Opera Omnia Luigi Einaudi

La vita delle province in cifre

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 24/01/1902

La vita delle province in cifre

«La Stampa», 24 gennaio 1902

 

 

 

 

Anche le Province, alla pari dei Municipii, di cui abbiamo narrata la vita in cifre alcuni giorni or sono, hanno una vita propria. Non è però varia e tempestosa come quella dello Stato e dei Municipii. Le Province vanno tranquillamente per la loro via. I Consigli provinciali sono accolte di persone dove si discute pacatamente e dove le ire di parte non si fanno quasi mai sentire. I finanzieri che tanto spesso discorrono di riforme nelle finanze governative e comunali, non si ricordano quasi mai che ci sono anche le Province. Segno evidente – diranno i più – che in queste non c’è nulla da riformare.

 

 

La modestia e la tranquillità della vita provinciale si rivela altresì nei loro bilanci, di cui i risultati sommari per il 1899 furono testé pubblicati nel Bollettino del Ministero di agricoltura, industria e commercio. Le 69 Province italiane hanno nel 1899 introitato 131,676,329 milioni di lire in tutto. Non è una grossa somma, specialmente se la paragoniamo ai 1600 milioni dello Stato ed ai 642 milioni dei Comuni. Ed ancora le entrate effettive ammontano soltanto a lire 94,857,667. Il resto è costituito per 9,298,956 lire di movimento di capitali, per 4,514,980 lire di avanzi di amministrazione verificatisi in esercizi precedenti ed applicati al bilancio e per 23,003,726 lire di partite di giro e contabilità speciali. Le entrate effettive si riducono a 95 milioni di lire. Provengono codesti 95 milioni da una moltitudine di fonti: per 2,304,000 lire sono rendite del patrimonio delle Province; per 639,000 lire sono concorsi e rimborsi diversi, ritenute per pensioni, ecc. I pedaggi fruttano 22,000 lire, le tasse scolastiche 75,000 lire. Ma sono inezie. Il grosso, o, meglio, la quasi totalità dell’entrata delle Province, 86 milioni ed 810 mila lire su 95 milioni, proviene da un’unica fonte: la sovrimposta sui terreni e sui fabbricati. Qui è il punto debole, o, se vuolsi, il lato caratteristico della vita delle Province; che soltanto i proprietari di terre e di fabbricati ne fanno le spese. Tutti gli altri abitanti, che pur vivono nelle province e si giovano dei pubblici servizi che queste rendono, non pagano un centesimo.

 

 

La cosa non è senza una certa giustificazione; poiché se noi guardiamo al bilancio passivo, si vede che su 97 milioni di spese effettive, ben 41 milioni e mezzo vanno impiegati in opere pubbliche, ordinarie o straordinarie, obbligatorie o facoltative.

 

 

È questa la principal bisogna delle Province: costruire strade, ponti, mantener fari, porti ed opere idrauliche. E siccome sono spese che sopratutto giovano alla proprietà immobiliare, permettendo la difesa dei terreni dalle acque, la libera circolazione dei prodotti agricoli, si capisce che i proprietari di terreni e fabbricati siano a tale intento messi a contributo.

 

 

Ma le Province fanno anche altre spese: hanno 9,755,000 lire di oneri patrimoniali, 10,242,000 lire di spese generali, 275,000 lire di spese d’igiene, 5,206,000 lire di spese di pubblica sicurezza, specie per i reali carabinieri, 5,805,000 lire di spese per gli Istituti tecnici, nautici, professionali, commerciali, normali, agrari, 1,457,000 lire in spese per favorire l’agricoltura, e finalmente spendono la grossa somma di 23 milioni in beneficienza, ossia nel mantenimento dei maniaci poveri e degli esposti.

 

 

Ora è evidente che non sono soltanto i proprietari di terre e di fabbricati che diventano matti o i cui figli sono esposti; e che la Pubblica Sicurezza non impedisce solo i furti campestri, e che gli Istituti tecnici e professionali giovano sovratutto alle classi commerciali ed operaie.

 

 

Si tratta, in fondo, di pubblici servizi che giovano all’intiera società. Sta bene che i proprietari di terre e di fabbricati siano chiamati a pagare una forte quota di codeste spese, che, rendendo la vita sociale più sicura e più elevata, aumentano il valore della proprietà immobiliare. Ma che siano costretti a pagar tutto è davvero un po’ troppo e che le classi industriali e commerciali non debbano pagare nulla, ad esempio, per gli Istituti tecnici a cui mandano i loro figli, è anche una cosa alquanto strana.

 

 

Questo è il fatto più notevole che vien fuori dall’esame dell’ultima statistica dei bilanci provinciali; ed è un fatto noto da un pezzo. Ma siccome le Province non fanno parlare di sè, ed i Consigli provinciali non danno argomento ad interessanti e vivaci dibattiti politici, e siccome ancora i proprietari non strillano molto e, se strillassero, la gente li guarderebbe meravigliando che la loro qualità di proprietari non li renda felici e lieti di lasciarsi vuotare le tasche, così è probabile che le cose continueranno ad andare nello stesso modo ancora per un altro lungo pezzo di tempo.

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