Opera Omnia Luigi Einaudi

Il Ministero in minoranza nella nomina dei commissari del bilancio

Tipologia: Paragrafo/Articolo – Data pubblicazione: 13/02/1901

Il Ministero in minoranza nella nomina dei commissari del bilancio

«La Stampa», 13 marzo 1901

 

 

 

Le previsioni che ieri vi avevo inviato circa la battaglia d’oggi per la nomina da farsi alla Camera, in sostituzione dei ministri e sottosegretari scaduti, risultarono oggi esatte.

 

 

Contrariamente alle affermazioni di coloro i quali ritenevano che la votazione non avrebbe assunto un carattere politico, la battaglia non poté essere evitata, perché si vide dai ministeriali come sarebbe stato un errore grave l’astenersi da ogni intervento nella nomina di una Giunta così importante come quella del bilancio, senza la quale può dirsi non possa vivere alcun Ministero.

 

 

La neutralità si ebbe soltanto per la votazione di un segretario alla Presidenza della Camera. L’on. Miniscalchi, uomo che gode simpatie presso tutti i suoi colleghi, raccolse 210 voti contro 94 dati all’on. Podestà, di opposizione.

 

 

Ma la vera battaglia si ebbe per la Giunta del bilancio. Tanto da una parte quanto dell’altra si fece un attivo lavorio. Si notò che l’on. Giolitti stamane si recò a conferire coll’on. Zanardelli alla Consulta, allo scopo di concretare o fissare definitivamente le liste dei candidati ministeriali.

 

 

Per entrambe le parti le liste non furono definitive che dopo il mezzogiorno. Eccovi i nomi su cui i partiti contrari si affermarono: Per la Giunta generale del bilancio: ministeriali: Carcano, Coppino, Dal Verme, Fasce, Pavoncelli e Pantano; per l’opposizione: Carmine, Fani, Salandra, Boselli, Finocchiaro-Aprile e Lacava.

 

 

In entrambe le liste si erano lasciati due posti alla minoranza. Il risultato della votazione per la Giunta del bilancio fu completamente favorevole all’Opposizione, la quale riuscì a far eleggere tutti i sei suoi candidati, lasciando appena ai ministeriali i due posti della minoranza. La lotta fu vivissima, come si vede dal numero dei votanti, che fu di 350. Si ebbero 10 schede bianche e 6 voti dispersi.

 

 

I voti validi si distribuirono così fra i candidati riusciti eletti: Lista d’opposizione: Carmine, voti 187; Boselli, 182; Finocchiaro-Aprile, 176; Fani, 172; Lacava, 170; Salandra, 170. Lista ministeriale, riusciti: Carcano, voti 160; Dalverme, 158; caduti: Coppino, con voti 154; Fasce, 153; Pantano, 123; Pavoncelli, 109. Per la Commissione dei trattati e delle tariffe doganali si ebbe il seguente risultato: Lista d’opposizione: Bonin, voti 168; Riccio, 160. Lista ministeriale: Rizzetti, voti 142; Crespi,110. Eletti gli oppositori.

 

 

Così pure per la elezione di un commissario della Giunta dei decreti registrati con riserva, riuscì l’oppositore Cavagnari, con voti 172 contro 129 dati al ministeriale Tinozzi. La differenza fra gli ultimi eletti d’opposizione ed il primo eletto ministeriale per la Giunta del bilancio è appena di 10 voti; ma la differenza aumenta nelle votazioni delle altre due Commissioni, il che accentua il risultato complessivo. Il quale dimostra che il Ministero non solo non può contare su una maggioranza sicura, ma è in notevole minoranza, la quale è tanto più significante in quanto, mentre i voti dell’Opposizione sono tutti raccolti fra le varie frazioni del partito costituzionale, i voti del Ministero sono in buona parte raccolti sui banchi dell’Estrema Sinistra. Questa conta 97 membri; ammettendo pure che ventisette fossero assenti, si ha che il Ministero non conta che novanta voti costituzionali, il che è troppo poco di fronte ai 187 dati al capolista dell’Opposizione, ed anche di fronte ai 170 dati all’ultimo della lista di opposizione.

 

 

Mai situazione parlamentare è stata più strana di quella a cui ci troviamo di fronte.

 

 

Un Ministero che è venuto su con designazione parlamentare (anzi si è detto che da molti anni è il solo Ministero che questa designazione abbia avuto), non ha la maggioranza nel Parlamento. E se si tiene conto ancora di quei costituzionali che sono sempre ministeriali con qualunque Ministero, si deve riconoscere che i veri ministeriali di parte costituzionale sono in minoranza sensibilissima di fronte ai costituzionali che costituiscono il forte nucleo dell’Opposizione. Questa è la verità oggettivamente zampillante dall’esame delle cifre della votazione odierna.

 

 

Il Governo può confidare di avere nelle votazioni palesi ad appello nominale un numero maggiore di voti favorevoli per i vincoli di timore e di obblighi che legano i deputati al Ministero in carica. Ma se anche in tal modo il Governo riuscirà ad ottenere una maggioranza in votazioni nelle quali sia tolto il segreto dell’urna, sarà questa sempre una maggioranza scarsissima e malsicura, e tale che non potrà mai dargli l’autorità e la forza necessaria a condurre in porto riforme organiche, e ad iniziare quella trasformazione tributaria che è nell’intendimento e nei voti di tutti. Io, che fin da principio, senza badare ad amicizie antiche, nel solo intento di dire la verità, ho posto in guardia il Paese e il Ministero sull’illusione che andava creando a sé e agli altri, non posso non notare questi fatti senza una qualche tristezza. Il dire la verità non è sempre compito arduo e piacevole, specialmente quando si deve dire una verità cruda agli amici.

 

 

Purtroppo i fatti si incaricano della rivincita e dimostrano se più saldi amici fossero quelli che spingevano all’errore, o quelli che l’errore segnalavano in tutta la sua gravità.

 

 

Quello di oggi è più di un sintomo; è l’affermazione numerica di una situazione, sulla cui vera entità non hanno mai avuto dubbio quanti, all’infuori delle lotte parlamentari, studiano con oggettività i fenomeni politici.

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