Opera Omnia Luigi Einaudi

Prefazione – Pigou, Capitalismo e socialismo

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 01/01/1939

Prefazione – Pigou, Capitalismo e socialismo

Arthur Cecil Pigou, Capitalismo e socialismo: critica dei due sistemi, Einaudi, Torino, 1939, pp. 1-5

 

 

 

Il libro che qui si presenta al pubblico voltato in lingua italiana fu scritto da uno dei più insigni rappresentanti della scienza economica inglese. Succeduto ad Alfredo Marshall nella cattedra di Cambridge, A.C. Pigou ha dato con la Economics of Welfare, tradotta nella Nuova collana di economisti stranieri ed italiani diretta da Bottai ed Arena, una analisi profonda del problema fondamentale dei rapporti fra ricchezza e benessere.

 

 

Ma quello e gli altri scritti del Pigou sono rivolti sovratutto agli studiosi e richieggono attenta meditazione. Lo scritto presente, pur redatto con rigore scientifico, vorrebbe invece mettere un pubblico più largo in grado di conoscere la natura dei problemi inerenti alla scelta tra i due ideali estremi che nel mondo presente si combattono: il capitalismo ed il socialismo. Il contrasto è fra un sistema nel quale l’industria sia esercitata da capitalisti (persone fisiche o società) possessori degli strumenti di produzione allo scopo di vendere con profitto i beni o servizi prodotti (capitalismo) ed un sistema nel quale gli strumenti di produzione siano posseduti dalla collettività ed utilizzati, secondo un piano ordinato dal centro, a beneficio dell’insieme dei cittadini (socialismo).

 

 

Il lettore dovrebbe innanzitutto gettare uno sguardo sulla «conclusione» del volume, nella quale il Pigou mostra di non essere propenso né a mantenere il capitalismo quale esiste nel suo paese, né a fare il salto nel buio del socialismo perfetto. Se io fossi il dittatore nel mio paese cosa farei? egli si chiede. La risposta è suppergiù quale davano e danno nei più varii paesi molti uomini pensosi dei problemi sociali del nostro tempo. In sostanza, un tempo, nella Germania di Bismarck, Pigou si sarebbe detto socialista della cattedra, nell’Italia umbertina riformatore sociale. Oggi sarebbe un New Dealer rooseveltiano negli Stati Uniti o un corporativista in Italia.

 

 

Se nel gradualismo di Pigou si stenterebbe perciò a trovare la nota originale, interessa in lui il metodo col quale egli mette a confronto i due ideali estremi. Pigou non perde il tempo a confrontare una società anonima ed una impresa municipalizzata ambedue produttrici e distributrici di gas. Circostanze peculiari al tempo e al luogo possono determinare la vittoria dell’una sull’altra, senza che dall’accaduto si possano trarre conclusioni probanti. Egli paragona invece i due sistemi in generale, per quello che essi hanno di logicamente caratteristico. Ed è, nel confronto, generoso verso ambedue i sistemi: non guarda cioè l’uno per quel che ha di attraente e l’altro per quel che ha di repellente. Se può, fa risaltare quel che di meglio vi è in entrambi. Nello sforzo di imparzialità generosa, il Pigou è talvolta persino ingenuo; come quando assume come verità sacrosante le favole raccontate e rammostrate dai comunisti russi, consumatissimi mistificatori, ai coniugi Webb, che sono forse stati nel campo scientifico la conquista più preziosa dei bolscevichi. I Webb godono meritata fama per la mirabile storia e teoria del movimento operaio britannico; mirabile perché fondata su larghissima documentazione e su lunga consuetudine amorosa con uomini e istituzioni.

 

 

Ed i bolscevichi schiacciarono in vecchiaia i due studiosi insigni sotto la grave mole dei docimenti offerti e delle cose rammostrate. Il ricordo dei villaggi di cartapesta di Potemkin non è perduto nella Santa Russia! Il Pigou, oltreché imparziale, si sforza di essere un piro ragionatore. L’impulso dell’animo lo trarrebbe alle soluzioni favorevoli ai poveri, agli umili, alle moltitudini, contro i ricchi, i privilegiati, ed i superbi. Egli sa, tuttavia, che non giova, nei problemi sociali, lasciarsi dominare dal sentimento; epperciò si fa, contro quel che il cuore gli detta, l’avvocato del diavolo e va a fondo coll’analisi delle difficoltà concrete che la dura realtà fa sorgere contro la soluzione ideale. Qui è forse il servigio più grande che il piccolo libretto può fornire.

 

 

Dal punto di vista economico – ed il libretto del Pigou indaga esclusivamente l’aspetto economico del contrasto fra capitalismo e socialismo – la tentazione è grande per i loici e per gli apostoli di andare verso la soluzione estrema. Poiché quella capitalistica estrema nel senso di compiuta libertà di iniziativa individuale senza alcun intervento dello stato è esclusa, non forse è necessario accogliere la soluzione estrema opposta comunistica? Serrati nel corno del dilemma, gli studenti di Cambridge, sceltissimo fiore del paese reputato il più aristocratico del mondo, affettano oggi quasi tutti di essere comunisti. Il libretto del Pigou è una doccia fredda per codesti puri consequenziarii. L’insegnamento più sicuro di esso è che le difficoltà crescono e le possibilità di errore si moltiplicano a dismisura a mano a mano che si va dal centro verso gli estremi.

 

 

Liberismo puro e comunismo puro, sembra dire il Pigou, sono forse entrambi due ideali splendidi. Ma per uomini diversi da quelli reali. Le soluzioni automatiche del liberismo puro sono guaste dall’avidità umana, intenta a creare monopoli ed imbrogli. Le soluzioni programmate dal centro unico comunistico sono assurde perché richieggono la soluzione perfetta, ad ogni istante, di migliaia e di centinaia di migliaia di equazioni, che solo una mente onniveggente ed onnipossente riuscirebbe a porre. Contentiamoci, conclude il Pigou, di qualcosa meno della perfezione ideale. Poiché il capitalismo esiste, costruiamo su di esso. Non distruggiamo l’edificio esistente; ma ripariamolo ed a poco a poco rinnoviamolo. Procediamo sicuramente per tentativi; e soltanto dopo il successo di quello precedente, iniziamo un novello sforzo.

 

 

Conclusione non nuova; che tuttavia è bene sia ripetuta ad ammonimento degli impazienti, i quali non tollerano il successo di un esperimento senza che questo sia esteso a tutti i casi uguali affini o semplicemente rassomiglianti. Un comune ha costrutto con successo un gruppo di case popolari? Espropriamo – grida il consequenziario – tutte le case e facciamole gestire dal comune! In un punto della così significativa conclusione, il Pigou confessa di non possedere troppo il senso delle cose che, giovandosi degli strumenti umani disponibili, si possono o non possono fare. Teorico vero, egli conosce e confessa i proprii limiti.

 

 

I dottrinari tra gli economisti accademici – e sono alcuni, dice caritatevolmente il Pigou, e sono troppi, correggo io – non conoscono limiti all’applicazione della ricetta di loro invenzione. Il teorico sa che una qualunque soluzione, ottima se applicata in un caso su mille, si riduce ad essere buona e poi mediocre a mano a mano che la si vuole applicare ad un numero maggiore di casi, ed è cattiva e pessima se estesa a tutti i casi possibili. Il dottrinario ignora che la legge della produttività decrescente, da lui insegnata nell’abicì della scienza, trova anche applicazione, forse principalissima, alla fecondità delle soluzioni dei problemi sociali. Affermando il valore dei limiti ed il pregio della gradualità, il teorico insigne offre così un contributo notabile allo studio della realtà.

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