Opera Omnia Luigi Einaudi

Relazione del governatore sulle operazioni fatte dalla banca nell’anno 1944

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1946

Relazione del governatore alla adunanza generale ordinaria dei partecipanti tenuta in Roma il giorno 29 marzo 1946 sulle operazioni fatte dalla banca nell’anno 1944

Adunanza generale ordinaria dei partecipanti, Tipografia della Banca d’Italia, Roma 1946

 

 

 

Signori partecipanti,

 

 

Quando, or è un anno, ci riunivamo in questa sede per l’approvazione del bilancio sull’esercizio 1943, erano in noi dominanti il pensiero e l’ansia del prossimo ricongiungimento coi fratelli del nord. La loro liberazione doveva segnare, in Europa, l’ultimo atto del conflitto che da quasi sei anni vi seminava strage, e precedere di poco il ristabilimento nel mondo intero di una pace difficile, in ragione della grave eredità di passioni da placare, di perdite da ripianare, di assestamenti da compiere su scala

mondiale.

 

 

L’economia italiana raccoglie la sua parte di questa eredità e le cifre principali del bilancio che Vi viene ora sottoposto ne misurano il riflesso sulla nostra moneta.

 

 

Di esse dirò dopo averVi brevemente intrattenuto, fuorché per le cose già discorse nella precedente relazione, sull’amministrazione della Banca e sui servizi di interesse generale che questa svolge – di tesoreria, di vigilanza sulle aziende di credito, di controllo valutario – ossia su quegli aspetti della sua vita che non si riflettono principalmente nelle cifre del bilancio.

 

 

Amministrazione centrale e filiali nel Regno

Nei riguardi dell’amministrazione della Banca, alle informazioni già fornite un anno fa aggiungo che durante il periodo commissariale, seguito all’entrata delle truppe alleate nella capitale, venne apportata qualche lieve modificazione alla organizzazione interna dell’amministrazione centrale.

 

 

Tra l’altro, venne costituito il Servizio centrale danni di guerra, al quale è demandato il compito di raccogliere tutti i dati inerenti ai danni sofferti dall’istituto per eventi bellici, di vagliarli e di coordinarli, per affrontare il problema relativo al risarcimento sia nella normale sede amministrativa sia nella eventuale sede legale. Al servizio è stata anche affidata buona parte dei compiti precedentemente disimpegnati dal soppresso ufficio speciale di coordinamento.

 

 

In attesa delle nuove norme legislative che dovranno sostituire quelle contenute nella legge 26 ottobre 1940, n. 1543, e nel R. decreto 16 dicembre 1940, n. 1957, concernente il risarcimento dei danni di guerra, si è proceduto ad una dettagliata rilevazione dei danni subiti dalla Banca nell’Italia centrale, meridionale e insulare, che, subito dopo la liberazione, è stata estesa alle filiali del nord.

 

 

Al personale in attività di servizio ed ai pensionati che abbiano subito danni per fatti di guerra l’amministrazione ha offerto, senza propria responsabilità, la sua assistenza ed il suo appoggio nelle pratiche iniziate dagli interessati per ottenere il risarcimento dallo stato. Secondo le segnalazioni finora pervenute, i danni subiti dal personale della Banca ammontano a 98 milioni di lire.

 

 

È continuato nel corso dell’anno l’interessamento della Banca presso il ministero del tesoro perché fossero concretati i necessari provvedimenti per la sostituzione dei titoli di stato distrutti presso talune filiali, per misura precauzionale, in seguito a disposizioni dell’autorità politica. La questione è tuttora in corso di esame da parte del predetto dicastero.

 

 

Filiali d’oltremare

Dalle notizie fin qui pervenute risulta che le filiali già operanti in Etiopia sono state chiuse ed accentrate in Eritrea. Attualmente, degli stabilimenti dell’Africa orientale funzionano soltanto quelli di Asmara e Massaua.

 

 

Le dette filiali operano in regime di gestione autonoma sotto il controllo delle autorità alleate; esse, secondo quanto è stato qui riferito, effettuano operazioni di conto corrente infruttifero e accordano modesti fidi cambiari. Tutte le filiali provvedono al recupero dei crediti vantati verso i clienti colà residenti, mentre un’analoga azione viene svolta dall’amministrazione centrale della Banca nei confronti dei clienti rimpatriati.

 

 

Sono stati, altresì, chiusi gli stabilimenti di Mogadiscio, Rodi, Tripoli e Bengasi.

 

 

Circa i depositi fiduciari costituiti presso le filiali d’oltremare prima dell’occupazione britannica, è stato riferito che i relativi saldi sono stati considerati dalle competenti autorità occupanti come non rimborsabili e il Custodian of Enemy Property (C.E.P.) se ne è attribuita l’amministrazione contabile.

 

 

Pertanto, allo stato delle cose, non è possibile, malgrado ogni favorevole disposizione, consentire prelevamenti dai depositi medesimi, i quali per la maggior parte riguardano reduci dalla prigionia, internati civili e profughi che, sia anteriormente all’occupazione, sia posteriormente ad essa, hanno versato il proprio denaro alle nostre filiali nella speranza di poterlo riavere in Italia a guerra finita.

 

 

D’altra parte la Banca ha intrattenuto sulla questione i competenti organi ministeriali, nonché le autorità alleate, perché autorizzino lo sblocco dei depositi di cui trattasi.

 

 

Con le dovute cautele, sono stati rimborsati gli ordini di pagamento emessi dalle filiali d’oltremare per i quali non era pervenuta la conferma agli stabilimenti del Regno.

 

 

Funzionari

Pur considerato che la qualifica di funzionario della Banca è a puro titolo onorifico, si è ritenuto opportuno di elevare come appresso, con effetto dall’1 luglio 1944, la misura delle medaglie di presenza, ferme restando le norme che ne regolano l’assegnazione:

 

 

  • presso le sedi:
    • ai reggenti
  • per le adunanze dei consigli, da lire 70 a lire 120;
  • per l’apertura e chiusura delle casse e per le commissioni di sconto, da lire 35 a lire 60;
  • ai reggenti in funzione di censori
  • per le adunanze dei consigli, da lire 70 a lire 120;
  • per le verifiche di cassa, da lire 35 a lire 60;
  • presso le succursali:
    • ai consiglieri, da lire 25 a lire 40;
    • ai consiglieri in funzione di censori, da lire 25 a lire 40.

 

 

Di ciò si rende edotta l’Assemblea per la necessaria ratifica.

 

 

Personale

Alla fine del 1944 i dipendenti a ruolo erano 5.366 (dei quali 246 di sesso femminile) con un aumento di 58 unità rispetto ad un anno prima. Il totale era formato da:

 

 

  • 2.880 impiegati di concetto, con un aumento di 14 unità rispetto al 1943;
  • 1.596 impiegati d’ordine, con un aumento di 53 unità;
  • 890 elementi del personale di servizio, con una diminuzione di 9 unità.

 

 

Gli avventizi di tutte le categorie, esclusi gli elementi provvisori assunti temporaneamente in sostituzione dei richiamati alle armi[1], erano 924 (dei quali 327 di sesso femminile) con una diminuzione di 174 unità.

 

 

Perciò il totale dei dipendenti della Banca a ruolo ed avventizi, esclusi gli avventizi provvisori, era di 6.290 unità, con una diminuzione complessiva di 116 unità rispetto al 1943. Di essi, 5.717 erano impiegati e 573 impiegate.

 

 

Prospetto riassuntivo numerico del personale maschile al 31 dicembre 1944, esclusi gli operai e gli avventizi provvisori

 

 

       
  a ruolo avventizi ordinari totale
Personale amministrativo {di concetto

1.680

12

1.692

{d’ordine

1.350

264

1.614

Personale di cassa {di concetto

445

13

458

{d’ordine

729

24

753

Personale tecnico {di concetto

13

13

{d’ordine

13

13

Personale di servizio

890

284

1.174

 

 

5.120

597

5.717

 

 

Il personale operaio addetto alle officine – escluso quello assunto direttamente a L’Aquila – era composto di 370 elementi, con un aumento di 23 unità. Di essi, 178 erano operai e 192 operaie.

