicino agli eserciti delle repubbliche sud-americane, in cui tutti sono generali e colonnelli. La complicazione e l’estensione dei servizi che oggi sono stati il pretesto per aumentare il numero dei capi-sezione ed altri funzionari superiori, non esauriscono la loro efficacia nel moltiplicare gli alti posti. I capi-servizio, per giustificare la propria esistenza, creeranno le pratiche e le funzioni nuove; né è immaginabile che i servizi possano andare innanzi quando gli ufficiali superiori sono in numero più grande dei subalterni. Fra un anno o due il ministro dimostrerà che 537 impiegati del primo quadro sono pochi e proporrà di crescerli a 700 od 800. L’on. Saporito ben a ragione osserva:

 

 

Mi sembra che non possa trascurarsi il fatto della diminuzione di numero dei funzionari di grado inferiore e che è di 156. Ora, se è vero che deve esistere un certo rapporto numerico tra gli impiegati con funzioni direttive ed ispettive (III e II quadro) e quelli esecutivi (I quadro), non è men vero che il maggior rendimento è dato da questi ultimi, sia pure organizzati, diretti e sorvegliati dai primi. Sono 156 unità che chiamerò produttive e che vengono distrutte, o meglio, trasformate in unità certamente meno produttive. Quale la conseguenza? Non mi sembra che possa essere che una: riconosciuta la deficienza numerica del personale esecutivo voi sarete chiamati ad autorizzarne una nuova assunzione e non vi ricorderete che la richiesta dipende appunto dal fatto che oggi vi si presenta come privo di conseguenze o se pure lo ricorderete, se pure giudicherete allora di aver fatto male oggi, nulla potrete opporre alla dimostrazione della necessità che sarà reale; dovrete cedere!

 

 

Ed allora (fra un anno o due) i sacrifici che i contribuenti dovranno sopportare non si restringeranno alla modesta somma di 78mila lire, ma assurgeranno a vette ben eccelse, alle centinaia di migliaia e forse, tenuto conto delle carriere che i promossi d’oggi ed i nuovi venuti percorreranno, al milione di lire. La seconda fase della degenerazione del ruolo sarà compiuta; e si potrà, ad ammaestramento dei contribuenti stupefatti, ricominciare da capo.

 

 

Le cose dette non dimostrano ancora che il sistema dei ruoli aperti sia da buttarsi da un lato come un limone spremuto. Esso è pur sempre migliore del sistema dei ruoli chiusi, come quello che pone il problema su più vasta scala e meglio attira l’attenzione pubblica sulle gesta della burocrazia. Col sistema dei ruoli chiusi, la espansione burocratica è inavvertita, quotidiana, a piccole dosi; si esplica colle piccole campagne per gli allargamenti di piccoli organici e con gli asti invidiosi di persona contro persona. Coi ruoli aperti sono falangi di impiegati che insieme muovono alla conquista dei quadri più alti a stipendi migliori. Quasi si direbbe che l’assalto, fatto in masse e non alla spicciolata, è più pericoloso; se non vi fosse il correttivo della sveglia data all’opinione pubblica. Bisogna persuadersi che gli accorgimenti automatici, per quanto bene architettati, a poco valgono se:

 

 

  • non soccorre vigile il controllo del parlamento o, – poiché il parlamento dalle forze elettorali è indotto a cedere, abdicando ai suoi doveri, dinanzi alle organizzazioni burocratiche, – se non soccorre la critica spietata e continua dell’opinione pubblica, tutrice degli interessi legittimi dei contribuenti e dei cittadini in genere non partecipanti al banchetto governativo;

 

 

  • non si pone un fermo all’assunzione di nuove funzioni da parte dello stato. I politici sono ciechi dinanzi alla eloquenza dei fatti che ogni giorno si incaricano di dimostrare i fatali, inevitabili pericoli della dominazione burocratica. Essi vorrebbero aggregare nuovi campi al territorio in cui si illudono di dominare sovrani, servendo invece ai funzionari ed ai gruppi organizzati di elettori.

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