Opera Omnia Luigi Einaudi

Viaggio tra i miei libri «La Riforma Sociale», marzo

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/03/1935

Viaggio tra i miei libri

«La Riforma Sociale», marzo-aprile 1935, pp. 227-243

Nuovi saggi, Einaudi, Torino, 1937, pp. 381-397

Saggi bibliografici e storici intorno alle dottrine economiche, Edizioni di storia e letteratura, Roma, 1953, pp. 3-26

Catalogo della Biblioteca di Luigi Einaudi. Opere economiche e politiche dei secoli XVI-XIX, Fondazione Luigi Einaudi, Torino, 1981, pp. 11-16

 

 

 

1. – Pensai sovente quanto sarebbe utile che ogni studioso desse notizia ai confratelli dei libri da lui raccolti e del modo tenuto e delle difficoltà incontrate nella raccolta.

 

 

Per certi rispetti le raccolte private di libri sono più interessanti di quelle pubbliche. Queste vengono su per donazioni, per confische, per acquisti fatti da bibliotecari periti in biblioteconomia, ma non, ove si faccia eccezione delle discipline letterarie e storiche, nell’oggetto delle scienze comprese nel territorio proprio della biblioteca; sicché essi devono ricorrere ai suggerimenti dei competenti e di questi non tutti si interessano alle raccolte pubbliche e taluno non vi mette mai piede. Epperciò le biblioteche pubbliche, ricchissime per talune discipline, sono poverissime per altre; e la ricchezza procede a salti, con lacune improvvise sorprendenti, dovute alla circostanza accidentale che in quella università tra due professori diligentissimi e fastidiosi nel consigliare acquisti in una data branca dello scibile, si incastrò un tale, il quale amava sì i libri ma ne andava a caccia per conto suo, poco curandosi di quel che accadeva ai disgraziati studiosi e studenti obbligati dal difetto di mezzi a servirsi unicamente della suppellettile libraria pubblica. Invece la raccolta privata, quando c’è, è come lo specchio del raccoglitore. Contiene il materiale dei suoi studi, gli amici spirituali nella cui compagnia egli visse, fa conoscere di quali autori e di quali problemi egli si sia interessato. Essa ha un’anima; e tra i numeri che la compongono corrono vincoli, che la fanno un qualcosa di unito e di vivente. Se ci accorgiamo di gruppi di libri estranei alla particolare provincia di quel tale studioso, l’interesse diventa ancor più vivo. Affiorano le manie, gli hobbies come li chiamano gli inglesi, del raccoglitore. In che cosa egli perdeva il tempo nelle horae subsecivae consentitegli dai suoi studi prediletti?

 

 

2. – Non abbiamo dovizia di cataloghi a stampa di libri appartenuti ad economisti; si intende di cataloghi di biblioteche vive, non di quelli compilati post mortem dai librai antiquari, ai quali, specie in Germania, le famiglie hanno l’abitudine di vendere in blocco la biblioteca divenuta ingombrante. Dei cataloghi di antiquariato non possiamo fidarci come di rappresentazione genuina del contenuto della raccolta messa insieme dallo studioso, ché la famiglia spesso tenne per sé qualche sezione; e l’antiquario non di rado mescolò numeri di provenienze svariate. Posseggo cinque cataloghi di raccolte di libri formati da economisti:

 

  • il Catalogue d’une bibliothèque d’économie politique, formée pour le travail du nouveau Dictionnaire du commerce dall’abate Morellet, quando nel 1769 divisava un nuovo dizionario di commercio in cinque volumi in folio in sostituzione di quello notissimo ed allora in ripetute edizioni diffusissimo del Savary (in appendice, di 34 pag., al Prospectus d’un noveau…, Paris, 1769). Confesso che la stima che già facevo dell’abate Morellet, valente polemista intorno ai grani ed alla compagnia delle Indie, amico dei Verri e dei Beccaria, scrittore di memorie istruttive intorno ai suoi tempi, crebbe assai quando potei, consultando il catalogo dei libri da lui raccolti per trarne il materiale del gran dizionario che poi non scrisse, persuadermi che il possesso della più parte dei libri da lui elencati sarebbe ancor oggi ornamento grande di una biblioteca economica. Saper scegliere libri che 166 anni dopo meritano di essere e sono ancora quasi tutti effettivamente letti e consultati da chi voglia studiare storia della teoria e dei fatti economici è cosa che rende magnifica testimonianza della dottrina e della mente del raccoglitore;

 

  • A Catalogue of the library of Adam Smith, prepared for the Royal Economic Society by James Bonar (seconda ed., London, 1932). Discorsi largamente già (in La Riforma Sociale, 1933, pag. 202-18) di questo monumento di pazienza e di erudizione eretto dal Bonar alla memoria del grande economista. Ripeterò qui essere impossibile studiare il pensiero dello Smith senza ricorrere a questo prezioso volume, il quale ci dice di quale cibo si nutrisse la mente di lui, e mette in relazione i libri letti col partito che egli dimostrò, con specifici accenni, averne tratto;

 

  • A Catalogue of Books, the property of a Political Economist, with Critical and Bibliographical Notices. (Un vol. in 8° di pag. VIII-394, London, 1862). È il catalogo dei libri posseduti da J.R. McCulloch e da lui raccolti in cinquant’anni di studio e di ricerche. McCulloch, oltreché economista, era bibliofilo; andava in cerca di belle edizioni, ben legate, uscite da stamperie celebrate; e fino all’ultimo non si pentì di aver speso una porzione eccessiva delle sue modeste entrate nell’arricchire la propria biblioteca; venduta poi all’amico banchiere Lord Overstone ed ora, col resto o con parte del resto, passata alla università di Reading. Se avessi avuto qualche altra mania, i frutti, chiede egli, sarebbero stati migliori? La raccolta McCulloch non comprendeva solo una scelta bellissima di libri economici, ma si estendeva alla storia, alla letteratura inglese, ai classici, ad autori francesi, italiani e spagnuoli. Pare che egli non amasse che il catalogo, da lui pur tuttavia compilato, annotato e stampato in parecchie edizioni, di cui quella ricordata ritengo sia l’ultima, andasse per le mani di tutti. La copia da me posseduta, era stata donata a Robert Cox, con il nota bene: «Con particolare preghiera che il libro non sia dato in prestito altrui né si permetta di cavarne estratti». Raccomandazioni che durano quanto la vita del donatario; e la cui violazione consente di persuadersi che l’economista, forse assunto a prototipo da Carlyle quando chiamò lugubre (“dismal“) la nostra scienza, era uomo fino, colto, amante delle belle lettere e dei classici, dotto in storia, appassionato di viaggi e di politica;

 

  • Libri di economia politica, statistica, commercio, finanze, amministrazione, di Angelo Papadopoli. (Un vol. in 8° di pag. 142, luglio 1865, Venezia). Due terzi di secolo dopo che questo catalogo era stato stampato dal gentiluomo veneziano, appassionato raccoglitore di libri e cultore di numismatica, le vicende della vita misero sul mercato librario la grande biblioteca Papadopoli e con essa la relativamente piccola sezione economica di essa. Poiché fu venduta a Milano, il più ed il meglio andò ad arricchire nuove private collezioni di studiosi milanesi; e rimane celebre nelle nostre piccole cronache di antiquariato il caso dell’edizione originale di Cantillon del 1755 offerta in vendita per non so se 20 o 30 lire dall’egregio Pescarzoli, il quale non aveva nessun obbligo di sapere che cosa fosse quell’insignificante Essai sur le commerce en général, e naturalmente subito piluccata dal dott. Raffaele Mattioli, conosciuto dai più come amministratore delegato della Banca commerciale italiana e dai pochi come raffinato amatore di libri, il quale la passò a Piero Sraffa. Figuriamoci lo stupore di Pescarzoli quando per una settimana si vide arrivare telegrammi di richiesta da parte di gente speranzosa di acchiappare il rarissimo libro a prezzo insperato! Il catalogo di Papadopoli è ancor utile oggi per la buona scelta che il raccoglitore aveva saputo fare di economisti classici e di eretici. Alcune sue collezioni di giornali sansimoniani furieristi e prudhoniani finirono in Germania e raggiunsero prezzi folli.