 

 

Nelle cifre di cui sopra sono compresi i dipendenti richiamati alle armi in numero di 724; di questi, 196 risultavano prigionieri di guerra.

 

 

Durante il 1944 l’amministrazione non ha mancato, in vista delle eccezionali difficoltà del momento, di agevolare, come per il passato, il proprio personale con adeguate provvidenze di carattere contingente, accordando due miglioramenti economici di applicazione generale che sono entrati in vigore con decorrenza rispettivamente dall’1 dicembre 1943 e dall’1 giugno 1944.

 

 

È stato inoltre consentito ai dipendenti, con effetto dal 16 agosto 1944, l’aumento della integrazione temporanea mensile, nonché dell’aggiunta di famiglia e delle quote supplementari per figli a carico, mentre nel giugno e nel dicembre 1944, dato il perdurare delle difficoltà di ordine economico, si è provveduto al pagamento, in favore del personale, di due speciali gratificazioni ragguagliate ad una mensilità di stipendio ciascuna.

 

 

L’amministrazione ha voluto poi venire in aiuto dei dipendenti trovantisi in condizione di particolare bisogno, mediante la erogazione di numerosi sussidi nonché di prestiti a quelli di essi che sono rimasti sinistrati per cause di guerra.

 

 

Si è provveduto ad andare incontro alle necessità di vita dei pensionati della Banca, in favore dei quali è stata disposta, dall’1 dicembre 1943, la concessione di un nuovo assegno temporaneo supplementare, integrativo della pensione ed accessori, mentre dall’1 giugno 1944 è stato loro accordato un aumento graduale sull’ammontare delle pensioni ed accessori medesimi.

 

 

Nell’ottobre 1944 e nel dicembre successivo sono state ad essi concesse altresì, due speciali elargizioni, pari ad una mensilità di pensione ed accessori ciascuna, allo scopo di metterli in grado di far fronte ai più impellenti bisogni.

 

 

Anche nel corso del 1944 si è continuato a prestare la migliore assistenza alle famiglie dei dipendenti già addetti alle filiali dell’Africa orientale o comunque rimasti separati, per cause di guerra, dai propri congiunti.

 

 

Con questi dipendenti lontani è stato mantenuto un frequente scambio di corrispondenza al fine di rassicurarli sulla sorte delle loro famiglie e di far giungere ad essi notizie delle stesse e l’espressione dell’affettuosa solidarietà dell’istituto.

 

 

Un fattivo e premuroso interessamento è stato svolto dall’amministrazione per il rimpatrio del proprio personale prigioniero di guerra ed internato civile ovvero rimasto a piede libero in Africa. Su un totale di 395 elementi, si è riusciti, a tutt’oggi, a farne ritornare in patria 56.

 

 

Sono deceduti in prigionia 10 impiegati; alle loro famiglie la Banca non ha mancato di prestare ogni possibile assistenza morale e materiale.

 

 

Il personale, confermando il suo tradizionale spirito di comprensione per le necessità del momento, ha dato, anche nel 1944, ripetute prove di abnegazione, di senso del dovere e di attaccamento all’istituto ed ha tenuto, in talune critiche circostanze, un contegno coraggioso ed improntato ad alto spirito di patriottismo, dimostrandosi meritevole dell’elogio dell’amministrazione.

 

 

Servizi governativi

Tra i servizi di interesse generale esplicati dalla Banca, il servizio di R. tesoreria ha registrato un notevole incremento di lavoro, che ha imposto di aumentare il personale addettovi. Per quanto nell’annata non vi siano state emissioni di nuovi prestiti, il lavoro ha risentito le conseguenze delle emissioni precedenti, susseguitesi a breve distanza l’una dall’altra, che hanno accresciuto in modo cospicuo la circolazione dei titoli di stato. I pagamenti e le operazioni di debito pubblico hanno dato luogo a un ingente movimento, per il grande numero di cedole esibite agli sportelli, di ordini di pagamento dei premi assegnati ai buoni del tesoro poliennali sorteggiati, di titoli da distribuire agli aventi diritto e di pagamenti da effettuarsi con modalità eccezionali in dipendenza degli eventi bellici. Nello stesso senso ha agito il costante sviluppo del debito fluttuante, per la molteplicità dei compiti assegnati agli uffici di cassa e di controllo delle sezioni di tesoreria in relazione alla emissione, al pagamento o alla rinnovazione dei buoni del tesoro ordinari.

 

 

Similmente, sono aumentati, per numero ed entità, i pagamenti di spese delle amministrazioni statali, disposti a mezzo di mandati diretti, di ordinativi su ordini di accreditamento, di ordini di pensioni e di altre spese fisse, di ordini telegrafici e di titoli pagati e scritturati in conto sospeso fra i «collettivi».

 

 

Il servizio dei depositi provvisori per conto delle amministrazioni statali, e di quelli definitivi per conto della Cassa depositi e prestiti, si è anch’esso notevolmente sviluppato; il movimento di entrata e di uscita di contanti e titoli e il lavoro dello stacco delle cedole dai numerosi titoli in deposito sono divenuti particolarmente onerosi per gli uffici di tesoreria. Al lavoro normale si è aggiunto quello derivante dai trasferimenti dei titoli facenti parte di detti depositi in zone ritenute meno esposte ai rischi di guerra e dal loro ritorno al luogo d’origine.

 

 

Un lavoro considerevole è derivato dal ritiro, riscontro e annullamento dei biglietti di stato di piccolo taglio, in rapporto anche alla aumentata quantità dei pezzi in circolazione ed al cattivo stato di conservazione nel quale essi vengono presentati agli sportelli per il cambio.

 

 

Servizio di vigilanza su le aziende di credito

Nei riguardi del servizio di vigilanza su le aziende di credito, Vi è noto dalla precedente relazione che tra la fine del 1943 ed il marzo 1944 l’Ispettorato del credito si trasferiva al nord, dove la carica di capo dell’Ispettorato cessava di essere attribuita al governatore della Banca d’Italia, mentre veniva mantenuta alla Banca la delega dei poteri dell’Ispettorato, in materia di ordinaria amministrazione, che le era stata conferita nel settembre 1943.

 

 

In questo loro ultimo periodo di vita al nord gli uffici dell’Ispettorato svolsero un’azione limitata, astenendosi da iniziative eccedenti le esigenze immediate del funzionamento delle aziende di credito e conformandosi esclusivamente ai normali criteri tecnici.

 

 

Tra i provvedimenti adottati secondo questa direttiva, meritano ricordo i ritocchi apportati nel febbraio 1944 alle condizioni del cartello bancario, nel senso di aumentare i saggi minimi di interesse sulle operazioni attive ed i diritti sui servizi bancari, al fine di alleviare la delicata situazione di bilancio, accusata da quasi tutte le aziende.

 

 

Un’azione considerevole venne spiegata dalle aziende per ottenere un allentamento dell’obbligo, di cui all’art. 15 del R. decreto 6 novembre 1926, n. 1.830, di investire nelle forme di legge o di versare presso la nostra Banca le eccedenze dei depositi sul ventuplo del patrimonio; e perché venissero considerati validi, ai fini di tale adempimento, i depositi intrattenuti presso il tesoro.

 

 

Alla fine del maggio l’Ispettorato veniva investito, nei riguardi delle imprese di assicurazione, di riassicurazione e di capitalizzazione, di poteri analoghi a quelli esercitati sulle aziende di credito.

 

 

Diversa sorte gli toccava nell’Italia liberata, dove il decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 226, entrato in vigore il 5 ottobre successivo, ne decretava la soppressione e ne trasferiva le attribuzioni al ministero del tesoro; mentre alla Banca d’Italia veniva delegata la vigilanza su le aziende di credito, restando in tal modo confermata al nostro istituto, nei riguardi dell’intero settore bancario, quella delicata funzione che i primi provvedimenti del 1926 sulla tutela del risparmio gli avevano assegnata e che nella pratica applicazione della legge del 1936 si era venuta a ribadire ed ampliare.

