Opera Omnia Luigi Einaudi

Villaggi comunisti dell’Australia meridionale

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 19/07/1900

Villaggi comunisti dell’Australia meridionale

«Corriere della Sera», 19/20 luglio 1900

Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), vol. II, Einaudi, Torino, 1959, pp. 3-8

 

 

Al principio del 1894 una grave crisi imperversava sul continente australiano. Torme di disoccupati percorrevano le strade delle capitali, richiedendo con alte grida al governo quei mezzi di vivere che essi non riuscivano a procurarsi. Il governo dell’Australia meridionale, per sbarazzarsene, ne prese un certo numero e con un treno speciale li trasportò a Morgan, piccolo borgo di 360 abitanti, situato sul fiume Murray, a 169 chilometri dalla capitale Adelaide. Erano circa 350 persone divise in 100 famiglie, di cui la maggior parte non si era mai conosciuta prima di salire sul treno. Alcuni avevano semplicemente voluto cambiare aria e viaggiare a spese del governo. Altri – ed era l’infima minoranza – avevano dinanzi a loro un certo ideale di organizzazione sociale; il maggior numero, fuggendo le miserie delle grandi agglomerazioni urbane, si proponeva di gustare la vita dei campi e di crearsi un focolare indipendente. Il governo aperse loro un credito e li rinviò a Lyrup, in terreno vergine, 112 chilometri al disopra di Morgan. Nello stesso modo furono fondati i villaggi di Pyap, Holder, Waikerie, Gillen, New Era. I villaggi di New Residence, Moorook e Kingston furono organizzati più seriamente da operai di Adelaide che si conoscevano a vicenda e che sottoscrissero qualche fondo. Soltanto il villaggio di Murtho, il più piccolo e lontano di tutti, fu fondato da discepoli di Enrico George che avevano versato 1500 lire l’uno.

 

 

Gli abitanti dei villaggi non potevano sciogliere l’associazione prima di avere restituito le anticipazioni al governo e di avere migliorato la terra per un valore di 80 lire per ettaro in dieci anni. Questo fu il primo motivo che indusse gli abitanti al lavoro in comune, nel modo stesso come una delle cause principali della persistenza del miz russo si è l’obbligo solidario dei partecipanti nel pagamento delle imposte e delle quote di riscatto delle terre al governo.

 

 

Ma altre cause ancora concorsero allo stesso scopo. Le terre del bacino del Murray (il maggiore fiume australiano) sono aride e coltivabili soltanto mercé l’irrigazione. Una famiglia isolata è obbligata a spendere almeno un migliaio di lire per impiantare una pompa mossa dal vento e per compiere i lavori necessari per irrigare il terreno che le è strettamente indispensabile. Ora, 1.000 lire per famiglia, avrebbero rappresentato una spesa di 100.000 lire per il solo villaggio di Lyrup; mentre con una somma molto minore (da 7 ad 8.000 lire) il villaggio poté comprare una macchina a vapore, e senza aspettare che il vento si degnasse di soffiare, fu possibile irrigare più di 300 ettari, ossia una superficie capace di nutrire più di un centinaio di famiglie.

 

 

Un uomo, per quanto energico, non può da solo dissodare molto terreno vergine. Laddove è d’uopo abbattere alberi da uno a due metri di circonferenza, da 10 a 20 metri di altezza, estirpare le radici e dissodare il suolo, la macchia distrutta da un uomo isolato rinasce prima che un ettaro solo sia stato dissodato. Strumenti, macchine, animali da tiro sono indispensabili e costano caro. Unendosi insieme e lavorando d’accordo, parecchi uomini ottengono risultati molto migliori con minori capitali e fatiche più leggere.

 

 

La disoccupazione nel ceto operaio di Adelaide fu dunque il motivo occasionale della fondazione dei villaggi comunisti dell’Australia meridionale; e questi villaggi furono costretti ad adottare la forma comunistica di lavoro a causa del debito solidario verso lo stato e dell’ambiente terriero che li circondava e che imponeva l’applicazione del principio economico della associazione del lavoro.