 

  • Marshall Library of Economics. Catalogue. (Un vol. di pag. 134, Cambridge, 1927). Il catalogo Marshall è di gran lunga inferiore ai precedenti, tutti compilati da chi amò non solo il contenuto ma anche la veste del libro, e perciò fornì al lettore gli estremi indispensabili per conoscerlo. Marshall considerava i libri come meri strumenti di lavoro, non cercava di fare collezioni compiute su qualche argomento; e, se occorreva, strapazzava il materiale posseduto. Poiché le riviste ingombravano la sue stanze, egli le faceva a pezzi, ne estraeva gli articoli che lo interessavano e buttava il resto. La raccolta, oggi donata all’università, ed arricchita con nuovi acquisti per la munificenza sua e della vedova è tuttavia in Cambridge prezioso nucleo di una biblioteca specializzata.

 

 

3. – E questo è tutto, od almeno tutto quel che io conosco intorno a cataloghi di libri posseduti da economisti. Naturalmente, si ha notizia di altre grandi raccolte private; ma il catalogo di esso fu o sarà pubblicato insieme con quello delle biblioteche pubbliche a cui le raccolte passarono. La prima raccolta messa insieme dal prof. Foxwell è, ad esempio, elencata nei quattro volumi di A London Bibilography of the Social Sciences, perché passata alla Goldsmiths Company di Londra; la seconda sarà certamente compresa nel catalogo della biblioteca della università di Yale negli Stati Uniti, che la acquistò or non è molto; la raccolta Seligman sarà catalogata dalla università Columbia di New York, a cui fu trasferita; e queste tre pare siano le più stupende raccolte private di scienze economiche messe insieme nell’ultimo mezzo secolo.

 

 

4. – Non ho nessuna pretesa che l’insieme dei libri da me raccolti possa neppure lontanamente gareggiare con le raccolte Morellet, Foxwell e Seligman. Ma per il trascorrere degli anni – oramai, se parto dai primissimi acquisti, la mia caccia di libri dura da quasi mezzo secolo e ricordo ancora lo stupore di mia mamma quando ad occasione di una visita fatta al figlio collegiale presso gli Scolopi in Savona la indussi a comperarmi una Storia delle crociate di Michaud che ancora posseggo ed a lei pareva non sarei mai riuscito a finire di leggere, tanto era grossa; e la facile profezia si avverò! – ho acquistato in materia di libri economici una certa pratica, della quale penso talvolta potrei, se avessi tempo e modo, far profittare gli altri.

 

Quali sono i libri veramente importanti che occorrerebbe cominciare ad acquistare per un primo nucleo di biblioteca economica? Quali i desiderabili arricchimenti successivi? Quali le difficoltà di procurarseli ed il costo?

 

 

Le domande non sono identiche all’altra: quali i libri degni di essere consultati su un dato problema? Questa è domanda a cui devono rispondere gli storici della scienza ed i bibliografi; tormentosa domanda, alla quale per certi scopi conviene rispondere ricordando per ordine cronologico ed alfabetico “tutto” ciò che su un determinato argomento è stato pubblicato – in economia è il tipo delle bibliografie Stammhammer sul socialismo, sulla finanza, ecc., o Bertolini sul pubblicato in Italia dal 1870 al 1890 – e per certi altri scopi elencando solo le opere significative; e sarebbe il tipo della Literature del Mac Culloch, dei cataloghi della contessa Maria Pasolini, della Introduzione e dei Saggi bibliografici di Cossa.

 

 

5. – Il catalogo di una biblioteca privata si avvicina, in difetto, al secondo tipo. Esso contiene solo l’indicazione dei libri che al possessore «parve opportuno» e «fu possibile» acquistare. Contiene enormemente meno di una bibliografia compiuta; ed è una scelta fatta secondo i gusti, che possono essere capricciosi, e secondo le possibilità, che possono essere state limitate, del raccoglitore.

 

 

Il criterio dal quale mi lasciai principalmente guidare nella scelta, direi si possa riassumere così: costituire gruppi di libri tra loro legati sia per essere usciti dalla medesima penna, sia per trattare del medesimo problema, cosicché lo studioso, ad es., il laureando per la compilazione della sua dissertazione, potesse da ogni gruppo trarre almeno l’iniziale o fondamentale materiale di studio. E così, guardandomi in giro, vedo, a caso, il gruppo Adamo Smith e quelli Ricardo, Malthus e Sismondi, Ferrara e Pareto e Pantaleoni, Quetelet, Walras e Cournot, Le Play, Romagnosi e Gioia, ecc., ecc. Se bado agli argomenti, mi accorgo di aver messo insieme un discreto gruppo di libri sulla storia economica del mezzogiorno e su quella del Piemonte; un bel gruppo di inchieste inglesi su banche e moneta; un mazzetto interessante di libretti sul compagnonaggio; qualcosa sulla teoria della finanza e sulla storia della finanza in Italia, in Francia ed in Inghilterra; sui francesi del XVIII secolo; e, più disordinatamente, sui socialisti utopisti, ecc., ecc. C’è del casuale nella raccolta, come in tutte quelle a cui arrivarono altresì doni e cambi; l’acquisto ragionato dipendendo, nel caso mio, dalla fissazione che delle teorie moderne si debba quasi sempre cercare il germe in libri scritti tempo addietro. Il giovane il quale intraprende a studiare è naturalmente e legittimamente portato a credere che non convenga risalire troppo indietro nelle ricerche e che il libro uscito oggi sia, perché nuovo, da preferirsi al vecchio, contenente teorie trapassate. L’età ed il fastidio di rileggere in veste nuova cose altra volta incontrate, mi ha fatto giungere alla conclusione opposta: non acquisto libri nuovi, se non quando il nome dell’autore o la notizia avuta da chi non scrive recensioni di compiacenza mi persuade di non perdere tempo e denaro. Preferisco comprare, dopo anni, in antiquariato per 50 lire il libro esaurito e divenuto famoso che, nuovo, avrei acquistato per 10 lire. Risparmio così i denari dei libri inutili che avrei con quello rischiato di acquistare; e risparmio anche spazio negli scaffali e tempo nello sfogliare e leggere. So bene che questo modo di scegliere libri non è conforme a quello usato dalla più parte degli studiosi, specialmente giovani; i quali chiedono: «ha il tal libro?». Ma è un libro uscito ieri, e rimangono indifferenti quando su un dato problema, tiro fuori un libro del settecento e certamente in cuor loro pensano: a che pro’ rinvangare mere curiosità? La soddisfazione di vedermi, per certe sezioni e per certi libri, invidiato da quella mezza dozzina di economisti, i quali soffrono della mia medesima malattia, mi compensa ad usura della indifferenza, oggi direbbesi incomprensione, dei più. S’intende che la predilezione per i libri sicuri, perché consacrati dal tempo, oltrecché le eccezioni dovute alla sicurezza derivante dal nome dell’autore o dalla fiducia inspirata da un recensente serio o dall’esame diretto preliminare, soffre un’altra imponente eccezione per le opere riguardanti problemi del giorno. Il libro di un ministro o di un uomo politico noto, di un industriale, di un agricoltore non si acquista per l’apporto alla costruzione della scienza, che per lo più è nullo. Quel libro è un’azione ed interessa per l’influenza che può esercitare, a ragione od a torto, sulle azioni altrui. La storia dei movimenti sociali e dei provvedimenti economici si ricostruisce in notevole parte sulla base di libri, opuscoli e fogli stampati, i quali, ove non siano raccolti subito è difficilissimo radunare dopo. Ho perciò sempre rimpianto di non avere, per ragione di giusta indifferenza scientifica, collezionato, fin che si era in tempo, la suppellettile stampata socialistica, così importante dal punto di vista storico.