 

 

In particolare, restava nella competenza del ministero del tesoro la potestà normativa, sia attraverso l’emanazione dei provvedimenti formali, sia con direttive di carattere generale, mentre alla Banca d’Italia erano attribuite tutte le mansioni insite nella funzione di vigilanza, quali, ad esempio, la facoltà di eseguire ispezioni; l’esame degli elaborati contabili; la compilazione di statistiche; le direttive per l’andamento aziendale, sia in fase di amministrazione ordinaria o straordinaria sia in fase di liquidazione; le concessioni di deroghe alle norme sul fido limite e sulle incompatibilità di cariche; il controllo sull’osservanza del cartello bancario e così via.

 

 

Gli uffici del servizio vigilanza, dopo un periodo di sosta forzata nella transizione dal vecchio al nuovo regime, hanno ripreso il loro funzionamento, organizzandosi adeguatamente in relazione al nuovo ordinamento dato alla funzione di controllo sulle aziende di credito.

 

 

L’annata è stata caratterizzata, specialmente nei territori liberati, dalla scarsità di normali impieghi bancari, che dà ragione della relativa esiguità delle richieste di deroga, da parte delle aziende di credito, al divieto posto dalla legge di concedere ad uno stesso nominativo fidi superiori al quinto del patrimonio. Durante il 1944 si ebbero, infatti, 188 domande per un totale di 1.195 milioni, di cui 1.033 milioni concernevano 103 richieste presentate agli uffici della Banca al nord, e soli 162 milioni erano compresi in domande formulate nell’Italia centromeridionale. Buona parte di questi fidi riguardavano sovvenzioni a comuni, provincie ed organi annonari.

 

 

Proficua attività è stata invece svolta dalle aziende di credito nel campo dei finanziamenti degli ammassi riguardanti il grano, l’orzo, la lana, il granoturco, l’avena, la segale, il riso, le fave, le lenticchie, i piselli, i fagioli, l’olio.

 

 

Come ebbe già a mettersi in evidenza nella precedente relazione, il governo si era impegnato a sistemare l’ingente massa di crediti che si sono venuti accumulando presso le aziende finanziatrici degli ammassi per residui afferenti le campagne decorse. A seguito di accordi intercorsi con il ministero del tesoro e con quello dell’agricoltura e foreste, venne disposta, nel novembre 1944, una apposita rilevazione per accertare l’esatto ammontare delle esposizioni in essere presso le singole aziende per i residui in parola, ivi compresi gli interessi maturati tutto il 30 giugno 1944. Una analoga rilevazione veniva nello stesso tempo eseguita dalla Federazione italiana dei consorzi agrari, al fine di stabilire contestualmente l’importo del corrispondente debito dei singoli consorzi provinciali. Tali rilevazioni, che, data la loro complessità, sono tuttora in corso, sono state estese anche alle provincie settentrionali.

 

 

Il servizio vigilanza, preoccupato dell’esistenza dell’immobilizzo che deriva da tale situazione ai bilanci delle banche, ha spiegato tutto il possibile interessamento presso gli organi competenti, ottenendo, dopo che i predetti dicasteri e la Corte dei conti avevano superato le notevoli difficoltà procedurali, che venisse iniziata l’emissione dei mandati di pagamento per le singole provincie.

 

 

Di fronte alla scarsità degli impieghi, sta il forte sviluppo delle operazioni di raccolta. Le rilevazioni eseguite dal servizio vigilanza indicano che a fine 1943 la consistenza dei depositi bancari, al netto di quelli presso la Banca d’Italia e dei conti correnti di corrispondenza ordinari e reciproci tra aziende di credito, era di 143,3 miliardi[2].

 

 

All’aumento di 25,4 miliardi, in confronto al dicembre 1942, contribuirono per 9,5 miliardi i depositi fiduciari e per 15,9 i conti correnti di corrispondenza con clienti.

 

 

A fine dicembre 1944, il totale era salito a 248,8 miliardi. L’aumento di 105,5 miliardi era dovuto per 54,1 miliardi ai depositi fiduciari e per 51,4 miliardi ai conti correnti di corrispondenza con clienti.

 

 

Nella distribuzione fra le varie aziende, gli istituti di credito di diritto pubblico raccoglievano, a fine 1944, il 22,8 per cento (contro il 18,8 nel 1943) dei depositi fiduciari e dei conti correnti di corrispondenza ordinari con clienti, le banche d’interesse nazionale il 29,6 per cento (28,1), le aziende di credito ordinario il 18,1 per cento (18,7), le banche cooperative il 10,9 per cento (11,6), le casse di risparmio e i monti di prima categoria il 18,6 per cento (22,8).

 

 

Circa l’andamento della massa fiduciaria venne già riferito nella precedente relazione che, negli ultimi mesi del 1943, si ebbero da parte dei depositanti forti prelevamenti in dipendenza della situazione politica e militare determinatasi nel paese dopo l’armistizio. Le disposizioni limitative emanate nell’ottobre 1943 nelle regioni centro settentrionali, che valsero a contenere i prelevamenti, vennero abolite il 15 maggio 1944, quando già i fondi avevano ripreso ad affluire con larghezza alle aziende di credito. I rientri si manifestarono con differente intensità nelle varie regioni a seconda della distanza dalla linea di combattimento. Nelle località dell’Italia centrale vicine al fronte o nelle quali si prevedeva un suo prossimo avvicinamento, il movimento fu irregolare quando non fu caratterizzato da una persistente prevalenza dei prelevamenti.

 

 

Nel secondo semestre del 1944, durante il quale il fronte si stabilizzò sulla cosidetta linea gotica, l’aumento dei depositi fu, nel complesso, maggiore che nei primi sei mesi. I dati regionali di cui si dispone indicano che esso e stato alquanto più intenso nei territori centro meridionali liberati.

 

 

Per quanto riguarda la compagine bancaria nazionale non vi è da segnalare alcun mutamento sostanziale nel 1944, se si eccettui la chiusura di 28 procedure di liquidazione ed una incorporazione, con radiazione delle aziende dall’albo ministeriale.

 

 

Si è poi avuto, con l’osservanza delle norme previste, il passaggio in liquidazione di 5 aziende, che hanno tutte volontariamente deliberato di cessare la propria attività, non essendosi attuato alcun provvedimento di liquidazione coatta.

 

 

Per contro nessuna costituzione di nuove aziende è stata autorizzata.

 

 

Conseguentemente, alla fine del 1944 risultavano inscritte all’albo 1.968 aziende (in confronto a 1.997 un anno prima), di cui 1.463 in esercizio (in confronto a 1.469) e 505 in liquidazione (in confronto a 528).

 

 

Le dette aziende in esercizio rendevano bancabili 3.680 piazze (in confronto 3.687 un anno prima) attraverso 6.848 sportelli (in confronto a 6.855).

 

 

La differenza nel numero degli sportelli è la risultante di 5 chiusure avvenute per cessazione di attività come sopra detto e della soppressione di 4 dipendenze bancarie, contro l’apertura effettiva di 2 nuove filiali.

 

 

Nei riguardi della istituzione di nuovi sportelli bancari, è da tener presente che, nelle anno 1944, 31 aziende di credito hanno domandato l’autorizzazione per l’apertura di 108 nuove dipendenze. La Banca dell’Italia ha espresso 29 pareri favorevoli e 79 contrari; da parte dei competenti organi deliberativi sono stati autorizzati 23 sportelli, 59 sono stati negati, mentre per 26 pendono ancora le decisioni.

 

 

Altre domande, per le quali nel corso dell’anno la Banca dell’Italia ha espresso il parere tecnico di propria competenza, hanno avuto per oggetto:

 

 

  • il trasferimento di sedi e dipendenze: 63 aziende hanno avanzato domande riguardanti il trasferimento di 140 filiali, di cui 137 autorizzate;
  • la nomina di corrispondenti privati: 7 domande riguardanti 23 piazze, delle quali 21 accordate;
  • l’assunzione di servizi di esattoria e di tesoreria: 3 domande riguardanti 6 servizi, tutti autorizzati;
  • l’aumento di capitale sociale da parte di aziende di credito: 27 domande, di cui 18 accolte per un incremento patrimoniale di 39,3 milioni di lire.