 

 

Sul principio si commisero molti sbagli.

 

 

Gli amministratori di tutte queste piccole aggregazioni comunistiche rurali erano eletti a suffragio universale. Le assemblee si susseguivano frequenti; ed i consociati, malcontenti dei loro amministratori, si divertivano a cambiarli molto spesso, senza alcun risultato, perché i capi eletti difettavano, alla pari degli elettori, delle cognizioni tecniche indispensabili alla direzione delle culture. Poco importava che i consociati si ingegnassero ad assicurare il segreto e la regolarità delle elezioni, come a Pyap, dove gli elettori votavano «sì» o «no» deponendo nelle urne dei dischi di cuoio i quali si distinguevano per avere o non un foro nel mezzo, foro che rimaneva invisibile agli scrutatori, perché nascosto dal pollice dell’elettore votante. Tutto ciò non bastava a creare le capacità mancanti; e fu necessario che il ministro provvedesse ogni villaggio di un amministratore, il quale non poteva essere licenziato dall’assemblea senza il consenso del ministro. Gli amministratori sono sorvegliati alla loro volta da un perito competente e intelligente inviato dal governo per impedire che le sue anticipazioni non siano malamente impiegate o sprecate.

 

 

I debiti verso lo stato sono andati crescendo continuamente perché nuovi imprestiti si sono dovuti fare per aumentare la superficie coltivata che passò da 1.600 acri nel 1895 a più di 5.600 acri nel 1899. I più gravati sono gli ingegnosi elettori di Pyap che debbono 465 lire sterline l’uno; i meno sono i georgisti di Murtho che hanno solo 86 lire sterline l’uno di debito.

 

 

Nell’inizio, molti erano i poltroni ed i vagabondi i quali si squagliarono quando videro che non potevano continuare a lungo a vivere a spese dello stato; da 592 gli abitanti discesero a 440 al 31 ottobre 1895; ma a poco a poco per immigrazione spontanea il totale tornò ad aumentare sino a circa 800 al principio del 1899.

 

 

Anche il sistema del lavoro e del consumo diede origine a vive dissensioni ed a molte incertezze. Sugli inizi, tutti erano egualmente interessati all’allestimento delle pompe, al dissodamento immediato della superficie utilizzabile, alla costruzione di canali principali; e la questione della ripartizione futura del suolo si presentava molto vagamente. Ogni consociato prendeva nel magazzino comune gli oggetti necessari alla sua sussistenza ed a quella della sua famiglia. Il capo di famiglia naturalmente doveva prelevare più di un celibe, e gli oziosi ricevevano almeno altrettanto come i laboriosi. Ogni settimana, il segretario del villaggio consegnava ad ogni consociato dei buoni che gli davano diritto di prelevare sul magazzino sociale gli oggetti di cui egli e la sua famiglia avevano bisogno. In alcuni villaggi, i buoni non utilizzati erano perduti; in altri, i partecipanti erano accreditati del residuo fino al momento in cui la situazione finanziaria dell’associazione ne avesse permesso il rimborso. A poco a poco, quasi dappertutto, si autorizzarono coloro che lavoravano fuori del villaggio a conservare una parte dei loro guadagni, a condizione di versare il resto nella massa comune. Ma quando la vendita dei prodotti cominciò a rendere qualcosa, quando la maggioranza dei mediocri se ne fu andata e gli individui, risoluti a crearsi un focolare indipendente, videro la possibilità di riuscire, il sistema dei buoni sollevò un malcontento generale e vivissimo.

 

 

I celibi si lamentavano di essere sfruttati dagli ammogliati; e quelli di Waikerie fecero una secessione andando a fondare il villaggio di Ramco. Quivi fu iniziato un nuovo sistema, che adesso va a poco a poco estendendosi a tutti gli altri villaggi. Esso è qualche cosa di intermedio fra il lavoro in comune delle prime epoche ed il lavoro basato sulla proprietà individuale. Eccone le basi:

 

 

La proprietà dell’associazione è divisa in 25 parti; ogni consocio ne possiede una sola ed è responsabile verso il consiglio per la venticinquesima parte del passivo sociale. Ogni consocio riceve un lotto di terra irrigabile di circa 10 acri (4 ettari), su cui è obbligato a costruire la propria abitazione. Ogni anno si stabilisce la somma che il consocio deve versare al consiglio per fitto del terreno, imposte fondiarie e diritto d’acqua.