 

 

I prolegomeni fin qui condotti vorrebbero essere la spiegazione della prima puntata di un viaggio di descrizione che ho divisato di intraprendere attorno alla raccolta dei miei libri. Può darsi che mi fermi alla prima puntata; se seguiterò ne verrà fuori un «catalogo di libri appartenuti ad un economista» da aggiungersi ai cinque sopra ricordati ed agli altri che non conosco. Sarà un catalogo in disordine; ché descriverò i libri a gruppi, scegliendo il gruppo a norma del capriccio del momento.

 

 

6. – Alla scelta odierna di Francesco Ferrara sono stato mosso dalla pubblicazione, or ora avvenuta ed annunciata in altra parte del fascicolo, delle Lezioni sue. Ecco l’elenco:

 

 

I. Esame storico-critico di economisti e dottrine economiche del secolo XIII e prima metà del XIX. Torino, U.T.E.T., 1889 – 1891, 4 vol., in 8° di pag. VII-692-717-667-621.

 

 

È la ristampa delle celebri Prefazioni di Ferrara ai volumi della prima e della seconda serie della «Biblioteca dell’economista». Oltre al ritratto dell’autore, che si deve trovare sempre, la presente copia è adorna di una lettera autografa di Ferrara ad ignoto destinatario, scritta nel 1874 e relativa alla polemica delle scuole economiche, la quale allora si dibatteva e di cui è traccia nel quarto volume. È noto infatti che il quarto volume contiene, con le ultime prefazioni, la prolusione al corso 1849-1850 di Torino su L’importanza della economia politica e condizioni per coltivarla, lo studio su Il germanesimo economico in Italia del 1874, le lettere a Lampertico su L’italianità nella scienza economica, le lettere a Tullio Martello su «la moneta», ed i vecchi articoli del 1836 e del 1841 Sulla teoria della statistica secondo Romagnosi e su L’economia politica degli antichi negli scrittori greci e romani. Un’avvertenza del bravo Luigi Moriondo, antico direttore dell’U.T.E.T. prometteva due indici, dei nomi e delle materie; ma non è a mia notizia che gli indici siano stati pubblicati.

 

 

Gli originali delle Prefazioni fanno naturalmente a loro luogo parte della mia raccolta nei singoli volumi della «Biblioteca dell’economista»; ma la riedizione in quattro volumi è assai più maneggevole per l’uso corrente. Anch’essa è oramai esauritissima; ed è uno dei pochi libri economici della cui importanza e rarità si siano avveduti anche i librai antiquati italiani. Perciò la vedo quotata da 200 lire in su fino a 400. Non essendovi, per l’enorme costo, molta probabilità di ristampa, suppongo che il prezzo debba tendere all’aumento. Se si ristampasse, il valore della edizione in discorso cadrebbe, per i motivi che si diranno poi, a zero.

 

 

II. Memorie di statistica, con lettera-prefazione di Luigi Bodio e risposta di Francesco Ferrara. Vol. 39 della serie quarta degli Annali di statistica pubblicati dalla Direz. gener. della statistica. Un vol. in 8° di pag. X-I c.s. n. 318.

 

 

È la raccolta dei primi scritti pubblicati dal Ferrara tra il 1836 e il 1840 nel «Giornale di statistica della Sicilia», giornale che il Bodio aveva incontrato gran difficoltà a consultare perché la collezione ne era «divenuta rarissima anche per le biblioteche, così che non so che vi sia se non in quella di Palermo»: Sulla teoria della statistica secondo Romagnoli; Dei fanciulli abbandonati; Sul cabotaggio delle due Sicilie; I periodi della economia politica; Malthus; Cenni sulla miglior maniera di formar uffici statistici; Studi sulla popolazione della Sicilia. Al volume precedono una lettera di Bodio e la risposta di Ferrara.

 

 

Potrebbe darsi che del volume esista qualche fondo dimenticato nei sotterranei del ministero di agricoltura o di quello delle corporazioni; ma ho il vago sospetto che il fondo sia andato al macero quando durante la guerra accadde la gran distruzione dei vecchi libri economici considerati unanimemente da possessori e negozianti roba senza valore. Da anni non vidi se non rarissimamente menzionato il volume nei cataloghi di antiquariato. Se non ne salterà fuori un fondo dimenticato – ed auguro che questo mio ricordo solleciti qualcuno a farne ricerca a vantaggio degli studi – il libro è destinato ad acquistar pregio. Anche se lo si ristampasse, l’edizione del Bodio, per motivi che si diranno dopo, non è destinata a perdere valore agli occhi degli studiosi. Oggi, il valore di mercato potrebbe stimarsi da 50 a 100 lire.

 

 

III. Memorie varie pubblicate nel volume secondo, Economisti italiani del Risorgimento, edito a cura di A. Garino Canina, della Nuova collana degli economisti stranieri ed italiani. Torino, U.T.E.T., 1933.

 

 

È un bel gruppo (da pag. 239 a 460) di memorie di Ferrara o su Ferrara. Sono del Ferrara: L’Importanza dell’economia politica e condizioni per coltivarla (prolusione al corso del 1849-1850 di Torino, già pubblicata nella raccolta indicata al n. 1). – Prolusione al corso del 1851 (già pubblicata dal Martello, vedi sotto al n. 6). – Lezione di chiusura del corso del 1851-1852 (già pubblicata dal Prato, vedi sotto al n. 7). – La questione de’ banchi in Italia (lettere al direttore della Nuova Antologia, ivi pubblicate nel 1873). – Il corso forzato de’ biglietti di banca in Italia (dalla Nuova Antologia del 1866). – L’abolizione del corso forzato (lettera del 1880 al direttore della Nuova Antologia). – Della libertà economica in Piemonte (dalla Rivista contemporanea del 1857) – È di Camillo di Cavour il rendiconto da questi dettato per il Risorgimento del discorso proemiale del Ferrara, ripubblicato in testa alla presente ristampa e di alcune successive lezioni; ed è di Tullio Martello lo scritto su la Teoria del valore di Ferrara che segue al volume del Martello medesimo sulla moneta. Questo numero, edito secondo la buona norma ai cui si dirà poi, si trova in comune commercio al prezzo di 50 lire. Il volume contiene, oltre quelli citati del Ferrara od intorno a Ferrara, scritti di Romagnosi, Mazzini, Cattaneo e Cavour.

 

 

IV. Sunto delle lezioni di economia politica date dal professore Francesco Ferrara nella università di Torino, anno scolastico 1856-1857. Un vol. litografato in 8° di pag. 387. Non è indicata la litografia editrice.

 

Sunto delle lezioni di economia politica date dal professore Francesco Ferraia nella università di Torino, anno scolastico 1857-58. Torino. Un vol. litografato in 8° di pag. 269. Torino, Litografia S. Laudi, Piazza Castello, n. 23.

