Opera Omnia Luigi Einaudi

17 marzo 1922 – Concessione di una indennità caroviveri agli impiegati delle provincie e dei comuni

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 17/03/1922

17 marzo 1922 – Concessione di una indennità caroviveri agli impiegati delle provincie e dei comuni

Atti Parlamentari – Senato del Regno – Discussioni

Interventi e Relazioni parlamentari, a cura di Stefania Martinotti Dorigo, Vol. I, Senato del Regno (1919-1922), Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1980, pp. 913-920

 

 

 

Seguito della discussione, iniziata il 16 marzo, senza intervento di L. Einaudi, sul disegno di legge Indennità caroviveri agl’impiegati delle provincie e dei comuni. Su questo provvedimento, approvato alla Camera il 6 agosto 1921 e presentato alla presidenza del Senato il giorno successivo, l’Ufficio centrale aveva elaborato una Relazione conclusiva, letta in aula dal sen. Bellini, relatore, il 7 dicembre 1921.

 

 

Scopo del disegno di legge e di equiparare la retribuzione dei dipendenti comunali e provinciali a quella degli impiegati statali, concedendo ai primi le migliorie economiche contemplate nel R.D.L. 3 giugno 1920, n. 737, Aumento dell’indennità caroviveri al personale delle amministrazioni dello stato.

 

 

Alla prima parte del dibattito avevano partecipato gli on. Rebaudengo, Lusignoli, Spirito, Rava e Vanni.

 

 

La discussione è riaperta dall’on. Casertano; segue la replica di L. Einaudi:

 

 

Avevo chiesto di parlare per presentare un emendamento agli articoli 3 e 4, La modificazione da me invocata consisterebbe nella posposizione dell’attuale articolo 3 all’articolo 4. All’articolo 3, divenuto articolo 4, dovrebbe aggiungersi il seguente comma:

 

 

«Per gli ex impiegati le provincie e i comuni possono conglobare nell’indennità di caro-viveri, concessa colla presente legge, le indennità di caro-viveri accordate precedentemente, in modo da mantenerle entro i limiti fissati dalla legge 26 dicembre 1920, n. 1827. Per le pensioni liquidate sugli stipendi corrisposti in applicazione del Regio decreto 16 ottobre 1919, n. 1960 o sugli stipendi anteriori a tale decreto, che siano stati aumentati in misura notevole in confronto cogli stipendi vigenti nel 1915, l’indennità potrà essere ridotta od anche negata».

 

 

Ma al punto in cui è giusta la discussione, credo opportuno rinviare l’eventuale illustrazione di questi emendamenti; dico «eventuale»in quanto io spero fermamente che il Senato vorrà respingere il passaggio alla discussione (viveapprovazioni). Le dimostrazioni e le osservazioni che l’onorevole Casertano ha fatto mi hanno persuaso ancor più della necessità di respingere il passaggio alla discussione degli articoli. Noi abbiamo sentito ripetere un solo motivo fondamentale che è questo: «col disegno di legge facciamo del male – io ripeto all’ingrosso le parole dell’onorevole sottosegretario di stato – noi facciamo male perché aggraviamo le condizioni delle finanze comunali, che sono giàstate tanto aggravate per il passato. Noi facciamo però molte promesse che per l’avvenire quelle condizioni non si aggraveranno più, che l’applicazione della legge sulla burocrazia, che finora non è stata fatta o fu fatta in maniera insufficiente, in avvenire sarà fatta in maniera più larga; in compenso di tutte queste parole e promesse voi potete passare sopra questa piccola cosa che è il presente disegno di legge».

 

 

Sono appunto questi discorsi che vengono quotidianamente fatti intorno al bene che si dovrebbe fare e che non si fa, che mi spingono ad affermare l’accordo mio completo con ciò che hanno detto nella seduta scorsa gli onorevoli Spirito e Rebaudengo sulla necessità di respingere il passaggio alla discussione degli articoli. Mi permetto di fare qualche altra osservazione intorno a questa necessità, in quanto che non vorrei che le obiezioni fatte, e che sono fondamentali e gravissime, in quest’aula contro il disegno dia legge, prendessero, di fronte all’opinione pubblica, il significato di una lotta contro gli impiegati e contro le organizzazioni degli impiegati. Questo non è; e se il Senato darà il voto contrario a questo disegno di legge, non avrà dato il suo voto contrario al caroviveri per gl’impiegati e contrario alle organizzazioni; avrà espresso soltanto questo concetto: che il caroviveri agli impiegati comunali non deve essere imposto con una legge dello stato (benissimo). I comuni sono perfettamente liberi, e l’onorevole Casertano ha osservato del resto che il 35% dei comuni italiani ha già dato il voto favorevole alla concessione di questo secondo caroviveri; ma nessun comune deve essere coartato con una legge a darlo.