 

 

Un terzo di ogni lotto rimane a libera disposizione del consocio; gli altri due terzi sono dissodati e piantati dall’associazione in comune a vigna, frutteti od altre culture approvate dal ministro. I consoci sono obbligati a prestare per il lavoro in comune la loro opera in natura oppure l’equivalente in denaro. Il lavoro in comune è pagato a cottimo secondo la tariffa stabilita dall’amministratore, il quale è nominato per 5 anni dal consiglio con l’approvazione del ministro. Egli ha una parte nell’associazione, riceve un piccolo salario ed una commissione, e dirige i lavori. I consoci sono obbligati a seguire i suoi ordini; e non possono assentarsi dal lavoro senza ottenere un congedo il quale è accordato purché la proporzione degli assenti non superi il 20% del totale. Ogni consocio ha diritto di prelevare dai magazzini sociali viveri e vestiti sino all’ammontare di 15 scellini per settimana, che saranno dedotti dal suo credito per lavori compiuti.

 

 

Nessun dividendo potrà essere distribuito dalla società, finché non sia rimborsato il debito verso lo stato e finché ogni socio non abbia esatto il saldo attivo per i lavori da lui compiuti per conto dell’associazione.

 

 

L’antico schema comunistico è dunque scomparso; e vi si è sostituito una specie di cooperativa rurale di produzione; in cui un terzo dei terreni posseduti dai soci viene lasciato a loro libera disposizione per i consumi familiari, ed i due terzi vengono coltivati dai soci perché così richiede la tecnica delle culture a base di irrigazione, sovratutto nei primi periodi dell’impianto. Dopo, quando il periodo delle prove sarà passato, è probabile che la cultura si farà separatamente e che si provvederà in comune soltanto all’irrigazione dei terreni ed allo smercio dei prodotti.

 

 

Che cosa prova l’interessante esperienza che abbiamo raccontato? Nulla a favore del comunismo e contro l’individualismo.

 

 

Il governo di Adelaide ha fatto un buon affare inviando i disoccupati sulle rive deserte del fiume Murray. Esso è sicuro in tal modo di ricevere un interesse del 5% sul capitale imprestato, mentre se li avesse occupati a fare degli sterri o costruire dei palazzi, avrebbe sprecato, come accadeva prima, ingenti capitali ed avrebbe cooperato ad inacerbire il male della disoccupazione cittadina, mentre ora le rive del fiume Murray sono state popolate di piccoli villaggi di proprietari indipendenti.

 

 

Costoro non avrebbero potuto vivere se un’impresa privata non avesse già fatto i primi lavori di canalizzazione del fiume Murray, e non avesse iniziato un sistema regolare di navigazione e di smercio delle derrate prodotte in quelle regioni. Per vincere la natura ribelle e selvaggia è dovunque necessario il pioniere capitalista ardimentoso il quale esplora primo i luoghi deserti.

 

 

Ai coloni venuti di poi fu necessario organizzare in comune il lavoro di dissodamento e di impianto per potere utilizzare bene lo scarso capitale posseduto e per non soccombere nella lotta combattuta contro la terra.

 

 

Adesso, che i difficili lavori d’impianto sono compiuti e che è avvenuta una selezione fra i lavoratori, si vanno già allentando i vincoli della solidarietà, del lavoro in comune e del consumo egualitario ed assistiamo all’evolversi graduato di una forma più perfetta di organizzazione sociale, nella quale si compieranno collettivamente i lavori generali di irrigazione e di smercio e si lascierà libero campo al dispiegarsi dell’iniziativa individuale nella coltivazione dei terreni.

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