 

 

Le domande di incorporazione sono state 9 e quelle per il rilievo di attività e passività 6; delle 15 domande, 11 sono state accolte, ma una di esse soltanto è stata portata a compimento durante l’anno, con il perfezionamento delle formalità di legge.

 

 

Sono state inoltre accolte 3 domande volte ad ottenere il rilievo di 3 filiali.

 

 

In materia di credito pignoratizio, 3 aziende bancarie hanno chiesto di poter continuare tale attività. Le 3 domande sono state accolte, mentre su 62 richieste, avanzate da altrettante agenzie di prestiti su pegno, è stato accordato il nulla osta per 60 rinnovazioni.

 

 

Su 17 domande intese ad ottenere l’autorizzazione ad assumere 18 servizi di cassa a domicilio, ne sono state accolte limitatamente a 14 servizi.

 

 

Due richieste per la costituzione di nuove aziende sono state respinte.

 

 

Gli accertamenti ispettivi effettuati durante l’anno da incaricati della Banca d’Italia sono stati complessivamente 21; la limitata attività ispettiva è da ascriversi all’anormalità della situazione generale e alle difficoltà delle comunicazioni. Le visite ispettive effettuate dalla entrata in vigore delle leggi sul controllo bancario a tutto il 1944 salgono a 4.743.

 

 

Controllo valutario

L’ufficio controllo operazioni valutarie presso l’amministrazione centrale in Roma ha esplicato – attese le particolari circostanze del momento – una scarsa attività nel primo semestre del 1944, curando, via via, la definizione delle pratiche sospese.

 

 

Una lenta progressiva ripresa della attività valutaria si è avuta nel secondo semestre del 1944, particolarmente nella predisposizione delle norme riflettenti la liquidazione dei mandati emessi dall’Istituto nazionale per i cambi con l’estero a valere su conti di compensazione.

 

 

La procedura seguita per i pagamenti di questi mandati (ammontanti a circa 65.000.000, di cui quasi il 50 per cento risultava a beneficio di esportatori della Sicilia) venne stabilita di concerto con il ministero del tesoro.

 

 

Le autorità alleate hanno consentito, fin dai primi mesi del 1944, il ristabilimento delle facilitazioni relative alle rimesse emigrati, in dipendenza delle quali le famiglie italiane hanno potuto ricevere, alle condizioni e nei limiti stabiliti, aiuti finanziari da persone residenti negli Stati Uniti e in Inghilterra.

 

 

In un primo tempo, l’esecuzione degli ordini di pagamento a favore di persone residenti in Sicilia, Sardegna e nell’Italia meridionale fu affidata dalla Commissione alleata al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia, unici istituti di carattere nazionale i cui uffici centrali si trovavano nell’Italia liberata.

 

 

Con la liberazione dell’Italia centrale, il servizio in oggetto è stato, dalle autorità alleate, affidato alla Banca d’Italia per le provincie dell’Italia centrale a nord di Roma e per quelle dell’Italia settentrionale, di mano in mano che venivano liberate.

 

 

Per la materiale esecuzione dei pagamenti a favore di nominativi residenti nelle provincie assegnate al nostro istituto, giusta quanto convenuto con la Sottocommissione finanziaria della Commissione alleata, ci siamo valsi delle banche esercenti il credito ordinario, designandone una per ciascuna zona.

 

 

Qui al centro, per l’adempimento del servizio, è stato istituito un apposito ufficio rimesse emigrati in seno al servizio rapporti con l’interno e con l’estero, e ciò al fine di ottenere – malgrado le non lievi difficoltà nelle comunicazioni, sia con l’estero che all’interno, esistenti specie nei rapporti con i piccoli centri periferici siti nelle provincie maggiormente danneggiate dalla guerra – la maggiore correttezza possibile nell’esecuzione dei bonifici.

 

 

Nel mese di dicembre 1944 sono pervenuti al nostro istituto i primi ordini di pagamento, i quali, a tutto il 31 del mese stesso, hanno raggiunto il totale di 806 mandati per dollari 48.619,25 che, al cambio fissato di lire 100 per dollaro, ammontano a complessive lire 4.861.925.

 

 

L’importo in valuta estera così accreditato è stato riconosciuto alla Banca d’Italia in appositi conti «post liberation», per conto del tesoro italiano.

 

 

Bilancio al 31 dicembre 1944

La riserva rappresentata da oro in cassa, al 31 dicembre 1944 ammontava a 462,6 milioni, ivi compreso l’oro giacente a Fortezza, con una diminuzione di 1.774,7 milioni rispetto al 31 dicembre 1943.

 

 

Tale diminuzione fu determinata:

 

 

  • per 1.080,5 milioni (50.537 chilogrammi) da una prima asportazione effettuata dai tedeschi nel febbraio 1944;
  • per 230,6 milioni (10.784 chilogrammi) dalla spedizione alla Banca nazionale svizzera, nell’aprile 1944, dell’oro vincolato a garanzia d’una anticipazione concessa nel settembre 1940 all’Istituto nazionale per i cambi con l’estero da un gruppo di banche svizzere;
  • per 463,0 milioni (21.656 chilogrammi) da una seconda asportazione effettuata dai tedeschi nell’ottobre 1944;
  • per 0,6 milioni (25 chilogrammi) da operazioni di vendita.

 

 

L’oro depositato all’estero dovuto dallo stato, rappresentante il credito in oro della Banca verso lo stato per le sue specie auree già depositate all’estero durante la prima guerra mondiale in occasione dell’accensione di debiti bellici, era invariato nella cifra di 1.772,8 milioni.

 

 

Il portafoglio su piazze italiane sommava, per la parte normale, a 3.781,2 milioni, con una riduzione di 1.693,7 milioni rispetto alla consistenza di un anno prima, che era di 5.474,9 milioni.

 

 

L’analisi delle variazioni intervenute nell’anno deve essere riferita alle cifre della seconda decade di dicembre, per la quale si dispone del dettaglio delle operazioni che concorrono a formare la consistenza totale del portafoglio.

 

 

Al 20 dicembre 1944, questa consistenza era di 3.828,0 milioni, costituiti per 3.655,1 da risconti, per 88,3 da residui di sconti diretti e per 84,6 da sconti di buoni del tesoro.

 

 

A sua volta, la consistenza del risconto era formata per 3.134,3 milioni da effetti riguardanti gli ammassi, per 375,2 milioni da risconto a favore del Consorzio per sovvenzioni su valori industriali e per 145,6 milioni da risconto a favore di altre aziende ed istituti di credito.

 

 

Gli sconti diretti erano costituiti per 35,8 milioni da operazioni in liquidazione di sconto a privati, per 0,3 milioni da sconti di note di pegno, per 3,1 milioni da sconti relativi al riscatto dell’imposta straordinaria sul capitale delle società per azioni e per 49,1 milioni da sconti ordinari nelle colonie.

 

 

Gli sconti di buoni del tesoro erano costituiti per 79,0 milioni da sconti a favore di aziende di credito e per 5,6 milioni da sconti a favore di privati.

 

 

Rispetto all’anno precedente, l’ammontare del risconto al 20 dicembre segnava una diminuzione di 1.156,2 milioni nei confronti del Consorzio per sovvenzioni su valori industriali, di 331,6 milioni nei confronti degli istituti e aziende di credito, di 33,7 milioni negli sconti diretti, di 6,1 milioni nello sconto di buoni del tesoro ai privati. Soltanto il risconto di effetti riguardanti gli ammassi e lo sconto di buoni del tesoro alle aziende di credito hanno registrato aumenti rispettivamente per 10,5 e 35,4 milioni.

 

 

L’ulteriore diminuzione del risconto di carta commerciale trova ragione nella ben nota larghezza di disponibilità liquide da parte delle aziende che raccolgono depositi; la quale ha consentito a quelle di tali aziende che partecipano al finanziamento degli ammassi di ridurre anche, nell’anno sotto rassegna, il risconto di effetti relativi agli ammassi stessi. Il lieve aumento che si osserva, rispetto al dicembre 1943, nella consistenza del portafoglio ammassi riscontato presso il nostro istituto (sulla quale hanno anche agito, neutralizzandosi a vicenda, l’aumento dei prezzi corrisposti ai conferenti e la diminuzione delle quantità ammassate) va ascritto per intero a maggiori risconti a favore degli istituti regionali di credito agrario per il Piemonte, per le Venezie, per l’Italia centrale i quali non raccolgono depositi, e di quello per la Sardegna.