 

 

La mia edizione del volume delle lezioni 1856-1857 deve essere la prima. Esaurita questa, la litografia Laudi, in piazza Castello 17, ne apprestò un’altra in diversa grafia ed in pagg. 399; alla quale, per connetterla col volume del 1857-1858, pose, dopo l’indice, l’indicazione: «fine della parte prima».

 

 

Nel volume del 1856-1857 a pag. 263 è dichiarata la mancanza delle lezioni 44a e 45a. «Sono state date dal sostituto P.C. Boggio [il noto pubblicista scomparso nelle acque di Lissa] sui mezzi di surrogare la moneta. Vi si possono destinare 12 paragrafi». Ebbero luogo tra il 15 ed il 20 aprile 1857. Il Boggio diede anche, il 2 maggio, la lezione 51a (non riprodotta come da annotazione a pag. 294) «sugli effetti diversi che la mancanza di un prodotto genera nella circolazione, secondo che sia un prodotto dell’ordine alimentare o dell’ordine superiore».

 

 

Nel volume del 1857-1858, la lezione 12 a del 22 dicembre 1857 Delle colonie – Sistema coloniale greco, è del professore sostituto. Non è detto che egli fosse, ma la lezione esiste. Il sostituto dettò pure la lezione 14 a del 31 dicembre 1857, e 15 a del 2 gennaio 1857 su l’emigrazione, e la 16 a del 5 gennaio 1857, 17 a del 7 gennaio e 18 a del 9 su i «trattati di commercio, lega anseatica e zollverein». Se non era il Reymond, che poi sostituì il Ferrara nella cattedra, sostituto doveva essere ancora il Boggio, ché a pag. 142 il compilatore, il quale le altre volte aveva riprodotto le lezioni del sostituto, annota: «Della importanza pratica che le verità economiche si hanno per ciò che spetta all’individuo, si trattò nelle lezioni 3 a, 4 a, 5 a, 6 a, e 7 a date dal dottor collegiato in leggi P.C. Boggio». A pag. 155 si nota: «La lezione decima manca; in essa dovevasi dire della distribuzione più opportuna degli studi».

 

 

L’ordine tenuto dal Ferrara nelle lezioni si inspira al noto suo piano: I parte: Scienza economica: Economia individuale – economia sociale – economia internazionale, II parte: Arte economica e la trattazione corre seguitamente nei due anni consecutivi.

 

 

Dal testo non appaiono i nomi dei compilatori. Paolo Boselli dicevasi orgoglioso di avervi messo le mani; e mi aggiunse che altro dei compilatori era stato Franco Bruno, divenuto poi avvocato principe nel foro di Torino. Fosse disdegno suo od invidia altrui, Franco Bruno, unanimemente reputato dai pari suoi primo nell’alto magistero forense, non fu mai senatore. Giuseppe Prato che, se mal non ricordo, interrogò il Bruno, dice che a questi fu compagno nel raccogliere dalla viva voce del maestro e riassumere il corso Carlo Bernardo Ferrari, che fu poi prefetto. Il Boselli avrebbe invece raccolto con Alessandro d’Ancona le lezioni del Melegari.

 

 

Non vidi mai comparire sul mercato i due volumi delle lezioni litografate di Ferrara, che il Prato diceva «divenute da tempo una preziosa rarità bibliografica»; epperciò è difficilissimo assegnare ad essi un prezzo. Dopo la stampa delle Lezioni (vedi sotto il n. 5) e sebbene solo una parte delle lezioni litografate siano entrate a far parte della materia in esse riprodotta, il presente numero conserva valore forse solo per i ferrariani desiderosi di conoscere le sfumature del pensiero dell’autore. Se ne conoscono pochissime copie, fra cui qualcuna a Torino, una alla scuola di Venezia, nella quale Ferrara insegnò, ed altra di proprietà di Gustavo Delvecchio. Questa mia mi fu donata da un allievo, l’avv. Segre, che l’aveva avuta dal padre, studente a Torino all’epoca del Ferrara.

 

 

V. Lezioni di economia politica. Due vol. in 8° di pag. CIII-803 e 793. Con ritratto. Bologna, Nicola Zanichelli, 1935. Prezzo lire 80.

 

 

La pubblicazione è dovuta all’iniziativa dell’Istituto di politica economica e finanziaria della regia università di Roma, ossia del suo direttore Alberto De Stefani, il quale vi contribuisce con una prefazione (IX-XI), ed è stata curata dalla dottoressa Gilda De Mauro-Tesoro, la quale dà al primo volume una introduzione su Francesco Ferrara – La vita e le opere (XIII-CIII), con alcune note: la III, Sul concetto del costo di produzione; la IV, Sul problema della popolazione; la V, Sulle relazioni della formula complessa del costo di produzione e del principio della domanda e della offerta col concetto nel costo di riproduzione; la VI, Sul valore della moneta; la VII, Sul pensiero di Sismondi intorno alle macchine (tutte in rapporto al pensiero di Ferrara, da pag. 774 a 791); ed al secondo volume alcune Annotazioni sulle fonti (771-776), una appendice bibliografica (777-782) ed una seconda appendice sulla attività giornalistica di F. Ferrara (783-789).

 

 

Della materia propria del Ferrara, tre lettere, (contenute in una nota prima al vol. primo), trattano materie politiche, ed una al prof. Todde (nota seconda) è uno sfogo accorato per la morte violenta del giornale l’«Economista» fondato a Torino dal Ferrara. Il resto, ossia le pagine 1-765 del primo volume e quelle 1-762 del secondo volume si possono classificare così:

 

 

– una parte è tratta da fonti a stampa e cioè:

 

 

a) il § 1 del cap. I della parte quarta (pag. 3-26 del secondo volume) riproduce la prolusione letta a Torino il 21 dicembre 1851 e già stampata nella Croce di Savoia del 22 novembre 1851, da cui la trassero il Martello (cfr. sotto n. 6) e di nuovo il Garino (cfr. sopra n. 3);

 

b) il § 3 del cap. XIV della parte quarta (pag. 493-504 del volume secondo), riproduce la lezione dell’11 giugno 1891 di chiusura al corso di Torino del 1851-1852 ed era già stata stampata nel Monitore dei comuni italiani del 26 giugno 1851, da cui l’aveva riprodotta il Prato (cfr. sotto n. 7);

 

c) numerose note, collocate dalla curatrice a piè di pagina a chiarimento ed ulteriore illustrazione del pensiero del Ferrara: vol. I, pag. 6, 14, 42, 74, 85, 126, 138-39, 226, 240, 296, 299, 306-7, 339, 353, 359, 468; vol. II, pag. 56-7, 73, 122, 113-5, 130-1, 188, 240-2, 257, 261, 276-81, 376-81, 376-78, 469-70; e tutte tratte dalle prefazioni;

 

 

– una parte è ricavata dalle lezioni dei corsi litografati 1856-1857 e 1857-1858 sopra ricordati al n. 4:

 

 

d) quasi intiera la parte quinta «Economia internazionale» da pag. 507 a 594, del secondo volume, tratta dalle lezioni del corso dell’anno 1857-1858. Sono ripubblicate le lezioni 1 ad 11 (pag. 3-57 del testo originale) e quelle 19 a 24 (pagine 95-119). Non sono riprodotte le lezioni 12 a 18 (pag. 57-95), perché tenute dal professore sostituto su trama del Ferrara. Ma il testo originale dichiara tenute dal sostituto le lezioni 12 e 14 a 18; non la 13 sul «sistema coloniale americano»;

 

e) l’intiera parte sesta «Dell’arte economica», da pag. 615 a 762 del secondo volume, tratta essa pure dalle lezioni del corso dell’anno 1857-1858. Sono ripubblicate le lezioni 1 a 2 (pag. 133-142 del testo originale), 8 a 9 (pag. 143-155) ed 11 a 18 (pag. 155-266). È curioso che la curatrice dice essere questa trattazione dell’arte economica la parte seconda dell’«economia internazionale», laddove è chiaro dal contesto del corso biennale litografato che l’«Arte economica» si contrapponeva alla «Scienza economica» e questa si divideva nei tre libri dell’economia individuale, sociale ed internazionale.

