Opera Omnia Luigi Einaudi

5 gennaio 1946 – Sul fondo di solidarietà nazionale

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 05/01/1946

5 gennaio 1946 – Sul fondo di solidarietà nazionale

Consulta Nazionale – Resoconti

Interventi e Relazioni parlamentari, a cura di Stefania Martinotti Dorigo, Vol. II, Dalla Consulta nazionale al Senato della Repubblica (1945-1958), Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1982, pp. 89-93

 

 

 

È all’esame della Commissione Finanze e Tesoro lo schema di provvedimento legislativo «Disposizioni integrative e modificative del decreto legislativo luogotenenziale 8 marzo 1945, n. 72, riguardante il Fondo di solidarietà nazionale» (stampato n. 87). Il decreto istitutivo del Fondo prevedeva il versamento di un contributo una tantum su patrimoni, redditi, domestici, cani, autoveicoli, circoli di ritrovo, proprietà immobiliari e terreni. Lo schema di provvedimento in discussione contiene alcune agevolazioni al versamento di questi contributi; sostituisce inoltre alcune voci previste dal decreto istitutivo del Fondo, che avevano registrato forti evasioni, con un’addizionale fissa su alcune imposte indirette sugli affari.

 

 

La discussione ha inizio, sotto la presidenza del consultore Siglienti, con un intervento del relatore Pesenti; quindi L. Einaudi dopo le dichiarazioni del relatore esprime voto contrario tanto al provvedimento originario che a quello in esame, e ne espone le ragioni.

 

 

Anzitutto, non crede che si debbano istituire imposte per destinarle ad un Fondo; esse debbono convergere tutte al bilancio dello stato. Quel sistema, che si usava una volta, ha causato gravi inconvenienti, per cui si è poi ritenuto di abolire i fondi, che danno luogo ad amministrazioni particolari ed a maggiori spese, che esulano dal bilancio generale.

 

 

In secondo luogo, osserva che il provvedimento ha istituito una nuova imposta, ma egli è persuaso che uno dei maggiori flagelli sia proprio quello della molteplicità delle imposte. Volendo aumentare il gettito delle imposte, bisognerebbe, invece di introdurre nuove imposte, abolirne almeno una metà, di modo che il restante frutterebbe più di quanto non possa fruttare l’intero sistema.

 

 

In terzo luogo, rileva che l’imposta consiste in un aumento di aliquote di imposte già esistenti. Ma, più si aumentano le aliquote e meno le imposte rendono; per ottenere il rendimento bisogna invece diminuire le aliquote.

 

 

Obietta infine che alla creazione di nuove imposte e al relativo aumento delle aliquote si è proceduto, nel decreto fondamentale, con criteri sbagliati. Stabilire imposte per i terreni in base ad ettaro e per i fabbricati in ragione del numero delle stanze, vuol dire creare un enorme lavoro per appositi uffici che dovranno fare difficili calcoli, pur rimanendo sempre incerta l’imposta da pagarsi. Vige per altro un sistema di imposte sui terreni e sui fabbricati; e le imposte sui terreni debbono essere regolate in ragione del reddito, perché due ettari di terreno possono dare redditi differentissimi. Né si deve obbligare il contribuente a fare dei calcoli nuovi.

 

 

L’addizionale del 10 per cento prevista dall’articolo 6 del provvedimento, è molto pericolosa. Ed anche se è detto che si applica solo per la durata di un anno, tutti sanno che una volta applicato un aumento non si riesce più a toglierlo. Chiede dunque che l’articolo 6 sia soppresso.

 

 

Il consultore Casali «avverte che l’addizionale all’imposta sull’entrata avrebbe una forte ripercussione, perché mentre costituirebbe un onere gravissimo per i contribuenti, frutterebbe ben poco allo stato».

 

 

Gilardoni «si associa per la parte che riguarda le assicurazioni»; L. Einaudi si associa pure, osservando inoltre che di tutte le imposte elencate nell’articolo 6, una sola può essere suscettibile di aumento, quella di successione, e forse anche quella di manomorta.

 

 

Intervengono ancora i consultori De Cataldo, Friggeri, Vanoni, Serrao e Pesenti; quindi il presidente, rilevato l’accordo generale nel proporre che l’art. 6 venga soppresso, mette ai voti questa proposta e l’articolo è respinto. A questo punto la Commissione esprime parere favorevole al provvedimento così modificato.

 

 

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