 

 

I comuni possono darne anche uno maggiore di quello concesso dal disegno di legge, ma esso deve essere dato in relazione alle condizioni delle finanze locali e alla possibilità di stabilire dei tributi che compensino l’onere delle finanze comunali.

 

 

Con questo disegno di legge, se lo approvassimo, noi obbligheremmo i comuni a fare debiti. Non so se questa sia una buona finanza per lo stato, o per un ente qualsiasi.

 

 

Ciò che è enorme soprattutto è che si obblighino certi enti a fare dei debiti, sia pure con la Cassa depositi e prestiti, che restano sempre debiti, che graveranno anche sulle generazioni venture, per una spesa di carattere transitorio.

 

 

Né vale il dire che il disegno di legge dà anche delle fonti di entrata, perché queste fonti di entrata, se non leggo male, si limitano alla misura dell’applicazione della sovraimposta sulla ricchezza mobile, che non darà certamente i mezzi necessari per sopperire a questa spesa.

 

 

E poiché l’onorevole Caserta ha ricordato il progetto di legge sulla riforma dei tributi locali, mi permetto di ricordare che in quella riforma è sancito un principio che qui è violato: cioè il principio della insuperabilità di certi limiti della sovraimposta. Mentre con un disegno di legge generale si sanciva un principio così necessario, come quello che la sovrimposta non superi un certo limite, col presente disegno di legge si aggrava ulteriormente quella sovraimposta e si autorizzano quasi i comuni a stabilire 20 centesimi invece di 10.

 

 

Si è fatto il conto a quanto ammontino i centesimi addizionali portati da tutti i vari decreti e disegni di legge che ne autorizzano l’applicazione? In sostanza questi centesimi finiscono spesso per far arrivare l’aliquota complessiva al 50, al 70, all’80 e più %, ed è notorio che, per un’altra imposta che non è questa, l’imposta successoria, con la moltiplicazione delle addizionali si è arrivati al 103% della materia imponibile. Tutto ciò è avvenuto a caso, a furia di centesimi e di addizionali stabilite dalle leggi più disparate.

 

 

Voglio ancora aggiungere una osservazione relativa alla falsa impressione, che bisogna eliminare completamente, che un voto contrario del Senato si intende rivolto contro le organizzazioni. (Voci: No, no). Io voglio fare osservare che sono questi decreti-legge che hanno dato alle organizzazioni per se stesse legittime ed inoppugnabili, un carattere pericoloso per lo stato. Sono quei decreti-legge che concedono a tutte le categorie degli impiegati locali certi miglioramenti, e non semplicemente autorizzano a darli, i quali hanno creato una solidarietà degli impiegati locali contro lo stato, e tendono a trasformare gli impiegati comunali in impiegati di stato.Èuna trasformazione che in certi campi si è già verificata.

 

 

Io considero funesta la legge Credaro che ha trasformato i maestri elementari in impiegati di stato, perché ha sostituito ad una classe di persone che era radicata sul posto e che aveva legami con la famiglia, che viveva nel luogo, ha sostituito una classe vagabonda di persone (applausi vivissimi e prolungati) le quali continuamente tra sferite da una località ad un’altra si lamentano, e giustamente, perché, essendo trasferite, hanno bisogno di mezzi maggiori di vita di quelli che non richiedevano prima.

 

 

Oggi con questi disegni di legge, i quali tendono a dare eguali diritti a tutti gli impiegati comunali dovunque residenti, all’infuori della volontà dei comuni, finiamo per preparare una analoga, fatale – ma non lo è finché non lo vogliamo – trasformazione degli impiegati comunali in impiegati di stato, e a fomentare la trasformazione delle organizzazioni da tutrici dei diritti di date classi di lavoratori in organi di ricatto alle finanze comunali. Io non ho obbiezioni da fare contro chi lotta per la propria elevazione. Obbietto a che una delle due parti in lotta sopraffaccia l’altra mediante la forza della legge. Noi questo non vogliamo, e non per disamore verso gli impiegati comunali, ma perché vogliamo conservare ad essi la loro fisionomia locale, perché vogliamo che essi conservino i loro rapporti di dipendenza coi sindaci e colle giunte e coi consigli comunali, e non vogliamo che si sentano superiori ai loro amministrati, e padroni dei cittadini al cui servizio essi si sono posti; per questi motivi credo che abbiamo il dovere di respingere questo disegno di legge. (Approvazionivivissime).

 

 

La discussione generale ha termine dopo interventi degli on. Rota, Peano, Bellini, Melodia e Cirmeni.

 

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