 

f) parecchi brani, di cui alcuni assai lunghi, intercalati in corsivo nel testo corrente e precisamente a pag. 14-15, 40-47, 140-45, 194-200, 215-20, 291-92, 327-45, 346-48, 350-54, 359-64 e 476-504 del vol. I e 353-56, 372-74 e 381-93 del vol. II. L’aggiunta è fatta nei luoghi nei quali il manoscritto, di cui si dirà ora, appariva monco o la lezione del corso litografato integrava o migliorava quella del manoscritto.

 

 

– ma la parte di gran lunga maggiore del testo è inedita ed è tratta da due fonti:

 

 

g) una minima ed è il § 5 del cap. III della parte quinta (pag. 594 a 611 del secondo volume), tratta dall’ultima lezione tenuta il 19 giugno 1855 del corso 1854-1855. Il manoscritto di questa lezione era stato donato dal Ferrara a Giuseppe Todde e da questo ad Angelo Bertolini. L’attuale possessore dott. Ubaldo Chicca, ne concesse cortesemente la stampa;

 

h) l’altra principalissima fonte è data da quelli che la curatrice chiama «manoscritti di alcuni corsi di lezioni universitarie». I manoscritti sarebbero quelli dei corsi di Torino del 1849-1850 – e questi fornirono il testo della parte seconda Economia individuale e della parte terza Trattato speciale dell’imposta delle presenti lezioni -, e del 1851-1851, i quali fornirono la parte quarta Teoria della distribuzione della ricchezza e del corso di Venezia del 1872-1873, da cui la curatrice trasse, con trasposizione cronologica, la parte prima Concetto generale del fenomeno economico.

 

 

Non è detto, od almeno io non lessi, chi sia l’attuale possessore dei manoscritti ora per la prima volta stampati (forse in parte il sig. G. Guggino Bracco il quale, a detta del Prato, a pag. 9 dello scritto sotto ricordato al n. 8, conservava la corrispondenza di F. con Giuseppe Todde); né se essi siano autografi o copie. Ma la lettura del testo persuade immediatamente della diretta stesura ferrariana.

 

 

Le lezioni non sono presentate nell’ordine cronologico in cui furono dettate; ma si comincia con le lezioni inedite del 1871-1873, ad esse si fanno seguire quelle pure inedite del 1849-1850 e del 1851-1852 e poi quelle del corso litografato del 1857-1858 (d); in seguito, dopo quella inedita del 1854-18558 (g), si torna a quelle litografate del 1857-1858 (e), allo scopo di rispettare, «nelle linee essenziali, la sistemazione logica della materia quale la espone il Ferrara stesso in un brano della prefazione al vol. VII della Biblioteca dell’economista sotto il titolo: Tentativo di un nuovo modo di esporre l’economia politica. È secondo questo schema che le lezioni sono state riordinate, indipendentemente dall’ordine cronologico, con l’aspirazione di rispettare il più fedelmente possibile, il pensiero del grande economista».

 

 

Da alcuni rapidi sondaggi di confronto fra i testi originali già noti e quello odierno, ho l’impressione che la curatrice, oltre al riordinamento cronologico ed all’interpolazione di brani illustrativi ferrariani tratti per le note dalle Prefazioni e per il testo dai corsi litografati, siasi limitata a trasformare le “lezioni” e relativa numerazione in “parti”, “capitoli” e “paragrafi” con diversa numerazione, alla soppressione dei consueti inviti e commiati formali usitati dall’insegnante nella esposizione a viva voce ed alla mutazione dei “modi” vocativi di indirizzare il discorso agli ascoltatori in modi espositivi.

 

 

Traendo le somme, direi che sulle 1.527 pagine di testo economico ferrariano (esclusi gli indici, la prefazione, l’introduzione e le appendici), 52 pagine siano tratte da fonti a stampa più o meno scarsamente accessibili, 335 pagine siano ricavate dai corsi litografati praticamente inaccessibili e 1.140 pagine siano il contributo assolutamente inedito.

 

 

VI. Prolusione al corso di economia politica di Francesco Ferrara alla università di Torino (inedita). In nozze Flora-Ricchieri, con lettera dedicatoria di Tullio Martello a Federico Flora in occasione del suo matrimonio con la contessa Maria Ricchieri il 1 giugno 1910. Un op. in 16° di pag. 31, Marostica.

 

 

La prolusione era già stata pubblicata nella Croce di Savoia del 22 novembre 1851 e la Libertà economica del 5 aprile 1910 ne aveva tratto larghi brani. Ripubblicata nella Nuova Collana (vedi sopra n. 3).

 

 

VII. Pagine disperse di Francesco Ferrara. Nota presentata da Giuseppe Prato nell’adunanza del 12 giugno 1921 della R. Accademia delle Scienze di Torino e pubblicata nel vol. 56 (1921) dei suoi «Atti». Un op. in 8° di pag. 16.

 

 

Contiene la «lezione di chiusura del corso del prof. F. F. tenuta il 22 giugno 1852» (poscia ristampata nella Nuova Collana di cui sopra al n. 3), insieme con una introduzione, come di consueto precisa, del Prato, nella quale, fra l’altro, il Prato dà notizia dell’incarico avuto dal Pantaleoni di curare la pubblicazione presso il Laterza dei corsi litografati del biennio 1816-1858.

 

 

VIII) Francesco Ferrara a Torino (1849-59). Memoria presentata da Giuseppe Prato nell’adunanza del 26 novembre 1922 della R. Accademia delle scienze di Torino e pubblicata nel vol. XLVI della seconda serie delle sue «Memorie». Un op. in 4° di 2 c. s. n. e pag. 56.

 

 

Contiene parte dell’introduzione storica che il Prato divisava premettere all’edizione Laterza, di cui il proposito nel frattempo era stato abbandonato, del corso del 1856-1858. Vi sono riprodotti larghi brani di articoli del Ferrara nella Croce di Savoia, ed in «Economista», ed in appendice, integralmente, i seguenti articoli: Questioni del 1856 (articolo programma del 22 dicembre 1855 dell’«Economista»). – Il Belgio ed il Piemonte dall’aspetto economico («Economista» del 30 marzo 1856). – L’intervenzionismo negli Stati Sardi («Economista»  del 28 aprile 1856). – La lezione della pace («Economista» del 4 maggio 1856). – Il congedo dall’Economista (ivi, 15 maggio 1856).

 

 

IX) Dei biglietti di banca in Bologna. Questione sul modo in cui vanno pagati dalla Banca delle quattro legazioni. Parere di Francesco Ferrara, prof. di economia politica nella R. Università di Torino. Torino, lì 28 marzo 1859. Un op. in 8° di pag. 78. Bologna, tipografia all’ancora, 1859.

 

 

Dei biglietti di banca in Bologna. Replica di Francesco Ferrara al cavaliere Gerolamo Boccardo, professore di economia politica nel collegio nazionale di Genova (28 maggio 1859). Un op. in 8° di pag. 31, più un f. di errata corrige.