 

 

La diminuzione che si osserva negli sconti diretti è dovuta alle ulteriori decurtazioni dei finanziamenti relativi al riscatto dell’imposta sul capitale azionario e alla nuova contrazione dei rischi verso la clientela privata, che sono in via di eliminazione.

 

 

L’incremento verificatosi nelle operazioni di sconto di buoni del tesoro è stato contenuto entro limiti modesti mercé gli orientamenti restrittivi seguiti dal nostro istituto nell’intento di ostacolare la tendenza delle aziende di credito verso tale forma di operazioni, che talvolta mirano soltanto a lucrare differenze di interessi.

 

 

La contrazione delle richieste di risconto è stata particolarmente marcata nell’Italia liberata a seguito del ristagno manifestatosi negli affari; nel secondo semestre dell’anno le cifre hanno però rispecchiato una situazione in via di miglioramento.

 

 

Il tasso ufficiale dello sconto del 4,50 per cento, in vigore dal 18 maggio 1936, è stato ridotto al 4 per cento, ai sensi del decreto del ministro per il tesoro in data 10 settembre 1944, con effetto dal successivo giorno 11.

 

 

Il tasso delle anticipazioni è rimasto invece invariato al 4 e mezzo per cento. Uno stacco analogo di mezzo punto si era avuto, l’ultima volta, negli anni 1933/34.

 

 

Le operazioni speciali con il Consorzio per sovvenzioni su valori industriali riscontate verso rimborso di spese per fabbricazione biglietti nella vecchia misura di soli 20 centesimi ogni 100 lire in ragione d’anno, ammontavano alla fine del 1944 a 41.710,9 milioni.

 

 

Esse segnavano, rispetto ad un anno prima, un aumento di circa 1,4 miliardi, che si produsse nelle operazioni di finanziamento delle commesse statali e derivò in massima parte da erogazioni eseguite su decreti di accertamento di credito emessi dalle amministrazioni committenti in base a cessioni anteriori all’8 settembre 1943.

 

 

Il risconto a saggio normale si ridusse invece nel corso dell’anno a meno di un quarto della consistenza di un anno prima, passando da 1.805,6 a 404,0 milioni, costituiti per 95,3 milioni da operazioni speciali relative alle costruzioni della R. Marina e per 308,7 milioni da operazioni ordinarie.

 

 

Per effetto delle due opposte variazioni, il risconto complessivo diminuì lievemente, passando da 42.173,4 a 42.114,9 milioni.

 

 

L’importo totale degli impieghi del Consorzio, comprese le operazioni non riscontate, era a fine anno di 44.462,3 milioni.

 

 

 

Operazioni riscontate

Operazioni non riscontate

Totale fine 1944

Totale fine 1943

a saggio normale

verso rimborso spese

Ordinarie

308,7

345,5

654,2

1.730,6

Speciali

95,3

41.710,9

2.001,9

43.808,1

42.612,5

 

404,0

41.710,9

2.347,4

44.462,3

44.343,1

 

 

Le cifre relative alle operazioni del Consorzio ed al relativo risconto, qui sopra indicate, presentano alcune differenze rispetto a quelle contenute nella precedente relazione per effetto degli accertamenti eseguiti dopo la liberazione del nord.

 

 

La natura delle operazioni del Consorzio è stata ampiamente illustrata nella precedente relazione. La contrazione, intervenuta nel corso dell’anno, nella consistenza delle operazioni ordinarie conferma la bontà di tali operazioni, che, assistite da adeguate garanzie reali e chirografarie, procedono secondo i piani di rimborso prestabiliti. Salvo transitori sfasamenti di cassa, esse sono state eseguite esclusivamente con i mezzi propri del Consorzio, e precisamente con l’impiego del capitale consortile di 200 milioni; col risparmio privato raccolto mediante la emissione di buoni fruttiferi a scadenza fissa e coi fondi provenienti dal risconto presso la B.R.I., che è stato rimborsato nel primo semestre dell’esercizio in esame.

 

 

Per le operazioni speciali nessun rischio corrono il Consorzio, che le ha effettuate d’ordine dello stato, e la Banca che, in dipendenza dello stesso ordine, le ha riscontate, anche perché sono tutte assistite dalla garanzia o dall’impegno diretto dello stato. Esse risultano eseguite con le necessarie cautele amministrative, a norma di disposizioni di legge emanate anteriormente all’8 settembre 1943 e di convenzioni che regolano i rapporti fra il R. Tesoro, la Banca d’Italia e il Consorzio. A causa della non ancora avvenuta completa ricostituzione degli uffici amministrativi di talune amministrazioni statali, a suo tempo trasferiti al nord, si è avuto ristagno nei pagamenti delle rate scadute per i finanziamenti relativi alle costruzioni della R. Marina ed alle commesse dei tre dicasteri militari; pagamenti che erano stati puntualmente eseguiti fino all’agosto 1943 e che sono continuati saltuariamente fino ai primi mesi del 1945.

 

 

La consistenza degli effetti ricevuti per l’incasso era di 8,6 milioni.

 

 

Il numero dei corrispondenti del servizio di incasso degli effetti cambiari nelle località in cui la Banca non è stabilita e il numero delle piazze bancabili non hanno subito, in confronto al 1943, alcuna variazione.

 

 

Le anticipazioni sono discese a 4.123,5 milioni con una diminuzione di 3.089,8 milioni rispetto al 31 dicembre 1943.

 

 

Di esse 4.123,0 milioni rappresentavano anticipazioni su titoli dello stato e sugli altri titoli ammessi dalle norme statutarie, e 0,5 milioni anticipazioni su sete e bozzoli.

 

 

Dei 4.123,0 milioni di anticipazioni su titoli, 3.852,8 milioni erano costituiti da anticipazioni al saggio normale, 142,9 milioni da anticipazioni cambiarie a saggi vari eseguiti dalle filiali coloniali, 7,1 milioni da anticipazioni al 5 per cento su titoli del prestito redimibile immobiliare 1936, 120,2 milioni da anticipazioni a saggio ridotto, di cui 0,4 milioni eseguite al 4 per cento dalle filiali coloniali su titoli di rendita 5 per cento e 119,8 milioni al 3 e mezzo per cento a favore dei due banchi meridionali e della Cassa depositi e prestiti.

 

 

La rilevante riduzione del volume di tali operazioni è principalmente da mettersi in relazione con il notevole aumento delle disponibilità liquide sul mercato e con la non avvenuta emissione, nell’anno 1944, di nuovi prestiti statali, i quali in precedenza avevano contribuito ad accrescere il ricorso a siffatta forma di credito da parte dei privati, degli enti e delle aziende di credito.

 

 

La diminuzione dei depositi costituiti a fronte delle predette anticipazioni su titoli e su merci non è stata proporzionale a quella dei debiti; infatti, i depositi, che ammontavano a lire 39.140,1 milioni alla fine del 1943, erano discesi soltanto a 35.498,7 al 31 dicembre 1944, con una differenza in meno, quindi, di soli 3.641,4 milioni. Ciò si spiega col permanere dei cospicui depositi costituiti a suo tempo da numerose aziende di credito, e specialmente da quelle a carattere regionale o nazionale, nell’intento di assicurare a tutte le proprie dipendenze le necessarie disponibilità nella prevista ipotesi della interruzione delle comunicazioni per eventi di guerra.

 

 

I titoli di proprietà della Banca, costituiti esclusivamente da titoli dello stato o da questo garantiti, sommavano a 887,2 milioni, con una differenza in meno di 12 milioni rispetto alla consistenza alla fine dell’esercizio precedente.

 

 

I conti correnti attivi per prorogati pagamenti presso le stanze di compensazione ammontavano a 55,5 milioni, con un aumento di 25,6 milioni rispetto all’esercizio precedente.