 

 

Fanno parte della mia “miscellanea” i due opuscoli del Boccardo che provocarono prima il parere e poi la replica del Ferrara: a) La Banca delle quattro legazioni ed il cambio dei suoi biglietti, parere di Gerolamo Boccardo (un op. in 8° di pag. 30, datato da Genova il 29 genn. 1859, Bologna, 7 febbr. 1859, tip. governativa della Volpe e del Sassi); b) Sopra una nuova teoria monetaria esposta dal prof. Francesco Ferrara, in occasione della questione del modo col quale debbono pagarsi i biglietti della Banca delle quattro legazioni. Osservazioni di Girolamo Boccardo, Genova 28 aprile 1859 (un op. in 8° di pag. 16, Bologna, tip. governativa della Volpe e del Sassi il 7 maggio 1859. Intervennero altresì nella disputa, con argomentazioni massimamente giuridiche: c) introducendo la disputa, i causidici Giuseppe Minelli e Giambattista Vecchiotti con Comparsa di deduzioni alla cancelleria del tribunale di commercio sedente in Bologna, addì 10 novembre 1858 in causa Banca Pontificia per le quattro legazioni colla ditta Facchini (un op. in 8° di pag. 24. Bologna, 1858, tipi all’ancora); d) un anonimo autore [B.P. Osima] di La banca e il napoleone d’oro, un op. in 16° di pag. 14, Bologna, novembre 1858, pei tipi della Volpe e del Sassi); e) altro anonimo autore di Il napoleone d’oro e la banca contro La banca e il napoleone d’oro (un op. in 16° di pag. 8, Bologna, 16 novembre 1858, tipografia all’ancora); f) B. P. Osima, Nuovo cenno intorno La banca e il napoleone d’oro. (Un op. in 16°di pag. 23, Bologna, novembre 1858, tipi della Volpe e del Sassi); g) Osservazioni sul parere del professore Gerolamo Boccardo intorno La Banca delle quattro legazioni: Avvertimento, datato da Bologna, il 21 febbraio 1859, foglio di pag. 2. – Memoria del dottor Massimiliano Martinelli, op. di pag. 41. – avv. Francesco Borgatti, Risposta alla parte giuridica del parere del signor professore Gerolamo Boccardo sulla quistione della moneta, Bologna 12 febbraio 1859, un op. in 8° di pag. 19, contenente in appendice (pag. 20-24) una Consultazione del chiarissimo signor avv. Giuseppe Piacentini Rinaldi, da Roma, il 16 febbraio 1859. Il tutto stampato in Bologna, tipografia all’ancora, e riunito in un solo opuscolo; h) chiude la mia raccoltina, ma non certo la polemica, La Banca delle quattro legazioni, la moneta ed il credito, risposta del prof. Gerolamo Boccardo alle osservazioni del dott. Martinelli e dell’avv Borgatti, Genova, 19 marzo 1859 (un op. in 8° di pag. 32, Bologna, 1859, tipografia governativa della Volpe e del Sassi).

 

 

A caratterizzare lo spirito col quale il Ferrara aveva intrapreso, invitato da un amico, forse il Pepoli, a discutere la questione se la Banca delle quattro legazioni dovesse rimborsare i suoi biglietti stilati in scudi romani alla tariffa legale pubblicata nel marzo 1848 di 372 scudi contro 100 napoleoni d’oro da 20 franchi (tesi Boccardo) ovvero dando più o meno napoleoni, conformemente al valore della giornata o corso di piazza (tesi Ferrara), giova dalla lettera introduttiva estrarre l’espressione del convincimento del Ferrara esservi nella tesi del Boccardo «la tendenza a distruggere un sistema monetario che fa onore all’Italia, e distruggerlo coll’aiuto di alcuni principi ai quali la scienza economica è ben lontana, secondo me, dal volere prestare la mano… Duolmi che la contestazione di cui si tratta, e la quale, fino a certo punto, può dirsi nuova nella scienza economica, trovandosi ora agitata nei tribunali possa dare alle mie parole l’aspetto di una apologia della banca, piuttosto che sembrare, qual’è per me, una discussione meramente teorica».

 

 

X) La tassa sul macino, lettere del professor Francesco Ferrara al direttore dell’Opinione. Un op. in 8° di pagg. 40, estratto dai n. 256 a 258, 260, 262 e 265 del settembre 1865. Firenze, Tip. dell’Opinione, 1865.

 

 

La tassa sul macinato dev’ella abolirsi, mantenersi o riformarsi? Considerazioni di F. F. deputato al parlamento. Un vol. in 8° di pag. 129 e 1 c. s. n.

 

 

L’esemplare di questo secondo scritto porta la dedica autografa: «All’Ill.mo sig. cav. Nicolò Papadopoli omaggio dell’A.»; ma non l’ex libris Papadopoli.

 

 

Dei numeri da 6 a 10 è impossibile dare una valutazione neanche approssimativa. In Italia l’opuscolame economico non ha mercato; ed uno studioso italiano medio stenterebbe a persuadersi che i librai antiquari specializzati di Parigi, Londra e Lipsia per opuscoli di pregio e rarità non superiore a quelli del n. 9 e per nomi non più illustri di quelli del Ferrara chiedono in catalogo prezzi sulle 100 lire, aspettando che il tempo fornisca loro l’acquirente. Le pagine presenti di vagabondaggio attorno ai miei libri vorrebbero essere anche un contributo alla formazione di un siffatto mercato: che sarebbe cosa utile a venditori, a librai ed a raccoglitori. La mancanza di un mercato e il vil prezzo al quale perciò si possono talvolta pizzicare opuscoli di pregio non giovano a nessuno: non a chi deve vendere ed è costretto a dare i libri quasi a peso carta; non ai librai, i quali comprano a 10 centesimi e devono vendere a 2 o 3 lire, con un margine insufficiente per la schedatura, la stampa e spedizione dei cataloghi e le spese generali; non ai raccoglitori, i quali non trovano una merce spregiata sul mercato e perciò facilmente distrutta. È mia impressione che non vi sia nessuno dei numeri elencati da 6 a 10, il quale sia pagato troppo da chi riesca ad acquistarlo a 5 lire e che per qualcuno di essi, ed ho indicato quelli del n. 9 (s’intende di F. F.), si possa andare assai più in là. Del n. 10, La tassa del macinato è comune e perciò vale meno di La tassa sul macino, in cui ci si imbatte assai meno frequentemente.

 

 

XI. Introduzione al libro La moneta e gli errori che corrono intorno ad essa di Tullio Martello. Dieci lettere del prof. F. F. al prof. T. M., da pag. 5 a 150, del vol. in 8° di T.M., Firenze, successori Le Monnier, 1883.

 

 

Ricordo sempre il ghigno di disprezzo con il quale un vecchio libraio pronunciava, accentuando, le parole “successori” a significare che ai suoi occhi i soli libri di pregio di casa Le Monnier erano quelli marcati “Felice Le Monnier”. Nonostante la quale rispettabile opinione, il libro del Martello con la prefazione di Ferrara va diventando non troppo comune e val sempre la pena di subire, per averlo, un costo sino a 30 lire. Le lettere di Ferrara sono però state ristampate nella raccolta delle Prefazioni (cfr. n. 1).

 

 

XII. Tullio Martello. Commemorazione di F.F. nella gran sala della Fenice in Venezia, la sera del 14 marzo 1901.

 

 

È un estratto, con dedica autografa «all’illustre e caro collega ed amico prof. C.F. Ferraris» – di cui la biblioteca andò venduta a Firenze – dal «Giornale degli economisti» dell’aprile 1910. Un op. in 8° di pag. 32.

 

 

XIII. Angelo Bertolini, La vita ed il pensiero di F. Ferrara. In appendice: Scritti di economia politica di F.F. Un op. in 8° di pag. 58. Bologna, tip. Fava e Garagnani, 1895.

 

 

Cà Foscari cinquant’anni or sono. Noterelle anedottiche. Un op. di pag. 86. Bologna, ditta Gius. Fava fu Ni.la, 1924.

 

 

Ambi dono dell’autore allo scrivente, il secondo «per ricordo di un vecchio economista che ha perduto la salute, ma mai la fede, nella scienza e nella libertà. Bari, 1 agosto 1924». Sono queste due fonti preziose per la conoscenza anedottica di F.F. e per la diligentissima bibliografia dei suoi scritti. Angelo Bertolini ebbe sorte accademica inferiore a quella che avrebbe meritato, ma il suo nome rimarrà segnalato tra quelli dei pochissimi segretari di camere di commercio (egli fu segretario di quella di Bari per oltre un ventennio) che diedero in passato alla propria camera insolito lustro scientifico.

 

 

Agli indicati sopra ed ai due scritti di Prato (vedi n. 7 ed 8), vanno aggiunti:

 

 

XIV. Salvatore Cognetti de Martiis. F.F. all’università di Torino, 1849-1859, nel fascicolo di dicembre 1893 del «Giornale degli economisti», pag. 521 a 550.

 

 

G.TODDE. La scuola di economia politica nella università di Torino. Corsi 1850-53. Ricordi d’uno studente, nel fascicolo del gennaio 1896 del «Giornale degli economisti», pag. 1-31.

 

 

I due saggi, importanti per la storia dell’insegnamento di F.F. a Torino non sono posseduti in estratto, ma solo nella raccolta del Giornale.

 

 

8. – Debbo ora assolvere alla promessa fatta sopra di dire perché l’edizione dei quattro volumi delle Prefazioni (n. 1) cadrebbe, se le Prefazioni si ristampassero, a prezzo zero, laddove l’edizione curata dal Bodio delle Memorie di statistica (n. 2) non è destinata, anche in caso di ristampa, a perdere valore agli occhi degli studiosi.

 

 

La ragione è semplice: l’edizione dei quattro volumi delle Prefazioni è stata curata come peggio non si potrebbe; e quella delle Memorie di statistica è ottima. Tutto lì.

 

 

Oggi, se si ornassero a pubblicare quelle memorie, si potrebbe forse apportare qualche perfezionamento; ma sono piccole cose. Bodio sapeva che i testi altrui non si manipolano, ma si esemplano fedelmente; epperciò la sua edizione ha valore permanente. Nessuna ristampa, inoltre, potrà mai ad esso togliere il pregio di avere contenuto per la prima volta la lettera nella quale Bodio chiedeva al Ferrara il consenso alla pubblicazione dei suoi primi sperduti scritti e la risposta con cui il Ferrara riaffermava, applicandolo a se stesso, il pensiero antico contrario all’istituto della proprietà letteraria e diceva al Bodio: perché chiedermi un consenso non necessario?

 

 

La ristampa delle Prefazioni riuscì invece un’orrenda cosa perché l’avv. Ludovico Eusebio pensò che fosse opportuno “integrare” le Prefazioni, così da dare ad esse una certa tal quale unità e trasformarla in una specie di storia della scienza economica nel secolo XVIII e nella prima metà del secolo XIX.

 

 

9. – Ferrara aveva scritto una Nota sulla dottrina de’ fisiocrati e l’aveva divisa in sette capitoletti e vi aveva posto la data del 20 agosto 1850? Ad Eusebio non piace il parco frazionamento, il titolo e la data; sopprime questa, intitola la nota Esposizione critica della dottrina dei fisiocrati e la fraziona in 26 paragrafi per bilanciare i 25 paragrafi del precedente Ragguaglio storico sulla scuola fisiocratica.

 

 

Ferrara non aveva scritto la prefazione alla Ricchezza delle nazioni di Adamo Smith, limitandosi a sette righi di presentazione del discorso commemorativo di Vittorio Cousin e ad una pagina e due terzi di “avvertimento” spiegativo del modo tenuto nel compilare la traduzione italiana e delle ragioni di avervi fatto precedere il “giudizio” di A. Blanqui ed il Metodo per facilitare lo studio dell’opera di Smith di Germano Garnier. Il curatore, invece di riprodurre i sette righi e l’avvertimento, che sono, per sicura presunzione, le sole cose scritte in quell’occasione da Ferrara, vuole “completare”, affinché il trattato storico non sia difettoso, epperciò conserva il metodo del Garnier, aggiunge una sua bibliografia di mezza paginetta su A. Smith e trasforma, saccheggiando il noto saggio del Delatour, gli scritti di Cousin e di Blanqui in una pappardella di 132 pagine, che non è di Ferrara e forse non è di nessuno.

 

 

Ferrara aveva fatto precedere al volume sesto della seconda serie la mirabile introduzione Della moneta e dei suoi surrogati divisa in cinque numeri, da pagina V a CCLXVII, e l’aveva fatta seguire da una bibliografia di 1) Opere sulla moneta, da pag. CCLXIX a CCXCVII e 2) Opere sui banchi, da pag. CCXCVIII a CCCXV e da una Notizia sui banchi degli stati sardi da pag. CCCXVI a CCCXXVI? Non importa che le due bibliografie siano ragionate dal Ferrara e, con il saggio del Cossa, siano il solo contributo italiano in quel campo; non importa che esse dimostrino come anche i sommi, quale era Ferrara, non disdegnassero le umili fatiche bibliografiche; non importa che la “notizia” sugli stati sardi sia un documento storico prezioso e contenga giudizi personali incisivi del Ferrara. L’Eusebio fa diventare “parti” i semplici numeri, spezzetta il testo n. 118 paragrafi; sopprime bibliografie e notizie e vi sostituisce tre appendici, l’una su Il valore relativo dei metalli preziosi e l’odierna crisi dell’argento tratta dal Messedaglia, la seconda su L’unione monetaria latina sunteggiata da un P. Fauchille e la terza su Il bimetallismo universale ricavata di nuovo dal Messedaglia.

 

 

Il Ferrara aveva pubblicato 326 pagine; l’Eusebio, nonostante la stampa un poco più fitta, riesce mutilando il testo originario, a coprirne 368. Egli è che, oltre all’appiccicatura delle tre appendici il curatore, in questa e nelle altre prefazioni e dappertutto nei quattro volumi, quando dubita che Ferrara non sia abbastanza “aggiornato” o che gli scolari non abbiano capito abbastanza bene la lezione, intrufola, in note o in appendici, brani svariatissimi ricavati dagli economisti più diversi, in accordo o in contrasto con la teoria svolta dall’autore. Chi legge, oltre il disgusto di vedersi capitare ad ogni tratto sotto gli occhi lunghe note ed interpolazioni di scritti estranei al Ferrara, ha il danno di aver dovuto acquistare e di dover maneggiare un volume di troppo sui quattro che compongono la raccolta delle Prefazioni. Cosa che ad ogni volta procura un fastidio indicibile.

 

 

10. – L’Eusebio, che conobbi ed era una egregia persona, non aveva capito che i classici non si ripubblicano, se non dichiarandolo espressamente, ad uso degli studenti, ma ad uso degli studiosi, che le nuove edizioni degli scrittori morti debbono rispettare i morti e che esistono taluni criteri fondamentali, i quali sono oramai accettati universalmente e non possono essere violati da chi si accinge all’ardua impresa di pubblicare un’edizione critica di scrittori classici.