 

 

Gli immobili per gli uffici figuravano in bilancio per 94,1 milioni in confronto agli 89,1 milioni dell’esercizio precedente. La variazione è dovuta ai pagamenti in conto o a saldo per la costruzione di nuovi stabili per le filiali di Napoli, Roma A. C. (Via dei Serpenti), Modena, La Spezia, Taranto e Viterbo.

 

 

All’elenco degli immobili della Banca rimasti danneggiati in dipendenza di azioni di guerra, per i quali si è già riferito nella relazione sull’esercizio 1943, sono da aggiungersi quelli delle filiali di Genova, Apuania Massa, Apuania Carrara, Bolzano, Udine, Verona, Lugo, Torino, Trieste, Brescia, Fiume, Pistoia, Lecco e Pesaro. Danni di minore entità hanno subito gli edifici delle filiali di Vicenza, Sondrio, Padova, Treviso e Riva. Lo stabile della succursale di Trento è andato invece completamente distrutto.

 

 

Nel corso dell’anno l’amministrazione, in considerazione anche della difficile situazione del mercato edilizio, ha disposto l’esecuzione dei soli lavori di restauro più urgenti e indilazionabili, allo scopo di assicurare il funzionamento degli uffici nelle località più duramente colpite.

 

 

Per quanto concerne le proprietà immobiliari delle colonie e dei possedimenti d’oltremare, non si posseggono ancora notizie particolareggiate.

 

 

La voce Istituto per la ricostruzione industriale appariva all’attivo nel consueto importo di 4.708,1 milioni.

 

 

Il Fondo ammortamento I.R.I., costituito in applicazione del piano, ammontava, alla fine del 1944, a 417,9 milioni.

 

 

Al 31 dicembre 1944 la consistenza delle anticipazioni temporanee al tesoro, fatte a norma dell’art. 2 del decreto ministeriale 31 dicembre 1936, era invariata a 1 miliardo, mentre quella delle anticipazioni straordinarie su buoni del tesoro ordinari era di 202,6 miliardi e segnava un aumento di 123,6 miliardi rispetto ad un anno prima. L’aumento era intervenuto per 65 miliardi nei rapporti col governo legale e per 58,6 miliardi in quelli con l’amministrazione governativa del nord.

 

 

I pagamenti che la Banca fece alle autorità d’occupazione furono in un primo tempo erogati come anticipazioni, senza rilascio di buoni del tesoro.

 

 

Le somme così erogate nei mesi da gennaio ad ottobre, per il complessivo importo di 99 miliardi, vennero nel dicembre trasferite a debito del conto corrente del tesoro, nell’attesa di fare luogo ad anticipazioni nelle forme normali; ciò che avvenne nel successivo gennaio.

 

 

Al primo di questi movimenti di partite contabili (movimenti che hanno il loro valore amministrativo, ma nessuna importanza economica) è principalmente dovuto l’aumento di 51,1 miliardi (da 47,3 a 98,4 miliardi) intervenuto nel corso dell’anno nel saldo debitore del conto corrente del tesoro e spettante per circa quattro quinti alle sezioni di tesoreria dei territori sotto occupazione germanica.

 

 

Aggiungendo questo aumento a quello avutosi nelle anticipazioni, si constata che l’indebitamento complessivo delle due amministrazioni governative verso la Banca è stato, nel corso dell’anno, di 174,7 miliardi.

 

 

I B.T.O. per impiego disponibilità depositi vincolati delle aziende di credito al 31 dicembre erano saliti a 30 miliardi.

 

 

L’origine di questa voce, nuova nel nostro bilancio, si può far risalire ai provvedimenti del dicembre 1942 e del luglio 1943 i quali istituirono presso la Banca i noti conti vincolati a 8 e 15 giorni fruttanti rispettivamente il 2,50 ed il 3 per cento ed intestati a banche e ad istituti di previdenza e di assicurazione. Per trovare compenso all’onere degli interessi corrisposti su di essi, che facevano carico al suo conto economico, la Banca provvide ad investire gradualmente in buoni del tesoro ordinari parte delle disponibilità provenienti da tali conti. Alla fine del 1943, questo investimento aveva raggiunto gli 8 miliardi e venne compreso, nel bilancio, sotto la voce debitori diversi.

 

 

Nel 1944 nessun nuovo investimento del genere veniva effettuato nel territorio sottoposto alla giurisdizione del governo legale e degli alleati, dove con una convenzione, di cui si è già fatto cenno nella precedente relazione, il tesoro si è assunto il carico degli interessi corrisposti dalla Banca. Al nord invece venivano effettuati nell’anno nuovi investimenti per 22 miliardi, che portavano l’investimento complessivo all’importo di 30 miliardi segnato in bilancio.

 

 

La circolazione dei biglietti della Banca aumentava nell’anno di 92.012 milioni, salendo da 156.631 milioni alla fine del 1943 a 248.643 milioni alla fine del 1944.

 

 

Complessivamente, l’incremento medio mensile della circolazione si aggirava sui 7,5 miliardi, registrando una diminuzione in confronto all’ultimo quadrimestre del 1943 in cui l’accrescimento mensile aveva toccato gli 11 miliardi, nonostante che fossero state decretate le note restrizioni per i prelievi dai depositi.

 

 

Nei primi quattro mesi dell’anno, sebbene gli uffici al nord della Banca fossero obbligati a concedere alle truppe d’occupazione germaniche anticipazioni straordinarie per 10 miliardi al mese, l’accrescimento mensile della circolazione venne contenuto fra i 3 e i 6 miliardi. Dal maggio l’incremento ha assunto maggiori proporzioni, toccando nel giugno i 9 miliardi.

 

 

Una limitazione fisica all’aumento della circolazione derivò, nei primi mesi dell’anno, dalle difficoltà di fabbricazione dei biglietti, già in parte illustrate nella precedente relazione. Venne detto, infatti, che mentre la produzione da parte dell’Istituto poligrafico dello stato era cessata sin dall’ottobre 1943 quando il macchinario ed il materiale furono trasportati da Roma al nord, la produzione delle officine della Banca d’Italia a L’Aquila, a seguito del bombardamento aereo del dicembre 1943 si era ridotta ad un livello piuttosto basso, mantenendosi nei primi cinque mesi del 1944 su una media di poco superiore ad un miliardo al mese.

 

 

La difficoltà di assicurare alle filiali un regolare rifornimento di contante indusse queste ad emettere un numero rilevante di vaglia cambiari a taglio fisso o – in via di assoluta eccezione – all’ordine dei dirigenti la Banca e girati in bianco.

 

 

Oltre al nostro istituto, anche le altre principali banche autorizzate all’emissione di titoli fiduciari emisero assegni circolari, pure a taglio fisso, per far fronte sopratutto alle pressanti richieste di fondi delle aziende commerciali ed industriali per i pagamenti ordinari e per corrispondere le paghe ai dipendenti. La domanda di contante fu in alcune occasioni così ragguardevole che anche aziende non abilitate posero in circolazione propri assegni. Talune emissioni poterono poi considerarsi lecite e regolari soltanto perché autorizzate dalle locali autorità.

 

 

La circolazione di questi titoli fiduciari, che venne ad affiancarsi a quella dei biglietti della Banca d’Italia ed a surrogarla, andò continuamente aumentando nel corso dell’anno. Da una rilevazione recentemente effettuata, è risultato che 14 aziende di credito autorizzate ed operanti nelle regioni settentrionali, ove la carenza di banconote ebbe a manifestarsi più acuta, avevano complessivamente in circolazione alla fine del dicembre 1944 circa 7 miliardi di assegni circolari a taglio fisso, emessi in parte al portatore.

 

 

La stampa di biglietti al nord, presso officine private del Piemonte e della Lombardia, dapprima lenta, si accrebbe successivamente portandosi a livelli sempre più elevati, fino a toccare il massimo dell’annata nel settembre con 9.756 milioni.

 

 

A quello della fabbricazione, si accompagnava l’incremento della circolazione, che toccava 10.383 milioni nel settembre – mese nel quale venne contabilizzata una anticipazione straordinaria di 40 miliardi al sedicente governo repubblicano – e 10.972 milioni nel dicembre.

 

 

Nell’Italia liberata, la fabbricazione dei biglietti era ripresa nel novembre 1944; a tutto dicembre ne risultavano fabbricati per 5.140 milioni[3].