 

Poiché ho l’impressione che, anche nel campo degli studi economici, stia nascendo l’amore per i nostri classici, e sento dire di propositi, stupendi ed ammirevoli, di nuove edizioni di scritti dispersi od inediti di Pareto, Pantaleoni, Barone ed altri, mi sia consentito riassumere taluni dei criteri che storici e filologi seguono nel curare testi illustri e la cui violazione basta a condannare come curatore – i più rigidi tra storici e filologi estendono la condanna anche allo studioso – chi ebbe la disgrazia di curare l’edizione imperfetta. Aggiungo che la violazione dei criteri reca, nel mondo storico e filologico, grave discredito e quindi difficoltà di smercio per l’edizione; sicché gli editori, oramai avvertiti, sono divenuti propugnatori diligenti dei buoni metodi editoriali.

 

 

11. – Fa d’uopo indicare e descrivere la fonte o le fonti usate: a stampa, manoscritti autografi, e se copie, di quale derivazione ed attendibilità. Da chi posseduti gli autografi o le copie.

 

 

Il testo originario non deve essere mutato, se non formalmente. È lecito, indicando il metodo seguito, correggere errori evidenti o bizzarie fastidiose di grafia o di punteggiatura. Si possono correggere errori materiali nei nomi e luoghi citati. Per non bruttare il testo di sic, giova elencare a parte i casi significativi.

 

 

Non si sopprima alcuna parte o frase senza avvertire e senza necessità assoluta non si sopprima nulla. Marshall fu punito pel vizio di tagliuzzare le riviste; ché gli editori dei suoi Memorials, a risparmio di spazio, tagliuzzarono lui. Meglio non ripubblicare piuttostoché presentare monco, anche di poche pagine o di pochi righi, l’autore.

 

 

Non riordinare l’eredità lasciata dall’autore, anche se la si giudica disordinata. Nessuno perdonerà mai al Mixter di aver ripubblicato lo Statement of some New Principles of Political Economy exposing the fallacies of the system of Free Trade, and of some other doctrines maintained in the “Wealth of Nations” (Boston, 1834) di John Rae, che Ferrara aveva scoperto e fedelmente tradotto, collo stravagante mutato titolo The Sociological Theory of Capital (New York, 1905) e più di aver spezzato il libro secondo, mettendone il grosso in testa al volume e confinando il resto in appendice. Che diritto ha il curatore di sostituire il proprio ordine a quello che era nella mente dell’autore? Ma delitto forse più atroce contro la memoria di colui che si voleva onorare fu commesso da S. Leon Levy, a cui fortuna, intuito e studio avevano consentito di mettere le mani sui manoscritti di Senior. Invece di ripubblicare tali quali le cose nuove rinvenute accanto ai saggi più importanti, testualmente e separatamente riprodotti, del grande teorico inglese, il Levy riaggiustò ordinò fuse sistemò e ne uscì fuori un trattato in due volumi, dal titolo Industrial Efficiency and Social Economy, che il curatore si illuse rappresentasse il pensiero sistematico dell’autore. Cinque pagine di chiave dei riferimenti dovrebbero permettere al lettore di ricostruire le fonti. Il risultato fu un coro di fischi in tutte le maggiori riviste economiche del mondo. Nessuno utilizza, se non con fatica e sospetto, il portento partorito dal Levy; e, nonostante il gran raffazzonamento, la London School of Economics si è decisa a ripubblicare anastaticamente, con successo, gli opuscoli monetari del Senior nella loro genuina forma originaria.

 

 

Possibilmente, si deve indicare, tra parentesi quadre nel testo, l’inizio di pagina dell’edizione che si assume come fonte; sicché gli studiosi abbiano quasi sott’occhio l’originale.

 

 

Se lo scritto ripubblicato ebbe parecchie edizioni, si indichino le varianti delle varie edizioni. Così fecero Cannan per Adamo Smith ed Ashley per John Stuart Mill; e perciò le loro edizioni hanno soppiantato tutte le altre e sono divenute strumento indispensabile di studio.

 

 

Poiché spesso gli autori, più gli antichi che i moderni, ma non di rado anche i moderni, citano brani altrui a memoria e scorrettamente, è canone ricostruire le citazioni sui testi che più probabilmente l’autore ebbe sott’occhio. E poiché ancora gli autori usano citare inesattamente od abbreviatamente i titoli delle opere altrui, fa d’uopo rivedere le citazioni e correggerle in parentesi quadre, lasciando però invariata la citazione originaria. In quanto sia possibile, si individuino i semplici riferimenti anonimi o vaghi, sì da trasformarli, sempre in modo riconoscibile come aggiuntivo, in citazioni vere e proprie.

 

 

Prefazioni e note non devono mai sostituire la personalità del curatore a quella dell’autore. Le note, sempre distinte da quelle eventuali dell’autore, abbiano per iscopo di illustrare sobriamente l’autore con l’autore, o di supplire il riferimento lasciato monco; non mai di correggere, integrare o criticare. Le prefazioni od introduzioni idealmente dovrebbero avere per iscopo esclusivo di illustrare la genesi dello scritto che si pubblica, le ragioni del metodo tenuto nella pubblicazione, i motivi della preferenza data ad una fonte sulle altre. Qualche trascorso è tollerato nel campo dell’analisi dell’ambiente di studi o di avvenimenti in cui lo scritto nacque e delle discussioni che lo occasionarono o lo seguirono. Ma il curatore non dà prova di buon gusto quando coglie l’occasione dalla stampa per farlo precedere da sue dissertazioni espositive o critiche del lavoro pubblicato. I testi classici si pubblicano per se stessi, non per giustapporvene altri, che soltanto col tempo potranno diventare a lor volta classici. È ovvio che il curatore di un’edizione critica di Adamo Smith lo conosca meglio di altri. Scriva un libro; e sarà plaudito. Non appiccichi il suo libro a quello di Adamo Smith.

 

 

Ho citato le brutture di Eusebio, di Mixter e di Levy ai danni di Ferrara, di Rae e di Senior; e le magnifiche edizioni di Smith e di Stuart Mill curate da Cannan e da Ashley. Le belle e ben curate edizioni dei classici economisti si vanno moltiplicando: Hollander continua la stupenda serie della Johns Hopkins; in Francia l’Hauser ripubblica Bodin, il Coornaert ristampa Vauban e il Le Branchu, I monetaristi del XVI secolo, tutti con criteri rigidissimi. È attesissima l’edizione di “tutto” Ricardo curata da Pietro Sraffa. L’edizione italiana di Dupuit curata da De Bernardi regge al confronto con le migliori ora citate e per talun rispetto le supera.

 

 

Ferrara merita una edizione nazionale. Dopo aver faticato quasi quarant’anni a mettere insieme il limitato numero di suoi scritti sopra elencato, ho finito per reputare scarsissime le probabilità di giungere alla completezza, sia pure del solo materiale stampato in volumi o estratti separati; per tacere degli articoli di giornali e dell’inedito. Una edizione nazionale sarebbe degno monumento al maggiore economista italiano dell’epoca del risorgimento. Ma dovrebbe essere compiuta con rigido criterio e non dovrebbe consentire che nessuno senta poscia il bisogno di ricorrere ancora agli originali. Bisogno che è invece, mi dicono, sentito dagli studiosi di Rosmini. A che pro’ allora le edizioni nazionali? Per Mazzini, Garibaldi e Cavour sono in corso edizioni critiche che fanno onore al paese. Perché non un’edizione nazionale di “tutto” Ferrara?

 

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