 

 

Se tali cospicue emissioni di biglietti della Banca venivano effettuate nelle regioni settentrionali unicamente per fronteggiare le esigenze dell’amministrazione neo fascista e delle truppe germaniche, nel sud le forze armate anglo americane avevano posto in circolazione sin dal loro sbarco in Sicilia le lire militari alleate, la cui immissione fu, in genere – salvo che nei primi mesi dello sbarco in Sicilia -, di circa 3 miliardi mensili. Per quelle rappresentanti le spese fatte nella penisola dalle truppe americane, il governo degli Stati Uniti ha assicurata una contropartita in dollari a favore dell’Italia.

 

 

Sommando alla cifra della circolazione dei biglietti della Banca d’Italia al 31 dicembre 1944 la circolazione netta[4] di lire militari alleate (che alla stessa data era di 63,8 miliardi) e quella dei biglietti di stato (che era di 6,5 miliardi), si ottiene una circolazione complessiva di 319,0 miliardi.

 

 

I vaglia cambiari e assegni della Banca, dopo essere aumentati lentamente nella prima parte dell’anno e avere raggiunto il massimo alla fine di ottobre con 15.703,1 milioni, saldavano al 31 dicembre in 14.187,7 milioni, registrando un incremento di 6.285,3 milioni in confronto alla fine dell’esercizio precedente.

 

 

Gli assegni bancari liberi della Banca venivano emessi nel 1944 da 1.985 piazze servite da 647 corrispondenti.

 

 

Con il notevole sviluppo assunto dai nostri assegni bancari liberi, i titoli depositati dai corrispondenti a garanzia di questo mandato sono saliti, alla data del 31 dicembre 1944, a 1.539 milioni di lire, contro 1.339 milioni alla fine del 1943.

 

 

I depositi in conto corrente a vista sommavano a 24.642,7 milioni, di cui 12.956,4 milioni appartenenti ad aziende di credito, con aumenti di 7.257,6 e 3.748,4 rispetto alle corrispondenti cifre del 1943.

 

 

L’incremento dei depositi in conto corrente – nei quali sono compresi per cospicuo ammontare anche depositi infruttiferi – ha avuto andamento diverso nelle varie zone del territorio italiano. Nel meridione l’aumento, durante l’anno, è proceduto con ritmo generalmente costante; nel centro, dopo una flessione verificatasi nel maggio in dipendenza dei prelevamenti eseguiti dalle aziende di credito in relazione allo spostamento del fronte di guerra dal Garigliano all’Appennino tosco emiliano, l’ammontare di fine esercizio era presso a poco ritornato alla cifra del gennaio precedente; nel nord, i depositi – il cui andamento era caratterizzato da una punta verso la fine del primo semestre e da un’altra punta nel terzo trimestre – sommavano, a fine dicembre, a cifre sensibilmente superiori a quelle dell’inizio dell’anno.

 

 

I conti correnti vincolati ammontavano a 83.406,7 milioni con un aumento di 62.841,7 milioni rispetto al 1943. Il totale era costituito da 1.509,3 milioni di saldi di conti di varia natura, e per ben 81.897,4 milioni da saldi di conti vincolati fruttiferi con le aziende di credito.

 

 

Questo importo era così distribuito tra i vari conti:

 

Conti correnti con preavviso di 8 giorni (2,50 per cento)

1,0 miliardi

Conti correnti con preavviso di 15 giorni (3 per cento)

58,0 miliardi

Conti correnti vincolati a 3 mesi (4 per cento)

1,8 miliardi

Conti correnti vincolati a 4 mesi (4,50 per cento)

20,3 miliardi

altri conti

0,8 miliardi

In totale

81,9 miliardi

 

 

Anche nel 1944 il flusso delle disponibilità si indirizzò di preferenza verso i conti correnti al 3 per cento con preavviso di 15 giorni, trascurando quelli al 2,50 per cento con 8 giorni di preavviso. Giova ricordare che i conti correnti vincolati a 3 e 4 mesi, previsti dal decreto ministeriale 27 febbraio 1944, erano stati istituiti unicamente presso le filiali della Banca site nella parte meridionale ed insulare dell’Italia sottoposta alla giurisdizione del governo legale italiano e delle autorità alleate. Mentre l’istituzione di tale nuova specie di depositi ha contribuito a far affluire fondi in misura cospicua all’istituto di emissione, la mancata estensione alle filiali dell’Italia centrale, dopo la liberazione, dei conti vincolati a 3 e 4 mesi, ha provocato un trasferimento di disponibilità da talune filiali del centro ad altre del sud e in particolare da Roma a Napoli, che si riflette nel raddoppiamento verificatosi tra il maggio (cioè prima della liberazione di Roma) e il settembre 1944 (a liberazione avvenuta) presso la sede di Napoli dei conti correnti vincolati e nella loro riduzione alla metà presso i vari stabilimenti della Banca a Roma. Tra la fine del dicembre 1943 e la fine del dicembre 1944 il complesso dei depositi degli enti previsti dalla legge bancaria è salito nell’Italia meridionale e insulare da 0,8 miliardi a 22,0 miliardi, mentre nell’Italia centrale, (Abruzzi, Lazio, Marche, Umbria e Toscana) esso è disceso da 7,1 a 6,3 miliardi.

 

 

Nell’Italia settentrionale, ove non era stata apportata nessuna modificazione ai tassi, tale categoria di depositi si è elevata da 10,6 a 53,6 miliardi.

 

 

Alla fine del 1944 i depositi degli enti previsti dalla legge bancaria erano così ripartiti fra gli stabilimenti della Banca: Italia settentrionale (Emilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Venezia Tridentina, Veneto, Venezia Giulia) 65,4 per cento (contro 56,9 alla fine del dicembre 1943); Italia centrale (Abruzzi, Lazio, Marche, Umbria, Toscana) 7,7 per cento (38,7); Italia meridionale ed insulare 26,9 per cento (4,4).

 

 

Le 300.000 quote di partecipazione al capitale sociale della Banca d’Italia appartenevano, al 31 dicembre 1944, a 100 enti ed istituti così suddivisi:

 

 

Casse di risparmio n. 78 per quote n. 178.000
Istituti di credito di diritto pubblico e banche d’interesse nazionale n. 11 per quote n. 75.500
Istituti di previdenza n. 1 per quote n. 15.000
Istituti di assicurazione n. 10 per quote n. 31.500
Totale partecipanti n. 100 per quote n. 300.000

 

 

Delle 500.000 azioni che già costituivano il capitale azionario della Banca d’Italia, ne risultavano rimborsate, alla stessa data, 499.420 e un terzo.

 

 

Il fondo di riserva ordinario, costituito dal residuo delle riserve all’atto del nuovo ordinamento dell’istituto, dagli accantonamenti a carico dei bilanci dal 1936 al 1943 ed aumentato dei frutti d’investimento, ammontava a lire 312.963.675,13 e il fondo di riserva straordinario, formato dagli accantonamenti per gli esercizi dal 1936 al 1943 e dagli interessi d’investimento, ammontava a lire 230.222.454,01.

 

 

Conto profitti e perdite

Il conto «profitti e perdite» dà, per l’esercizio 1944, le seguenti risultanze, che è istruttivo raffrontare a quelle dei due esercizi precedenti:

 

 

  1944 1943 1942
 

(milioni di lire)

Utili lordi accertati

L. 1.164.045.444,98

1.059,1

736,4

Spese e perdite liquidate

1.140.777.527,21

1.022,7

563,0

Utile netto

L. 23.267.917,77

36,4

173,4

Gli utili provengono da:

Utili sulle operazioni di sconto

L. 243.786.641,06

224,7

235,2

Interessi sulle anticipazioni

206.587.069,22

309,3

307,2

Interessi sui prorogati pagamenti alle stanze di compensazione

1.776.969,06

4,9

9,4

Interessi sui conti correnti attivi

589.174.695,37

428,3

100,0

Provvigioni diverse

48.126.953,85

31,1

20,9

Utili sulle operazioni con l’estero

34.728,72

0,0

0,1

Benefizi diversi

21.926.066,44

6,8

10,0

Interessi sui fondi pubblici

50.573.369,16

49,4

47,6

Proventi degli immobili di proprietà

2.018.961,10

2,4

2,5

Interessi sul fondo di dotazione delle colonie

40.000,00

0,2

Utili gestione residuo attività dei cessati istituti

2,2

3,3

Totale

L.1.164.045.444,98

1.059,1

736,4

Le spese e i tributi sono così ripartiti:

Spese di amministrazione:

per la Banca

L. 234.259.017,14

136,8

118,3

per le stanze di compensazione

6.526.509,07

4,5

3,9

per la vigilanza

13.684.633,40

8,1

6,4

per la tesoreria[5]

94.610.187,72

42,1

32,2

diverse

214.821.654,33

75,2

48,4

in totale

L. 563.902.001,66

266,7

209,2

Spese per i funzionari

2.748.788,28

2,7

3,0

Spese per movimento valori

11.837.238,81

7,5

4,0

Spese per la fabbricazione dei biglietti

224.111.562,80

111,5

33,3

Spese per gli immobili di proprietà

6.143.910,45

4,0

4,3

Spese sulle operazioni con l’estero

528,78

0,0

0,0

Imposte e tasse diverse

45.417.070,36

65,7

92,0

Sofferenze d’esercizio

47.389,50

0,2

0,1

Ammortizzazioni diverse

7.999.903,12

169,8

145,1

Interessi e annualità passivi

261.493.434,40

362,4

35,9

Da riportare

L.1.123.701.828,16

990,5

526,9

Erogazioni per opere di beneficenza e di pubblica utilità

2.927.487,05

4,0

7,2

Contributi per la cassa pensioni

14.148.212,00

13,2

14,9

Svalutazione del portafoglio a fronte di sofferenze e perdite latenti

10,0

10,0

Fondo di previdenza del personale avventizio

5,0

4,0

Totale

L. 1.140.777.527,21

1.022,7

563,0

Utile netto

23.267.917,77

36,4

173,4

Tornano

L. 1.164.045.444,98

1.059,1

736,4

 

 

L’utile netto dell’esercizio 1944 è risultato inferiore a quello dell’esercizio precedente, il quale a sua volta era stato pari a poco più di un quinto di quello ottenuto nel 1942.

 

 

La gestione in esame è stata naturalmente influenzata dal decorso degli eventi bellici, i quali, come appare dal confronto istituito sopra, hanno condotto ad una riduzione di talune operazioni attive e, sopratutto, ad un sensibile aumento delle spese. Tra queste va ricordato l’aumento di 112,6 milioni nelle spese per la stampa dei biglietti, dovuto sia alla maggiore quantità di pezzi prodotti sia al più elevato costo di fabbricazione; e di 297,2 milioni nelle spese di amministrazione, da attribuirsi per 157,6 milioni al maggior onere che è derivato alla Banca dalle provvidenze adottate nei confronti del personale e per 139,6 milioni a tutte le altre spese di diversa natura dipendenti dallo stato di guerra, quali le spese per l’apprestamento di ricoveri antiaerei, le indennità speciali di guerra, le indennità di pasto al personale, il trasferimento di filiali.

 

 

La diminuzione delle ammortizzazioni da 169,8 milioni ad appena 8,0 milioni è stata attuata in dipendenza della contrazione registrata dagli utili; mentre quella per 100,9 milioni avutasi nella voce interessi ed annualità passivi è dipesa dal fatto che mentre nel 1943 gli interessi sui depositi in conto corrente fruttifero vincolati delle aziende di credito facevano carico alla Banca (la quale, come si è detto, provvedeva ad investire in buoni del tesoro ordinari le disponibilità provenienti da tali conti) e come tali figuravano nella voce interessi ed annualità passivi, dal 1944, a seguito delle note convenzioni stipulate con il tesoro, sono stati direttamente addebitati a questo.

 

 

Delle variazioni intervenute nelle rimanenti voci del conto profitti e perdite, oltre a quelle degli interessi sulle anticipazioni su titoli, diminuiti di 102,8 milioni a causa del più ridotto volume delle operazioni, merita rilievo, anche nell’esercizio 1944, la voce degli interessi sui conti correnti attivi, aumentati di 160,9 milioni per il maggiore apporto di interessi sulle accresciute anticipazioni straordinarie al tesoro.

 

 

Ripartizione degli utili

A norma dell’art. 54 dello statuto, delle disposizioni ministeriali e della proposta dei sindaci, la ripartizione dell’utile netto riferentesi all’esercizio 1944, che sottopongo all’assemblea, è la seguente:

 

 

Al fondo di riserva ordinario nella misura del 20 per cento

L.    4.653.583,55

Al Credito fondiario della già Banca nazionale nel Regno, in liquidazione, per annualità di interessi 4 per cento relativa alle riserve trasferite alla Banca d’Italia nell’esercizio 1913

L.       281.060,00

Ai partecipanti, nella misura del 6 per cento sul capitale, al lordo dell’imposta cedolare

L. 18.000.000,00

Allo Stato la rimanenza di

L.      333.274,23

Totale utili netti

L. 23.267.917,77

 

 

I risultati del conto economico, i quali hanno dato gli utili più modesti del periodo bellico, non hanno consentito di devolvere, contrariamente a quanto fatto negli anni scorsi, ai sensi dell’art. 54 dello statuto, un ulteriore 20 per cento degli utili netti al fondo di riserva straordinario.

 

 

Signori partecipanti,

 

 

Nel 1894 il nostro istituto chiudeva il suo primo anno di vita con un bilancio grave di immobilizzazioni, che derivavano da operazioni compiute a proprio rischio dagli istituti di cui il nostro aveva preso l’eredità. Gli azionisti sacrificarono due decimi del capitale, ricevettero per molti esercizi magri dividendi: il bilancio venne risanato, la moneta mantenne il suo antico valore.

 

 

Cinquant’anni dopo, il bilancio di fine 1944 presenta una situazione diversa. La nostra posizione di azienda bancaria è tranquilla, ma le grosse cifre della circolazione e delle anticipazioni allo stato esprimono l’infelice epilogo di rischi assunti dal paese e per esso, nell’aspetto finanziario, dal tesoro. A differenza che nel 1894, l’avventura ha inflitto una grave ed ineliminabile mutilazione al valore della moneta.

 

 

Chi, senza conoscere gli avvenimenti di poi, si fermasse a considerare il ritmo crescente di aumento della circolazione nel decennio che corre dalla fine del 1934 a quella dell’anno di cui abbiamo discorso, non potrebbe trarne motivo a bene sperare per l’avvenire della nostra moneta. Ed invece, gli sviluppi successivi additano la conclusione che, dopo l’arretramento di quei dieci anni, il movimento si è rallentato ed una nuova posizione di equilibrio si va costituendo. È quanto apparirà dalla relazione al bilancio sull’esercizio 1945, che Vi sottoporrò tra poco.

 

 

Il governatore

Luigi Einaudi

 

 



[1] Gli avventizi provvisori alla fine del 1944 assommavano a 1.296 elementi, con un aumento di 9 unità rispetto al 1943. Di essi, 549 erano di sesso femminile. Gli elementi maschili erano così classificati:

  • impiegati avventizi 425
  • inservienti avventizi 322.

[2] Tale ammontare si riferisce alle nuove rilevazioni del servizio vigilanza eseguite su 365 aziende, che raccolgono il 99 per cento circa del totale dei depositi bancari. La rilevazione dell’Ispettorato, che negli ultimi anni si riferiva a 356 aziende, faceva ascendere i depositi bancari, sempre al netto dei depositi presso la Banca d’Italia e dei conti correnti di corrispondenza ordinari e reciproci tra aziende di credito, a 143,0 miliardi a fine dicembre 1943.

[3] La cifra di 5.256 milioni indicata nella tabella comprende 116 milioni di biglietti fabbricati prima della liberazione e presi in carico successivamente a questa.

[4] Calcolata deducendo dalla emissione complessiva di am-lire gli importi di queste compresi nelle casse della Banca d’Italia.

[5] Al netto del rimborso corrisposto dal Tesoro.

Torna su